Franco Bartucci: Un Recovery Plan più ricco per la Calabria già disponibile sulla predisposizione dei progetti

di FRANCO BARTUCCI – Quante polemiche si son fatte in questi giorni sulla seconda bozza del Recovery Plan, circa lo scarso trattamento riservato alla Calabria per come segnalato dai parlamentari di centro destra e direi anche dal sen. Ernesto Magorno di Italia Viva. 

Eppure, il Presidente Giuseppe Conte aveva annunciato, prima della bagarre in Parlamento, che questa era ancora sola una bozza e che spettava allo stesso Parlamento, e poi alle forze sociali, correggere e migliorare il contenuto. Preminente era il tema della crisi del Governo e della sua caduta e tutto questo è stato cancellato dalla memoria.  Abbiamo seguito e visto, attraverso la televisione, un dibattito che mi limito a dire  preoccupante, che ha messo a nudo una spaccatura netta, incolmabile, tra le forze di maggioranza e quelle di minoranze.

Ho visto una immagine squallida quando il presidente Conte ha riferito della telefonata del presidente Joe Biden e le telecamere hanno inquadrato gli scanni della Camera con i parlamentari appartenenti alla maggioranza che applaudivano e quelli dell’area di centro destra che rimanevano fermi. Eppure, Biden è il nuovo presidente degli Stati Uniti. Abbiamo visto, durante la campagna elettorale americana, Matteo Salvini indossare una mascherina con sopra scritto Trump.

Da questo emerge il segno di una spaccatura che può fare soltanto male al nostro Paese. Quanta disumanità si è potuto vedere in quell’immobilismo. Oh Italia, apriamo i nostri cuori, mettiamo le nostre intelligenze a disposizione di una missione dedita a costruire un Paese nuovo in cui ogni uomo abbia consapevolezza del suo senso e valore umano, con il rispetto e la ricerca di quei sentimenti e atteggiamenti che portano ad essere costruttori maturi per una società consapevole e rispettosa del confronto democratico tra esseri umani, siano essi politici, amministratori, lavoratori, uomini e donne di questo nostro paese.

Certo, ci sono situazioni di maggioranze assolute e relative; ma ciò che conta è dare al Paese, cominciando dalle aule parlamentari, serenità in questo particolare momento della pandemia Covid-19, superando ogni conflitto e giochi di interessi  indirizzati a conquiste di poteri. Non si può continuare a chiedere, ad ogni sorgere di nuvole tempestose, l’indizione di nuove elezioni, ma di lavorare mettendosi al servizio del bene del Paese. Lo deve fare la maggioranza governativa, ma anche la minoranza nelle forme più consone e rispettose del giusto equilibrio tra i rispettivi ruoli e le funzioni con al centro il dialogo, piuttosto che lo scontro costante e continuo.

La  Calabria nella fase dibattimentale, sia alla Camera che al Senato, ha avuto dei richiami in merito al Recovery Plan giudicato di scarsa attenzione nei confronti della nostra regione. Non c’è solo l’alta velocità Salerno/Reggio Calabria o il porto di Gioia Tauro, ed alcuni dei nostri parlamentari hanno fatto bene nel dire che bisogna guardare con grande attenzione al completamento dell’arteria autostradale della Statale 106 e ferroviaria jonica, come il nuovo asse ferroviario Cosenza/Catanzaro, già programmati e parzialmente finanziati durante la scorsa legislatura del presidente Mario Oliverio.

La Calabria sarebbe pronta a dare un grosso e immediato contributo come utilizzare al meglio i fondi del Recovery Fund e predisporre un serio piano per il Recovery Plan, in quanto esiste come guida il Report predisposto dal presidente Mario Oliverio e consegnato alla Calabria al termine del suo mandato.

Un report che contiene le basi per il domani della Calabria, dove ci sono le tracce per come intervenire sul sistema infrastrutturale, portuale ed aeroportuale, sul dissesto idrogeologico, sulla ricerca universitaria, sul programma Scuole sicure ed il sistema metropolitane, per non parlare della digitalizzazione dei vari servizi nei vari settori del pubblico e del privato. Il tempo è tiranno e non abbiamo un governo regionale operativo se non per l’ordinaria amministrazione. Ma in questo frangente a livello parlamentare e sindacale ci si può impegnare a preparare una scaletta degli interventi e mettersi subito all’opera per preparare tutta la documentazione necessaria per come chiede l’Unione Europea.

Dal sottosegretario ai Beni Culturali, Anna Laura Orrico, accogliamo lo stimolo e l’invito a guardare con grande attenzione a quei progetti  immediatamente cantierabili. Ne abbiamo uno fermo vicino a noi, da ben quattordici anni. Si tratta del completamento del Campus universitario dell’Università della Calabria con il polo tecnologico, le strutture fieristiche per la diffusione  delle ricerche scientifiche, il villaggio dello sport per le universiadi.

La stazione ferroviaria venuta in auge nell’ultimo anno per effetto della Frecciargento Sibari/Bolzano e per la metro UniCal Settimo/Centro storico di Cosenza secondo il progetto predisposto dalla stessa Università in accordo con la Regione durante la gestione del Rettore, prof. Gino Mirocle Crisci. Progetti ed aree già disponibili per la loro realizzazione.

L’Università della Calabria, cuore pulsante della nuova unica grande città dell’area metropolitana Montalto/Rende/ Cosenza/Castrolibero e relativo hinterland. Una Università che raccoglie, oggi, circa 25 mila studenti iscritti, dei quali oltre 900 provenienti da circa 80 paesi del mondo. Una Università che si è conquistata nel mondo per le sue attività di ricerca meriti e prestigio come dimostrano le varie classifiche che valutano tutto questo in ambito universitario mondiale.

Fin dal suo sorgere, è stato sempre affermato che l’Università della Calabria rappresentava il “volano di sviluppo” della regione Calabria e dell’intero Mezzogiorno. Purtroppo, il suo sviluppo è stato rallentato e bloccato per come vediamo e sappiamo; ma l’attenzione che ha conquistato a livello internazionale, e quanto è accaduto a seguito della pandemia, ci obbliga a guardare con grande attenzione alle sue potenzialità e benefici che possono derivare dal Recovery Plan, che le consentirebbe di acquisire le sue vere dimensioni strutturali, guardando con grande interesse anche alle potenzialità degli scavi  archeologici dell’antica Sibari, che a livello turistico potrebbe divenire la Pompei del Sud con il sostegno scientifico e culturale dell’Università della Calabria, per come auspicato dai suoi padri fondatori.

Bisogna che ci si muova subito a livello istituzionale e politico. Che ci si sieda ad un tavolo con la massima urgenza, e si definisca il tutto per un Recovery Plan più ricco e consone allo sviluppo del territorio. (rcs)                   

Recovery Plan, Granato (M5S): Rimediare con un intervento incisivo

La senatrice del Movimento 5 StelleBianca Laura Granato, ha dichiarato che «il Piano Nazionale per la Ripresa e la Resilienza contenga poche misure sulla Calabria è indubbio» e che «bisogna rimediare con un intervento incisivo».

«C’è da chiarire però – ha aggiunto – soprattutto alla luce dello stillicidio di accuse indirizzate all’immobilismo dei rappresentanti parlamentari eletti in questa regione, che solo quando il Pnrr approderà in parlamento la deputazione avrà l’opportunità di mettervi mano, in entrambe le Camere. E, comunque, bisogna tener conto del fatto che ci saranno una serie di criticità da affrontare: in particolar modo i ritardi accumulati nella progettazione di opere infrastrutturali strategiche a causa di una burocrazia malata e corrotta».

«Qualsiasi misura o progetto, infatti – ha proseguito la senatrice – purtroppo, deve essere attuabile, in base ai criteri imposti dall’Ue in 5 anni, dal 2021 al 2026.  Difficilmente, pertanto, possono rientrare opere che in Italia non si realizzano in meno di 10 anni e il cui stato di progettazione attualmente non rende cantierabili. Stiamo, comunque, cercando di individuare le soluzioni più idonee per poter abbreviare le procedure degli appalti pubblici. Se i progetti che riguardano la nostra regione sono in uno stato di avanzamento molto arretrato certamente vuol anche dire che gli enti locali non hanno operato bene, non hanno rappresentato in tutti questi anni con  la necessaria incisività le istanze del nostro territorio ai governi e ad Rfi e Anas, principali partecipate statali che si occupano di infrastrutture legate al trasporto pubblico».

«A questo proposito – ha detto Granato – sarebbe opportuno interrogarsi anche sul ruolo tenuto dal f.f. Nino Spirlì, esponente della Lega Salvini Premier, nelle sedi di consultazione delle regioni e degli enti locali in cui certamente si è discusso delle misure del PNRR anche con esponenti del suo partito che amministrano i territori del nord. Altra considerazione da fare è se sia il caso di attingere alla quota di Recovery Fund a prestito, perché ci saranno delle condizionali. Se Paesi come la Spagna, il Portogallo e la Francia rinunciano alla parte a prestito (125 miliardi di euro circa per noi) del Rf, sarà proprio il caso che noi che per realizzare le opere che veramente servono a rilanciare il Paese non impieghiamo meno di 10 anni, vi attingiamo?».

«La questione non si deve affrontare con leggerezza e demagogia – ha concluso la senatrice Granato –. Il legislatore deve lavorare oggi pensando al futuro, perché questo investimento ci impegnerà per i prossimi trent’anni e tutto ciò che resta fuori, per effetto della sovraesposizione debitoria, nel caso di politiche europee di austerity, rischia una battuta d’arresto». (rp)

Sofo (Lega): È ora che l’Europa volga la sua attenzione al Sud

«È ora che l’Europa volga la sua attenzione al Sud» ha dichiarato l’eurodeputato della LegaVincenzo Sofo, nel corso della seduta plenaria al Parlamento Europeo durante il dibattito sullo sviluppo della Rete di infrastrutture europee Ten-T.

«Se vogliamo creare un’Europa – ha detto Sofo – che sia attore geopolitico forte, le infrastrutture devono essere una priorità. Tuttavia è necessario un cambio di approccio che riconosca il ruolo strategico del Mediterraneo. Finora infatti gli investimenti UE sono andati quasi tutti per sviluppare il Ten-T nel centro Europa per poi adesso privilegiare l’Est e il Nord. Invece è ora che l’Europa volga la sua attenzione a Sud. All’Italia e al suo Mezzogiorno, ponte proiettato verso quell’Africa la cui stabilità è essenziale per la sicurezza e il futuro del nostro continente».

«Ma che non può svolgere questo compito perché, ancora oggi – ha aggiunto – nel 2021, decine di milioni di europei che vivono nel Meridione non hanno autostrade, treni, porti e aeroporti adeguati per comunicare con il resto del Mondo. Eppure su 150 miliardi necessari per completare il Ten-T in Italia, il governo Conte nel Recovery Plan ne ha destinati solo 30. Una miseria. Se si vuole davvero un’Europa unita e sicura, si prenda ad esempio l’Antica Roma e costruiscano in fretta strade ponti e ferrovie per unirla. Iniziando da quel Sud che è stato abbandonato ma che è un avamposto indispensabile per il futuro di tutto il continente».

Sullo sviluppo della Rete di infrastrutture europee Ten-T, Sofo ha ricordato che «sulla carta prevede l’alta velocità fino a Palermo (dunque con la realizzazione del tanto discusso Ponte sullo Stretto di Messina) ma i cui fondi fino a oggi sono stati assegnati principalmente a Germania, Francia e, per quanto riguarda l’Italia, alle regioni del Nord». (rrm)

CAMERA, ROBERTO OCCHIUTO ATTACCA:
«CONTE HA DIMENTICATO LA CALABRIA»

di SANTO STRATI – Comunque vada oggi in Senato (ma il Governo si salva, tranquilli) il premier Giuseppe Conte già da domani non potrà non tenere conto che il suo è un Governo raccogliticcio che se soddisfa, almeno in parte, le esigenze dei parlamentari che temono la fine anticipata della legislatura, dall’altra parte non tiene minimamente conto delle istanze dei cittadini: imprenditori, esercenti, professionisti, etc. Un Governo cui manca la stabilità e che si salva solo grazie alla “disponibilità” (da ricompensare a tempo dovuto) dei cosiddetti responsabili “costruttori”  che un tempo sarebbero stati impietosamente appellati con dil marchio infamante di voltagabbana. E che non può dipendere dalla “collaborazione” di pochi (in)volontari salvatori della legislatura.

La politica d’improvvisazione avviata sin dall’inizio della pandemia, purtroppo, continua a mostrare tutti i suoi limiti anche e soprattutto con il Recovery Plan. Hanno cominciato a lavorarci il 7 dicembre e i vari scervellamenti hanno partorito un mostro di incongruenze che, probabilmente, l’Europa rigetterà per assenza di progetti e di programmazione. Un Recovery Plan che si è dimenticato del Mezzogiorno e più assai della Calabria. Ha un bel dichiarare il presidente Conte che «se guardiamo al Recovery Plan, stiamo concentrando investimenti al Sud, secondo alcune stime, per circa il 50%. In qualche intervento – ha detto nella replica – si citava lo scarso interesse per la Calabria, ma ci sono 2,3 miliardi solo per le infrastrutture in Calabria».

Ci permettiamo di dissentire, perché nella bozza fatta circolare del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) ci sono tre citazioni di una riga ciascuna che riguardano l’adeguamento della ferrovia Salerno-Reggio, dove appunto sono le uniche volte in cui appare la parola Calabria (perché legata a Reggio). Quindi, nonostante le rassicurazioni della sottosegretaria pentastellata Anna Laura Orrico e la manifesta contentezza (ma di che?) della deputata dem Enza Bruno Bossio, non troviamo traccia di questi fantomatici 2,3 miliardi, che, in ogni caso, sarebbero comunque una miseria.

Nel teatrino della politica del Governo e la patetica autodifesa di Conte (forte del fatto che non si può andare alle urne, causa covid e che il governo non può, per questo stesso motivo, cadere), per fortuna emerge un deputato calabrese che gliele canta, senza giri di parole e senza eufemismi. Il cosentino Roberto Occhiuto, vicecapogruppo di Forza Italia, si prende carico della difesa di tutto il Sud, vilipeso e dimenticato, e attacca a fronte alta, con convinzione e serietà. Si può non condividere la sua appartenenza partitica, ma per onestà intellettuale gli va riconosciuto che il suo è un discorso coraggioso, che prende davvero le ragioni della Calabria, del Mezzogiorno, per accusare l’inezia e l’ignavia di questo Esecutivo.

«Presidente Conte – ha aperto il suo intervento l’on. Occhiuto –, lei si è presentato qui, oggi, e ha chiesto ai parlamentari, evidentemente ai parlamentari che non sostengono il suo Governo, di aiutarla. Noi di Forza Italia le diciamo subito che noi aiuteremo il Paese, ma non il suo Governo! E lo ha detto con un certo imbarazzo, con l’imbarazzo di chi, come lei, siccome non le difetta l’intelligenza, non le difetta la capacità di comprendere quello che gli italiani pensano, avverte che c’è un distacco abissale tra quelle che sono le attività nelle quali è impegnato in questi giorni il suo Governo e quelli che sono i bisogni degli italiani; un imbarazzo che è lo stesso imbarazzo che abbiamo noi, lo abbiamo verificato nel corso dei mesi. In questi mesi, noi, in quest’Aula, abbiamo avuto sempre un contegno improntato alla leale collaborazione, pur nella differenza di posizioni, ce lo ha insegnato il presidente Berlusconi: vengono prima gli interessi del Paese e, poi, gli interessi della propria parte politica. Ma, oggi, il tempo del dialogo, purtroppo, è finito, signor Presidente. E questo imbarazzo era palpabile da quello che lei ci diceva, anche quando evocava la necessità di far riferimento alla nobiltà e alla dignità della politica. Presidente Conte, c’è un corollario che discende dal principio che lei ha evocato ed è questo, glielo ricordo io: quando un Presidente del Consiglio, che non si senta più importante del Paese, che non anteponga i propri interessi agli interessi del Paese, verifica di non avere una maggioranza adeguata, allora si dimette! Perché, se non lo fa, costringe il Paese ad avere un Governo incapace di affrontare la crisi in un momento così buio per la nostra Repubblica, oppure lo costringe ad avere un Governo costruito con voltagabbana o con parlamentari preoccupati soltanto della fine anticipata della legislatura».

Il deputato azzurro ha rimarcato che «C’è una distanza abissale tra il Paese e il suo Governo; certo, Presidente Conte, lei non è l’unico responsabile, per carità. Oggi ha fatto un intervento quasi autoassolutorio: qualche responsabilità ce l’ha, ha grandi responsabilità, perché lei ha guidato un Governo che in questi mesi si è limitato a inseguire la crisi, a inseguire il virus, e non ad anticiparlo attraverso provvedimenti appropriati; ha guidato un Governo che ha dimostrato i suoi ritardi nel tracciare i contagi e nel contenerli, nel piano delle vaccinazioni, nei risarcimenti alle imprese e alle partite IVA, nella cassa integrazione, nella scuola, nei trasporti, negli ospedali. Poi oggi ci dice “abbiamo, abbiamo fatto, abbiamo fatto, abbiamo fatto”: lo sappia, Presidente del Consiglio, gli italiani non si sono resi conto di tutte queste belle cose che il suo Governo ha fatto».

Non va tenero Occhiuto a proposito delle inadempienze sul Mezzogiorno: «Presidente, non una parola sul Sud nel suo intervento».  E lusinga Renzi, con l’ironia che alla fine flagella: «Secondo me, dice spesso cose giuste, ma fa sempre cose sbagliate.  Renzi dice cose giuste quando dice facciamo il ponte: il ponte va fatto perché costa più non farlo a causa delle penali, però poi liquida il ponte con un semplice tweet».

Poi Occhiuto incalza sulle responsabilità che sono di tutti e dei partner di Governo. «La crisi è in questo Palazzo, è nella maggioranza, è nel Governo, ma c’è una crisi ben più profonda, più grave, fuori da questo Palazzo. È la crisi che vivono le nostre imprese, gli italiani!. E allora io non voglio parlare di Conte, di Renzi, del Pd, dei Cinque Stelle. Voglio dire con grande chiarezza che non non le daremo la fiducia, però saremo disponibili a votare lo scostamento, il “decreto Ristori”, ogni provvedimento che il suo o qualsiasi altro Governo dovesse portare in quest’Aula e che andasse nella direzione di occuparsi della salute degli italiani e della loro sopravvivenza economica».

Occhiuto conclude parlando dell’argomento che tiene banco in questi giorni: Ci occuperemo anche di migliorare il Recovery Plan, perché non c’è nulla, per esempio, proprio sul Sud, non c’è nulla sulla Calabria, non c’è nulla sul porto di Gioia Tauro, non c’è nulla sulla 106, non c’è nulla sull’alta velocità. Noi faremo il nostro lavoro in parlamento, faremo il nostro dovere. Lei, Presidente Conte, faccia il suo dovere, si dimetta».

Non lo farà. Conte metterà in moto un rimpasto che tenga conto delle dovute ricompense e cambierà poco o niente nel Recovery Plan. Non c’è il tempo necessario per fare l’unica cosa giusta da fare: riscriverlo completamente. E intanto, gli italiani si guardano le tasche sempre più vuote (qualcuno ha visto qualche riduzione fiscale, nonostante la spaventosa crisi in cui siamo precipitati?), gli imprenditori osservano sconsolati le serrande abbassate e i negozi vuoti quando le alzano, gli esercenti sono alla fame. Giusti i provvedimenti per limitare il contagio, ma non si può imporre per legge di finire in povertà perché i “ristori” non bastano nemmeno – per fare un esempio – a pagare qualche mese di affitto a baristi e ristoratori. E tutta la filiera enogastronomica, un’eccellenza dell’Italia, la si sta lasciando fallire senza interventi rigorosi ed efficaci. Ha di che pensare già da stasera il presidente Conte, a capo di un Governo instabile che non promette nulla di buono. (s)

Recovery Plan, Ernesto Magorno scrive al vicepresidente vicario dell’Anci Candia

Il senatore di Italia Viva e sindaco di Diamante, Ernesto Magorno, ha scritto al vicepresidente vicario dell’Associazione Nazionale Comuni ItalianiAntonio Candia, e per conoscenza ai presidenti della Provincia della Calabria, al sindaco della Città Metropolitana di Reggio Calabria e ai sindaci calabresi, in merito al Recovery Plan approvato dal Governo, che «la ignora e la penalizza, allontanandola sempre di più dal resto del Paese».

«Il mancato inserimento – ha scritto Magorno – di investimenti fondamentali, l’assenza di ogni minima progettualità per la rete infrastrutturale e logistica della nostra Regione, dall’alta velocità all’intera rete ferroviaria sulla dorsale ionica fino alla piattaforma logistica dell’area portuale di Gioia Tauro, costituiscono un punto di non ritorno rispetto al quale la mobilitazione deve essere massiccia, e chiamano in causa un diretto protagonismo di tutte le Amministrazioni Locali rappresentate dall’Anci».

«Molti sindaci – ha spiegato il senatore – hanno già fatto sentire la propria voce con documenti in cui rivendicano il ruolo di unici e autentici rappresentanti dei territori, evidenziando le criticità, le carenze, le esigenze, le aspettative, i piccoli e grandi problemi con cui quotidianamente si misurano. Adesso, serve un ulteriore atto di coraggio e di responsabilità, che non può essere affidato ai singoli sindaci urgente, al contrario, una risposta organizzata, forte e ben visibile, che metta il Governo di fronte ai propri errori e sia finalizzata a riportare, nel più breve tempo possibile, la Calabria nell’agenda nazionale».
«È il momento di fare squadra – ha sottolineato – e di attivare ogni strumento possibile per colmare il gravissimo vuoto di memoria che ha subito la Calabria nel Recovery Plan. L’associazione dei Comuni ben sa quanto questa dimenticanza senza precedenti possa complicare la vita dei calabresi, e impedirci di consegnare alla next generation qualcosa di concreto che vada oltre le inutili dichiarazioni d’intenti. In ballo vi è una straordinaria opportunità che, in Calabria, a causa della negligenza del Governo, potrebbe svanire nel nulla e non segnare, per come dovrebbe essere, la principale leva di ripresa dall’emergenza sanitaria ancora in corso».
«Il più grande piano di rilancio per il futuro dell’Italia – ha detto ancora Magorno – non può ignorare una Regione intera: non spendersi oggi vorrebbe dire compromettere il futuro e condannare la Calabria a un’insopportabile condizione di fragilità ed emarginazione. Credo che, mai come ora, un intervento compatto e vigoroso da parte dell’Anci possa essere così determinante soprattutto per evitare che l’impegno di tanti sindaci sia strumentalizzato e tatticamente utilizzato per meri scopi politicisti».
«Spetta all’Anci – ha spiegato il senatore Magorno – farsi carico delle istanze avanzate in questi giorni dai sindaci calabresi che, giustamente, chiedono più coinvolgimento, più attenzione, più risorse, più servizi, una sanità efficiente, in grado di garantire i livelli essenziali di assistenza. Una Sanità che deve ritornare a essere gestita dalla Regione Calabria!».
«Pertanto, mi rivolgo a Lei affinché, a nome di tutti i sindaci della Calabria – ha concluso – si faccia interprete di questa battaglia di giustizia e di verità per riscattare il destino della nostra terra che, evidentemente nei piani del Governo, può essere condannata all’irrilevanza, ignorando però che senza il traino del Sud, l’Italia continuerà ad arretrare rispetto all’Europa ed al mondo intero». (rcs)

Occhiuto (FI): Pronti a riscrivere Recovery Plan con spazio a Mezzogiorno e Calabria

Il deputato e vice capogruppo vicario di Forza Italia alla Camera, Roberto Occhiuto, nel corso del suo intervento durante le comunicazioni del Premier Giuseppe Conte, ha dichiarato che «Siamo pronti a lavorare per riscrivere il Recovery Plan, con uno spazio adeguato al Mezzogiorno e alla Calabria».

«Presidente Conte – ha detto – noi di Forza Italia aiuteremo il Paese, ma non il suo governo. C’e’ un distacco abissale tra quelle che sono le attività nelle quali è impegnato in questi giorni il suo esecutivo, e quelli che sono i reali bisogni degli italiani. Lei si sta dimostrando un presidente del Consiglio che reputa il suo interesse personale più importante dell’interesse del Paese».

«In questi mesi – ha aggiunto – noi in quest’Aula abbiamo avuto un contegno improntato alla leale collaborazione, pur nella differenza delle posizioni. Ce l’ha insegnato il presidente Silvio Berlusconi: vengono prima gli interessi del Paese e poi quelli della propria parte politica. Quando un presidente del Consiglio verifica di non avere una maggioranza adeguata per andare avanti, si dimette. Non serve al Paese un governo costruito dai voltagabbana».

«Gli italiani oggi – ha proseguito Occhiuto – vorrebbero un premier che chiamasse la Pfizer, che si occupasse del piano di vaccinazioni, invece che telefonare a qualche responsabile per chiedere l’appoggio all’esecutivo. Dovreste lavorare per l’apertura in sicurezza delle scuole, per i trasposti pubblici, per il rinvio delle cartelle esattoriali, per il decreto ristori, per i nostri ospedali, invece state trascorrendo le vostre giornate sul pallottoliere. C’è una distanza abissale tra il Paese e il suo governo. Questo esecutivo, presidente Conte, si caratterizza per la sua lentezza, per il suo immobilismo, per l’approssimazione. Nel suo discorso non una parola sul Sud, ci ha parlato, però, in modo preciso di legge elettorale».

«Noi non le daremo la fiducia – ha sottolineato – nessuno di noi voterà la fiducia al suo governo. Ma siamo disponibili a votare lo scostamento di bilancio, il decreto ristori, i provvedimenti che faranno bene al Paese. Siamo pronti a lavorare per riscrivere il Recovery Plan, con uno spazio adeguato al Mezzogiorno e alla Calabria».

«Noi faremo il nostro dovere in Parlamento – ha concluso il deputato forzista – lei presidente Conte faccia il suo dovere: si dimetta e dia modo agli italiani di poter scegliere da chi essere governati. Il Paese vuole un governo autorevole, forte, coeso, di centrodestra». (rp)

Mario Oliverio critico sul documento del Recovery: totale assenza di proposte concrete

L’ex presidente della Regione Calabria Mario Oliverio è particolarmente critico nei confronti del documento elaborato dal Governo per il Recovery Plan da presentare all’Europa e in una nota ha sottolineato l’assenza di proposte concrete all’interno di grandi scelte strategiche che l’Esecutivo è chiamato a fare.

«.Il testo del nuovo “Piano di ripresa e resilienza”
(più noto come Next generation Italia) – afferma Oliverio –, presentato al Consiglio dei Ministri 12 gennaio 2021, non solo non migliora le analisi e le proposte sul Mezzogiorno, ma ne aggrava le prospettive in particolare per la Calabria.
Secondo Oliverio è stata fatta «Un’analisi assolutamente inadeguata,  –incredibilmente distante dalle valutazioni emerse nel ricco ed intenso dibattito di questi mesi che ha registrato l’intervento di autorevoli meridionalisti ed economisti, di rappresentanze istituzionali e di centri di elaborazione e di ricerca. Quel che più colpisce è l’assenza, all’interno delle grandi scelte strategiche, di proposte concrete di sviluppo del Mezzogiorno e della Calabria. Penso alla programmazione sulle infrastrutture, ai temi della sicurezza del territorio, a quello dei servizi a partire dalla Sanità e della riorganizzazione amministrativa dello Stato. Tra le inadempienze più clamorose ci sono le questioni dell’alta velocità e del sistema portuale. Si conferma una vecchia impostazione delle Ferrovie dello Stato, subita passivamente dai governi nazionali compreso l’attuale e contrastata dalla Giunta regionale da me presieduta, di fermare l’alta velocità a Salerno (ad eccezione degli interventi precedentemente previsti sulla direttrice per Bari); al contrario per la direttrice verso la Calabria e la Sicilia, si indica una mera “velocizzazione”. Un tradimento clamoroso di annunci e di impegni anche recenti».
Ad avviso del governatore il testo non contiene «nulla di concreto per le infrastrutture lineari stradali tranne la riconferma di interventi già previsti e finanziati in particolare lungo la dorsale ionica. Una vera e propria truffa, a esclusivo vantaggio dei porti del Nord, è quella relativa ai grandi porti del Mezzogiorno a partire da Gioia Tauro. L’unico elemento di concretezza – ridicolo rispetto alle necessità di sviluppo – è relativo ai porti del sistema dello Stretto, per i quali ci si limita a interventi di efficientamento energetico. Si rischia così di vanificare i grandi sforzi realizzati per fare uscire il porto di Gioia Tauro dalla crisi con un graduale riposizionamento sul mercato dei traffici internazionali delle merci. Parole vaghe su altri settori con la circostanza che la presunta destinazione del 67% delle risorse al Mezzogiorno, non si evince dal merito delle proposte fatte. In alcuni casi, come per la messa in sicurezza degli edifici scolastici, la proposta del Governo è al di sotto di quanto finanziato ed avviato dalla Giunta regionale della Calabria negli anni scorsi. La Calabria deve contrastare adeguatamente e subito questo progetto che ipoteca programmi e risorse per il prossimo decennio».
«Il Governo – secondo Oliverio – non può approfittare dell’attuale condizione di debolezza politica ed istituzionale della Calabria per compiere scelte che sarebbero un vero e proprio colpo mortale alle aspettative di sviluppo economico e sociale, di crescita delle imprese e di occupazione in particolare dei giovani e delle donne. La Calabria non può perdere questa opportunità: sarebbe una grave e negativa ipoteca sul suo futuro». (rp)

Magorno (Iv): Sul Recovery serve la mobilitazione dei sindaci calabresi

Il sen. Ernesto Magorno (Italia Viva) ha lanciato un appello per una mobilitazione dei sindaci calabresi sul Recovery Plan. «Mi rivolgo – ha detto – al presidente facente funzioni dell’Anci, Francesco Candia, affinché a nome di tutti i sindaci della Calabria si faccia interprete e protagonista di questa battaglia di giustizia sul Recovery plan. In ballo vi è una grande opportunità che – a causa della negligenza del Governo – potrebbe svanire nel nulla nella nostra terra e non segnare – così come dovrebbe essere – la principale leva di riscatto e di ripresa dall’emergenza sanitaria ancora in corso.
«Il mancato inserimento di investimenti fondamentali – dall’alta velocità all’intera rete ferroviaria sulla dorsale ionica fino alla piattaforma logistica dell’area portuale di Gioia Tauro – rappresenta un punto di non ritorno rispetto al quale la mobilitazione deve essere corposa e vigorosa e chiama in causa un diretto protagonismo di tutte le amministrazioni locali rappresentate dall’Anci.
Serve un atto di coraggio e di responsabilità, che non può essere affidato alla voce dei singoli sindaci – è urgente al contrario una risposta organizzata, forte e ben visibile che metta il Governo di fronte ai propri errori e sia finalizzata a riportare, nel più breve tempo possibile, la Calabria nell’agenda nazionale. Il più grande piano di rilancio per il futuro dell’Italia non può ignorare una regione intera: non spendersi oggi vorrebbe dire compromettere il futuro e condannare la Calabria a una insopportabile condizione di fragilità ed emarginazione». (rp)

Tilde Minasi sul Recovery Plan: «la resilienza dei calabresi, la ripresa per gli altri»

La consigliera regionale della Lega Tilde Minasi ha fatto una brillante osservazione sul Recovery Plan predisposto dal Governo, distribuito con Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. «Le dichiarazioni – ha scritto – di autorevoli esponenti calabresi del Pd nazionale, l’assordante silenzio dei rappresentanti regionali domiciliati a Roma grazie al movimento che avrebbe dovuto aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno (per poi cercare solo il modo di rendere più comode le poltrone), stridono enormemente con il grido d’allarme lanciato da diverse voci politiche ed istituzionali della Calabria in merito l’attenzione riservata al nostro territorio dal Recovery Plan.

«È ignobile come la nostra regione sia letteralmente sparita dai radar del Governo, dai radar della maggioranza, dalle intenzioni anche minime di voler, approfittando di fondi che costituiscono un unicum nella storia europea, mitigare quantomeno le ataviche differenze che scandiscono l’Italia. Preoccupazioni, tra l’altro, espresse in tempi non sospetti dai governatori del Meridione che, ‘ca va sans dire’, non sono state recepite. Infatti registriamo, nelle bozze redatte, pochi spiccioli, idee infrastrutturali zero: il Ponte, usato evidentemente solo per riempire i mass media di note stampa, resta, fattivamente, un pensiero visionario; il porto di Gioia Tauro vedrà la ‘gioia’ solo nel nome della zona in cui insiste; i collegamenti godranno, forse, di blandi contentini; degli aeroporti non si hanno notizie, la statale 106 l’avranno dimenticata.

«E parliamo di programmi che a parole tutti avrebbero voluto realizzare o migliorare, utili per ottenere consensi, ma poi facili da accantonare quando si sarebbero potuti concretizzare. Capitolo a parte meriterebbe l’incapacità di programmazione e di lungimiranza, quella spinta che, grazie ad uno strumento finanziario imponente, avrebbe potuto provare a farci raggiungere almeno una vicinanza con gli standard del resto d’Italia e d’Europa. Con queste premesse, al contrario, il gap, pare destinato solo ad aumentare. Una vergogna!

«Almeno una cosa, forse, l’abbiamo capita. Il perché in Italia il Recovery Plan sia stato denominato Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza: la ripresa per gli altri, al Mezzogiorno la richiesta di resilienza, per dover, ancora, affrontare difficoltà e periodi complicati, questa volta creati ad hoc». (rp)

È IL RECOVERY, BELLEZZA. ADDIO AL PONTE
DIMENTICATE LA CALABRIA, GIOIA E SS 106

di SANTO STRATI – Adesso ci si può proprio dimenticare del Ponte sullo Stretto: nel Recovery Plan messo a punto dal Governo non ce n’è traccia. Come non c’è traccia di finanziamenti da destinare al vero volano di sviluppo per la Calabria che è il Porto di Gioia Tauro, né per ricostruire ex novo la ss 106 o comunque avviare quel piano di risanamento della strada della morte ormai non più rinviabile. Si sono svegliati tutti, o quasi, dall’inspiegabile torpore che ha preso i nostri politici calabresi a proposito dei soldi dell’Europa per il post-Covid, ma temiamo sia un po’ tardi. Tardi per riscrivere completamente quel “benedetto” Recovery Plan che serve a convincere la UE a sganciare una paccata di miliardi (223, per essere precisi) a fronte di progetti infrastrutturali. Una sola la voce fuori dal coro, con l’innegabile sospetto che non abbia letto il documento: la deputata cosentina Enza Bruno Bossio (Pd) elogia gli investimenti previsti per il potenziamento della linea ferroviaria Salerno-Reggio Calabria arrivando a definirli «robusti interventi». «Un primo importante e significativo passo è compiuto» ha detto in una nota, improvvidamente diffusa senza, probabilmente, confrontarsi o riflettere sul fatto che i finanziamenti di cui tesse le lodi sono già stati previsti in un piano del 2012 e ammontano a poco più di 500 milioni a fronte di 223 miliardi messi a disposizione dell’Italia. Se non è sopraffazione questa nei confronti di una Calabria dimenticata, ancora una volta vilipesa, svillaneggiata per l’inezia dei suoi rappresentanti politici forse più preoccupati della crisi di governo che di iniziative per la propria terra.

L’indignazione – abbiamo scritto ieri – non basta più. Ma cosa si può fare? L’opera principale che avrebbe costituito una straordinaria opportunità per creare occupazione e sviluppo, il famigerato Ponte sullo Stretto, ce la possiamo dimenticare. Durante la campagna elettorale per le regionali dei mesi scorsi Conte aveva rilanciato l’idea del Ponte, tanto per mostrare un minimo d’attenzione nei confronti della Calabria, ma poi ci aveva pensato la sua ministra alle Infrastrutture, l’inadeguata (non lo diciamo noi) Paola De Micheli che aveva espresso l’esigenza di avviare nuovi studi di fattibilità sulla soluzione da scegliere per l’attraversamento stabile dello Stretto. Altri studi di fattibilità quando c’è già un progetto immediatamente eseguibile che langue da anni per l’incapacità dei nostri politici di alzare la voce ed esprimere forte l’istanza dei calabresi che ragionano. Contro una minoranza da sempre contraria al Ponte per partito preso e non per obiettive ragioni: non c’è nessun problema sismico che non si possa affrontare con le moderne tecniche di costruzione e i nostri progettisti, dotati di solidi attributi, rappresentano l’eccellenza nel panorama mondiale. Ma l’opposizione al collegamento stabile (lasciamo perdere la risibile proposta del tunnel) l’ha sempre avuta vinta, tra pseudo-ecologisti di giornata, ambientalisti catastrofisti e una bella e assortita comitiva di quelli che dicono sempre di no (ogni riferimento ai Cinque Stelle è decisamente voluto, non casuale). E Conte, ricevendo i sindaci delle cinque province in rappresentanza di tutta la Calabria, qualche mese fa, aveva promesso attenzione e impegni per la Calabria. Chi li ha visti? Ulteriore presa in giro di un Governo insensibile e troppo ballerino per occuparsi di cose importanti. Conte ripete spesso il suo mantra: «se non cresce il Sud non cresce il Paese». Ma come cresce il Mezzogiorno, con le briciole del Recovery Plan?

Ora, avviene che l’ultima occasione reale per veder realizzare un’opera colossale dai grandiosi impatti di natura tecnologica, turistica, paesaggistica, d’immagine, si chiama Recovery Fund, ovvero Next Generation Ue, ma nessuno ha minimamente pensato di inserire il progetto (ripetiamo già pronto, da rinnovare soltanto nella scelta dei materiali di nuova generazione ancora più sicuri per le zone ad alta densità sismica), nessuno ha voluto verificare se ci fosse il minimo ostacolo perché l’Europa dicesse no a un investimento infrastrutturale di 8-10 miliardi (tanto costa realizzare il Ponte). Ovvero, hanno pensato bene di “dimenticarsene”. «A pensar male – diceva Andreotti – si fa peccato ma spesso ci s’azzecca». Purtroppo mai parole risultano più profetiche e adatte alla circostanza.

Sul Ponte ha insistito Renzi, nel dichiarare guerra al presidente Conte, ma ne ha smontato l’ardire Romano Prodi che, ospite da Giovanni Floris a Di Martedì, ha detto testualmente: «Renzi ha chiesto il Ponte sullo Stretto a Conte». Prodi ha anche immaginato la sua ipotetica risposta: «Se mi vesto da muratore e vado domani a costruire il Ponte sullo Stretto, Renzi chi chiederebbe il ponte sulla Sardegna…». In buona sostanza neanche Renzi crede alla grande opportunità che viene offerta a calabresi e siciliani con i quattrini dell’Europa: è stato un ulteriore pretesto per attaccare il governo e vedere l’effetto che fa. Decisamente non un bell’effetto, viste le critiche che gli sono piovute addosso da ogni parte. Probabilmente a Renzi resta sempre l’ipotesi WWF per chiedere la tutela delle razze (politiche) in via di estinzione…

Il Ponte non piace a tutti, questo è evidente, meno che meno a chi del traghettamento sullo Stretto ha fatto un business ultramilionario, ma bisogna essere onesti nel riconoscere che non ci sono realmente condizioni di non fattibilità: è semplicemente una questione di natura politica. Manca la volontà politica di realizzare il Ponte con tutto quello che potrebbe rappresentare sia per la Calabria sia per la Sicilia. Verrebbero da ogni parte del mondo solo per vederlo o per attraversarlo: c’è un esempio che rischierebbe di impallidire al confronto, il ponte rosso del Golden Gate a San Francisco. Lì aspettano the Big One, il più disastroso terremoto (ipotizzato) della storia della Valley. Ma quando l’hanno costruito (tra il 1933-1937) non c’erano le tecniche di costruzione di oggi ed era ben evidente il rischio sismico della zona. È ancora là, viene riverniciato continuamente con quel bel rosso che lo caratterizza, ad attrarre milioni di turisti. Senza avere l’incantevole e inimitabile paesaggio dello Stretto, della Costa Viola, dell’Etna che fuma e degli affascinanti gorghi marini che hanno incantato Omero.

Ma anche a voler essere indulgenti sulla storia del Ponte, non è tollerabile che un documento che è passato anche dalla Commissione Trasporti della Camera abbia di netto tagliato qualsiasi ipotesi di finanziamento alla statale 106, al Porto di Gioia Tauro, alle mille altre problematiche infrastrutturali che affliggono la Calabria. È successo, forse potrebbe cambiare qualcosa dopo l’esame del Parlamento, a fine crisi, comunque vada per il Governo, ma andrebbe completamente riscritto e non ci sono i tempi necessari.

L’unica preoccupazione per i nostri politici – questo è evidente – è evitare lo scioglimento delle Camere e dover tornare al voto. S’inventeranno la qualunque pur di restare a galla fino al regolare termine della legislatura. Dopo, quando si tornerà a votare, per molti saranno utili cartoline ricordo di Montecitorio e Palazzo Madama, unico memo di nostalgia di momenti decisamente irripetibili. (s)