MIGRANTI, UMANITÀ MA ANCHE SGUARDO
ALLE IMPRESE CHE DANNO LORO LAVORO

di MARIO OCCHIUTO – Ho molto apprezzato l’impostazione data sin dall’inizio dal Presidente del Consiglio Meloni sulle politiche migratorie. C’è finalmente un progetto complessivo, e un comportamento corretto e responsabile. Che parte dai diritti delle persone.

Il primo diritto è quello di non essere costretto ad emigrare prima ancora che quello ad emigrare. “Nella storia quasi mai è stato il pane ad andare verso i poveri, ma i poveri ad andare dove c’è il pane”.  Eppure c’è lo sforzo di portare competenze e risorse in quei Paesi: di dare avvio ad un Piano Mattei per l’Africa, garantendo a queste nazioni la maggior parte degli introiti dalla produzione di energia. Un modello virtuoso di collaborazione e di crescita tra Unione Europea e nazioni africane che recupera allo stesso tempo un nostro ruolo strategico nel Mediterraneo.

Lo dimostrano i recenti viaggi in Algeria e in Etiopia del nostro Presidente del Consiglio e in Tunisia del Ministro degli Esteri Tajani.

Lo dimostra l’insistenza con l’Europa per affrontare in modo unitario e strategico un tema così importante riguardo al quale l’Italia non può certamente essere lasciata da sola. Una richiesta di coinvolgimento attivo dell’Europa che sta finalmente ottenendo la dovuta attenzione e di cui noi di Forza Italia siamo stati i primi fautori.

Inoltre con il Governo Meloni si incrementano i flussi regolari in entrata come mai era successo negli ultimi anni, aumentano i rapporti di collaborazione con gli stati di provenienza e di transito dei migranti, si colpiscono i trafficanti di uomini per ridurre i naufragi e le tragedie in mare, le tante morti di persone in difficoltà e di bambini.

Lo stato di emergenza adottato poi consentirà a tutte le strutture dello Stato di velocizzare l’iter di alcune procedure necessarie per avere a disposizione gli strumenti indispensabili a garantire sempre e in modo strutturale -e più umano e solidale- la prima accoglienza, così come ha spiegato molto bene in prima commissione il sottosegretario Molteni.

Mi fanno sorridere coloro i quali gridano allo scandalo per l’adozione dello strumento della emergenza. E sarebbe anche giusto in qualche modo parlare di uno strumento inappropriato per una problematica che è ormai conosciuta, se non fosse che in Italia ormai tutto deve essere affrontato con gli strumenti dell’emergenza. Figuriamoci la questione dei migranti che arrivano oggi a decine di migliaia sulle nostre coste, soprattutto in Calabria e in Sicilia. Dopo decenni di politiche di complicazione frutto della cultura del sospetto, che è propria della sinistra, non riusciamo più a realizzare un’opera pubblica, a spendere le risorse del PNNR e neanche ad assumere dipendenti e tecnici necessari nella pubblica amministrazione senza ricorrere a commissari e a norme straordinarie che ormai stiamo recependo come ordinarie nel nostro ordinamento.

Un’altra azione meritoria e positiva del Governo Meloni (che è anche in relazione questo tema) è il rafforzamento della identità italiana. In tutti i settori: da quello del comparto agricolo a quello della scuola, alla cultura e a tutto il resto.

I confini infatti non sono dei muri senza pietre ma neanche delle linee prive di significato: racchiudono idealmente un popolo che è poi una comunità in continua evoluzione, con valori e cultura e tradizione comune, che si è data delle regole.

Il nostro è un Paese straordinario, con un patrimonio di città storiche e bellissime. Siamo eredi (forse un po’ indegni) del mondo classico. E i tratti caratteristici degli italiani sono proprio quelli di una affinità elettiva verso la cultura artistica e popolare, la raffinatezza dei comportamenti e del pensiero, il carattere passionale e l’inclinazione verso il bello; siamo più accoglienti e aperti rispetto ad altri, siamo stati un popolo di navigatori e mercanti incline agli scambi commerciali e sociali. Sappiamo trasmettere calore umano: così ci descrivono i turisti che vengono in Italia.

C’è un mito nel resto del mondo degli italiani brava gente: un pregiudizio positivo sul popolo, uno scudo di bonarietà, di giovialità, di naturale inclinazione alla mitezza e alla socialità cordiale che ci contraddistingue.

Nella nostra identità c’è insito insomma il tratto distintivo e positivo dello spirito dell’accoglienza, che non dobbiamo perdere.  Nelle nostre città ci deve essere un posto per chi arriva da noi, perché sfugge alla miseria o alle guerre, e non deve essere un posto qualsiasi ma direi quasi un posto d’onore in modo che chi arriva si riconosca nei nostri valori e si senta nello stesso tempo a casa. Sono questi i temi dell’integrazione e dell’inclusione, sui quali è necessario fare cospicui investimenti se si ha cuore la crescita sociale ed economica del nostro Paese.

Noi siamo cittadini del presente, con alle spalle un passato che -più di altri popoli europei- è il risultato di migrazioni e incroci di tante genti e culture, grazie alla posizione geografica, alla conformazione fisica del nostro Paese e al continuo movimento di popolazioni in entrata e uscita. Io stesso provengo da una regione, la Calabria, il cui territorio è stato abitato da una serie vastissima di popoli quali Bruzi Greci Romani Bizantini Normanni Angioini e Aragonesi e tanti altri.

E davanti abbiamo un futuro che sta in questa solida identità e nella capacità di integrare il nuovo, non solo di contenerlo spazialmente dentro i confini. Un Paese chiuso è un Paese morto. Non è solo un affare di buon cuore e di buon sentimento ma una esigenza di produzione di ricchezza, materiale e ideale, che è utile alle nostre imprese e alla società più in generale. La sfida è quella di riuscire a creare le condizioni per costruire una possibilità di integrazione effettiva tra cittadini “antichi” e cittadini “nuovi”, una prospettiva di radicamento in modo che tutti si sentano a casa. Il nostro Paese e le nostre città come un’opera collettiva che si rinnova continuamente secondo una cultura di interscambio produttivo tra tradizione e innovazione.

Abbiamo già assistito nella storia a questi processi. Ricordo che davanti alle invasioni barbariche (migrazioni) sullo sfondo della decadenza dell’Impero Romano ci fu l’azione di Sant’Agostino che suggerì l’unico modo di preservare l’identità e le radici cristiane: quello di conquistare quei popoli con la cultura.

E tutto questo non vuol dire assecondare la filosofia no border (apertura indiscriminata dei confini) perché vanificherebbe in un colpo le idee che sono alla base di quel processo di inclusione sociale che mi è tanto caro.

Neanche nella narrazione biblica di Babele ha funzionato perché le genti non si comprendevano vicendevolmente e furono costretti a disperdersi.

Proprio per questi motivi noi di Forza Italia abbiamo proposto degli emendamenti per incrementare i flussi regolari in entrata e per venire incontro alle richieste dell’Alto commissariato delle nazioni unite, a quelle di Confindustria in modo da assicurare alle imprese lavoratori, e riguardo all’accoglienza per i minori stranieri non accompagnati e per le persone con disabilità.

Umanità e sguardo alle esigenze delle nostre imprese. Il presidente Berlusconi in questo stesso edificio proponeva addirittura di mettere a disposizione le case sfitte per coloro che arrivano nelle nostre città

Io devo confessare, alla luce delle considerazioni che ho finora esposto, che ho  preferito non sottoscrivere personalmente l’emendamento che riguarda la protezione speciale perché pur essendo sicuro dei buoni intenti e della buona fede di chi lo propone, che è quella di ridurre i pretesti per l’immigrazione clandestina, avevo e ho dei dubbi riguardo ad alcuni effetti che potrebbero involontariamente generarsi nei confronti di chi si è già integrato, di chi lavora e ha creato una famiglia nel nostro Paese.

Purtroppo non è stato possibile un confronto sereno con l’opposizione perché sono stati presentati (in Prima Commissione) in modo strumentale e pretestuoso circa 400 emendamenti che hanno creato un teatrino per esigenze di propaganda elettorale e di fatto impedito la discussione nel merito rispetto a questo punto così importante.

Affido queste mie riflessioni al Governo e al Presidente del Consiglio Meloni nella consapevolezza che sapranno tenerle nel giusto conto e -nel caso di possibili distorsioni- correggere con il buon senso e con l’umanità che li contraddistingue, le problematicità che eventualmente potrebbero verificarsi.

Perché (nonostante le buone intenzioni e il buon lavoro svolto dal Governo) nessuno in questo caso può dire di avere una ricetta perfetta per la soluzione di un problema epocale e così complesso. ν

(Mario Occhiuto è senatore di Forza Italia)

Il commosso ricordo di Riccardo Misasi con l’ex presidente Nisticò in Senato

Commosso e sentito ricordo in Senato per Riccardo Misasi: una testimonianza voluta dell’ex presidente della Regione Calabria Giuseppe Nisticò, che ha dedicato allo statista calabrese un importante tributo con un libro edito da Rubbettino. Nisticò ha chiamato nella Sala Nassiriya a testimoniare la loro ammirazione per una personalità straordinaria come quella di Misasi numerosi esponenti del mondo della politica e della cultura. All’evento hanno partecipato i familiari di Misasi, la sorella Gianna, i figli Titina e Maurizio e diversi nipoti del politico calabrese.

Nisticò, nella sua introduzione, ha spiegato le ragioni per cui è rimasto sempre affascinato da Misasi che ha definito da neuroscienziato come a “beautyful mind” al pari del premio Nobel John Nash e di altri Premi Nobel come Renato Dulbecco. «Questa sua intelligenza superiore – ha detto Nisticò – è da considerare un dono di Dio».

Accanto alla genialità come pensatore, filosofo, storico, politico ed economista, secondo Nisticò, Misasi è stato l’erede della dottrina etica di Pitagora di cui era letteralmente impregnato perché ha sempre tenuto in alta considerazione nella sua vita i principi di tale scuola e di quella civiltà italica di circa tremila anni a.C. e cioè la dignità della persona, l’amicizia, la solidarietà verso le persone più deboli e più fragili e il senso della libertà intesa come mancanza di dipendenza da valori effimeri e materiali come il dio denaro, la moda, il potere.

Nisticò ha voluto anche ricordare il contributo fondamentale – da protagonista – di Misasi per la nascita dell’Università della Calabria e, in seguito, negli anni 90 delle due Facoltà di Farmacia, una a Catanzaro e l’altra a Cosenza. Così oggi – ha detto Nisticò – non mi rendo conto di queste lotte sterili e inutili per la nascita della Facoltà di Medicina a Cosenza. La nostra visione pionieristica, quella di Misasi e la mia, oltre trent’anni fa, si è dimostrata ampia e strategica nel rispetto delle esigenze della gente comune e, in particolare, dei pazienti e dei loro familiari nonché dei giovani, la valorizzazione del vero patrimonio di talenti di cui la Calabria è ricca, i quali potranno dare un contributo alla qualità della vita dei calabresi ma anche di quelli che hanno bisogno in Italia e in tutto il mondo dal momento che c’è una carenza di personale medico».

Infine, Nisticò è rimasto sempre ammirato dalle doti profetiche alla Gioacchino da Fiore di Riccardo Misasi, il quale aveva lucidamente previsto che dopo la diaspora della DC, a seguito di un ventennio di dominio berlusconiano, questa si sarebbe riunificata mettendo al centro la politica con la P maiuscola: cioè di qualità, ricca di contenuti, aperta al confronto nel rispetto delle diverse idee.

Al tavolo della presidenza, oltre a Nisticò, il sen. Mario Occhiuto – che ha moderato con sobrietà ed eleganza il dibattito come sarebbe piaciuto allo stesso Misasi – il presidente della Regione Calabria Roberto Occhiuto, il vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri, il presidente emerito della Corte Costituzionale Cesare Mirabelli, lo scrittore Franco Cimino, il quale ha tenuto un’apprezzatissima lectio sul pensiero politico di Riccardo Misasi, e il direttore di Calabria.Live, media partner dell’evento promosso da Pericles International Academy.

Tra il pubblico, il sen. Nicola Irto, l’on. Marco Folini, il prof. Luigi Frati (già Rettore della Sapienza e pupillo di Misasi in campo universitario), il Presidente della Fondazione La Sapienza Eugenio Gaudio (già Rettore della stessa), Luca Marcora, l’on. Mario Tassone, l’on. Ettore Rosato, l’on. Angelo Sanza, l’on. Peppino Gargani, l’on. Bruno Tabacci, l’avv. Anna Falcone, il direttore dell’Osservatore Romano Andrea Monda, il prof Steven Nisticò, Francesco Trebisonda e il nuovo dirigente della Sicurezza del Senato Luigi Carnevale.

La Rettrice della Sapienza, impossibilitata a partecipare, ha fatto pervenire un messaggio in cui ha voluto sottolineare il ruolo significativo di Riccardo Misasi: «Uomo colto e di cultura, economista e servitore dello Stato, è stato una persona sensibile e attenta ai più deboli, importante per l’Università italiana e per il nostro Paese.

Ministro del Commercio con l’estero dal 1969 al 1970 e per due volte Ministro della Pubblica Istruzione prima dal 1970 al 1972 e poi dal 1991 al 1992, nel corso dei suoi mandati ha favorito l’accesso all’Università delle Studentesse e degli Studenti dei ceti meno abbienti, anche consentendo ai diplomati degli Istituti tecnici l’iscrizione ai corsi universitari. Il suo impegno a servizio delle Istituzioni è continuato durante il periodo 1988-1989, in cui è stato Sottosegretario alla Presidenza del Governo De Mita, a beneficio dell’Università, della Ricerca Scientifica e dei giovani.

Riccardo Misasi – ha ricordato la Rettrice Polimeni – è stato tra i padri fondatori dell’Università della Calabria (UNICAL), contribuendo dapprima alla sua creazione negli anni ‘70, e poi dando un contributo all’istituzione delle due Facoltà di Farmacia a Catanzaro e Cosenza negli anni Novanta».

Numerosi i messaggi di saluto, tra cui quello del ministro della Salute Orazio Schillaci e dell’Università e della Ricerca Scientifica Anna Maria Bernini, nonché quello di Gianni Letta, e Paolo Cirino Pomicino, impossibilitati a partecipare all’incontro.

La sottosegretaria all’Interno on. Wanda Ferro, invece, ha seguito in streaming tutto il dibattito e ha voluto far sapere di essere rimasta ammirata dalla qualità degli interventi che hanno tracciato con spessore e grande onestà intellettuale la figura di un vero statista, straordinario faro della politica non solo calabrese ma nazionale.

Nell’incontro si è parlato di Misasi prendendo spunto dal libro curato da Nisticò e pubblicato da Rubbettino, dove figurano, oltre agli scritti di Nisticò, ben 16 contributi che tracciano un ritratto eccellente di uno straordinario protagonista della politica italiana. Molto apprezzato il capitolo a firma dell’on. Gino Pagliuso (che non ha potuto presenziare per motivi di salute), il quale, nel ricordare la sua amicizia con Misasi durata tutta la vita ha rivelato alcuni particolari inediti del caso Moro. Come raccontato dal figlio Maurizio, Misasi si era proposto per uno scambio di persona per riportare in libertà Aldo Moro, dimostrando una generosità veramente unica ed eccezionale.

Particolarmente apprezzato il ricordo fatto dal vicepresidente Gasparri il quale ha sottolineato l’esigenza di superare steccati ideologici quando il confronto appare la via migliore per un dialogo tra parti opposte. Ha considerato e ricordato, pertanto, Misasi come statista e non come esponente della sinistra di base, il cui operato rimane tangibile nel tempo.

Un discorso ripreso con una certa commozione dal presidente Roberto Occhiuto, il quale, nel ricordare i suoi primi passi in politica guardando come esempio Misasi, che allora era ai vertici della politica in Italia, e forte dei suoi insegnamenti, ha indicato nello statista calabrese un modello cui si devono ispirare le nuove generazioni.

Il prof. Cimino ha ripercorso il cammino politico di Misasi, soffermandosi sulla qualità dell’uomo che prevaleva su quella del politico, l’attenzione verso i più deboli, la cura dei rapporti personali della stessa valenza sia nelle sedi istituzionali sia nei piccoli centri dove i suoi comizi incantavano i presenti.

Anche il presidente emerito della Corte Costituzionale Cesare Mirabelli si è soffermato sulle qualità dell’uomo che hanno forgiato egregiamente un grande politico e intellettuale al quale il Paese deve molto.

Di grande suggestione i ricordi del prof. Luigi Frati, dell’on. Tassone, dell’on. Tabacci, dell’on. Gargani. Il dibattito è stato chiuso da una prolusione intensa e apprezzatissima del figlio Maurizio che ha parlato della dialettica della diversità e di quanto abbiano inciso alcune “assenze” durante gli immeritati attacchi subiti dal padre nell’ultimo periodo della sua intensa vita.

Una grande emozione, dunque, per ricordare un figlio illustre della Calabria, la cui memoria rimane solida e dovrà essere oggetto di ulteriori approfondimenti perché indichi una traccia significativa e ricca di spunti per le generazioni future. ν

MARIO OCCHIUTO: ECCO LA “MIA” COSENZA
BILANCIO POSITIVO DI 10 ANNI DA SINDACO

di MARIO OCCHIUTO – Dieci anni sono tanti per la vita di un uomo, così come per i due mandati di un Sindaco, ma sono pochi per la vita di una città che in quanto tale aspira all’eternità. Dieci anni che hanno visto, a livello generale, un blocco dei cantieri in tutta Italia, tant’è che sono state invocate a livello nazionale nuove norme cosiddette “sblocca cantieri”. E dieci anni nei quali abbiamo assistito ad una progressiva riduzione dei trasferimenti di risorse dallo Stato ai Comuni. Dunque, 10 anni difficili a livello generale, ma difficili anche per lo stato in cui abbiamo trovato i conti comunali gravati da debiti e deficit molto consistenti ereditati dal passato (che noi abbiamo migliorato riducendo le spese correnti e il numero dei dipendenti). Il Comune di Cosenza, infatti, era già in una procedura di dissesto notificata dalla Corte dei Conti al momento dell’insediamento della mia Giunta nel 2011, a causa degli ingenti debiti e del deficit ereditati dal passato che ci costrinse ad adottare immediatamente un Piano di risanamento e di Riequilibrio finanziario (Predissesto) dell’Ente che prevedeva la riduzione della spesa e l’aumento delle riscossioni (dei tributi).

Nello stesso tempo – pur lavorando in condizioni difficili a causa della situazione ereditata – abbiamo realizzato investimenti in opere pubbliche per circa 400 milioni di euro con fondi strutturali europei, cosa mai avvenuta (neanche guardando alla sommatoria degli investimenti degli ultimi 100 anni). 

Nella Grecia antica, chi amministrava la polis giurava che, al termine del suo mandato, avrebbe lasciato la città migliore di come l’aveva trovata. E qui a Cosenza, spesso definita come l’Atene delle Calabria, ne abbiamo fatto un motto. Le città, si sa, non diventano mai perfette perché riflettono la vita degli uomini che le abitano e che non sono perfetti. Però, le città negli anni possono migliorare o possono peggiorare. Un’azione importante in questo senso la svolgono chi amministra la città e la classe dirigente che influisce sulle scelte legate allo sviluppo del territorio. L’uno e l’altra devono fare in modo di non lasciarsi condizionare e trasportare dalle cattive abitudini consolidate che spesso vengono difese ad oltranza dai cittadini, costi quel che costi. 

La classe dirigente, invece, non può farsi condizionare, né essere succube di incrostazioni e modi di pensare lontani dai concetti di sostenibilità della città e dalla sua necessità, mai così urgente come in questo particolare momento storico, di innovarsi e di sposare nuovi modelli di vivibilità urbana. La classe dirigente è tale se guida i processi e mai se li subisce o se si fa condizionare (a volte anche con la violenza popolare), se riesce a far comprendere ai cittadini che sono necessari nuovi modelli di sviluppo, soprattutto nel Sud e nelle regioni sottosviluppate, in direzione di una crescita anzitutto culturale e legata all’esigenza di seguire principi di sostenibilità e buone pratiche improntate alle migliori aspettative dell’uomo. 

Le città infatti o vengono sopraffatte dalle degenerazioni dei comportamenti umani, dalle speculazioni, dall’egoismo e, diciamolo pure, dal menefreghismo (si immagini chi si ostina a parcheggiare in doppia o in tripla fila o a prendere la macchina anche per andare a bere un caffè) o affermano un modello nel quale vengono rispettati i diritti di tutti e dove si consolidano alcune buone pratiche, come quelle della raccolta differenziata dei rifiuti, delle pedonalizzazioni, di un utilizzo parsimonioso delle auto, del considerare lo spazio pubblico di tutti. 

In questi dieci anni abbiamo cercato in tutti i modi di diffondere il più possibile queste idee e per molte di esse Cosenza ha ricevuto anche importanti riconoscimenti. Quando si pensa alla Calabria, si pensa sempre alla regione ultima in Europa. Noi, invece, a Cosenza siamo riusciti ad invertire questa tendenza, cogliendo diverse affermazioni e migliorando le nostre performances anche a dispetto di quel luogo comune che ha visto per anni le città calabresi occupare gli ultimi posti delle graduatorie nazionali. Abbiamo ottenuto sensibili miglioramenti, ad esempio, nella raccolta dei rifiuti, nelle graduatorie che riguardano la vivibilità e l’ecosistema urbano, nella mobilità e in diversi altri settori. 

A Cosenza abbiamo invertito un processo e siamo saliti nei primi posti in tutte le graduatorie nazionali. Con riferimento alla raccolta differenziata dei rifiuti siamo stati la prima città capoluogo del Sud, dopo Salerno ed Andria che avevano avviato i processi prima del mio insediamento. Nel 2011, quando sono stato eletto Sindaco la prima volta, tutti ricordano che c’erano ancora in città i cassonetti stracolmi di rifiuti indifferenziati e che siamo immediatamente partiti con la raccolta differenziata porta a porta. Nessuno voleva farla, erano nati addirittura dei gruppi sui social che rivolevano i cassonetti stradali. Dopo di noi, la raccolta porta a porta hanno cominciato a farla anche gli altri comuni capoluogo della Calabria, e anche fuori dalla nostra regione. Per questo motivo abbiamo ricevuto più volte premi come Comune riciclone.

Anche oggi riusciamo a fare una raccolta differenziata che, su base giornaliera, sfiora il 70% molto al di sopra della media nazionale che si attesta intorno al 40-45%. Altri riconoscimenti importanti sono venuti dal rapporto sull’ecosistema urbano che prende in esame quelle buone pratiche monitorate ogni anno da Legambiente e dal Sole 24 Ore sulla base di alcuni parametri come la qualità dell’aria, la pedonalizzazione, l’efficientamento energetico, la mobilità sostenibile. Ed anche  qui l’inversione del processo è proseguita. Siamo risaliti dagli ultimi posti, facendo registrare addirittura un quinto posto, dopo città molto titolate come Bolzano, Trento e Mantova. Nel 2018 siamo arrivati quinti, poi tredicesimi, nel 2020 ottavi. Siamo entrati, a pieno titolo, sempre nella top ten, sempre primi del centro Sud e tra i primi d’Italia, dopo città e realtà che possono essere considerate autentici “mostri sacri”.  Non a caso il  Sole 24 Ore ha parlato di Cosenza come della vera “sorpresa”. Siamo stati, inoltre, premiati più volte per le piste ciclabili: per la Ciclopolitana di Cosenza abbiamo ottenuto la menzione speciale all’edizione 2020 dell’Urban Award. E a luglio di quest’anno abbiamo avuto l’occasione di accrescere il nostro palmarès con l’attribuzione del Premio nazionale Urbes-Award assegnato dalla autorevole rivista Urbes, testata specialistica che si occupa di urbanizzazione, benessere e salute nelle città. Un riconoscimento prestigioso che è stato attribuito alla città di Cosenza dall’Healt City Institute in particolare per aver ideato e già realizzato in parte il Parco del Benessere. Un altro caso di eccellenza che non ha mancato di suscitare molto interesse è stato il progetto “BoCs Art” grazie al quale la città di Cosenza ha ottenuto il Premio SMAU nel 2015 come città innovativa nella produzione culturale. 

Un riconoscimento che è valsa a Cosenza anche l’attenzione di autorevoli testate specializzate, per la realizzazione, sul lungofiume Crati, di 27 residenze per artisti provenienti da tutto il mondo per rendere vitale lo scambio tra arte, architettura, paesaggio e cultura, attraverso un progetto di rigenerazione del territorio. Con le loro opere abbiamo alimentato il BoCs Museum dove oggi ne sono raccolte più di 500, che gli artisti succedutisi nelle residenze hanno donato alla città. 

Con il progetto BoCs art, l’Amministrazione comunale ha perseguito l’obiettivo di fare di Cosenza una città opera d’arte e fabbrica creativa. Il futuro, infatti, è anche quello della creatività e dell’innovazione. E ai BoCS art si è affermata una prima forma di contaminazione culturale. Su quel fiume che scorre lungo i BoCs art sono passati tanti artisti contemporanei e questa esperienza ha lasciato a Cosenza un patrimonio sia materiale, che riguarda le opere che vengono consegnate e donate alla città, sia immateriale, perché permette a Cosenza di farsi conoscere all’esterno in ambito internazionale, oltre che essere uno strumento di confronto per gli artisti con il territorio. 

C’è da dire che Cosenza ha avuto moltissimi altri premi: “Bandiera Azzurra”, “Città del cammino e della corsa”, “Città del benessere”, “Città creativa” “Città Sostenibile”. Sono obiettivi che noi abbiamo perseguito fino in fondo. Le città che cambiano, cambiano in base ad un’idea, ad una visione, anche alcune volte con scelte che possono risultare impopolari, come è accaduto a Cosenza quando ho deciso di chiudere alcune strade e alcune piazze alle auto. 

C’è chi addirittura oggi, candidandosi ad amministrare la città, dichiara pubblicamente di volerle riaprirle, per inseguire quella che è la pancia dei cittadini e non quella che è una visione illuminata del cambiamento che porta anche a fare delle scelte impopolari. 

Non va dimenticato poi che le città che investono sull’innovazione e sulle buone pratiche diventano più vivibili e più attrattive, ma anche più competitive e più ricche, perché offrono maggiori opportunità. 

Oggi a Cosenza si viene molto più volentieri non solo come visitatori ma anche come investitori ad aprire nuove attività economiche e produttive.

Dal rapporto “L’Italia Policentrica – il fermento della città intermedie”, pubblicato dall’Associazione “Mecenate 90” ed  illustrato, nel gennaio del 2020, al Capo dello Stato Mattarella dal Presidente dell’Associazione, Giuseppe De Rita, Presidente del Censis, vien fuori che Cosenza cresce negli ultimi dieci anni più di ogni altra città italiana. Tra i dati più significativi emersi dal report e relativi alla città di Cosenza c’è un significativo incremento delle imprese rispetto al contesto regionale e nazionale. In particolare, secondo il report sulle città intermedie, la dinamica di lungo periodo evidenzia una crescita significativa delle imprese cosentine pari al +8,3% (646 imprese in più) rispetto al 2009, di gran lunga superiore alla crescita osservata a livello nazionale (+0,2%). In particolare, le attività dei servizi di alloggio e ristorazione – il terzo settore più rappresentativo per numero di imprese registrate – rilevano la crescita maggiore in termini assoluti, con 160 imprese in più rispetto al 2009 (+40,2%).  

I dati positivi sono confermati anche dalla crescita delle startup innovative sul territorio, solo nel 2019 a Cosenza se ne contano 20. Al confronto con il contesto, la città mostra di essere un ambiente abbastanza favorevole al loro sviluppo. Nel report Cosenza viene definita come “una città proiettata nel futuro” e ne viene sottolineato il profondo cambiamento. La città di Cosenza – così riferiscono alcuni passaggi del report – è profondamente cambiata grazie ad una coraggiosa politica di rigenerazione urbana, di ridisegno della città a partire dalle aree di maggiore degrado, di riqualificazione del verde urbano, di riposizionamento nello scenario culturale nazionale ed internazionale e nell’architettura contemporanea, di riorganizzazione del trasporto pubblico, della mobilità dolce, del trattamento dei rifiuti.

È difficile riassumere in poche righe dieci anni di attività amministrativa che considero intensi e vissuti con assoluta dedizione alla città e al bene comune. 

Noi a Cosenza abbiamo affrontato tutti i problemi gestionali migliorando i servizi di pulizia e raccolta differenziata (prima neanche esisteva), di illuminazione pubblica (ora con lampade a led), di manutenzione e cura del verde (con la legalizzazione e riorganizzazione delle Coop), di erogazione dell’acqua (riducendo le perdite dall’80 al 30% dati ISTAT), di sicurezza sociale (con l’abbattimento di due campi rom con migliaia di persone accampate). Abbiamo migliorato ma i problemi ci saranno sempre, perché la città è un organismo vivente. La cosa più importante però è che non ci siamo mai fermati alla gestione dei servizi (e del “potere” del rapporto clientelare) ma abbiamo pensato al futuro della città realizzando molte opere che resteranno alle nuove generazioni. Questo non avveniva da più di 100 anni e non ci sono casi simili in Calabria e neanche in Italia negli ultimi decenni. 

Una delle cose più importanti che siamo riusciti a realizzare in questi anni e della quale sono veramente orgoglioso perché riguarda sia le buone pratiche ambientali che le politiche sociali, è sicuramente la riorganizzazione delle Cooperative. 

Nel 2011, quando mi insediai per la prima volta alla guida della città, trovai una situazione molto deteriorata nella quale gli operatori erano stati suddivisi artificiosamente in 48 Coop sociali di tipo B in modo da evitare le gare pubbliche e affidare i servizi con procedure dirette sotto soglia (all’epoca 50 mila euro cadauna ogni sei mesi per un totale di 7 milioni di euro circa all’anno) senza l’obbligo della richiesta di certificazione antimafia. 

In questa situazione di palese illegalità, aggravata da varie inchieste in corso, con ipotesi di reati di truffa ai danni del Comune, e di mafia che riguardavano diversi presidenti delle Coop, il Prefetto e il Questore mi anticiparono la volontà di richiedere la nomina di un’apposita commissione di indagine prefettizia (come poi avvenne, ad esempio, nel Comune di Rende) al fine di accertare il condizionamento delle organizzazioni criminali sull’ente locale. A quel punto, io che mi ero da poco insediato – anche per evitare la gravissima ipotesi di scioglimento del Comune per infiltrazioni mafiose – proposi al Prefetto una soluzione attraverso la quale l’Amministrazione comunale, con il supporto della Prefettura, avrebbe potuto attivarsi autonomamente per legalizzare e riorganizzare i servizi. Il Prefetto si fece autorizzare dal Ministero e in alternativa alla “Commissione di Accesso” fu avviata una procedura di affiancamento della Prefettura al Comune con l’intento di legalizzare il servizio, e così noi richiedemmo subito (anche nei casi di affidamento sotto soglia) la certificazione antimafia alle (48) Coop in servizio e poi espletammo (sempre con il supporto della Prefettura) per la prima volta una gara pubblica, riducendo il numero dei soggetti da 48 a 7 per evitare la frammentazione. Il risultato di questa attività fu che nell’immediatezza ricevemmo le interdittive antimafia da parte della Prefettura per quasi tutti i presidenti in carica delle Coop (che comporta l’esclusione dalla possibilità di divenire titolare di rapporti contrattuali con la Pubblica Amministrazione) con relative minacce al sottoscritto e scorta assegnata per quattro lunghi anni, riuscendo, poi, successivamente, anche ad aggiudicare per la prima volta le gare pubbliche per i servizi. 

È stato grazie alla coraggiosa azione di legalizzazione e di riorganizzazione della mia Amministrazione che i lavoratori oggi sono liberi da condizionamenti da parte di caporali e svolgono un servizio molto utile ed efficiente, strutturati come sono in gruppi di lavoro dedicati alla cura del verde cittadino, dello spazzamento manuale nel centro storico, dei piccoli interventi di manutenzione della città. Abbiamo dato loro la possibilità di ritrovare una vera dignità nel lavoro e nel servizio effettivamente reso alla comunità. Specie durante il mio secondo mandato, abbiamo lavorato in situazioni di difficoltà totali, ma siamo riusciti ad avere finanziate opere per 400 milioni. Cosenza è l’unica città dove sono aumentate le aperture delle attività economiche. Anche i giornali nazionali hanno pubblicato articoli in prima pagina sul caso Cosenza, in ordine agli investimenti che hanno creato ricchezza. Il PIL è cresciuto, meglio che nelle altre città del centro sud e anche in quelle turistiche come Matera. E conseguentemente è cresciuto il reddito medio dei cittadini. In questi anni, pur in situazioni di difficoltà, non ci siamo mai lamentati rispetto al passato, ma ci siamo messi a lavorare raggiungendo importanti risultati. 

L’Amministrazione comunale si è resa protagonista di una serie di azioni che hanno determinato scelte, a volte impopolari, che mi hanno procurato anche molti nemici.

Abbiamo sgomberato due campi rom con più di mille persone accampate in baraccopoli in cui erano diffuse pratiche illegali, dove si praticava la prostituzione minorile e si bruciavano sostanze tossiche che venivano respirate dai nostri ragazzi. Abbiamo fronteggiato situazioni difficilissime, ma ci siamo assunti delle responsabilità: siamo stati uno dei pochi comuni in Italia a risolvere questi problemi. Non solo il campo rom di Vaglio Lise, un intervento analogo è stato portato a termine nel campo rom di via Reggio Calabria dove da più di sessant’anni era presente un alto tasso di criminalità.

Tante sono state le opere pubbliche alle quali abbiamo dato vita, che hanno migliorato non solo l’assetto fisico della città ma soprattutto la qualità della vita dei cittadini. Ci ritroviamo ad aver patrimonializzato la città con 400 milioni di opere pubbliche che oggi hanno un valore enorme. Abbiamo realizzato 15 piazze, abbattuto, non senza difficoltà, quell’ecomostro che era l’ex Albergo Jolly, mostrando caparbietà dove altri non avevano saputo incidere. 

Il Planetario è una delle realizzazioni più recenti e i tanti bambini che vengono dalla provincia a visitarlo e ad assistere agli eventi che vi si propongono mi hanno più volte ringraziato e sono estasiati per quello che Cosenza offre oggi. Il Planetario di Cosenza è uno dei planetari con un sistema di proiezione tra i più avanzati attualmente in Italia e tra quelli più all’avanguardia sia in Europa che nel mondo; fiore all’occhiello è il proiettore ottico Starmaster ZMP della Zeiss, unico in Italia e tra i migliori d’Europa, capace di proiettare nella cupola fino a 4000 stelle. Il Planetario “Giovan Battista Amico” è un autentico gioiello non solo dal punto di vista architettonico, ma diventa anche simbolo di una crescita culturale sul fertilissimo terreno della divulgazione scientifica. Oggi rappresenta un’occasione per la città e per il turismo e una nuova tappa di quel modello di sviluppo e crescita del territorio volto a valorizzare le nostre radici e le nostre identità culturali, facendone una ricchezza. 

Il Castello Svevo era un rudere e lo abbiamo restituito alla città. Una città viva – lo dico con orgoglio – e  piena di persone. Per renderla tale, abbiamo tirato fuori anche il coraggio, quello necessario per cambiare e risolvere i problemi. La realizzazione a Cosenza di tutte queste opere pubbliche di qualità ha dimostrato la nostra capacità ad investire nell’architettura contemporanea: dal Ponte “San Francesco di Paola”, progettato dall’architetto spagnolo di fama internazionale Santiago Calatrava allo stesso Planetario. Il Ponte di Calatrava guarda al centro storico della città, ma anche alla parte nuova e diventa il simbolo non solo di una città, ma di tutto un Sud che guarda al futuro e all’Europa con speranza e fiducia. Con il Ponte di Calatrava, Cosenza ha realizzato un’idea visionaria di una città che, rispettando il passato, si proietta nel futuro, grazie ad un segno tangibile di qualità e cultura raffinata che stimola i giovani al rispetto e alla bellezza e a portare con sé questo patrimonio anche quando si recano in altri contesti nei quali parlano della propria città. È evidente che restano alcune questioni irrisolte e che – ne sono certo – il mio successore saprà portare a compimento. A cominciare dalle azioni volte al recupero del centro storico. Dopo decenni di abbandono totale del centro storico di Cosenza, provocato da politiche urbanistiche opinabili che hanno determinato un vero e proprio esodo verso la città nuova e i suoi nuovi insediamenti abitativi e che hanno di conseguenza favorito lo spopolamento e il degrado della parte antica della città, l’Amministrazione comunale da me guidata ha avviato un processo di inversione di rotta, mettendo in atto “politiche attive” di segno contrario, con investimenti che si sono tradotti in significative operazioni di messa in sicurezza e di recupero. 

Attingendo a tutte le risorse disponibili, statali ed europee, si è proceduto alla messa in sicurezza e al restauro di tutti gli immobili di proprietà comunale, persino dei ponti storici. Cosa mai avvenuta in passato. A Cosenza sono stati restaurati il Castello Normanno-Svevo, il Complesso monumentale di San Domenico, il Complesso monumentale di S. Agostino, tutti gli edifici di proprietà comunale e i ponti storici, riqualificati gli spazi pubblici e i fiumi con tecniche di ingegneria naturalistica, così come si è riqualificato il parco fluviale sul Crati alla confluenza e con la realizzazione dei BoCS art, tra i nostri fiori all’occhiello. Il centro storico di Cosenza rappresenta un unicum dal punto di vista paesaggistico e del patrimonio culturale, ma per recuperarlo non è sufficiente quella che viene definita la “tutela passiva”, ma è necessario mantenere e riportare la vita, perché altrimenti, tra non molto, non ci sarà bisogno né di tutela attiva né di quella passiva. Se il centro storico deve recuperare vivibilità e, come naturale conseguenza, nuovo interesse nei proprietari per i loro edifici, bisogna uscire dall’ottica del borgo “imbalsamato” (che non avrebbe neanche futuro, in un territorio ad elevata sismicità) e porsi in continuità con la sua vera storia, che è una storia dinamica, evolutiva, al passo con le esigenze della comunità che deve viverci. E la prima esigenza è la sicurezza. Il centro storico di Cosenza è decaduto soprattutto per le scelte legate all’urbanistica, molte delle quali sbagliate e che sono state mosse unicamente da una logica di speculazione e di espansione della città verso altre direttrici. Tutto questo ha determinato uno scarso interesse dei proprietari degli edifici privati al recupero degli immobili. Noi in questi anni abbiamo messo in atto una strategia finalizzata a far sì che i proprietari potessero investire sugli immobili di loro proprietà prevedendo pure, attraverso ordinanze sindacali di messa in sicurezza, di espropriare gli edifici privati degradati e a rischio crollo. Con il Cis (il contratto istituzionale di sviluppo) poi avremmo potuto rendere nuovamente appetibile la residenza nel Centro storico e facilitare l’apporto di nuove funzioni, sperimentando modelli innovativi abitativi e sociali a favore di un mix integrato di destinatari (studenti, giovani coppie, turisti), ma ciò non è avvenuto per l’ostruzionismo dei soliti noti. 

Il CIS, invece,  così come adesso strutturato, non porterà purtroppo quasi nessun vantaggio per la sicurezza del centro storico poiché interverrà sui soliti edifici pubblici già oggetto di intervento nel passato. Sapendo che i fondi pubblici non potevano essere spesi su immobili di proprietà privata, si era anche aggirato l’ostacolo, prevedendo, attraverso la nostra proposta originaria del CIS, le risorse per recuperare gli edifici privati degradati che sarebbero stati prima espropriati (a costi contenuti, in forza del mancato adempimento da parte dei proprietari alle ordinanze sindacali di messa in sicurezza). Certamente il processo di recupero che abbiamo messo in campo in questi ultimi dieci anni è lungo, né poteva essere immediato. Come ci sono voluti anni ed anni di “politiche attive” nel senso dell’abbandono e del degrado, in virtù delle quali il centro storico è venuto svuotandosi, così non è possibile immaginare che si ripopoli e vi torni la vita, se non attraverso un iter che non è né breve, né immediato e che necessita di “politiche urbanistiche attive” (in controtendenza a quelle operate nel passato) cui noi abbiamo dato impulso sin dall’atto del nostro insediamento alla guida della città. Noi abbiamo fatto, con riferimento agli edifici pubblici, tutto quanto era nelle nostre possibilità; si verifica il crollo degli edifici privati sui quali non è possibile intervenire con risorse pubbliche.

Altro rammarico che mi sento di esprimere a conclusione dei miei due mandati di Sindaco, riguarda il fatto di non aver potuto imprimere, a causa degli ostacoli a volte miopi che si sono frapposti, una svolta al sistema dei trasporti nell’area urbana. Se la Regione non avesse bloccato il servizio della Circolare Veloce “Cosenza/Rende/Unical” per favorire la lobbie dei trasportatori locali, oggi le persone avrebbero potuto spostarsi più agevolmente nella città unica senza bisogno d’altro. In un mese di sperimentazione avevamo addirittura decuplicato i servizi. La nostra idea era quella di realizzare una linea urbana, di collegamento tra Cosenza, Rende e l’Università, che avesse come sua caratteristica la frequenza delle corse, che devono essere di 7-8 minuti, le fermate ravvicinate e la riconoscibilità del vettore. Ci fu una forte opposizione dei privati che sostenevano che le linee fossero loro ed anche la Regione mise in atto una sorta di doppio gioco ed anziché, in virtù del principio di sussidiarietà, sostituirsi ai comuni per dare un servizio ai cittadini, addirittura li ha prevaricati per difendere gli interessi dei privati sulle linee pubbliche. 

È necessario infine che vengano completate al più presto le opere che sono in corso e che renderanno Cosenza la più innovativa in assoluto tra le città in campo culturale e in quello urbanistico, tra le più belle e attrattive d’Italia. Parlo del fiume navigabile, delle piazze ai lati del Ponte, della strada su via Reggio Calabria, del Parco del Benessere, del Museo di Alarico, delle nuove sedi della Polizia municipale e del COC. E poi, che inizino presto anche i lavori del nuovo Stadio Marulla e della Città dello Sport, del nuovo Ospedale immaginato come un Parco nella città, delle opere previste dal CIS e da Agenda Urbana per il centro storico. 

In ogni caso, dando un grosso dispiacere ai miei detrattori e seguendo le regole in auge nella Grecia antica, credo di poter affermare senza ombra di dubbio che ho lasciato dopo dieci anni una città migliore di quella che avevo trovato. E chi verrà dopo di me come Sindaco, (l’ing Francesco Caruso, io spero), potrà tesaurizzare questo patrimonio nel segno della continuità. ′

[Mario Occhiuto è il sindaco di Cosenza]

Il sindaco Occhiuto scrive a Rfi e a Spirlì per ottimizzazione dei collegamenti tra Cosenza e le altre città

Il ripristino, attraverso il trasporto ferroviario regionale, della linea a scartamento ordinario esistente, al fine di integrarla con la rimanente parte di infrastruttura nazionale. È quanto ha chiesto il sindaco di Cosenza, Mario Occhiuto, nella lettera indirizzata al presidente di Rfi, Anna Masutti, all’Amministratrice delegata, sempre di Rfi, Vera Fiorani, all’AD di Trenitalia Luigi Corradi e al Presidente della giunta regionale Nino Spirlì nell’ottica della ottimizzazione dei collegamenti della città di Cosenza con il resto della Calabria ed anche con altre regioni, come la Basilicata e la Campania.

«Da tempo – ha scritto Occhiuto nella lettera – stiamo ragionando nella direzione di attivare tutte quelle possibili soluzioni che possano consentire di utilizzare al meglio il sistema trasportistico ferroviario per accorciare le distanze, favorendo in particolare il collegamento del centro città con altre località della provincia di Cosenza, anche per disincentivare l’utilizzo dei mezzi privati che finiscono irrimediabilmente con il congestionare il traffico automobilistico».

«Come non sfuggirà di certo alla vostra attenzione – ha sottolineato ancora nella lettera Occhiuto – il sistema di trasporto regionale su ferro in Calabria è assicurato attualmente da due operatori: Rfi che gestisce i treni Regionali sulla rete ferroviaria nazionale in base ad un contratto di servizio con ArtCal, stipulato per il periodo 2018-2032; Ferrovie della Calabria S.r.l che gestisce i treni su rete ferroviaria a scartamento ridotto».

Occhiuto ha fatto presente, che «i volumi di produzione del servizio, misurati in treni.km, sono di circa 6,4 milioni per i servizi su rete nazionale e di circa 1 milione su rete regionale a scartamento ridotto. In questo contesto, la città di Cosenza è collegata alla rete dell’infrastruttura nazionale con la stazione di Vaglio Lise, inaugurata a metà degli anni ’80 in concomitanza con l’apertura della nuova linea Cosenza – Paola (galleria Santomarco) che ha consentito tempi di collegamento tra la città di Cosenza e la costa tirrenica molto più competitivi rispetto a quelli stradali. L’apertura della nuova stazione di Vaglio Lise ha coinciso, pertanto, con il passaggio della stazione posta nel centro abitato ad un utilizzo esclusivo della linea a scartamento ridotto ed esercizio di Ferrovie della Calabria».

La stazione di Vaglio Lise, seppur collegata al centro della città sia con servizi urbani gestiti dalla municipalizzata Amaco, che con quelli ferroviari (Ferrovie della Calabria) risente molto della sua posizione decentrata.

«Il necessario ricorso al cambio di mezzo pubblico per raggiungere il centro città – ha scritto ancora il sindaco Occhiuto – allunga, infatti, inevitabilmente, i tempi di spostamento, quasi vanificando i vantaggi che si sono avuti, nel tempo, grazie alla realizzazione della galleria tra Paola e Cosenza, finendo quindi per penalizzare l’utilizzo del mezzo pubblico, a vantaggio del mezzo privato. Alla luce di quanto esposto, al fine di collegare il centro della città di Cosenza, attraverso il trasporto ferroviario regionale, riteniamo ragionevole proporre il ripristino della linea a scartamento ordinario esistente fino alla modifica degli anni ‘80 , al fine di integrarla con la rimanente parte di infrastruttura nazionale».

«Questa soluzione – ha spiegato – consentirebbe il collegamento ferroviario del centro della città con altre località della provincia cosentina (si pensi alla straordinaria opportunità di collegamento diretto con la stazione di Castiglione Cosentino e quindi con l’Università della Calabria) con le altre principali città della Calabria e con i servizi regionali che raggiungono altre regioni (Campania e Basilicata) oltre che, attraverso la stazione di Paola, con il resto d’Italia. Associando, inoltre, a questa proposta la rivisitazione del modello di servizio, si potrebbero avere degli indubbi benefici derivanti da una condizione logistica molto più favorevole, con un indotto positivo chiaramente anche sull’economia del capoluogo».

Occhiuto ha chiesto, infine, ai vertici di Rfi e Trenitalia e al presidente Spirlì di sottoporre a valutazione, con le strutture preposte, primariamente Rete Ferroviaria Italiana, la sostenibilità tecnica di questo progetto, prevedendone, in caso positivo, il finanziamento all’interno dei piani di sviluppo della mobilità, in discussione a livello governativo. (rcs)

SINDACO IN CALABRIA, UN RUOLO DIFFICILE
I PIÙ GRADITI VOCE (KR) E FALCOMATÀ (RC)

Fare sindaco non è un lavoro facile, figuriamoci essere il primo cittadino di una città o un paese della Calabria, una terra tanto bella quanto complicata, dove bisogna combattere, quotidianamente, con tante, innumerevoli problematiche che affliggono questa terra e che devono essere risolti al più presto. Cionostante è facile sentir dire ai primi cittadini che fare il sindaco è il mestiere più bello, malgrado il carico di incombenze e di burocrazia che caricano di responsabilità  (spesso discutibili) di non facile gestione. Vedi i problemi di bilancio e il rischio di dissesto sempre in agguato e, per contro, assurdi procedimenti giudiziari come quello che ha colpito la sindaca di Crema denunciata perché un bimbo si è fatto male all’asilo. Su questo episodio, il sindaco di Bari  De Caro ha detto che «lo Stato deve metterci nelle condizioni di fare il nostro lavoro serenamente. Non chiediamo l’immunità o l’impunità, chiediamo solo di liberare i sindaci da responsabilità non proprie»

Essere sindaco non è semplice, soprattutto nelle aree del Mezzogiorno, eppure, nella Governance Poll 2021 realizzata da Il Sole 24Ore, sull’indice di gradimento dei sindaci, sono tanti i primi cittadini del Sud a essere nei primi posti di questa classifica e, tra questi, a sorpresa, al 13esimo posto c’è il sindaco di Crotone, Vincenzo Voce, eletto lo scorso settembre, con il 58,5% di gradimento da parte dei suoi concittadini: il giorno dell’elezione l’indice di gradimento era al 63,9%.

Dopo il sindaco Voce, c’è al 40esimo posto il sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà, con il 56% di gradimento (era del 58% il giorno dell’elezione). Al 63esimo posto Mario Occhiuto, sindaco di Cosenza, con il 53% ((era al 59% il giorno dell’elezione), al 64esimo posto Maria Limardo, sindaco di Vibo Valentia con il 52,5% (era al 59,5 il giorno dell’elezione), e al 70esimo posto Sergio Abramo, sindaco di Catanzaro, con il 50% (era al 64% il giorno dell’elezione). È quest’ultima la peggiore performance rispetto al valore del giorno dell’elezione.

Intendiamoci, sono classifiche su cui incidono elementi non omogenei ed è evidente che le regioni meridionali hanno problematiche ben diverse da quelle delle ricche regioni del Nord. Indubbiamente è un’indicazione del trend di popolarità che rispecchia le iniziative dei rispettivi primi cittadini nei confronti dei propri amministrati. Il primo, in assoluto, è il sindaco di Bari Antonio Decaro (attuale presidente dell’Anci, Associazione dei Comuni italiani) con un consenso rimasto pressoché immutato (-1,3%) rispetto al giorno dell’elezione

L’indagine mette in brutta luce i sindaci delle grandi città (Sala a Milano è all’81° posto, la Raggi a Roma è al 94°, l’Appendino a Torino al 95°) e fornisce un dato che, incidentalmente, riguarda i calabresi: è quello relativo al sindaco di Napoli Luigi de Magistris, in corsa per la presidenza della Regione. L’ex magistrato si posiziona al 104° posto, ovvero il penultimo, con una performance che lo fa precipitare dal 66,9% ottenuto dopo le lezioni del 2016 al 31,9%.

Quello redatto da Il Sole 24 Ore, è «un sondaggio – hanno spiegato gli organizzatori all’Ansa – che coglie i trend degli amministratori locali 16 mesi dopo lo scoppio della pandemia, in una fase che oggi non è più dominata dai contagi e dalla crisi economica, ma dalle prospettive di ripresa di tutte le attività grazie al crescendo della campagna di vaccinazione».

Insieme alla classifica di gradimento dei sindaci, c’è anche quella dei Governatori, che vede Luca Zaia, governatore del Veneto, al primo posto. Nino Spirlì, presidente f.f. della Regione Calabria, non è all’interno della classifica – che prende in considerazione l’anno 2020-2021, in quanto ha preso la guida della Regione a ottobre scorso, a seguito della prematura scomparsa della presidente Jole Santelli.

Tornando ai sindaci, la posizione ricoperta dal sindaco di Crotone è, sicuramente, un ottimo segnale, sopratutto per una città che, poco a poco, si sta rimettendo in piedi dopo un lungo commissariamento, cercando di risolvere tutte quelle problematiche e criticità che, senza un sindaco e una giunta, erano irrisolvibili.

 

Il sindaco Mario Occhiuto: Serve riforma per riportare Biblioteca Civica nell’alveo del Comune

Il sindaco di Cosenza, Mario Occhiuto, in una lettera indirizzata al presidente dell’Accademia Cosentina e della Biblioteca Civica, Antonio D’Elia, è intervenuto in merito alla situazione della Biblioteca Civica, sottolineando che «non potrà essere risolta agevolmente se non attraverso una vera e propria riforma che possa riportarla nell’alveo del Comune».

Nel preannunciare a breve un incontro con il prof.D’Elia, la cui nomina ai vertici dell’Accademia cosentina e della Biblioteca è stata salutata con molto favore dal sindaco Occhiuto, il primo cittadino ha sottolineato di essere stato aggiornato sulle ultime vicende della prestigiosa istituzione culturale dall’assessore Alessandra De Rosa, delegata dello stesso Sindaco all’interno del Consiglio di Amministrazione della Civica.

«L’assessore De Rosa – ha detto ancora Occhiuto nella lettera a D’Elia – mi ha preannunciato di aver preso contatti, per un incontro da tenersi a breve, con l’Assessore regionale all’istruzione Sandra Savaglio».

«Le preoccupazioni che lei nutre sul futuro della Biblioteca – ha scritto Occhiuto – sono anche le mie, avendo ben presente la difficile situazione nella quale si dibatte la Civica, da quando sono Sindaco e da quando, successivamente, fui eletto Presidente della Provincia. Il Comune fa parte del Consiglio di Amministrazione della Civica come socio fondatore, al pari della Provincia, ma la Biblioteca ha una sua autonomia rispetto alla quale il Comune non ha competenze di ordine gestionale».

«Ciò nonostante – si legge nella lettera – l’Amministrazione comunale, dal 2011 al 2019, ha corrisposto, come si evince dai mandati consultabili da chiunque, 1 milione 426.500 euro, a titolo di contributo iscritto in bilancio. E questo abbiamo fatto, assumendoci delle precise responsabilità, anche quando il Comune era in predissesto. Successivamente, con la dichiarazione di dissesto e sulla scorta dell’interpretazione fornita dalla dirigenza comunale, quella del contributo alla Biblioteca civica non si è ritenuta una voce di spesa catalogabile tra quelle essenziali per cui il Comune non potrebbe, se si aderisse a questa interpretazione, farvi fronte. Nella prima fase abbiamo, però, ritenuto che quella del contributo a sostegno della Civica fosse una voce importante, convinti come siamo che anche i servizi culturali siano essenziali».

«Siamo ora in attesa – prosegue la lettera del sindaco al presidente della Biblioteca civica – di conoscere le prescrizioni del Ministero dell’Interno in ordine all’ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato, approvata dal consiglio comunale e ratificata da qualche giorno dallo stesso Ministero, per verificare la possibilità di istituire una nuova posta di bilancio ad hoc e in variazione per la Biblioteca. Va detto, per amore di verità, che il contributo del Comune, erogato tra mille difficoltà ed anche assumendoci delle responsabilità quando le restrizioni del predissesto avrebbero suggerito l’inopportunità di erogarlo, non è servito a rilanciare la Biblioteca, tanto più che il Comune non è un ente in grado di spendere risorse se non riceve l’erogazione di servizi».

«In ogni caso – ha proseguito il primo cittadino – poiché ho improntato il mio agire di sindaco del fare alla concretezza, ritengo che, pur con tutti gli sforzi economici possibili, la situazione della Biblioteca civica non potrà essere risolta agevolmente se non attraverso una vera e propria riforma dell’Ente che possa riportarla nell’alveo del Comune. Non sfuggirà di certo a chi ha buona memoria la mia proposta, formulata molto tempo fa, per assorbire i dipendenti della Civica (ora rimasti solo in tre) nella pianta organica del Comune. Da presidente della Provincia, nonostante la legge Del Rio avesse ridimensionato le competenze delle province in campo culturale, avevo messo a punto un progetto di rilancio per ridare centralità alla Biblioteca civica, realizzando una serie di lavori necessari e riavviando una serie di attività illustrate anche davanti alla stampa».

«L’interruzione della mia esperienza di presidente della Provincia, poi – ha scritto ancora Occhiuto – non consentì al progetto di prendere il largo. Subito dopo, d’intesa con il presidente Franco Iacucci e su sua sollecitazione, ho lasciato con piacere e fiducia, che il pallino passasse nelle mani della Provincia ed è stato a quel punto che si è sottoscritto un accordo di valorizzazione con la Biblioteca nazionale affinché personale qualificato di quest’ultima (archivisti e bibliotecari) fosse temporaneamente trasferito alla Civica per farla funzionare meglio. Pur apprezzando gli sforzi che ha profuso il presidente Iacucci anche su questo fronte, mi pare che si sia rimasti lontani dall’individuazione di percorsi risolutivi e ciò finanche quando è stata coinvolta direttamente il sottosegretario ai Beni culturali, la cosentina Anna Laura Orrico che, oggi, non fa più parte della compagine governativa».

«Sarò lieto di incontrarla, caro Presidente, come è giusto e doveroso – ha detto ancora Occhiuto –. Ho la netta sensazione, però, che se la Biblioteca civica, alla quale annetto grande importanza, per la sua storia e per il ruolo che deve poter continuare a recitare nell’ambito della cultura calabrese e nazionale, non modificherà il suo status attuale, alle nostre enunciazioni non potranno seguire fatti concreti e risolutivi. E questo avverrebbe anche se fossimo stati nella condizione di seguitare a corrispondere alla Biblioteca, anche negli ultimi due anni, il contributo comunale. Risorse che sarebbero servite a ripianare in minima parte la notevole esposizione debitoria della Biblioteca e a corrispondere gli stipendi ai dipendenti, ma che, in assenza di altri fondi, non avrebbero condotto ad un vero risanamento dell’istituzione culturale».

«Ecco perché ribadisco – ha concluso – che l’unica prospettiva perseguibile è che la Biblioteca civica torni nell’alveo del Comune. Se la Biblioteca fosse del Comune, accanto ad un nuovo indirizzo gestionale, si potrebbero mettere in campo anche una serie di attività propedeutiche al suo effettivo rilancio». (rcs)

MARIO OCCHIUTO, LA RIVOLUZIONE GREEN:
LA CALABRIA IDEA-MODELLO PER DRAGHI

di SERGIO DRAGONE – Quando nell’aprile del 2019, a Lamezia Terme, il sindaco di Cosenza Mario Occhiuto – lanciatissimo verso la candidatura alla presidenza della Regione – parlò di “rivoluzione green” per la Calabria, molti lo presero per matto o giù di lì. In una terra capace di ragionare solo su concorsi pubblici, bandi assistenzialistici, finanziamenti distribuiti a pioggia, numeri di assessorati e presidenze da spartirsi, quella visione che legava strettamente le politiche ambientali a quelle economiche apparve un’idea piuttosto strampalata, una trovata propagandistica, poco più di una suggestione.
Occhiuto vaneggiava di una Calabria “scrigno verde” fatta di mari e di boschi salvaguardati dalla mano assassina dell’uomo, di energie pulite ricavate dal sole, dal vento e dalle maree, di turismo nuovo ed esperienziale, di artigianato digitale, di città rigenerate, di agricoltura affidata ai droni, di medicina a distanza, di nuovi lavori e di nuove professioni, di economia circolare e di economia della conoscenza. E poi parlava di giovani, di nuove generazioni, di “next generation”, si direbbe oggi.
A distanza di quasi due anni, l’opzione “green” è diventata il fulcro del programma di rinascita del Paese affidato a SuperMario Draghi che nelle dichiarazioni programmatiche rese alle Camere ha dedicato il passaggio più significativo – e applaudito – all’esigenza vitale di proteggere il futuro dell’ambiente, conciliandolo con il progresso e il benessere sociale. Ma, al di là delle dichiarazioni d’intenti, ci sono forti motivazioni economiche. Il 37% delle risorse del Recovery Fund saranno destinate ad interventi per contrastare i cambiamenti climatici e tutte le azioni che gli Stati membri andranno a proporre dovranno rispettare il principio del “non arrecare un danno significativo” contro l’ambiente.
Non spetta a me fare valutazioni politiche sull’azione amministrativa di Mario Occhiuto, spettano semmai ai suoi concittadini, ma la sua visione green” del futuro della Calabria, arrivata quasi due anni prima della “svolta verde” del Governo Draghi, credo possa essere uno spunto di riflessione interessante ed utile per tutti.
Io penso che la Calabria possa diventare uno dei laboratori più interessanti e creativi per le politiche green che il presidente Draghi attuerà nel nostro Paese, utilizzando al meglio le irripetibili risorse che l’Europa ci ha gentilmente concesso. Le condizioni ci sono tutte: 800 chilometri di costa, tre parchi nazionali, un’infinità di aree naturali, un clima assolutamente unico che favorisce colture altrettanto uniche, un giacimento inesauribile di testimonianze di un passato glorioso. E poi il sole, il vento, le maree.
C’è bisogno di un investimento epocale per salvaguardare questa ricchezza, per difendere il territorio, per abbattere l’inquinamento marino, per creare nuove occasioni di lavoro attraverso un turismo, un’agricoltura, un artigianato rivoluzionati nelle metodiche e nel marketing. C’è bisogno di più laureati, di più professionisti, di più giovani che abbiano voglia di mettersi in discussione e guardare all’avanzare delle nuove tecnologie.
L’opzione green, che il visionario sindaco di Cosenza aveva intravisto già due anni fa, è oggi il terreno di sfida decisivo per una Calabria che ha l’ultima occasione di dimostrare che non è una terra “perduta” e irrecuperabile. (sd)

Il sindaco Mario Occhiuto scrive a Draghi: Il futuro delle città e dei giovani passa per la rigenerazione urbana

Il sindaco di Cosenza e delegato nazionale Anci per l’urbanistica e i lavori pubblici, Mario Occhiuto, ha scritto una lettera al presidente incaricato Mario Draghi, sottolineando che «il futuro delle città e delle giovani generazioni deve necessariamente passare attraverso una vera e concreta rigenerazione urbana».

Nella lettera, il sindaco Occhiuto ha avanzato una serie di proposte e di riflessioni su come le città possano e debbano riacquistare un protagonismo attivo nel processo di ripresa del Paese e della rinascita post Covid, con ricadute positive soprattutto a favore delle giovani generazioni.

«Gli effetti della pandemia – ha scritto Occhiuto a Draghi – hanno generato una situazione di particolare sofferenza nei giovani, che sono stati privati della bellezza e del tempo della socialità. Ecco perché è proprio nei loro confronti che l’agire delle istituzioni ed in primis dei sindaci dovrà assumere una connotazione risarcitoria, anche immaginando e progettando un nuovo modello di città che possa contemplare luoghi aperti e piazze e scuole e quartieri più vivibili e funzionali, con maggiori spazi verdi».

«La situazione che si è determinata oggi – ha proseguito Occhiuto – proprio a seguito della pandemia, crea l’occasione per compiere questo percorso di rigenerazione, grazie ai fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, integrati con gli incentivi statali previsti per il superbonus e il sisma bonus».

Il Sindaco di Cosenza, delegato nazionale Anci per l’urbanistica e i lavori pubblici, opera, poi, un netto distinguo tra gli interventi di vera rigenerazione urbana e quelli che attengono al recupero e alla ristrutturazione dell’esistente.

«Per rigenerazione urbana – ha scritto ancora Occhiuto – deve intendersi, però, quel complesso di norme, metodi e pratiche che riguardano un oggetto urbano – un’area, un manufatto, un ambiente – al fine di modificarne il genere originario, immettendone un altro diverso; e non il recupero, la riqualificazione e la ristrutturazione dell’esistente e del patrimonio costruito, tutte operazioni che sono positive, ma che non consistono nella rigenerazione».

Quindi, Occhiuto passa alla definizione delle proposte e delle azioni da intraprendere, riassunte in tre punti fondamentali: «Nella città ideale del futuro, di medio-piccole dimensioni – ha spiegato Occhiuto – si dovrà affermare un nuovo modello urbano nel quale non ci dovrà essere più posto per le auto e per le strade di grande attraversamento veicolare, che dovranno essere spostate fuori dal centro urbano con la trasformazione di quelle esistenti in corridoi verdi, attrezzati con giardini tematici e piste ciclabili e pedonali, percorsi tattili, electrict belt e campi da gioco. Anche nelle città metropolitane, le zone più densamente popolate dovranno essere restituite ai pedoni e sarà necessario potenziare i sistemi di trasporto pubblico elettrici e quelli con mezzi sostenibili. Insomma, il modello al quale dobbiamo aspirare è quello delle “città degli uomini” e non delle macchine».

«Per offrire a tutti i cittadini – ha detto ancora – in qualsiasi quartiere abitino, le medesime condizioni di vivibilità e di qualità urbana, sarà importante, al fine di garantire un’autentica democrazia urbana, rigenerare i quartieri di edilizia popolare dove vive la maggior parte delle persone, spesso ammassate in edifici senza identità e riconoscibilità, privi di adeguati servizi, che generano miseria umana e insicurezza urbana e sociale. Dove necessario, occorrerà, inoltre, demolire e ricostruire gli edifici, anche grazie agli incentivi oggi disponibili e attraverso programmi di rottamazione e riabilitazione urbana. Le aree dismesse, dove prima esistevano fabbriche, opifici e strutture pubbliche abbandonate e degradate, dovranno essere rigenerate con nuove funzioni, orientate ad implementare il benessere e la salute dei cittadini e a stimolarne la creatività».

«Perché queste azioni si concretizzino – ha scritto ancora Occhiuto a Draghi – è necessario accompagnare il Pnrr (negli ambiti dedicati alla modificazione del territorio) non solo con risorse finanziarie destinate alle opere da realizzare, ma anche con indirizzi precisi sui piani di rigenerazione. Così come è importante avviare riforme che semplifichino le procedure burocratiche, e consentano di puntare sulla qualità architettonica e ambientale degli interventi. Rigenerare le città è uno dei modi più interessanti e proficui per risarcire i giovani e per proiettare l’Italia in un mondo nuovo, più sostenibile e più green, nel quale i comuni italiani possano riprendersi il primato della bellezza e della innovazione nel mondo».

«Un Paese con città più sostenibili, belle, innovative e smart – ha detto ancora il primo cittadino – diverrebbe complessivamente più competitivo e, quindi, maggiormente incline a generare lavoro e occasioni di crescita. Affinché i sindaci possano dare il loro contributo, orientando la crescita delle città verso i nuovi paradigmi di sostenibilità e di innovazione urbanistica che si stanno affermando sempre di più, in Europa e nel mondo, sarebbe importante attribuire loro più competenze e funzioni dirette, dando anche la possibilità di selezionare i dirigenti».

«Riponiamo tutti – ha concluso – molta fiducia nella Sua competenza e soprattutto nella Sua illuminata visione non senza avere, il primo cittadino di Cosenza, formulato al Presidente incaricato gli auguri di buon lavoro». (rcs)

OCCHIUTO & ORRICO, LA STRANA COPPIA
CHE SALVA IL CENTRO STORICO A COSENZA

di SANTO STRATI – Chi avrebbe mai scommesso che il sindaco di Cosenza Mario Occhiuto avrebbe elogiato il lavoro della grillina Anna Laura Occhiuto, sottosegretario ai Beni Culturali, ricevendo pari apprezzamenti? Questa “strana” coppia, agli antipodi – politicamente parlando – ha letteralmente salvato il centro storico di Cosenza, ovvero i fondi ad esso destinati. Con un’operazione che, finalmente, ha superato le posizioni partitiche guardando unicamente al bene della Città. Con il plauso di un terzo “incomodo” il presidente pdiddino della Provincia Franco Iacucci. Un tris assortito di posizioni politiche e di partito assolutamente contrapposte che, però, ha portato alla firma del Cis (Contratto Istituzionale di Sviluppo) che ha sbloccato quelle irrinunciabili risorse finanziarie che sembravano pronte a svanire.

Il contrario di quanto avvenuto, invece, ieri sera in Consiglio regionale a Reggio, dove Bevacqua (Pd) e parte dell’opposizione hanno abbandonato l’aula per protesta, lasciando soli i consiglieri Anastasi e Di Natale (Iric) e Flora Sculco (Dp). Ovvero, dialogo zero e posizioni di forza non condivise, peraltro dalla base dem, che rendono impossibile il lavoro dell’Assemblea.

Ma torniamo all’intesa trasversale cosentina che ha sbloccato l’impasse. Il problema era serio: Cosenza rischiava di perdere 90 milioni destinati dal Ministero dei Beni Culturali al risanamento del centro storico di Cosenza a causa di stupide rivalità politiche nel precedente governo giallo-verde. Invece un inedito, quanto apprezzabile, gioco di squadra tra la Orrico, da una parte, e Occhiuto dall’altra ha saputo dirimere la matassa portando a casa il risultato. Certo non bastano 90 milioni per risanare il centro storico di Cosenza, ma «ben vengano» – ha detto soddisfatto Mario Occhiuto, il quale ha voluto subito precisare che il suo progetto di rigenerazione urbana dovrà prevedere interventi sull’edilizia privata: è comunque un buon punto di partenza».

La città – diciamo la verità – ha in corso, con  l’amministrazione Occhiuto, una radicale trasformazione che ne fa una piccola metropoli del Sud, con aneliti culturali (portati avanti con risultati eccellenti) e spinte innovative che rivelano un disegno strategico di non poco conto. Occhiuto, presidente mancato della Regione grazie alla insensata “guerra” di Salvini, è un architetto e sa cosa significa pianificare e progettare. Il “suo” ponte di Calatrava, per esempio, non aveva una funzione strategica in termini di mobilità (pur offrendo ugualmente qualche vantaggio alla popolazione residente), ma di immagine: voleva essere – e c’è riuscito – un simbolo di una rigenerazione urbana in corso e di una qualificazione che ha bisogno anche di ri-creare un’immagine positiva della città. Il risultato è sotto gli occhi del cronista che gira in lungo e in largo la città, ma soprattutto si presenta in termini di positività quasi totale al forestiero. E quando passerà la rabbia dei residenti per i tantissimi cantieri ancora aperti ci sarà anche il loro apprezzamento per il cambiamento in corso d’opera. Il museo Bilotti all’aperto è già di per sé un biglietto da visita eccellente per il nuovo visitatore e per chi non viene a Cosenza da molti anni: mostra la vitalità di una città che vuole essere protagonista e ha tutti i numeri per riuscirci.

Un cambiamento che, adesso, riguarderà gli interventi sul centro storico, grazie al Cis (Contratto Istituzionale di Sviluppo) firmato lunedì alla Biblioteca Nazionale di Cosenza siglando – come ha detto la sottosegretario Orrico – «una nuova sinergia istituzionale tra Mibact, Provincia, Comune e Un iversità della Calabria. Condivisione e dialogo continui che hanno permesso di recuperare il ritardo e non perdere il finanziamento». Ci sono 20 progetti che riguardano l’educazione e la formazione, l’accessibilità e la messa in sicurezza degli immobili ((solo se pubblici e con valenza culturale) con l’occhio puntato alle nuove generazioni. «Abbiamo pensato alla cultura – ha detto la Orrico – come leva per la coesione sociale e lo sviluppo e puntiamo sui giovani: il centro storico deve diventare sede di formazione permanente». E, difatti, gli interventi previsti riguardano, tra gli altri, due importanti istituti di formazione: il Conservatorio e il Convitto Nazionale. Ma il piano prevede la creazione di laboratori digitali per la comunicazione e il marketing, interventi per le biblioteche Civica e Nazionale e, non meno significativa, la creazione di un incubatore d’impresa nell’ambito della cultura e del turismo, a cura dell’Unical. «Questi 90 milioni – ha precisato la Orrico – non risolvono evidentemente tutte le criticità, ma la sinergia istituzionale creata potrà rafforzare in futuro gli interventi e attirare gli investimenti privati»

Il sindaco Occhiuto, nel ringraziare il ministro Dario Franceschini ed elogiare la Orrico, non ha mancato di sottolineare che «Siamo in ritardo perché il precedente Governo ha cercato di affossare il Cis di Cosenza. Non voglio illudere nessuno, ben vengano queste risorse, noi abbiamo già speso 60 milioni, ma la città vecchia è in una situazione di grave rischio strutturale e servono interventi anche sugli edifici privati» (che, però, non sono finanziabili coi fondi Cis).

L’Università della Calabria giocherà ovviamente un ruolo rilevante nell’ottica dell’innovazione tecnologica. Il delegato del Rettore Nicola Leone al Trasferimento tecnologico, Maurizio Muzzupappa, ha espresso la piena disponibilità dell’Ateneo per dare contenuti di contenitori che saranno valorizzati. Per l’incubatore bisognerà attendere circa due anni, ma l’attività di selezione partirà subito. Un ottimo segnale di quanto l’Unical è in grado di fare per quella rigenerazione urbana tanto auspicabile quanto necessaria.

Il tavolo del Contratto di sviluppoper il centro storico di Cosenza

E un ottimo segnale è anche quest’inedita intesa trasversale che – come ha fatto notare il segretario regionale del Mibact Salvatore Patamia – rappresenta «un miracolo amministrativo: al tavolo – ha detto – ci sono tre esponenti di parti politiche diverse che si sono messe d’accordo per raggiungere un obiettivo senza precedenti per Cosenza».

Come si diceva prima, il contrario di quanto è avvenuto ieri sera a Reggio e avviene ormai con regolarità nell’aula di Palazzo Campanella. Ma non tutti sono d’accordo su questi atteggiamenti di prevaricazione che non portano ad alcun risultato. Il consigliere Marcello Anastasi, sconfortato, ha espresso a Calabria.Live il suo punto di vista sulla posizione di Io resto in Calabria.  «In aula e in qualsiasi altro contesto in relazione al Governo regionale noi manteniamo una posizione da moderati, ovvero come coloro che intendono costruire ponti piuttosto che distruggerli in un attimo. Oggi soltanto perché si sono invertiti i punti all’ordine del giorno è scoppiato un putiferio in una parte della minoranza. Si parlava di scuola: avremmo dovuto restare tutti in aula e affrontare l’argomento tutti insieme, sacrificando per una volta le posizioni di parte. I calabresi vogliono risposte e una minoranza che si confronti con la maggioranza e non che litighi continuamente. Non dobbiamo farci la guerra in aula e si deve ristabile un rapporto collaborativo: la mia preoccupazione è che in questo momento c’è un clima politico che rischia di non rispondere a quelle che sono le aspettative dei calabresi. Con tutto quello che ne consegue».

Il modello cosentino, dunque, – a fronte di questa negazione di dialogo e di confronto – sarebbe magnifico poterlo replicare in Regione, ossia puntare a intese trasvertsali per giungere a risultati concreti. Soprattutto in due settori vitali per la crescita e lo sviluppo: cultura e turismo. Due comparti, in realtà, molto legati l’uno all’altro, perché da essi dipende la linea progettuale che la Calabria deve necessariamente darsi, anche in vista delle risorse Ue del Recovery Fund e dell’esigenza di progetti da presentare per ottenere i fondi. Il turismo, in particolare, dovrebbe ripartire da zero, facendo tesoro dell’esperienza emergenziale del covid, con una strategia completamente rinnovata da elaborare solo dopo aver ascoltato gli addetti ai lavori, da cui ricavare indicazioni preziose per le iniziative necessarie. Basta con improvvisazioni e interventi senza pianificazione, ma per fare questo ci vuole un altro “miracolo amministrativo” come quello di Cosenza. (s)

Occhiuto, contro tutti, scommette su tre liste, ma il centro-destra ha “benedetto” Jole Santelli

di SANTO STRATI – Che sarebbe stata una campagna elettorale ricca di colpi di scena era prevedibile da tempo, ma lo scenario che si presenta a sei giorni dalla presentazione delle liste supera qualsiasi immaginazione. È la battaglia dei due Mario, che viaggiano in parallelo, contro le logiche dei partiti e puntano a raccogliere il consenso necessario, quanto meno a misurare il loro peso politico. Oliverio, pur avendo perso la vicinanza del suo Richelieu (Nicola Adamo, colpito da obbligo di dimora e quindi impossibilitato a percorrere il territorio calabrese organizzando i sostenitori del governatore uscente) non recede dall’intenzione di presentarsi da solo senza il simbolo del partito che lo ha visto protagonista da una vita (pur nelle varie denominazioni). Occhiuto, offeso e svillaneggiato da Salvini, per compiacere a richieste “gentiliane”, rinuncia, con il fratello Roberto, a Forza Italia e correrà con tre liste che ancora credono fortemente in lui.

Oggi a Cosenza i due fratelli Occhiuto (che ieri sono stati ricevuti da un affabile quanto mortificato Berlusconi dovutosi piegare ai diktat della Lega ma decisamente dispiaciuto per il cambio di candidato) avevano convocato un incontro tecnico-organizzativo per fare il punto sulla raccolta delle firme necessarie al deposito della candidatura e delle liste: in realtà si è trasformato in un’affollatissima assemblea elettorale che ha ribadito il proprio sostegno al sindaco di Cosenza. Mario Occhiuto, visibilmente contento, non si aspettava una risposta così eclatante da un popolo di supporter e simpatizzanti che lo ha convinto senza esitazioni a proseguire la marcia iniziata da tempo. Ufficialmente dalla convention di Lamezia dello scorso giugno dove Occhiuto si presentò come il candidato ufficiale di Forza Italia, candidato unico per il centrodestra, ma in realtà è da un paio di anni che il sindaco cosentino preparava la sua discesa in campo per conquistare la Cittadella di Germaneto.

Mario Occhiuto ha circoscritto in una battuta il suo obiettivo: «Voglio cambiare la Calabria». Si presenterà da solo, senza simboli partitici ma col supporto di tre liste civiche in grado di dare qualche dispiacere all’ex-amica Jole Santelli e a tutto il centrodestra, che in un documento, l’ha incoronata regina unica di queste elezioni.

«Sarà – ha detto Mario Occhiuto – una campagna elettorale molto breve e intensa. Una campagna elettorale d’opinione. Dalla nostra parte abbiamo la voglia di cambiare che è la stessa voglia di cambiamento dei cittadini calabresi. Le persone in Calabria sanno bene che non possono più affidarsi ad altri, ma hanno l’esigenza di essere parte attiva di una nuova primavera. Troppi, e troppo a lungo, fino ad oggi, hanno deciso
al posto dei calabresi».

«Sappiamo con certezza – ha stigmatizzato il sindaco di Cosenza – che il diniego di Salvini sul mio conto era solo un pretesto per mascherare certe ombre a cui il mio nome non è gradito e che da sempre oscurano lo sviluppo della Calabria. Alla faccia del rinnovamento, la Lega nella nostra regione non fa altro che cavalcare vecchie logiche affaristiche».  Una stoccata l’ha riservata a Jole Santelli: «Quali contenuti porterà avanti il Centrodestra nel corso della campagna elettorale calabrese, visto che solo fino a ieri le stesse persone oggi in campo al posto mio vedevano in Occhiuto il miglior nome possibile per la svolta di questa regione. È  risaputo – ha affermato Mario Occhiuto – che si debba discutere prima dei programmi che dei candidati, per cui mi domando quale sarà il programma della candidata Santelli, dal momento che ha girato per due anni con me sostenendo il mio programma e le mie idee, e dicendo che io rappresentavo l’unica speranza per la Calabria. Quindi ora vorrei capire qual è il suo progetto».

Roberto Occhiuto, dal canto suo, ha annunciato che lascerà Forza Italia: «Credo che Mario sia il candidato più apprezzato dai calabresi e anche quello più apprezzato dagli avversari perché gli avversari hanno girato la Calabria con lui dicendo che sarebbe stato l’unica speranza possibile. Adesso invece dovranno spiegare agli elettori calabresi che hanno mentito per due anni. Io sono vicecapogruppo vicario di Forza Italia, il numero due del gruppo, e quando Matteo Salvini ha posto questi pretestuosi veti ho detto che tra il nome e le cariche, tra il nome e l’appartenenza politica, io scelgo il nome. Per cui, all’atto della presentazione delle liste, io mi dimetterò dai miei incarichi e da Forza Italia perché credo che fare politica sia fare ciò che si ritiene giusto anche quando si perdono incarichi e posizioni. Sono orgoglioso di questa battaglia portata avanti da Mario perché ci sta facendo riscoprire il senso vero della politica e l’amore per la Calabria che non si scopre tanto nei partiti o nelle comode stanze. E poi faremo una battaglia contro coloro che vogliono colonizzare la Calabria senza conoscerla, prendete ad esempio Invernizzi. Noi non ci facciamo giudicare da Salvini, chiederemo ai calabresi di giudicarci. E per questo siamo pronti a una vera rivoluzione».

Quasi tutto il centrodestra calabrese (con ovvia esclusione del parlamentare Roberto Occhiuto) firma documenti di sostegno che “benedicono” la discesa in campo di Jole Santelli. Donna capace, competente e preparata, una seria ipoteca per Cinque Stelle e Callipo (e per Occhiuto) in grado di raccogliere consensi anche trasversali, salvo che il suo “tradimento” (come lo definiscono gli Occhiuto) non finisca per danneggiarla.

L’ex vicesindaco di Cosenza (e di Occhiuto) ha registrato consensi unanimi dalle tre componenti del centrodestra. Wanda Ferro, Fausto Orsomarso ed Edmondo Cirielli per Fratelli d’Italia sono convinti che «con la designazione di Jole Santelli alla guida della coalizione, il centrodestra ha ora la possibilità di tornare al governo della Regione Calabria. Fratelli d’Italia sosterrà questa sfida con lealtà e coerenza, ma soprattutto tentando di mettere a disposizione dei calabresi una classe dirigente di qualità e proposte programmatiche realmente capaci di segnare per la nostra terra quel cambio di passo che i nostri cittadini meritano e chiedono da tempo. Siamo certi che Jole Santelli, con le sue capacità e facendo gioco di squadra, sarà all’altezza di questo compito».

Jole Santelli ha detto che «questa candidatura nasce dalla consapevolezza di dover lavorare per rendere giustizia a una regione che vive una fase di oscurantismo senza precedenti. Il compito più importante – ha detto la coordinatrice regionale di Forza Italia – è quello di dare un brand identitario alla Calabria che non è solo cronaca e negatività, ma un luogo pieno di tradizioni e di cultura. Il mio desiderio è restituire speranza ai calabresi, lavorare con abnegazione, riaccendere la luce in un tunnel che non è il destino immane di una regione».

Nel documento firmato dai “Consiglieri regionali e i Parlamentari di Forza Italia” a proposito dell’ufficializzazione della candidatura si legge che «la figura di Jole Santelli riteniamo sia la più adatta a ricoprire quest’incarico: è da sempre in Forza Italia, una figura che ha dimostrato esperienza e affidabilità, e siamo certi che non solo ci porterà ad una vittoria elettorale con ampio margine, ma anche e soprattutto che vincerà la sfida più grande, quella di saper finalmente amministrare questa Regione in modo egregio dopo tanti fallimenti e in modo particolare dopo il disastro di Oliverio e compagni del Pd che negli ultimi 5 anni hanno fatto sprofondare la Regione nel baratro». Più laconico il comunicato del commissario della Lega in Calabria, il bergamasco Cristian Invernizzi: «Accettiamo la candidatura e siamo pronti ad iniziare la campagna elettorale concentrandoci unicamente sul futuro dei calabresi». Nulla di più, mentre la Lega (che da ieri ha cambiato nome in Lega per Salvini) cerca nomi credibili da inserire in lista (ma non sarà facile vista il pochissimo tempo a disposizione).

Schermaglie che provocheranno molte scintille nell’area di centrodestra, ma anche a sinistra non si scherza. Callipo continua a ricevere endorsement dal cosiddetto “popolo della sinistra”, ma Oliverio è una spina al fianco che non si sa quanto possa pungere in profondità.

Di certo è che i candidati si contenderanno i voti su aree pressoché omogenee: chi sarà in grado di convincere di più gli elettori? A mezzogiorno di giovedì 28 si chiudono i giochi: qualcuno non sarà riuscito a raccogliere le firme necessarie, qualcun altro non riuscirà a raccogliere il consenso indispensabile per le soglie di sbarramento. È un brutto momento della politica regionale, ma a soffrirne di più sono, purtroppo, i calabresi: delusi, avviliti e demotivati. Qualcuno dovrà farsi un serio esame di coscienza. (s)