Il docufilm “Nyumba” racconta lo sbarco dei migranti a Cutro del 26 febbraio 2023

Il docufilm “Nyumba” racconta lo sbarco dei migranti avvenuto a Cutro il 26 febbraio 2023. Dopo le manifestazioni per il ricordo della strage, sulla spiaggia davanti alla secca ci sarà un nuovo appuntamento della memoria: verrà girata la parte corale di “Nyumba”, il docu-film prodotto dalla Indaco Film con il sostegno della Calabria Film Commission, soggetto e sceneggiatura di Paola Bottero, regia di Francesco Del Grosso, distribuzione Diemmecom.

Tante storie che si intrecciano e si uniscono in Calabria, partendo proprio dalla spiaggia di Cutro. Come quella di Abdullah Balde, che a 14 anni ha lasciato il Senegal «per migliorarsi», è sbarcato a Lampedusa tra mille peripezie ed ora, da mediatore linguistico, aiuta altri migranti a ricostruirsi una vita. O quella di Sisì, Mohamed Sesay, che in Sierra Leone divorava libri di storia ed ora li fa nascere, da Rubbettino, dove è stato assunto come addetto al tagliacarte. O, ancora, quella di Alex Sowe, scappato dal Gambia, imbarcato con 300 migranti su due barche, di cui solo la sua ce la fa: soccorso in mare, portato a Reggio Calabria, fa il calciatore in promozione, d’estate lavora alla reception di un hotel.

Sceneggiatrice, regista e produttore nei giorni della strage si trovavano in Calabria per ascoltare le storie di tanti migranti ed individuare le più rappresentative. «Abbiamo visitato» racconta Paola Bottero «alcuni dei più importanti centri di accoglienza della Locride, del Crotonese, del Lametino. I ragazzi intervistati ci hanno raccontato la propria “nyumba”, casa in Swahili: quella da cui sono scappati e quella che hanno ritrovato in Calabria, scelta come luogo dove vivere. La nostra narrazione voleva far comprendere che non esistono confini, che l’accoglienza è la base di ogni società degna di essere considerata tale, ma mai avremmo potuto immaginare che proprio quei giorni avrebbero segnato un punto di non ritorno. Cutro doveva diventare un protagonista silenzioso ed un monito con un abbraccio corale, fisico ed affettivo, su quella spiaggia. I protagonisti del nostro “Nyumba” inizieranno il loro racconto guardando l’orizzonte oltre la secca: sarà un modo per rappresentare, attraverso le storie di chi ce l’ha fatta, anche quelle di chi purtroppo è rimasto intrappolato nel “cimitero Mediterraneo”».

«La difficoltà maggiore» continua Francesco Del Grosso «è stata scegliere tra le tante storie raccolte le più rappresentative. Realizzeremo le riprese ambientali con cineprese a terra e droni, per guardare la Calabria con occhi nuovi: quelli dei migranti che l’hanno scelta come nuova casa. Nelle riprese di docu-fiction, che si baseranno invece sulla ricostruzione degli eventi narrati dai protagonisti, la sabbia sarà elemento narrativo e filo conduttore: sarà la spiaggia di Cutro, location per il racconto della vita precedente al viaggio della speranza, e sand art, in aiuto per la rappresentazione visuale».

«È stato molto emozionante» aggiunge Luca Marino «sentire i migranti raccontare perché la Calabria è Nyumba, casa. Con le loro storie racconteremo anche la Calabria, racconteremo anche le nostre radici di emigranti, la nostra capacità di accogliere ed integrare. Il docu-film che gireremo in primavera conterrà tutti i valori che fanno parte della nostra cultura, così agli antipodi degli stereotipi negativi di una narrazione anche cinematografica che fortunatamente non è più prevalente».

Un pensiero condiviso anche dal commissario straordinario della Calabria Film Commission, Anton Giulio Grande: «La Calabria sa raccontare storie piene di bellezza e di amore. In Nyumba è location ed è protagonista, scelta come casa dai migranti che sono riusciti a costruirsi una seconda possibilità di vita. Sull’argomento, tra l’altro, abbiamo sostenuto diverse opere. E lo hanno fatto qui, in una terra che, quando è amata e apprezzata, è capace di restituire grandi emozioni. Guardare la nostra regione con occhi diversi dai nostri ci aiuterà ad apprezzarne ancora di più le immense ricchezze, non sono naturalistiche e culturali, ma anche umane». (rkr)

MIGRANTI, NON PIACE IN CALABRIA L’INTESA
CON L’ALBANIA: È UNA VERA DEPORTAZIONE

di FRANCO BARTUCCI – Non piace ai calabresi l’intesa con l’Albania per il trasferimento dei migranti che arrivano nelle coste italiane (Lampedusa e Roccella, in primo luogo). Roccella è allo stremo, ma mostra tutta la grande solidarietà e la fratellanza del popolo calabrese nel soccorrere e accogliere i profughi che arrivano sulle sue coste. Non piace l’accordo (5 anni + 5) perché sa di vera e propria deportazione e non tiene conto delle opportunità che i migranti potrebbero offrire come risorsa lavoro. Manca manodopera, ma si tengono rinchiusi in centri di accoglienza centinaia di giovani (qualcuno persino con laurea) che andrebbero, invece, avviati al lavoro (anche attraverso strumenti di mediazione linguistica e formazione sul territorio). I vecchi – riusciti – progetti di inclusione dell’Unical (quando gli albanesi sbarcarono in massa nelle nostre coste) e di Mimmo Lucano a Riace dovrebbero costituire un modello virtuoso da seguire, ma il Governo preferisce buttare denaro per mantenere rinchiusi i disperati che arrivano dall’Africa e dall’Asia. L’operazione Albania ha un costo enorme: con le stesse cifre si potrebbe avviare un percorso di formazione e inclusione che dia speranza di vita migliore a chi ha dovuto abbandonare tutto, ovvero il niente di niente, nella propria terra.

Il presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il suo collega d’Albania Edi Rama hanno sottoscritto un accordo che consente di trasferire i migranti che vengono recuperati dalle navi italiane o dalla Guardia Costiera sui mari che circondano il nostro Paese direttamente in Albania ed in particolare in due centri ancora da costruire per essere identificati dalle autorità italiane nell’arco di trenta giorni. Due campi con una capienza di 1.500 posti cadauno per un totale complessivo di 36 mila migranti da controllare nell’arco di un anno per essere lasciati liberi dopo l’identificazione e ricondotti fuori dall’Albania o rinviati nei loro Paesi di origine e provenienza qualora non aventi diritto. Un accordo con validità di cinque anni rinnovabili.

«Un accordo che manda in frantumi – come ha dichiarato il Cardinale Arcivescovo di Bologna e Presidente della Conferenza Episcopale, Matteo Maria Zuppi – il diritto d’asilo»; mentre a giustificazione del protocollo d’intesa il Presidente Edi Rama ha dichiarato ch’era doveroso accogliere la richiesta di aiuto della Presidente Meloni quale risposta collaborativa per una forma di ringraziamento per l’accoglienza che l’Italia ha riservato all’inizio degli anni novanta ai tantissimi migranti albanesi fuoriusciti dalla loro terra.

La cronaca giornalistica di questi giorni ha riservato sull’accordo dubbi e critiche a livello nazionale con la riserva dell’Unione Europea; mentre i sostenitori della presidente Meloni hanno parlato di un accordo necessario in quanto può funzionare come deterrente a scoraggiare i migranti per avviarsi dai loro Paesi con la meta l’Italia per poi dirigersi verso gli altri Paesi europei.

Un comportamento che rasenta la disumanità di certe forze politiche che hanno dimenticato il valore dell’accoglienza umana nel rispetto di quei valori cristiani che il Vangelo ci descrive. Eppure abbiamo un Santo Padre, Papa Francesco, che fin dal suo insediamento ha affrontato questo delicato problema dell’accoglienza dei migranti ad evitare le stragi nel nostro Mediterraneo con azioni concrete di profonda umanità.

Nel 1992 dalla Calabria ed in particolare dall’Università della Calabria, come nel resto d’Italia, in soccorso di quanto stava accadendo in Albania, ci fu una grande mobilitazione predisponendo un programma di accoglienza nei vari paesi di origine arbëreshë, buona parte dei quali risultavano svuotati con molte abitazioni chiuse, che può essere d’insegnamento oggi al mondo della politica ed alla società stessa italiana per dare un senso umano ed accoglienza a questa nuova generazione di migranti che fuggono per ragioni di guerra e carestie dai loro paesi di origine.

Il Progetto Skanderbeg dell’UniCal  in soccorso degli albanesi migranti – Il Consiglio di amministrazione dell’Università della Calabria nella seduta del 3 febbraio 1992, presieduta dal Rettore, prof. Giuseppe Frega, approvava il progetto “Skanderbeg”, presentato da un Comitato scientifico, presieduto dal prof. Pietro Bucci, già rettore dello stesso Atene dal 1978 al 1987, che prevedeva una soluzione di inserimento ed insediamento, nel contesto del territorio regionale, delle migliaia di profughi albanesi che giungevano nel nostro Paese.

A sostenere il progetto oltre alla stessa Università della Calabria vi erano l’Amministrazione Provinciale di Cosenza e la Cassa di Risparmio di Calabria e Lucania; mentre il Comitato scientifico era così composto: Pietro Bucci, Paolo Portoghesi, Renato Guzzardi, Francesco Altimari, Aldo Pugliese, Francesco Solano, Antonio Rossi, Cesare Pitto, Nino Russo, Cesare Marini, Giuseppe Roma, Pina Carso.

Il progetto fu presentato ed illustrato in una conferenza stampa che si svolse il 2 luglio 1992 all’Università della Calabria dal prof. Pietro Bucci e dal prof. Paolo Portoghesi, dell’Università “La Sapienza” di Roma. Parteciparono alla conferenza tutti i componenti del Comitato tecnico-scientifico dello stesso progetto di cui sopra ed una vasta rappresentanza dei cinquanta centri urbani di origine albanese distribuiti su tutto il territorio delle regioni meridionali, dei quali trentuno soltanto in Calabria.

Gli ideatori del progetto prevedevano un recupero urbano di tutti i centri di origine arbëreshë poco abitati, per farne oggetto di insediamento di nuove comunità albanesi, il cui fenomeno migratorio di massa ha assunto nel 1991 una fase drammatica, ben raccontata nel 1994 dal noto regista calabrese Gianni Amelio nel suo film “Lamerica”. La Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università della Calabria per questo film e la sua carriera gli conferì il 28 maggio 1996 la laurea “Honoris Causa” in Dams.

Per potere realizzare i nuovi modelli di assetto urbano, il progetto prevedeva un collegamento con le autorità governative dell’Albania, al fine di concordare interventi ed una programmazione mirata alla formazione delle persone ed all’insediamento delle nuove realtà urbane, come nello scambio delle politiche di rientro per una valorizzazione dell’economi e dello stato sociale del Paese di origine.

L’obiettivo dell’intervento era legato al processo di sviluppo delle naturali vocazioni del territorio e si articolava in un diverso assetto urbanistico del territorio, valorizzando, soprattutto, i settori dell’agricoltura, del turismo, del recupero delle strutture urbane, della selvicoltura, della zootecnia, ecc. Si puntava, inoltre, sulla possibilità di effettuare investimenti assistiti da contributi ed agevolazioni finanziarie statali, regionali e comunitarie; nonché sulla possibilità di utilizzare tecnologie che, contenendo i costi di produzione, rendevano economicamente valide le attività produttive da svolgere. Ancora una condizione essenziale del progetto era quella di puntare sulla possibilità di attivare l’imprenditorialità locale in forme capaci di mobilitare ed associare tutte le risorse umane esistenti in loco.

Era un progetto che dava valore al senso umano delle risorse in loco ed aveva, quale ideatore/Presidente del comitato scientifico, il prof. Pietro Bucci, già rettore dell’UniCal dal 1978 al 1987, un visionario ed un uomo di grande fede ed umanità.

Ma passata l’emergenza, come spesso succede qui in Calabria, non se ne fece nulla, essendo venuta meno a questa lungimirante idea progettuale dell’Università, che forse avrebbe cambiato prospettive non solo di ordine demografico alla società e alla economia calabrese, il dovuto sostegno concreto dalle istituzioni esterne coinvolte.

Una storia che parte dal Rettore Beniamino Andreatta  – Peraltro l’Università della Calabria con il Rettore Beniamino Andreatta fin dalle sue origini aveva impiantato delle radici di grande attenzione verso le minoranze linguistiche, inserendo nei piani di studio della Facoltà di Lettere e Filosofia, con il corso di laurea in lingue, i cui corsi partirono con l’anno accademico 1973/1974, una cattedra di lingua e letteratura albanese, con l’attivazione al suo interno dell’insegnamento di Dialetti albanesi dell’Italia meridionale ch’ebbe come primo docente ed in assoluto, come primo titolare di cattedra a livello accademico nazionale, il papas prof. Francesco Solano. Fu la prima Università italiana ad aprire questa importante pagina di storia per la tutela delle minoranze linguistiche, che aveva in Calabria una vasta comunità di popolazione con origine arbëreshë.

Da allora è stata avviata una sistematica ricerca sul campo che dalla Calabria si è estesa poi all’intero Mezzogiorno sul peculiare patrimonio linguistico, letterario e culturale arbëreshë (oltre 200 sono state le tesi di laurea e di dottorato ad esso collegate difese nell’ultimo quarantennio presso l’Unical!) poi proseguita nell’ultimo trentennio con importanti risultati scientifici, all’attenzione del mondo accademico nazionale e internazionale, da parte del suo allievo, il prof. Francesco Altimari, che dal 1991 è subentrato nella direzione della stessa cattedra fondata dal prof. Solano.

Vogliamo ricordare che alla memoria del fondatore di questa cattedra l’Unical ha intitolato nel 2009 l’apposita Fondazione universitaria “F. Solano”, voluta e sostenuta dalla sorella Nina Solano, che si occupa di valorizzare gli studi albanologici e di promuovere la lingua e la cultura degli albanesi d’Italia, ma anche di consolidare i rapporti scientifici e culturali tra comunità arbëreshë e comunità albanesi dell’ area balcanica.

Il Progetto Skanderbeg dell’UniCal sensibilizzò maggiormente la stessa Università  ad accogliere studenti provenienti dall’Albania per consentire loro di acquisire la laurea ed anche un gruppo di dottorandi e docenti, alcuni dei quali sono rimasti negli organici dell’Ateneo di Arcavacata e con il passare degli anni ad accrescere i rapporti istituzionali e di collaborazione con l’Università di Tirana e con quella kosovara di Prishitna.  Una esperienza che dopo otto anni si applicò anche con il Kosovo e la Serbia per effetto del conflitto bellico nei Balcani. Ma il progetto stimolò pure l’inserimento di molti albanesi in quei paesi e comuni di origine arberesce della Calabria e di altre regioni italiane. Ci fu una vera e propria integrazione.

Una nota particolare merita e va ricordata per il ruolo avuto dal Papas prof. Francesco Solano ch’ebbe l’ardire in quel momento drammatico per l’Albania di predisporre una “Guida alla conversazione italiana” che corrispondeva alla traduzione della “Guida alla conversazione albanese” (La prima in assoluto uscita in Italia), già pubblicata dal prof. Solano nel 1974 e ristampata dalla Regione Friuli Venezia Giulia con il sostegno della Fondazione del quotidiano “La Stampa” di Torino attraverso un’ edizione straordinaria fuori commercio.

Ed è quanto dovrebbe accadere nel nostro Paese nel rapporto di accoglienza dei tanti migranti che arrivano tutti i giorni sulle nostre coste anche in funzione di una migliore integrazione negli altri Paesi Europei sull’esempio di quanto è stato realizzato qualche anno dopo dal Sindaco Mimmo Lucano a Riace, terminato con un inquietante e ingiusto processo penale che va meditato per recuperarne il valore. (fba)

Il presidente Mancuso: Questione dei migranti non può essere affrontata ideologicamente

Per il presidente del Consiglio regionale della Calabria, Filippo Mancuso, un «fenomeno cosi complesso, con 140mila persone sbarcate sulle coste italiane che saranno 200 mila a fine anno mentre  l’Africa entro la conclusione del secolo farà 4 miliardi di abitanti, non può essere trattato ideologicamente, opponendosi pregiudizialmente alle iniziative del Governo».

«Occorre anche in Italia, come ha detto sabato il Papa in riferimento all’Europa – ha aggiunto – che sia affrontato con una responsabilità ‘in grado di fronteggiare le obiettive difficoltà».

«Apprezzabile, in tal senso – ha proseguito – la disponibilità immediata del presidente Occhiuto, ad avere in Calabria uno dei ‘Centri permanenti per il rimpatrio dei migranti’, perché ognuno è giusto che faccia la propria parte. Luogo di sbarchi quotidiani (circa 30 mila arrivi finora), la Calabria ha sempre dimostrato, con i suoi sindaci e l’intera rete dell’accoglienza, slancio solidaristico e rispetto dei diritti delle persone che fuggono da aree invivibili».

«Il Governo italiano e i suoi Ministri tanno facendo il possibile – ha evidenziato – per  favorire flussi migratori legali, contrastare le reti criminali coinvolte nel traffico dei migranti, implementare l’integrazione e  interloquire con i Paese di partenza e di transito, ma è l’Europa che sulla questione migranti deve battere un colpo. Incalzata dal nostro Governo, ha presentato a Lampedusa 10 punti su cui agire, tra cui la realizzazione di corridoi umanitari per chi necessita di asilo e protezione e canali d’ingresso legali per chi è alla ricerca di una vita dignitosa».

«Rimane l’urgenza – ha concluso Mancuso – che l’Europa si doti di una strategia che combini il controllo efficace delle sue frontiere esterne con politiche e risorse per l’accoglienza e l’integrazione, funzionali anche alle esigenze del mercato e dell’economia degli Stati aderenti». (rrc)

Migranti: Occhiuto: «Fenomeno non va subìto, serve vero modello di integrazione»

«Il governo sta facendo bene, ma i flussi di migranti sono difficilmente arginabili. Siamo un Paese che si affaccia sul Mediterraneo, siamo vicini ai Paesi della sponda Sud del Mediterraneo, e quindi intercettiamo le principali rotte dei trafficanti di esseri umani. Dobbiamo imparare a convivere con questa emergenza». Lo ha detto Roberto Occhiuto, presidente della Regione Calabria, intervenendo a TgCom24.

«Purtroppo per tanti anni nessuno, anche quelli che a sinistra oggi si lamentano col governo, ha costruito un vero modello di integrazione. Penso che in un Paese di 60 milioni di abitanti, 100 mila migranti non dovrebbero essere molti da integrare; diventano, invece, troppi quando non c’è integrazione, quando si costruiscono dei ghetti magari a ridosso delle stazioni. Ma un Paese moderno che si affaccia sul Mediterraneo il problema dell’integrazione dei migranti avrebbe dovuto affrontarlo e risolverlo già da tempo. Io ho proposto, per esempio, di organizzare un’accoglienza diffusa. Nella mia Regione ci sono famiglie che accoglierebbero volentieri un minore non accompagnato. Invece di dare risorse ad aziende o a cooperative, che a volte speculano sull’accoglienza considerandola una ragione di profitto, si potrebbe pensare di dare un contributo economico a queste famiglie.
Poi si potrebbe prevedere anche un rapporto con associazioni che da anni svolgono una funzione meritoria per accompagnare i migranti, ad esempio, nel loro percorso scolastico per integrarli nella società. In questo modo riusciremmo ad affrontare questo fenomeno senza subirlo. Troppe volte in Italia si è discusso del problema dell’immigrazione ma senza capire come potesse essere arginato facendolo diventare un’opportunità», ha sottolineato il governatore Occhiuto. (rcz)

Pnrr, il presidente Occhiuto: Eventuali spostamenti di risorse da fare all’interno dello stesso territorio

«Eventuali spostamenti di risorse (del Pnrr ndr) devono avvenire all’interno dello stesso territorio». È quanto ha detto il presidente della Regione, Roberto Occhiuto, in un colloquio con La Stampa.

«Per capirci, se si tolgono finanziamenti a un Comune calabrese, devono essere dati a un altro Comune con migliore capacità di spesa o alla Regione», ha detto Occhiuto.

Sulla revisione del Pnnr, i presidenti delle Regioni hanno protestato per non essere stati coinvolti, ma «in realtà abbiamo evidenziato che le Regioni non sono mai state coinvolte, nemmeno dai governi precedenti, e questo ha senza dubbio generato progetti difficilmente cantierabili», ha dichiarato il presidente

«Bastava contare – ha aggiunto – quante ‘talpe’ per scavare gallerie abbiamo a disposizione in Italia. In Calabria abbiamo Comuni senza il capo dell’ufficio tecnico, che non hanno la possibilità di fare interventi nei tempi previsti».

Quindi, ha fatto bene il ministro Fitto a togliere 16 miliardi per progetti già avviati?, è stato chiesto al governatore, che ha detto come «intanto, va dato atto a Fitto di aver informato le regioni sugli obiettivi del suo piano di rimodulazione. Poi auspico che quelle risorse vengano effettivamente messe di nuovo a disposizione in altra forma».

Il Governatore, poi, è tornato a parlare di sanità, ricordando come «mettendo a posto i conti» della sanità calabrese, «qui ho trovato un avanzo di 200 milioni: soldi non spesi, servizi non erogati ai cittadini».

Quanto ai miliardi necessari per la sanità, «aspettiamo la legge di bilancio per verificare se la lezione del Covid è servita o meno. Ma, oltre ai soldi, servono le riforme. Per noi in Calabria, ad esempio, il reclutamento dei medici è molto difficile: vorrei poter offrire incentivi economici e di carriera ai professionisti disposti a venire a lavorare nei nostri ospedali, esattamente come già si può fare con i magistrati assegnati alle nostre procure».

Sul tema dell’immigrazione, secondo Occhiuto «In Italia manca un modello di accoglienza dei migranti, non siamo stati in grado di crearlo: è un fallimento degli esecutivi che si sono succeduti, in modo particolare delle anime belle della sinistra che hanno governato ininterrottamente negli ultimi anni».

«Centomila arrivi – ha spiegato – non possono rappresentare un problema per un Paese con 60 milioni di abitanti, anzi bisognerebbe vederli come un’opportunità. Qui da noi abbiamo tante famiglie sotto la soglia di povertà, diamo loro la possibilità di ospitare e assistere un minore non accompagnato, ovviamente con un contributo economico da parte dello Stato. Sarebbe un sistema più funzionale».

In passato «si è dovuti intervenire perché in molte regioni si era sviluppata un’industria del profitto, che lucrava sull’accoglienza dei migranti. Altra cosa è costruire un vero modello di accoglienza diffusa e di integrazione, all’insegna della sussidiarietà, per dare la possibilità a giovani e disoccupati di trasformare il problema in un’opportunità».

Come si è cercato di fare in Calabria dopo la tragedia di Cutro, attraverso «un accordo con l’associazione dei costruttori per la formazione professionale dei migranti, da impiegare nei cantieri edili, in modo da integrarli grazie al lavoro».

«Noi in Calabria abbiamo sempre accolto tutti in silenzio, con grande solidarietà – ha ricordato – ma rispetto le difficoltà degli altri governatori, che devono affrontare realtà diverse, specie nelle aree metropolitane, dove la mancanza di un modello di integrazione ha generato dei ghetti, o ad esempio, nelle stazioni divenute spesso un luogo fertile per la microcriminalità».

«Se si chiede giustamente all’Europa di assumersi le sue responsabilità, poi è necessario che ciascuno, a tutti i livelli, faccia lo stesso esercizio di responsabilità», ha concluso. (rrm)

 

Al via Oikos Calabria, il progetto formazione migranti vulnerabili

È iniziata la fase attuativa di Oikos, uno schema di convenzione per l’attivazione di percorsi formativi destinati ai migranti vulnerabili, e ad altre categorie di cittadini stranieri, in condizione di vulnerabilità con permessi di soggiorno.

Si tratta di un progetto che la Regione Calabria e gli Enti Bilaterali del settore edile insieme, che è stato deliberato dalla Giunta del presidente Occhiuto nello scorso mese di aprile, anche a seguito della triste vicenda del naufragio dei migranti, avvenuto a Cutro, che ha sconvolto l’intera Nazione.

«Abbiamo avviato un percorso, condiviso con Ance e sindacati del settore, che mira – ha spiegato l’assessore regionale al lavoro e formazione professionale Giovanni Calabrese – al concreto inserimento socio lavorativo dei migranti, rispondendo anche alla preoccupazione del settore circa la carenza di manodopera».

«Ringrazio il dipartimento per il lavoro svolto, che ha consentito di avviare questa nuova fase. Con la firma della convenzione – ha rimarcato Calabrese – e l’elaborazione dell’attività progettuale che individua anche le figure professionali, si sta, infatti, concretizzando l’obiettivo della Regione che punta a favorire la convivenza dei cittadini italiani e stranieri ed offre opportunità lavorative».

Oikos rappresenta un metodo innovativo e sperimentale di inclusione socio lavorativa per migranti, che mira ad opportunità concrete di lavoro nel settore dell’edilizia da realizzarsi per il tramite dell’attività degli enti bilaterali calabresi operanti nel settore edilizio.

La fase operativa vedrà la Regione affidare, tramite sottoscrizione di apposita Convenzione, percorsi che prevedono lo svolgimento di attività formativa sia teorica che tramite esperienza professionalizzante presso le imprese calabresi del settore edilizia. (rcz)

BADOLATO (CZ) – Un’opera di Andreacchio per ricordare i migranti

Si intitola “Mister Badolato” ed è una scultura, in ferro battuto riciclato, realizzata in questi ultimi mesi dal fabbro badolatese Antonio Andreacchio “Lindana”. Una scultura dedicata all’accoglienza, al ricordo dello storico sbarco sulla Costa Ionica della nave Ararat in data 26 Dicembre 1997 ed al successivo progetto di ospitalità proposto e realizzato da Badolato e dai badolatesi coi rifugiati politici kurdi (all’epoca in fuga dalla Turchia, dall’Iraq e dall’Iran).

“Mister Badolato” simboleggia appunto l’accoglienza, l’indole e vocazione storica dei nostri popoli alla “filoxenia” (amore per il forestiero). È raffigurato in una postura specifica, nell’atto dell’eterno benvenuto agli ospiti, del “favorite” badolatese. La scultura è pronta per essere donata al Municipio di Badolato per una sua giusta collocazione sul lungomare cittadino (luogo esatto da concordare e definire), in riva al mare in un luogo-simbolo della Costa Ionica, dove il 26 Dicembre 1997 sbarcò la nave Ararat con circa 850 migranti a bordo. All’epoca tutti i badolatesi, con una straordinaria e spassionata azione comunitaria, si prodigarono a salvare e rifocillare i migranti (iniziativa solidaristica spontanea registrata anche durante un antecedente sbarco, avvenuto nell’agosto del 1997 in zona Gallipari). (rcz)

Al centro di accoglienza di Portosalvo Lo Schiavo e Mammoliti chiedono mediatori

I consiglieri regionali Antonio Lo Schiavo (Gruppo misto – Liberamente progressisti) e Raffaele Mammoliti (Partito democratico) si sono recati in visita al centro di accoglienza provvisorio allestito nell’area industriale di Portosalvo, a Vibo Valentia, dove sono tuttora in corso le operazioni di riconoscimento dei circa 400 migranti giunti nel porto di Vibo Marina il 12 aprile a bordo della nave Diciotti della Guardia costiera.

I due esponenti di Palazzo Campanella, sottolineando e apprezzando «il grande impegno profuso dal personale di Prefettura e Questura e dalle forze dell’ordine, nonché dalla Protezione civile e dai volontari impegnati nell’accoglienza, a testimonianza della grande sensibilità che fa della città di Vibo Valentia un encomiabile esempio di solidarietà», hanno voluto acquisire direttamente dagli operatori informazioni sulle condizioni e le modalità della gestione degli sbarchi nel Vibonese, offrendo piena collaborazione e supporto.

«Di fronte ad un fenomeno di proporzioni epocali – hanno dichiarato Lo Schiavo e Mammoliti al termine del sopralluogo – il nostro Paese ha il dovere di approntare misure strutturali per la gestione dei flussi migratori sul territorio nazionale, consentendo a chi si trova in prima linea per gestire l’ordine pubblico, l’assistenza sanitaria e il coordinamento dell’accoglienza nel suo complesso, di operare nelle migliori condizioni possibili».

«Ci chiediamo – hanno proseguito – se basti la dichiarazione dello Stato di emergenza nazionale, sostenuto da uno stanziamento di appena 5 milioni di euro e per soli sei mesi, per fronteggiare flussi migratori che incrementano a vista d’occhio. Flussi che non accennano a scemare ma anzi sembrano destinati ad aumentare a dismisura, considerato che dall’inizio del 2023 si registra un aumento di circa il 300% rispetto allo scorso anno, con tutti gli hotspot del Paese ormai saturi e al collasso. Se, soprattutto, le comunità del Sud sono chiamate a sostenere questo importante fenomeno, allora si mettano le varie articolazioni dello Stato interessate nella reale condizione di farlo, senza dover per questo sacrificare gli altri servizi cui sono originariamente destinate».

«Abbiamo riscontrato – hanno spiegato – l’impellente necessità di incrementare le figure dei mediatori culturali che, specie nelle prime fasi dell’accoglienza, giocano un ruolo decisivo, facilitando la relazione tra migranti e operatori, l’intermediazione linguistica, l’individuazione dei bisogni individuali. Su tale figura professionale vi sono ancora troppe lacune a livello legislativo e come segnala l’Associazione multietnica dei mediatori interculturali si è ancora in attesa di una vera normativa nazionale».

«Ma anche le Regioni – hanno aggiunto – possono intervenire in tal senso, definendo con appositi atti i ruoli, le competenze e gli ambiti di intervento. Diverse Regioni lo hanno fatto negli anni scorsi, mentre la Calabria ha riconosciuto la figura professionale del Mediatore interculturale solo nel quadro del vecchio Por 2007/2013, istituendo un registro di cui ora non sembra esserci più traccia, per come affermato anche dagli stessi operatori sul campo».

«Per tale motivo – hanno concluso Lo Schiavo e Mammoliti – ci faremo promotori di una Proposta di legge che miri al riconoscimento e alla definizione della figura professionale del mediatore interculturale e alla creazione di un vero registro regionale realmente funzionante cui attingere nei casi di necessità». (rvv)

Sbarco migranti, il sindaco di Vibo incontra i vertici del ministero dell’Interno giunti a Porto Salvo

Il sindaco di Vibo Valentia, Maria Limardo, ha incontrato a Porto Salvo i massimi vertici del Viminale per fare il punto della situazione sulla gestione degli sbarchi. A Porto Salvo, infatti, sono stati accolti 400 migranti sbarcati dalla nave Diciotti.

Il primo cittadino ha affrontato l’argomento con il sottosegretario all’Interno, Wanda Ferro, con il già prefetto di Vibo Valentia Francesco Zito, oggi direttore centrale dei Servizi civili per l’immigrazione e l’asilo, con il capo del dipartimento per le Libertà civili e l’immigrazione Valerio Valenti, oltre che con il prefetto di Vibo Valentia Paolo Grieco. Presenti inoltre il questore Cristiano Tatarelli, il comandante provinciale dell’Arma Luca Toti e il comandante provinciale della Guardia di finanza Massimo Ghibaudo.
«Grazie agli apparati dello Stato, ai volontari, alla Protezione civile Augustus – ha spiegato il sindaco Limardo – le operazioni stanno procedendo nel migliore dei modi. Come Comune siamo al lavoro per cercare una collocazione adeguata ai minori non accompagnati».
Il sindaco ha successivamente voluto far visita al corpo docente e agli alunni della scuola di Porto Salvo, collocata dinanzi allo stabile dove è stata approntata l’accoglienza per i migranti.
«Ho inteso tranquillizzare personalmente i bambini e le maestre, e quindi le famiglie dei nostri piccoli – ha continuato il primo cittadino –sul fatto che le operazioni di accoglienza non incideranno in alcun modo sulla serenità e tranquillità delle attività scolastiche. Non nascondo il grande piacere che ho avuto nell’ascoltare, per bocca della responsabile di plesso Elvira Stumpo e delle altre maestre, le testimonianze dei bambini che si sono addirittura offerti di fare spazio nella loro scuola ai piccoli migranti giunti qui da noi, con alcuni bimbi pronti addirittura a cedere il loro banco».
«Pensieri di una dolcezza infinita – ha concluso – che testimoniano quanto grande sia il senso di accoglienza e quanto grande sia la sensibilità dei nostri piccoli, a volte molto più maturi di alcuni adulti che non hanno esitato a speculare su situazioni emergenziali come questa».
Ad accompagnare il sindaco erano presenti anche gli assessori Rosa Chiaravalloti, Michele Falduto e Domenico Francica(rvv)

Federsanità plaude a Medici senza frontiere e Asp per l’aiuto ai migranti

L’immigrazione è uno dei problemi più complessi e drammatici che da anni interessano il nostro Paese, costituendo di fatto una vera e propria “emergenza”.

Da gennaio 2014, sono migliaia i migranti di varie nazionalità arrivati nei porti e lungo le coste della provincia di Reggio Calabria.

I porti di Reggio Calabria e Roccella Ionica e il litorale ionico costituiscono, infatti ancora oggi, uno dei principali approdi per le imbarcazioni provenienti dalla Libia e da imbarcazioni provenienti da Turchia e Grecia.

È l’Azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria, a pianificare l’assistenza sanitaria sul luogo dello sbarco e nei centri di prima accoglienza, organizzando ed allertando tutte le componenti sanitarie attraverso attività specifiche ed altamente professionali.

Medici aenza frontiere Italia (Msf) ha manifestato la propria disponibilità a fornire supporto in termini di risorse umane (socio-sanitarie e mediatori culturali) in occasione degli sbarchi presso il porto di Roccella Ionica, lungo la Costa Ionica e nei centri di prima accoglienza, l’Asp-Rc con il suo commissario dott. ssa Lucia Di Furia componente dell’esecutivo nazionale di Federsanità in quota Federsanità Anci Calabria, ha colto l’importante opportunità data dal supporto di Msf in termini di risorse umane (socio-sanitarie e mediatori culturali), questo ottimizzerà la qualità dei servizi offerti al momento dello sbarco e durante il periodo di passaggio nei centri di prima accoglienza, forte sarà l’impegno nel fornire farmaci e presidi sanitari necessari in ogni caso all’assistenza medica dei migranti.

“Una best practice che sarebbe interessante collegare ad attività di Anci sul terzo settore o di estenderlo alle altre Asl interessate dagli sbarchi” dice Giuseppe Varacalli, presidente di Federsanità Anci Calabria che continua “la sinergia e la collaborazione, sono un valore aggiunto nella buona amministrazione. I migranti non sono un problema ma un opportunità, un plauso va sia a Medici senza frontiere per il loro continuo impegno, sia alla dott.ssa Di Furia, per aver accolto questa possibilità che rappresenta un’innovazione”. (rrc)