BAGNARA (RC) – Il 25 maggio incontro con Nicola Gratteri e Antonio Nicaso

Il 25 maggio, a Bagnara Calabra, il Procuratore Nicola Gratteri, accompagnato dal docente universitario e scrittore Antonio Nicaso, incontreranno gli studenti dell’Istituto Comprensivo “Ugo Foscolo”.

A seguire, a cura del Consigliere comunale delegato alle politiche culturali, dott. Rocco Fedele, si svolgerà la presentazione del libro Fuori dai confini. Il giornalista Michele Albanese dialogherà con gli autori.

Per l’Istituto “U. Foscolo” l’iniziativa si colloca a conclusione di una programmazione di eventi che hanno reso partecipi gli alunni dell’Istituto a varie iniziative sul tema della legalità. La precedente visita a Bagnara del Procuratore Gratteri risale all’a. s. 2009/10 e in quella occasione, accolto nell’aula magna della Scuola “V. Morello”, ha lasciato un ricordo indelebile nei ragazzi di allora che ancora oggi, ventenni, hanno ben presentisia la piacevolezza sia il fascino di quell’incontro.

«Certi che anche l’appuntamento del 25 maggio – si legge in una nota – servirà a trasmettere agli alunnil’alto valore della convivenza civile e dei princìpi della legalità, la comunità tutta porge sin d’ora il “Benvenuto” al Procuratore Nicola Gratteri ringraziandolo vivamente per aver inserito nella lista dei suoi impegni anche l’incontro con i nostri studenti».

Per l’Amministrazione comunale, guidata dal sindaco Adone Pistolesi, «si tratta di un’ulteriore iniziativa tesa a mettere al centro la divulgazione del principio di legalità, in perfetta linea con gli appuntamenti previsti dal “Calendario letterario primaverile – I percorsi della legalità” che ha preso il via martedì 11 aprile u.s. con la presentazione del libro “Il padrino dell’Antimafia” di Attilio Bolzoni e si concluderà nel mese di giugno».

«L’incontro del 25 maggio rappresenta un momento altamente significativo per la nostra cittadina – continua la nota – che avrà l’occasione di riflettere sul valore della legalità, sapientemente testimoniata dal dott. Gratteri, e sarà anche un invito a promuovere quotidianamente, soprattutto nel nostro territorio, azioni concrete fondate sulla condivisione e sul rispetto delle regole del vivere civile».

«Questa iniziativa – conclude la nota – è il punto di partenza di un rapporto sinergico tra Amministrazione Comunale e Scuola che già dal prossimo autunno prevede la realizzazione di un calendario di proposte ad hoc interamente dedicato a specifici incontri tra autori e ragazzi e maturata nella consapevolezza che la promozione del libro e della lettura sia un mezzo attraverso il quale educare le giovani generazioni al rispetto del prossimo e al loro avvicinamento verso le istituzioni e alla “cittadinanza attiva». (rrc)  

‘Ndragheta, l’allarme di Gratteri alla Fondazione Magna Grecia

di PINO NANODai pizzini ai social network, anche le mafie si sono adeguate al mondo digitale. Oggi comunicano con post, video e tweet, usati per parlare tra clan, per lanciare messaggi di avvertimento, per dare istruzioni, ma anche per arruolare nuove leve con codici e linguaggi che sembrano appartenere a veri e propri influencer.

È questo il dato di fondo che viene fuori dal rapporto Le mafie nell’era digitale, promosso dalla Fondazione Magna Grecia, e presentato questa mattina a Roma alla Camera dei Deputati con un parterre dei massimi esperti del fenomeno mafioso in Italia e nel mondo, da Antonio Nicaso, giornalista, scrittore, studioso dei fenomeni criminali, docente presso la Queen’s University Canada, a Marcello Ravveduto, docente presso l’Università degli Studi di Salerno e responsabile del progetto di ricerca Le mafie nell’era digitale, allo stesso Nicola Gratteri, Procuratore della Repubblica di Catanzaro e antesignano del tema avendo lui sperimentato per primo in Italia le prime intercettazioni digitali alla procura di Reggio Calabria e le sperimentazioni più avanzate nel corso degli anni successivi, conoscitore dunque come nessun altro in Italia del mondo dell’intelligence applicato alla lotta alla mafia. 

Un report che non mancherà di far discutere e di essere analizzato da quanti ogni giorno si confrontano con questo tema e che racconta il “fenomeno criminale” attraverso un’analisi di 90 GB di video TikTok, due milioni e mezzo di tweet, 20mila commenti a video YouTube e centinaia fra profili e pagine di Facebook e Instagram, “dai quali emergono – spiega il Presidente della Fondazione onorevole Nino Foti- “le caratteristiche di un fenomeno che sembra affermarsi sempre di più in una mescolanza dai confini labili tra reale e virtuale”.

Lo studio che abbiamo promosso – spiega il Presidente della Fondazione Magna Grecia Nino Foti – investiga quanto, entrambi questi ambiti, siano presidiati sul web, «e si pone l’obiettivo di definire i contorni e i contenuti delle modalità con cui le mafie vengono raccontate e si comunicano nel mondo digitale, anche perché siamo certi che sia fondamentale offrire strumenti di interpretazione e comprensione rispetto a tale nuovo “muoversi” della criminalità organizzata in un inedito intreccio tra reale e virtuale, ma anche rispetto al volume di informazione prodotta sul tema a livello mediatico». 

Non a caso il Procuratore Nicola Gratteri ha tenuto ancora una volta una delle sue solite lezioni magistrali sul ruolo fondamentale che la scienza informatica può dare oggi a chi come lui dà la caccia ai latitanti della Ndrangheta in tutto il mondo, ricordando anche – e sottolineando più volte – che nel paragone con altri sistemi giudiziari internazionali non sempre siamo i primi, «ma potremmo diventarlo se si investisse di più nella lotta al mondo organizzato del crimine, come fanno per esempio gli americani, un sistema che non condivido anche se più pragmatico del nostro, o come fanno ancora meglio gli israeliani che hanno capito meglio di tutti gli altri quanto il controllo della rete sia fondamentale per capire cosa si muove attorno a noi e come intervenire in tempo per evitare il peggio».

Il Presidente Nino Foti non ha dubbi: «Le mafie, i significati e i linguaggi ad esse correlati, hanno rappresentato e rappresentano una fonte inesauribile di contenuti che può essere, a seconda, oggetto di denuncia, strumento di consapevolezza, spazio di analisi e di ricerca, ma anche luogo ideale di identificazione, riconoscimento e celebrazione. Nasce proprio da questa consapevolezza l’urgenza di un report come il nostro».

Ma anche su questo Nicola Gratteri va giù pesante. Il Procuratore di Catanzaro spiega infatti che il tema «è attualissimo ma i dati legati al rapporto che intercorre tra il mondo organizzato del crimine e il mondo digitale è in perenne trasformazione, e che quindi i dati di oggi tra sei mesi non saranno più utili. Da qui la necessità di riaggiornarli continuamente e si sottoporli ad analisi continue».

Gli esiti della ricerca – sottolinea il Presidente Della Fondazione Magna Grecia – «ci restituiscono un insieme di dati che ci consentono da un lato di osservare il modo in cui gli individui parlano, rielaborano, interpretano il fenomeno mafioso attraverso i media digitali. Per altro verso, aprono una finestra sulle pratiche di autorappresentazione degli stessi protagonisti del fenomeno, siano essi membri dei clan, o affiliati o, semplicemente, simpatizzanti».

Poi aggiunge il dato più clamoroso: «Il nostro studio fa emergere quanto, purtroppo, sul web, ma soprattutto sui social network, siano multiformi, invasivi e di tendenza le presenze e i contenuti correlati a identità in qualche modo vicine al mondo mafioso. Siamo in un momento storico in cui l’ideologia criminale viene comunicata, idolatrata, restituita, e non nella narrazione di finzione, filmica, ma dai protagonisti, sulle pagine social di ciascuno di loro».

Questa importante ricerca, lo ricordiamo, si è avvalsa della collaborazione della Direzione investigativa antimafia e del suo direttore, Maurizio Vallone.

Nato dall’esigenza di capire per far capire, il primo rapporto delle mafie nell’era digitale cerca dunque di far luce – lo spiega bene il professore Antonio Nicaso che in Canada insegna queste cose ai massimi esperti americani di lotta al crimine organizzato –  «sul coinvolgimento della Google Generation Criminale in tutte le opportunità offerte dalla rete. Non solo sulle comunicazioni criptate e sul dark web, dove conducono anche molti dei loro affari, ma anche sui social media in tutte le loro declinazioni”. Per lo studioso italoamericano «Ogni organizzazione criminale oggi vive immersa nell’interrealtà, in quel mondo di mezzo sospeso tra reale e virtuale che rovescia ogni percezione di senso. L’analisi realizzata grazie a una massiccia raccolta di dati da Wikipedia e dai principali social network, YouTube, Facebook, Instagram, Twitter e TikTok, ha consentito di elaborare alcune tendenze che tracciano la partecipazione e l’intervento di mafiosi, affiliati e simpatizzanti nella sfera digitale».

La ricerca, realizzata nel pieno rispetto della privacy, alla fine ha dimostrato che l’utilizzo dei social network rendono trasparenti i processi di comunicazione delle mafie in cui “fan”, simpatizzanti promuovono il “brand” attraverso un’estetica del potere che esalta il lusso e l’onore, e quindi il successo dell’organizzazione anche attraverso il ricordo di chi ha dato la vita e di chi ha patito il carcere per giungere a questo risultato. 

Tutte cose che Nicola Gratteri aveva già anticipato dieci anni fa, quando per la prima volta si incominciava a parlare di queste cose. Per il Paese dunque un evento davvero speciale quello di ieri alla Camera, da non trascurare e soprattutto da non sottovalutare. (pn)

In scena la legalità con Gratteri al Politeama di Catanzaro

Sul palco del Teatro Politeama di Catanzaro hanno preso vita le storie dei figli delle vittime di mafia, del giornalismo impegnato, di imprenditori testimoni di giustizia, per un’opera-dibattito sulla legalità che è, al tempo stesso, una provocazione per farci riflettere, capire e reagire. In platea centinaia di studenti di diversi istituti scolastici superiori del territorio, grazie alla collaborazione dell’Ufficio Scolastico Regionale della Calabria, per la messa in scena di “Se dicessimo la verità-Ultimo capitolo”, lo spettacolo di Emanuela Giordano e Giulia Minoli, realizzato grazie alla sinergia tra due progetti nazionali – Palcoscenico della Legalità e Ponti: cultura e teatro per la cittadinanza attiva – portati avanti nel territorio dall’Associazione CCO – Crisi Come Opportunità Raccontano.

Una “prima” in Calabria fortemente voluta dalla Fondazione Politeama – presieduta da Nicola Fiorita, con il Sovrintendente Gianvito Casadonte e il Direttore Generale Aldo Costa – all’interno del calendario di eventi programmati nell’ambito della Rete di teatri, sostenuta dalla Regione Calabria. L’occasione per i più giovani di affrontare alcuni aspetti meno conosciuti del fenomeno mafioso, quelli che riguardano la globalizzazione, l’alta finanza, i cosiddetti uomini cerniera che fanno da tramite tra il crimine e le amministrazioni pubbliche.

A discutere di questi e altri temi, alla fine dello spettacolo, è stato il Procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri, che nel raccontare la propria esperienza di vita spesa in Calabria per combattere la criminalità organizzata, ha anche rivolto dei messaggi preziosi rivolti al mondo della scuola e alle nuove generazioni: “Bisogna prestare attenzione a chi fare entrare nelle scuole, ho visto persino dei faccendieri parlare di lotta alla mafia. Abbiamo bisogno di una scuola migliore, di insegnanti che nel pomeriggio tengano impegnati i ragazzi che, laddove non respirano cultura mafiosa, sono figli di internet più che dei loro genitori. Per abbattere le mafie occorrono politici e legislatori con coraggio, libertà, forza e competenza. Ma quello che i ragazzi devono fare è studiare di più, e da subito, perché anche i figli di nessuno possono diventare delle eccellenze”.

Il cartellone di appuntamenti della Rete di Teatri, promosso in partnership con Teatro del Grillo di Soverato e Dracma di Polistena, ha già visto il Politeama ospitare nei giorni scorsi i due intensi monologhi made in Calabria “Lamagara”, produzione di Confine Incerto con Emanuela Bianchi, e “Via del popolo”, l’ultimo lavoro di Saverio La Ruina per Scena Verticale. Domani mercoledì 19 aprile sarà la volta di “Bambola – La strada di Nicola”, spettacolo musicale diretto ed interpretato da Gianni De Feo. In una dimensione che oscilla tra il reale e l’immaginario, il protagonista sul palco racconta la sua vita in una qualunque periferia romana, a cui fanno da sfondo le voci e le contestazioni delle femministe che rivendicano la libertà delle proprie scelte sessuali, tra suoni sboccati, erotici, ma anche sentimentali e poetici.

La chiusura sarà affidata venerdì 21 aprile al musical originale “Mohican”, scritto e diretto dal noto autore Carlo Tedeschi, con la Compagnia RDL ed in scena più di 40 artisti e 200 costumi. Un’anteprima nazionale a Catanzaro dello spettacolo ispirato ad una storia vera, di circa 120 anni fa, tra Inghilterra e Stati Uniti: un racconto d’amore, di sopraffazione, di lotta e di ricerca della verità, alla scoperta della spiritualità degli Indiani d’America, ma anche un grande omaggio alla figura femminile. “Mohican” narra dell’amore contrastato tra Eliane e un giovane indiano della tribù dei Mohicani. Nello scontro drammatico tra diverse culture, Mohican si farà portavoce di un nuovo dialogo tra le differenti realtà, in nome di una rinnovata umanità, capace di accoglienza e integrazione.

Per informazioni e prevendite è possibile consultare il portale www.politeamacatanzaro.net oppure contattare il botteghino del teatro al numero 0961-501818. (rcz)

Nicola Gratteri al master in intelligence all’Unical: Per contrastare mafie servono hacker

di FRANCO BARTUCCI – «Per contrastare le mafie c’è bisogno di hacker. La funzione dell’intelligence è fondamentale nelle democrazie», lo ha detto Nicola Gratteri, Procuratore della Repubblica di Catanzaro, al Master dell’Università della Calabria sulla Intelligence, diretto dal prof. Mario Caligiuri, nel trattare il tema: Le mafie minaccia alla sicurezza nazionale.

 Gratteri ha iniziato la lezione con la narrazione di un evento storico di grande importanza per la ‘ndrangheta, ovvero il summit del 1969 a Montalto, al quale parteciparono varie famiglie di ‘ndrangheta, riunite per stabilire un concetto fondamentale: l’unitarietà della organizzazione. I partecipanti alla riunione però non sapevano di essere ascoltati e controllati dalle forze dell’ordine, avvertite da una soffiata effettuata dalle famiglie di Reggio Calabria.

Questa circostanza consentì l’arresto di oltre 70 capimafia e l’ottenimento della certezza investigativa relativa all’unitarietà della ‘ndrangheta. Tale concetto, pur rappresentando un vero e proprio “spartiacacque tra vecchia e nuova ‘ndrangheta”, verrà però formalizzato giudizialmente solo nel 2010 con la pubblicazione della sentenza relativa all’operazione “Crimine”.

Il Procuratore si è poi soffermato sull’importanza e sull’evoluzione storica della “Santa”, introdotta dall’organizzazione criminale a metà degli anni Settanta per consentire ad alcuni loro affiliati di aderire alla massoneria deviata.  Nonostante le polemiche ed i disaccordi all’interno dell’organizzazione sui doveri del santista, principalmente sollevati dai capimafia Domenico Tripodo ed Antonio Macrì relativi alla preminenza degli interessi della Santa sugli interessi della ‘ndrina, l’istituzione della Santa determinò un’indubbia evoluzione, stravolgendo i paradigmi dell’organizzazione.

Con il passaggio alla Santa, già c’era nella testa degli strateghi della ‘ndrangheta il concetto di mafia unica e soprattutto avviene un cambiamento dei riferimenti che, da ora in poi, non saranno più i santi cattolici protettori, bensì dei personaggi di rilievo dell’epoca rinascimentale e massoni, come Garibaldi, Mazzini e Cavour. 

Il nuovo riferimento simbolico da ora in poi infatti sarà la massoneria, e ciò comporterà un’evoluzione da meri esecutori a veri e propri decisori.  Gratteri ha sottolineato, quindi, attraverso la Santa gli ndranghetisti entrano in contatto con professionisti, pubblici amministratori, bancari e anche con magistrati. Nascono, quindi, “nuove regole e nuovi livelli” che prevedono che chi sta sopra possa sapere cosa avviene nei livelli sottostanti, ma non viceversa. Si è trattato di un vero e proprio “salto di qualità che ha fatto entrare la ‘ndrangheta nella stanza dei bottoni”, in modo non solo di decidere chi debba vincere gli appalti, ma persino se e quali opere debbano essere costruite. 

Gratteri ha poi evidenziato come per i decenni successivi si è continuato a considerare la ‘ndrangheta una mafia poco influente. Ciò le ha permesso di crescere come una “forma parassitaria all’interno del sistema legale”, continuamente in cerca del consenso sociale per far riconoscere potere e prestigio. Questo è avvenuto, per esempio, tramite l’acquisto di squadre di calcio o diventando imprenditori di successo grazie a operazioni di riciclaggio, rese possibili dalla collaborazione com commercialisti e professionisti capaci. 

Il Procuratore ha, quindi, sottolineato come la ‘ndrangheta, nel perseguire “una forma di investimento e di pubblicità” si sia dimostrata estremamente generosa con la Chiesa, con molteplici azioni finalizzate a donare soldi per ottenere prestigio e consenso. Gratteri si è poi soffermato sulle modalità di ricerca di potere e credibilità anche tramite la politica, sottolineando che  “i mafiosi vivono tra di noi, ci assomigliano sempre più e vivono nel territorio. Votano e fanno votare, chiedendo il consenso elettorale” in modo da acquisire crediti per cogestire la cosa pubblica.

Nel corso della lezione ha poi  affrontato, quindi, il tema delle estorsioni e dell’usura, azioni tramite le quali le mafie “marcano il territorio” per delimitare il confine del locale di ‘ndrangheta. Tali metodi vengono utilizzati come veicolo per il riciclaggio tramite lo sfinimento dell’usurato che viene obbligato a cedere l’attività di sua proprietà, che verrà utilizzata per produrre false fatturazioni, garantendo al mafioso di riuscire a pagare le tasse e giustificare la propria ricchezza, che poi investe in altre attività o che gli permette di fare una vita lussuosa.

Il Procuratore si è allora soffermato sulle modalità operative mafiose sempre più complesse e raffinate, che rendono difficoltoso provare sul piano investigativo il contrasto a tali attività criminali. A tale riguardo ha sottolineato  anche il “lento sgretolamento delle azioni antimafia” che depotenzia la possibilità di agire nel contrasto alle mafie, anche a causa del numero non adeguato di magistrati e di forze dell’ordine. Inoltre, le sfide odierne richiederebbero l’assunzione di hacker ed ingegneri, per un contrasto adeguato alle mafie che operano sempre di più attraverso il mondo digitale. Tale criticità risulta di particolare gravità a fronte delle ingenti somme messe a disposizione con il Pnrr.

 Gratteri ha, quindi, rilevato la necessità di investire in istruzione anche per rendere più efficace il contrasto alle mafie. Ha sottolineato come sia apparentemente più facile gestire “il popolo ignorante” e come il drastico abbassamento di etica e morale nella cultura occidentale «ci rende molto deboli, con il rischio di essere fagocitati da culture più forti, come quella musulmana e quella cinese». 

 Stimolato dalle numerose domande degli studenti, il Procuratore ha affrontato numerose tematiche, legate anche a episodi di cronaca come quella relativa al mantenimento dell’anarchico Cospito al regime del 41bis. Gratteri ha sottolineato che, a suo parere, il Ministro della Giustizia abbia fatto bene a confermare il 41bis «per non cedere al ricatto e non permettere agli altri di percorrere la stessa strada».

«Bisogna verificare – ha aggiunto – che non siano le mafie ad appoggiare tale operazione e che non siano loro a sovvenzionare anche le manifestazioni fuori dal carcere». 

A proposito di carceri, Gratteri le ha definite “una miniera dal punto di vista informativo”, rilevando la necessità di aumentare gli agenti della Polizia Penitenziaria preposti al monitoraggio dei detenuti mafiosi. Secondo il parere del procuratore di Catanzaro, la Dia dovrebbe essere dismessa, prevedendo il ritorno dei singoli appartenenti alle forze di polizia di provenienza, trattandosi di una struttura che svolge il medesimo compito dei reparti investigativi.

A riguardo, Gratteri ritiene maggiormente utile uno sforzo di ulteriore specializzazione dei reparti, come quelli che si occupano dei controlli informatici, per ottenere un significativo risparmio di risorse, dando nel contempo maggiore enfasi al lavoro delle singole forze di polizia italiane, che sono “tra le migliori polizie del mondo”. 

In merito all’intelligence, ha sottolineato il grande contributo che i Servizi danno al Paese, contrariamente ad una idea diffusa che essi operino sempre in modo opaco. Per Gratteri, è sbagliato l’approccio da parte di alcuni commentatori nel descriverli poiché «sono indispensabili per l’esistenza stessa del Paese e mai dovrebbe essere messa in discussione la loro funzione». (fb)

L’OPINIONE / Giacomo Saccomanno: Gratteri e le Procure devono essere sostenuti

di GIACOMO SACCOMANNO – Gli ultimi provvedimenti giudiziari dimostrano, ancora una volta, la radicazione della criminalità organizzata sui territori e l’inserimento di questa nei gangli vitali delle istituzioni. Gli arresti eccellenti, le connivenze, la corruzione, le estorsioni, il controllo quasi totale del territorio e di tutte le iniziative imprenditoriali ed economiche, sono la più evidente dimostrazione che in Calabria è necessario sostenere le attività dei magistrati ed evitare di voltarsi dall’altra parte.

Le recenti operazioni delle Procure di Catanzaro e Reggio Calabria hanno aperto uno spaccato veramente inverosimile e, comunque, il coinvolgimento di soggetti che sarebbero dovuti stare dalla parte della vera legalità ed, invece, sono risultati coinvolti in operazioni che mai si sarebbe potuto pensare che potessero commettere.

Un plauso, quindi, agli investigatori ed alle Procure interessate che la società e la politica dovrebbero sostenere con tutta la forza possibile. Invece, segnali in questa direzione sono molto pochi e, anzi, per certi aspetti quasi inesistenti. Si comprende che in Calabria vi sono lobby affaristiche trasversali che riescono ad incidere negativamente nella vita amministrativa e nella gestione della cosa pubblica, ma coloro i quali stanno dalla parte della legalità non possono far finta di non vedere o di non sentire.

Per tali atteggiamenti vi è un termine italiano ben preciso, ma si spera che sia solo disattenzione, altrimenti dovremmo veramente preoccuparci tanto! La nostra regione ha bisogno di altri investigatori e di altrimagistrati che possano concludere velocemente le indagini ed impedire che coloro che commettono azioni criminali possanoproseguire per molti anni la loro attività. I reati devono essere perseguiti nell’immediatezza, se si vuole frenare l’azione pesante della ‘ndrangheta e delle lobby.

Il consentire loro la gestione delle risorse pubbliche o la crescita dei territori vuol dire aumentare il loro prestigio e la forza intimidatoria. Ci auguriamo, per il bene di tutti, che le indagini possano essere celeri e si possano concludere velocemente per ripristinare una legalità che si scontra non solo con la vera criminalità, ma anche con una evidente omertà e rassegnazione dei cittadini. Ecco perché bisogna sostenere l’azione delle forze dell’ordine e della magistratura per chiedere azioni celeri e dare dei momenti di fiducia alle comunità, che spesso sono pesantemente vessate e non riescono ad avere una vera e immediata giustizia. (gs)

Lunedì Nicola Gratteri torna a Milano da insegnante per “WikiMafia”

di PINO NANO – Nuove Storie di Ndrangheta. Lunedì 20 marzo, alle h 18:00, Nicola Gratteri torna a Milano, questa volta all’Auditorium Testori di Palazzo Lombardia, per parlare di ‘ndrangheta e dei suoi traffici a livello planetario. Sarà WikiMafia a tenere a battesimo il nuovo libro del Procuratore della Repubblica di Catanzaro e Antonio Nicaso, Fuori dai confini – edito dalla Mondadori- un’occasione questa- commentano i vertici di WikiMafia per «approfondire con il magistrato calabrese le opportunità che si sono aperte per quella che oggi è la più potente tra le organizzazioni mafiose».

La serata sarà moderata da Pierpaolo Farina, sociologo e direttore di WikiMafia: «Farà i Saluti Istituzionali Carlo Borghetti, consigliere regionale del Partito Democratico che ringraziamo per averci permesso di ospitare il dott. Gratteri in una location prestigiosa come quella regionale, quando altri ci hanno voltato le spalle nelle ultime settimane, rischiando di far saltare l’evento».

Nicola Gratteri torna a Milano, dunque, e questa volta da “Teacher” per WikiMafia. “Pensiamo sia doveroso offrire alla città di Milano – anticipa il leader di WikiMafia Pierpaolo Farina- un momento di riflessione e approfondimento sulle opportunità che si sono aperte per quella che oggi è la ndrangheta, la più potente tra le organizzazioni mafiose, sia a livello europeo sia nella nostra città, a al tempo stesso vogliamo esprimere la nostra piena e totale stima e vicinanza al dott. Gratteri, che dal 1989 vive sotto scorta ed è bersaglio di quotidiani attacchi da parte di certa stampa”.

 Ma di cosa parla questo nuovo saggio?

Per la ‘ndrangheta una guerra e una pandemia sono nuove opportunità di business. Il conflitto in Ucraina, per esempio, è una tavola imbandita dove non manca nulla: armi, edilizia, traffico di esseri umani, mercato nero e fondi europei. Una ghiotta opportunità che segue la lunga stagione del Covid-19, durante la quale la mafia calabrese si è prodigata in azioni «filantropiche» a sostegno di famiglie e imprese in difficoltà, innescando un meccanismo di dipendenza da sfruttare a tempo debito.

Pur conservando la propria base in Calabria, la ʼndrangheta ha ormai ben poco della mafia rurale d’un tempo: è sempre più globale, più connessa, più ramificata. È attiva in gran parte delle regioni del Nord Italia e dei paesi europei, Germania in testa, poi in Africa, in America, in Australia, e guarda con interesse all’Asia. Il suo «sguardo presbite» non ha confini.

In questo nuovo libro Nicola Gratteri e Antonio Nicaso ci svelano i territori in cui la presenza della ʼndrangheta è più forte, mostrandoci come essa si premuri di rimanere al passo coi tempi. Certo, il traffico di droga e di armi, lo sfruttamento della prostituzione e la contraffazione dei prodotti restano attività irrinunciabili, ma contano sempre più lo smaltimento illegale dei rifiuti tossici e il gioco d’azzardo online illegale, con il frequente ricorso alle risorse telematiche, alla crittografia, alle criptovalute, ai traffici sul dark web. Senza dimenticare il riciclaggio, perché la «modernità» della ʼndrangheta emerge soprattutto qui, nella capacità di infiltrarsi all’interno del mondo politico-istituzionale e nello sfruttare l’area grigia dei soggetti compiacenti appartenenti al mondo della finanza e dell’imprenditoria.

Anche le mafie, come i virus, mutano in continuazione per adattarsi ai cambiamenti dell’organismo sociale che le ospita. La nuova parola d’ordine della ‘ndrangheta è «centellinare la violenza e normalizzare la propria condotta», per non lasciarsi scappare nessuna occasione. In qualunque paese del mondo si trovi.

Un saggio questo di Gratteri e Nicaso completamente diverso dai precedenti libri sulla Ndrangheta, dove per la prima volta viene fuori in maniera completa e dettagliata la dimensione internazionale e sovranazionale della mafia calabrese. Per anni sconosciuta e forse anche volutamente sottovalutata. (pn)

Nicola Gratteri a “Piazza Pulita”: Sono un Procuratore felice a Catanzaro

di PINO NANONicola Gratteri, procuratore della Repubblica di Catanzaro, magistrato da 30 anni in prima linea nella lotta alla ‘ndrangheta, considerato il nemico numero uno oggi della mafia organizzata e non solo in Italia, non è mai scontato. Anzi, ogni volta che compare in televisione da lui puoi aspettarti di tutto. Così è stato ieri sera su La7, da Corrado Formigli, dove ha spiazzato tutti e dove ha trasformato Piazza Pulita in un ring dove per tutta la durata del match non si è mai difeso, ma ha solo attaccato. Lo ha fatto alla sua maniera, con garbo ma con assoluta determinazione e consapevolezza, senza mai accennare ad un sorriso, lo sguardo mai basso e sempre in macchina, come se volesse comunicare al meglio le sue idee e la sua filosofia di vita.

Prima di tutto Gratteri liquida come inutile e fallimentare la legge di riforma della giustizia firmata dalla Cartabia, e lo fa senza se e senza ma: «Il mio sogno è solo un rigo di legge: la riforma Cartabia è abolita».

Ma Gratteri, incalzato da Formigli che forse sperava da lui in un passaggio di mediazione ulteriore, va invece molto oltre e mette a segno un altro dei suoi colpi più diretti: «La riforma Cartabia è in vigore da 27 giorni e non ha aiutato a velocizzare la giustizia, ha solo impedito che si potesse procedere contro alcuni reati. Ad esempio, ho dovuto rinunciare a perseguire una truffa di 2 milioni di euro fatta dalla ‘ndrangheta perché non c’era la querela di parte».

Poi, sulle intercettazioni, Gratteri sfida il nuovo ministro della giustizia Carlo Nordio: «Vorrei che si rispondesse a una domanda secca: hanno intenzione di limitare le intercettazioni per i reati di corruzione, concussione e e peculato? Basta un Sì o un No per sciogliere tutti i dubbi, perché questi sono i reati che riguardano principalmente i pubblici amministratori, che emergono durante le indagini di mafia».

Ma perché Gratteri insiste con il difendere a tutti i costi le intercettazioni?

«Su questo argomento sono state dette tante cose – dice Gratteri –. Lo stesso ministro prima si è spinto avanti, fino a prospettare l’abolizione in alcuni ambiti investigativi perché costerebbero troppo, per poi tornare sui suoi passi. Innanzitutto bisogna spiegare che non è vero che costano troppo, e io di intercettazioni me ne intendo. È da quanto ero il sostituto procuratore di Reggio Calabria, nel 1989, che mi occupo di intercettazioni. A quei tempi intercettare un telefono fisso costava circa 40 mila lire al giorno, oggi il costo medio è di 3 euro. Ma comunque, per chiudere la questione, principalmente i pubblici amministratori, che emergono durante le indagini di mafia».

Corrado Formigli gli ricorda il giorno in cui Renzi lo voleva Ministro della Giustizia e il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano si oppose alla sua nomina, poi gli ricorda la sua nomina mancata ai vertici della Direzione Nazionale Antimafia, data quasi per scontata da tutti, e poi ancora quella ai vertici del Dap, e riesce finalmente a scrollargli un accenno di sorriso. Ma anche su questo Nicola Gratteri non indietreggia di un solo millimetro, e va avanti come un panzer: «Il passato è passato. Ora mi sono candidato a guidare la Procura di Napoli, e tra poco mi candiderò anche a guidare la Procura Generale di Roma Capitale. Io le mie belle domande le ho presentate. Fatto sta che nell’aprile del 2024 saranno otto anni per me alla guida della Procura della Repubblica di Catanzaro e per forza di cose dovrò scegliere una destinazione diversa. Ma se potessi e me lo permettessero rimarrei in Calabria fino al momento della pensione. È una terra dove lavoro benissimo, dove ho una squadra di giovani magistrati che sono il fiore all’occhiello della magistratura italiana, e il supporto della polizia giudiziaria che ha dimostrato di essere a livelli altissimi. Sa cosa le dico? Che io sono un procuratore felice a Catanzaro e ci resterei davvero fino alla fine».

Al ministro Carlo Nordio che si prepara a varare la sua riforma della giustizia Gratteri manda un ennesimo messaggio diretto, che non è per niente subliminale: «Che senso ha mandare in pensione i magistrati a 70 anni? Che senso ha avuto ridurre l’età della pensione da 75 come era in passato a 70? Sa quanti magistrati si potrebbero recuperare ogni anno, almeno 300. E sa quanto magistrati sono oggi impiegati nei vari ministeri o “comandati” nella pubblica amministrazione e potrebbero essere fatti rientrare nella loro casa di origine? Sono magistrati che hanno fatto un concorso per scrivere sentenze, non per fare lavori che potrebbero fare dirigente e funzionari amministrativi di ogni genere di varie esperienze.E se la crisi della giustizia è reale come leggo da più parti, le ricordo allora che mancano ancora all’appello almeno 1300 nuovi magistrati in questo Paese». 

Servono dunque nuovi concorsi anche per gli apparati amministrativi, e serve soprattutto lavorare ad un sistema informatico che sia all’avanguardia nel mondo.Per niente scontato invece il principio caro da sempre a Nicola Gratteri, e che oggi è diventato anche di comune consapevolezza sulla vera supremazia assoluta della ‘Ndrangheta calabrese sulle altre mafie: «Mentre la mafia siciliana era impegnata nella strategia stragista – dice Gratteri –, la ‘ndrangheta è cresciuta specializzandosi nel traffico internazionale di cocaina. Ecco perché secondo me Riina era uno stupido».

Messaggio chiaro, durissimo, incontestabile, e su cui varrebbe la pena di riflettere. (pn)

Nicola Gratteri diventa “professore” alla Scuola internazionale di Caserta

di PINO NANOPer il procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri arriva una nuova sfida, questa volta del tutto culturale.

Nicola Gratteri lascia infatti la toga per l’insegnamento. Almeno per qualche giorno al mese. Gratteri è stato infatti chiamato ad un incarico di altissimo profilo accademico, come docente alla Scuola Internazionale di Perfezionamento per le Forze di Polizia. Parliamo del massimo livello di approfondimento per poliziotti di prima linea nella lotta al mondo organizzato del crimine. 

La notizia di questo prestigiosissimo incarico per il Procuratore della Repubblica di Catanzaro arriva direttamente dal Consiglio Superiore della Magistratura che in queste ore ha formalmente autorizzato il magistrato calabrese a ricoprire questo ruolo che è anche di grande responsabilità. Del resto, chi se non lui? Che viene oggi considerato dai vertici dello Stato come il massimo esperto di fatti di ‘ndrangheta nel mondo, e il massimo esperto di transazioni internazionali del traffico mondiale della cocaina? 

Non a caso, la sua prima lezione sul rischio-ndrangheta nel mondo, Nicola Gratteri l’ha tenuta proprio qui a Caserta sette anni fa, quando la Scuola lo chiamò per la prima volta a raccontare le sue inchieste e la sua vita blindata, appuntamento che si è poi puntualmente ripetuto negli anni, sulla scia del ruolo di docente che il magistrato aveva già anche alla Scuola di Formazione Interforze di Roma. Ma la sua prima vera lezione universitaria, Gratteri in realtà l’ha tenuta per la prima volta all’Università di Cassino, per la cattedra di criminologia diretta allora dal prof. Rocco Turi, esattamente 30 anni fa, ore 11 del 19 aprile 1993.

La Scuola di Caserta dove ora Nicola Gratteri è di fatto Professore a tutti gli effetti, Titolare di cattedra (ma è solo un modo di dire) è nei fatti la prima realtà formativa dirigenziale europea per le forze di polizia. Siamo ai massimi livelli in Europa e forse anche nel mondo. 

La Scuola Internazionale nasce nel 2015 come risposta alle sfide di una criminalità sempre più globalizzata, reticolare e strutturata. La filosofia che ne sta alla base è che la «strategica azione di contrasto degli Stati non può prescindere dal coordinamento internazionale, che passa attraverso la reciproca conoscenza e la diffusione delle migliori prassi».

L’essenza della Scuola – chiarisce una nota ufficiale del Ministero dell’Interno – «è la promozione della cultura del coordinamento, che è formativo prima ancora che operativo, cultura ispirata ed arricchita dalla consapevolezza del suo valore teleologico e programmatico ormai ben metabolizzato dalle forze di polizia italiane, nella loro secolare azione al servizio dello Stato e della collettività».

Un Centro di addestramento professionale che può essere considerato l’ateneo europeo che cura l’alta formazione di dirigenti, direttivi ed ufficiali delle forze di polizia, dando efficace impulso alla diffusione della cultura del coordinamento e della cooperazione transfrontaliera, anche attraverso l’ammissione di funzionari e di ufficiali superiori di polizia provenienti da altre nazioni.

Per capire meglio di cosa parliamo basti pensare che il Direttore della Scuola, scelto a turno tra i dirigenti generali di P. S. o tra i generali di divisione dell’Arma dei carabinieri o del Corpo della Guardia di finanza, è nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro dell’interno. L’incarico ha la durata di un triennio e non è rinnovabile e attualmente ricopre l’incarico il Generale di divisione dell’Arma dei Carabinieri Giuseppe La Gala(pn)

Al Procuratore Nicola Gratteri il Premio “Una vita per la musica”

di CATERINA RESTUCCIA “Guida lui! Guida lui!” Era all’uscita, alla conclusione di un evento culturale che ha voluto proprio il dottor Nicola Gratteri, Procuratore Capo della Repubblica del capoluogo Catanzaro, un grande uomo a cui oggi la Calabria è profondamente debitrice.

Commentavano esattamente così uomini e donne, una volta usciti ed uscite dalla piccola e suggestiva chiesa di Sant’Antonio in Laureana di Borrello (RC).  

Promotrice dell’iniziativa, con il riconoscimento del Premio dell’Edizione Speciale “Una vita per la musica”, è stata l’Associazione Culturale Musicale “Paolo Ragone” A.P.S. con la caparbia unione per la siffatta riuscita del Presidente geometra Francesco Fruci e della vicepresidente Anna Maria Chindamo. Ed è la gentile vicepresidente che rilascia qualche immediata dichiarazione «Sono oltre cinque anni che tentiamo di portarlo al Premio, lo attendevamo con ansia». 

Macchina organizzativa impeccabile. Ordine, rispetto, silenzio sono state le componenti essenziali, oltre al protagonista Nicola Gratteri, che hanno perfettamente disegnato la serata. 

Lui si è fatto attendere, è vero, anche oltre il classico ritardo accademico, ma l’ora sforata ne è valsa la pena, le emozioni dei presenti, dagli uditori ai musicisti della fantastica Orchestra, hanno reso testimonianza loquace di un’attesa valevole.

Autorità militari, religiose e politiche sono state in prima fila ad applaudire il Procuratore Capo con riverente ossequio. All’evento presenti anche Lamberti Castronuovo, Michele Albanese e Gregorio  Corigliano, voci e firme storiche della Calabria di cronaca narrata, stampata e pubblicata. E lui, Nicola Gratteri, non poteva non lasciare il suo segno, l’uomo che guida da sé la macchina con scorta, ha coinvolto come sempre la navata affollatissima. Non prepara discorsi lui, non scrive relazioni per arrivare direttamente al pensiero e al cuore dei Calabresi, parla in modo semplice, spicciolo, chiaro e diretto e soprattutto quando semplifica con fatti pratici sa bene come e a chi rivolgere il discorso.

Ovviamente è sempre il malessere del territorio che gli interessa sanare e va diretto al dunque: «Quando arrestiamo 40 – 50 persone che hanno tenuto sotto una cappa un paese di 5000 abitanti io dico adesso andate a sedervi sulle panchine, occupate quei posti che abbiamo liberato, create associazioni, aprite attività… Tutto ciò so non basta, io vorrei una politica presente e coraggiosa, una politica che realizzi progetti seri, validi».

La Calabria prende consapevolezza, manifesta la sua presenza, dimostra il suo orgoglio e senza fronzoli e altri artifici lo stesso sindaco della cittadina di Laureana di Borrello, avvocato Alberto Morano sente la necessità di esplodere in una dichiarazione di genuina solidarietà «Il Procuratore non può essere lasciato solo, ma deve essere accompagnato dalle comunità e dallo Stato!». Un tono importante e solido che ha ancor più rafforzato i già evidenti sodalizi tra le parti presenti al Premio.

L’Orchestra Giovanile di Laureana, diretta dal suo Maestro Maurizio Managò, non si è smentita neanche stavolta, disciplinata, armoniosa e di magistrale professionalità ha suonato per l’evento, calamitando non solo l’ascolto quasi in preghiera dei numerosissimi convenuti, ma soprattutto facendo convergere costantemente finalità ed obiettivi di allontanamento dagli ambienti criminali del territorio di una popolazione giovane sempre a rischio.

Il progetto lodevole e ambizioso, serio e appassionato, intende, come si è anche udito dalle stesse parole del Presidente Fruci, dimostrare che il nostro territorio e la Calabria tutta non producono nefandezze e atrocità, ma frutti di genialità che spesso portano lustro e onore alla nostra terra. (cr)

Dal libro “Non chiamateli eroi” di Gratteri e Nicaso una serie tv

di PINO NANOPer il mondo del cinema si parla già di una “serie TV” di forte impatto mediatico e di grande successo di pubblico, un nuovo format televisivo che ricostruisce e racconta i protagonisti dell’ultimo libro del procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri e dello scrittore calabro canadese Antonio Nicaso Non chiamateli Eroi.

«Saranno tutte storie forti – anticipa Giulia Zanfino, che di questo progetto è la regista e la sceneggiatrice principale – ma alcune lo saranno di più. Tra queste quella del piccolo Cocò Campilongo di soli tre anni, che nel 2014 ha avuto larga risonanza mondiale, tanto coinvolgere Papa Francesco che, sceso in Calabria proprio nella spianata di Sibari, alla presenza di circa 250 mila persone scomunicò i mafiosi. E proprio per la produzione di questo episodio, il Comune di Cassano, ha sottoscritto una lettera di partenariato con la Mediano Film per la realizzazione del progetto in linea con la cultura della legalità ad ogni livello e che mira a conservare la memoria di tutte le vittime innocenti di mafia. 

«La nuova serie televisiva – spiega Giulia Zanfino – racconterà le storie di Giuseppe Letizia pastore dodicenne che nella Corleone del ’48 la mafia, per mano di un giovane Luciano Liggio, decise di uccidere perché aveva assistito all’omicidio del sindacalista Placido Rizzotto. Ma racconterà anche la storia di Gelsomina Vono che tornando a casa, dopo una giornata tra Scampia e Secondigliano a fare volontariato con i bambini delle famiglie difficili, venne rapita da tre giovani balordi, appartenenti a famiglie di malavita napoletane, che la seviziarono per tre giorni per poi ucciderla. E sempre a Napoli qualche mese prima Annalisa Durante aveva perso la vita. Era nei vicoli di Forcella, era uscita di casa per raggiungere un’amica e tutto accade in fretta. Un motorino le passa accanto veloce. Gli spari squarciano il silenzio di un quartiere semi deserto. La ragazza non fa in tempo a girarsi. Un proiettile destinato all’inseguitore la colpisce in pieno. La mafia uccide anche così. Per sbaglio». 

Ma la nuova serie TV scritta a quattro mani da Giulia Zanfino e Antonio Nicaso ricostruisce anche i tentacoli delle mafie che arrivano fino al salotto buono della sfavillante Milano anni Settanta, «dove Giorgio Ambrosoli chiuso nel suo studio, lavora fino a notte fonda per cercare di trovare i duecento miliardi che mancano nelle casse della banca di Michele Sindona. È una calda sera di luglio e l’avvocato sta raggiungendo una trattoria. Cinque amici lo aspettano per cena. Parcheggia e scende dalla macchina. “Il signor Ambrosoli?”. Una voce dall’accento straniero attira la sua attenzione. L’avvocato si gira. “Mi scusi signor Ambrosoli”. I tre colpi di arma da fuoco vibrano nell’aria» 

Così come vibrano i colpi sparati a don Pino Puglisi il 13 settembre 1993 nelle vie di Palermo, il giorno del suo compleanno. “Questa è una rapina!”, urla Gaspare Spatuzza, lì insieme a tre complici, mentre strappa il portafoglio al parroco degli ultimi.  Don Pino Puglisi capisce subito e sorride, guardando dritto negli occhi il suo assassino. “Me l’aspettavo”, dice. “Invece Lea Garofalo non se lo aspettava. Non dal padre di sua figlia, che aveva denunciato anni prima. Quando quella sera del novembre 2009 sta attraversando la strada che corre lungo il cimitero monumentale – non immagina quale sarà la sua sorte. E quando la mattina dopo una lunga colonna di fumo nero taglia in due il cielo grigio di quel gennaio 2014, nessuno immagina che tra i resti carbonizzati ci sia anche quello di Cocò Campolongo, tre anni, tutta la vita davanti. Morto perché usato come scudo umano contro una barbarie più grande di lui. 

Ma c’è dell’altro ancora in questa nuova avventura di Emanuele Bertucci produttore di Mediano Film, come per esempio la storia terribile di Giuseppe Di Matteo, 15 anni, colpevole di essere figlio di un pentito. Quella mattina del novembre 1994 voleva andare a cavallo, ma è stato prelevato da 5 uomini travestiti da forze dell’ordine. E ancora, gli sberleffi alla mafia di Peppino Impastato, le battaglie del mugnaio calabrese Rocco Gatto che diceva alla sua gente: “Loro sono pochi, noi siamo tanti. Possiamo batterli!”. E infine Libero Grassi, che non si è mai piegato alle richieste di estorsione. Le loro storie di umanità e coraggio mostrano come condurre una vita onesta, in alcuni territori, sia un gesto forte quanto un atto eroico. (pn)

In copertina, la regista Giulia Zanfino