TROVA CONSENSI LA PROPOSTA DI ABRAMO
CALABRIA CHIEDERÀ IL 50% DELLE RISORSE

di ANTONIETTA MARIA STRATI – Sta raccogliendo consensi la “battaglia” intrapresa dal sindaco di Catanzaro, Sergio Abramo, che ha inviato una diffida alla Presidenza del Consiglio dei ministri chiedendo una più equa distribuzione delle risorse finanziarie da parte del governo.

Una battaglia a cui ha deciso di affiancarsi anche il sindaco di Crotone, Vincenzo Voce. Abramo, ha annunciato con Voce l’intenzione di coinvolgere, nei prossimi giorni, anche i sindaci di Vibo Valentia – Maria Limardo, di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà, e di Cosenza, Mario Occhiuto.

«I centri calabresi, dal più piccolo al più grande, hanno pagato e pagano ancora decenni di sperequazione portata avanti da qualsiasi Governo: soldi dovuti e non versati che avrebbero consentito a qualsiasi ente di erogare servizi migliori e più efficienti in settori fondamentali come il welfare o i servizi sociali» hanno dichiarato Abramo e Voce, che hanno sottolineato come «Al di là di qualsiasi differenza politica, crediamo che questa sia una battaglia finalizzata esclusivamente a rendere giustizia alla Calabria. Il cui territorio è stato penalizzato, alla pari di tutto il Sud Italia, da criteri come quello della spesa storica che hanno solo contribuito ad ampliare ulteriormente le disparità fra i cittadini meridionali e quelli del centro-nord».

Un atto “quasi” dovuto, sopratutto se «il recente Rapporto 2020 – ha spiegato Abramo – sul coordinamento della finanza pubblica delle Sezioni Riunite della Corte dei Conti, certificando quanto anche io ho affermato pubblicamente da diverso tempo, ha fotografato un quadro desolante ed allarmante riguardo al deficit di risorse nelle regioni del Sud e una evidente emarginazione finanziaria della Regione Calabria e dei Comuni calabresi. Nell’ultimo decennio si è realizzato un meccanismo perverso che, attraverso il criterio della cosiddetta spesa storica, ha comportato un graduale taglio di 46 miliardi in media all’anno al Sud. Se si analizza la sola spesa pro capite in termini di cure e assistenza, si passa dalle 1.935 euro a cittadino nel Piemonte, alle 1.800 euro per ogni calabrese».

Ma la richiesta di individuare risorse per la Calabria e le città – a cui sono state date le briciole nel Recovery Plan – non arriva solo dal primo cittadino, ma da Istituzioni, Enti, Associazioni, sindacati e parlamentari. In particolare il senatore di Italia VivaErnesto Magorno, che ha portato in Senato, nei giorni scorsi, la rabbia dei sindaci nei confronti del Governo, che si è dimenticato in toto della Calabria, della necessità di tante infrastrutture, della 106, della portualità (con al centro il Porto strategico di Gioia) e via discorrendo, ribadendo, a gran voce, che «la Calabria deve essere centrale nel Recovery Plan».

«Il Comitato Direttivo dell’Anci Calabria, all’unanimità – ha ricordato Magorno – ha ribadito le problematiche, le omissioni, le incongruenze, le disattenzioni del Recovery Plan verso la Calabria e i Calabresi. Con il loro documento, i sindaci vogliono sensibilizzare deputati e senatori di ogni schieramento a prendere una posizione netta e determinata a favore della Calabria per modificare un testo che, se pure migliorato rispetto alla prima stesura, non scalfisce minimamente i ritardi storici che umiliano questa martoriata terra».

«Come senatore e, ancora prima, come sindaco di Calabria – ha evidenziato – io sarò in prima linea a lottare affinché le rivendicazioni dei primi cittadini vengano accolte per intero. In questo momento storico, non sono possibili mediazioni di nessun tipo, non sono ammissibili indugi, non sono sopportabili diserzioni, non sono accettabili tentennamenti, non sono tollerabili furbizie, non sono concepibili interessi personali o politici».

E a chiedere un’equa distribuzione delle risorse del Recovery Plan non sono solo i sindaci, ma anche i presidenti delle Regioni del Sud, Vincenzo De Luca (Campania), Vito Bardi (Basilicata), Michele Emiliano (Puglia), Donato Toma (Molise), Marco Marsilio (Abruzzo) e Nello Musumeci (Sicilia) e Nino Spirlì (Calabria), che hanno deciso di fare fronte comune, le cui proposte «andranno a formare un pacchetto di richieste precise al Governo nazionale, il quale, troppo spesso, così come quelli che lo hanno preceduto, dimentica le regioni del Sud privilegiando, a volte, nessuno».

«C’è la necessità di suddividere in modo equo le quote relative agli interventi, tenendo in considerazione il fatto che le regioni del Mezzogiorno hanno urgenze che non rimangono all’interno dei loro confini, ma riguardano l’organizzazione dell’intero continente, dal momento che si tratta di progetti strategici che interessano l’Europa, come, ad esempio, il Ponte sullo Stretto» ha detto Spirlì, a margine del vertice, in videoconferenza, con i presidenti delle Regioni del Mezzogiorno. (ams)

 

Mattarella boccia le elezioni, sì a un governo istituzionale a guida Draghi

di SANTO STRATI – Sfuma completamente l’ipotesi Conte Ter e si apre una strada in discesa per un governo istituzionale di altissimo profilo a guida di Mario Draghi. L’ex presidente della BCE ed ex governatore della Banca d’Italia, non sarà entusiasta, vista la sua riluttanza a entrare in politica, ma il suo senso dello Stato gli impedirà di negare il suo aiuto per la soluzione di una crisi che appare, a questo punto, davvero irreversibile. Mattarella lo ha convocato a mezzogiorno al Quirinale per affidargli l’incarico e difficilmente troverà un rifiuto. La storia si ripete: capitò con Ciampi (1993) che mise in piedi il primo governo guidato da un non parlamentare e preparò la sua strada al Quirinale. Un percorso che si attaglia perfettamente a Mario Draghi.

Il suo governo dovrà affrontare grandi sfide, ma l’appello del Presidente Mattarella alla responsabilità a tutte le forze politiche dovrebbe consentire un percorso quantomeno in discesa. Il Recovery Plan, già nella nuova bozza licenziata il 12 gennaio scorso continua a ignorare la Calabria: il nuovo governo dovrà porre rimedio per rispetto alle popolazioni del Mezzogiorno, ma soprattutto di una regione che non può restare a guardare l’ultimo treno che passa e che non ferma in alcuna delle sue stazioni. È presto per essere ottimisti sul Recovery, ma si può essere abbastanza ottimisti su come la soluzione “istituzionale” per la crisi di governo possa offrire la migliore via d’uscita alla situazione politica che rischia di ingessare irrimediabilmente il nostro Paese.

Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ieri sera, ha spiegato agli italiani, dopo il fallimento della missione esplorativa del presidente Fico, perché non si può andare a nuove elezioni. La soluzione più ovvia vista l’assenza di una maggioranza in grado di sostenere un governo, ma la pandemia, i rischi di incremento pesante di contagi (come è successo nei Paesi in cui si è votato, nonostante la crisi sanitaria) e soprattutto i tempi tecnici per ridare al Paese un governo in piena efficienza dopo il responso delle urne, non consentono di praticare questa via. Quindi, facendo appello a tutte le forze politiche, il presidente Mattarella ha sottolineato la necessità della nascita di un governo istituzionale, di altissimo profilo, in grado di gestire la crisi sanitaria, la campagna vaccinale e la crisi economico-finanziaria, ma soprattutto di rispettare l’improrogabile scadenza del Recovery Plan che va presentato entro aprile all’Europa. Con il rischio più che evidente di mancare questa straordinaria opportunità che l’Europa ci offre, in termini di aiuti monetari, per ricostruire, rimettere in piedi l’economia, ripartire.

L’opzione governo istituzionale (ovvero tecnico con la partecipazione di esponenti di tutti i partiti dell’arco costituzionale) il presidente Mattarella l’aveva messa da conto, proprio in considerazione dell’impossibilità di poter pensare al ricorso alle urne. Un’elezione politica significa contatti, comizi, inevitabili assembramenti. E poi il ricorso alle urne ha una tempistica che l’Italia in questo momento non si può permettere: Mattarella ha ricordato che nel 2013 ci vollero quattro mesi prima che il governo nato dalle urne prendesse pieno potere, addirittura cinque mesi quello del 2018. Non ce lo possiamo permettere – ha detto praticamente Mattarella – abbiamo bisogno di un governo che non svolga solo ordinaria amministrazione, ma sia nella pienezza dei poteri per affrontare i grandi problemi da risolvere: pandemia, crisi economica, welfare e aiuto ad una società di nuovi poveri in continua ascesa.

Chiuso definitivamente il capitolo elezioni anticipate, giacché nessuno può immaginare di mettere in discussione le solidissime argomentazioni del Presidente, si deve pensare, adesso, a fare in fretta. Dove non trova spazio la logica da manuale Cencelli della prima Repubblica e dove le “poltrone” non vengono assegnate in base al peso della formazione di appartenenza. Servono tecnici e personalità competenti, di alto profilo morale ma anche di grande capacità operativa. Il modello di riferimento c’è, la Große Koalition, la grande coalizione, che la cancelliera Merkel nel 2005 riuscì a mettere insieme, dopo le elezioni tedesche che non avevano prodotto una maggioranza in grado di dar vita a un esecutivo. Un modello, in piccolo, tentato anche da Enrico Letta defenestrato poi dallo stesso Renzi che ha provocato la crisi odierna. Una crisi inspiegabile se non si considera la disperata esigenza di visibilità dell’ex presidente del Consiglio: ha vinto la prima mano, nel senso che ha ottenuto il quarto d’ora di notorietà che aveva perduto, ma s’è giocato il banco, attirandosi l’ira degli italiani, giustamente indignati di fronte al mercatino delle poltrone che indecorosamente la politica ha offerto nelle ultime 48 ore. Serve il ritorno alla serietà, alla dignità della politica, ne abbiamo bisogno tutti. E Draghi è l’unica risposta. (s)

ECCO IL RECOVERY GREEN DI LEGAMBIENTE
TANTI PROGETTI, MA IL PONTE PROPRIO NO

Una Calabria più green, moderna e sostenibile, attenta e rispettosa dell’ambiente. È questa la visione che Legambiente ha per la Calabria, e a cui ha individuato una serie di interventi necessari e non nel suo Recovery Plan. Una proposta ricca di idee e contenuti, anche se viene nettamente negata la realizzazione del Ponte sullo Stretto, insieme con il no all’idrogeno da fonti fossili e altre iniziative decisamente poco “ecologiche”. Il programma di Legambiente è destinata agli investimenti in tutt’Italia, ma c’è buona considerazione per iniziative destinate al Mezzogiorno e soprattutto alla Calabria. I nostri governanti dovrebbero prenderne atto, in fase di riscrittura finale del Recovery Plan, di cui già circola una nuova bozza del 12 gennaio che annulla in parte il precedente Piano di Ripresa e Resilienza dello scorso dicembre dov’era imbarazzante la totale assenza di progetti per la nostra regione.

Sì a sviluppo di fotovoltaico, eolico, biometano e idrogeno verde, alta velocità nel centro sud e potenziamento delle reti ferroviarie regionali, elettrificazione della mobilità urbana e dei porti, decarbonizzazione delle acciaierie, bonifiche dei siti inquinati, banda ultralarga, ciclovie e turismo di prossimità. Sono questi i punti focali su cui, secondo l’Ente, si dovrebbe investire in Calabria, che presenta numerose criticità, sopratutto per quanto riguarda l’ambiente, la questione dei rifiuti e il dissesto idrogeologico.

L’Ente ha presentato il suo Recovery Plan nel giorno in cui viene ascoltata in Parlamento in Commissione Ambiente della Camera dei Deputati, in cui sono contenuti 23 priorità di intervento, 63 progetti territoriali da realizzare – tra rinnovabili, mobilità sostenibile, economia circolare, adattamento climatico e riduzione del rischio idrogeologico, ciclo delle acque, bonifiche dei siti inquinati, innovazione produttiva, rigenerazione urbana, superamento del digital divide, infrastrutture verdi, turismo, natura e cultura – insieme a 5 riforme trasversali necessarie per accelerare la transizione ecologica del Paese per renderlo più moderno e sostenibile, dando il via ad una nuova stagione della partecipazione e della condivisione territoriale.

Il faro che ha guidato Legambiente nella redazione del suo Recovery Plan è la lotta alla crisi climatica che riguarda trasversalmente le 23 priorità nazionali di intervento. Nel documento, inoltre, l’associazione ambientalista descrive, regione per regione, quelle che a suo avviso sono le opere da realizzare e quelle da evitare, indicando in maniera chiara come spendere i quasi 69 miliardi di euro destinati per la “Rivoluzione verde e transizione ecologica” e i 32 miliardi destinati alle “Infrastrutture per la mobilità sostenibile”.

«Negli ultimi mesi – ha spiegato Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – il percorso di definizione del Pnrr da parte del governo italiano è stato a dir poco confuso e, soprattutto, per nulla partecipato. Per dirla con una battuta auspicavamo un “Pnrr partecipato” e ci siamo trovati un “Pnrr delle partecipate”, come poi è emerso dalle bozze circolanti con i progetti proposti da Eni. Il nostro auspicio è che, una volta superata la crisi governativa in corso, l’Esecutivo abbia il coraggio di cambiare registro e passo pensando ad un Recovery Plan diverso, modificandolo e mettendo al centro la crisi climatica, anche prendendo spunto dal nostro documento».

«Questi interventi – ha spiegato – devono essere accompagnati da un profondo pacchetto di riforme per accelerare la transizione ecologica: servono più semplificazioni, controlli pubblici migliori, un’organizzazione burocratica aggiornata professionalmente e all’altezza della sfida, una maggiore partecipazione con una nuova legge sul dibattito pubblico che riguardi tutte le opere per la transizione verde, per coinvolgere i territori e ridurre le contestazioni locali».

«Solo così – ha concluso  Ciafani – si darà concretezza al nome scelto per il Pnrr: Next Gene­ration Italia, con un forte richiamo agli impegni che si assumono per le prossime generazioni. Ma perché alle intenzioni dichiarate corrispondano i fatti è necessaria quella volontà politica che non abbiamo visto finora. È il momento di mostrarla

Tra i progetti da finanziare, Legambiente indica, ad esempio, oltre all’Alta Velocità nel centro Sud, le reti ferroviarie di Sicilia, Calabria, Basilicata, Molise, Campania, Sardegna, Toscana, Umbria, Emilia Romagna, Trentino Alto Adige, Veneto, Lombardia e Piemonte; l’elettrificazione dei porti; l’idrovia Padova Venezia; la chiusura dell’anello ferroviario di Roma; gli interventi per ridurre gli impatti ambientali nelle acciaierie (l’ex Ilva di Taranto e l’impianto di Cogne ad Aosta), la riconversione del distretto dell’Oil&Gas di Ravenna (puntando sulla nuova filiera dell’eolico e del fotovoltaico offshore e della dismissione delle piattaforme non più operative), la riconversione delle centrali a carbone ancora attive e i progetti sull’agroecologia in Puglia, Umbria, Emilia Romagna e Trentino.

Senza dimenticare la realizzazione di digestori anaerobici per il trattamento della frazione organica differenziata, con produzione di biometano e compost di qualità, in ogni provincia in Sicilia, Calabria, Campania, Basilicata, Abruzzo, Marche, e Liguria e quelli per trattare gli scarti agricoli, i reflui zootecnici e i fanghi di depurazione. E poi le delocalizzazioni degli edifici a rischio idrogeologico in Calabria, Sardegna e Umbria; la decarbonizzazione delle isole minori in Sicilia; la digitalizzazione nelle aree interne e una nuova fruibilità turistica delle aree montane come nelle Marche, dove an­drebbero finanziate le connessioni ciclopedonali, che mancano, tra Appennino e costa adriatica; la riqualificazione dell’edilizia popolare (messa in sicurezza ed efficientamento energetico) e degli istituti scolastici in Campania; il progetto integrato sulla “città adriatica” nelle Marche, la rigenerazione socio-economica delle quattro regioni del centro Italia colpite dal sisma.

Tra i progetti da evitare e che l’associazione ambientalista boccia c’è, ad esempio, l’impianto di cattura e stoccaggio di CO2proposto da Eni a Ravenna, il ponte sullo Stretto di Messina, quelli legati alla produzione di idrogeno da fonti fossili, i nuovi invasi, gli impianti Tmb di trattamento meccanico biologico dei rifiuti, gli impianti di innevamento artificiale e di risalita al di sotto dei 1.800 m.s.l.m., gli incentivi legati all’acquisto dei veicoli a combustione interna.

I progetti da realizzare in Calabria

  • Impianti per l’economia circolare. La Calabria deve dotarsi di impianti di compostaggio e digestione anaerobica per la produzione di compost di qualità e biometano e di impianti per il riciclo delle materie plastiche. Come nel resto del centro sud Italia, c’è una forte carenza impiantistica per l’avvio a riciclo della frazione organica dei rifiuti da raccolta differenziata. L’unico impianto per produrre biometano e compost di qualità è a Rende (CS), mentre è fondamentale rendere autosufficienti tutte le province calabresi aumentando il riciclo da raccolta differenziata, riducendo il volume dei rifiuti in discarica o a termovalorizzazione, recuperando materia e producendo biometano da immettere in rete o per l’autotrazione, con effetti positivi sull’ambiente, sulla salute e sull’occupazione. I progetti dovranno essere accompagnati da campagne di coinvolgimento e sensibilizzazione indirizzate a cittadini ed imprese.
  • Depuratori a tutela del mare e del turismo. Sono ancora tanti i Comuni calabresi senza impianti di depurazione o con impianti non funzionanti sotto procedura di infrazione europea per cui l’Italia paga ingenti multe. Secondo il Commissario straordinario unico per la depurazione sono 13 gli agglomerati urbani calabresi oggetto del contenzioso con l’Europa e 14 gli interventi da realizzare. La corretta depurazione dei reflui fognari garantirebbe un mare pulito con ricadute positive non solo sull’ambiente e la salute ma anche sul turismo e l’occupazione.
  • Rischio idrogeologico. In Calabria il rischio idrogeologico è un problema cronico e diffuso in modo capillare, aggravato dalla crisi climatica con i rischi alluvionali e franosi che, con sempre maggiore frequenza, continuano a verificarsi nei centri abitati, causando perdite di vite umane. Una seria opera di prevenzione ha bisogno di una visione complessiva a scala di bacino e non di singoli interventi scollegati fra loro e inefficaci. Bisogna intervenire prioritariamente sulle coste, a partire dalle zone maggiormente a rischio come la provincia di Crotone e Vibo Valentia, e con particolare attenzione ai corsi delle “fiumare”, procedendo anche ad abbattere gli edifici abusivi e a delocalizzare quelli edificati in aree pericolose.
  • Infrastrutture ferroviarie. La Calabria necessita di una rete di trasporto ferroviario regionale moderna per superare l’isolamento del territorio calabrese. Le priorità:
  • La linea di collegamento tra Gioia Tauro/Palmi e Cinquefrondi il cui ripristino è necessario al fine di collegare le aree interne della Piana al territorio del Parco nazionale dell’Aspromonte;
  • La ferrovia silana che collega la città di Cosenza a San Giovanni in Fiore (CS) ed al suo entroterra silano. È essenziale per tornare a garantire la mobilità dei residenti delle aree interne dei comuni silani e per la promozione turistica della zona;
  • La tratta ferroviaria a binario unico lunga 472 Km che collega Taranto a Reggio Calabria attraverso la costa jonica di Puglia, Basilicata e Calabria che deve essere totalmente elettrificata e prevedere il potenziamento del servizio con nuovi collegamenti e treni moderni.
  • Collegamento Ferroviario Lamezia Terme – Aeroporto Sant’Eufemia -Catanzaro Lido. L’aeroporto di Lamezia Terme è il principale scalo della Calabria con voli nazionali e internazionali e, per la sua posizione geografica centrale, serve tutta la regione anche relativamente ai flussi turistici.

Un piano, quello presentato da Legambiente, che guarda a 360 gradi tutte le criticità della nostra regione, offrendo un quadro chiaro di come la Calabria abbia bisogno di un vero e proprio ammodernamento, che riesca a essere al passo coi tempi e, sopratutto, possa essere valorizzata non solo per le bellezze artistiche e storiche che custodisce, ma anche ambientali, agricole e culinarie che tutto il mondo ci invidia. (rrm)

LA NUOVA BOZZA DELL’12 GENNAIO DEL RECOVERY PLAN

PNRR-12-01-2021

Recovery Plan, Sainato (FI) si appella ai parlamentari calabresi: Urgente cambio di strategia

Il consigliere regionale di Forza ItaliaRaffaele Sainato, si appella ai parlamentari calabresi affinché facciano «sentire la voce della nostra Regione nelle aule di Camera e Senato» per quanto riguarda il Recovery Plan.

«Il Presidente Sergio Mattarella – ha ricordato – dopo il primo giro di consultazioni al Quirinale, ha posto al centro del dibattito politico la necessità di accelerare sulla predisposizione e presentazione all’Unione del Europea del Piano Italiano di Ripresa e Resilienza. Si ascolti il Capo dello Stato e lo si faccia in fretta. Il centro-sinistra ponga fine a questo teatrino insopportabile e si inizi a pensare, seriamente, ai problemi degli italiani, che stanno soffrendo gli effetti della pandemia».

«Il Recovery plan – ha spiegato – è uno strumento fondamentale di ripresa, ma come è stato pensato umilia il sud. Tutti i grandi Paesi europei hanno già presentato i piani per accedere alle risorse del Next Generetion Eu, in Italia la maggioranza giallo-rossa, impegnata in giochini di potere, si è limitata a predisporre una semplice bozza, mortificante per il Mezzogiorno. Il Piano, che ora dovrà essere discusso e approvato dal Parlamento, è lacunoso e generico. Mancano una visione chiara e una progettualità ben definita, credibile. I fondi assegnati al nostro Paese verranno effettivamente erogati solo se il Governo sarà in grado di presentare delle proposte serie, con uno preciso cronopogramma e livelli di progettazione adeguatamente delineati. In caso contrario i finanziamenti non arriveranno. Le criticità, poi, attengono anche alla governance del Piano, totalmente assente».

«Gli stanziamenti per il Sud – ha proseguito Sainato – contrariamente a quanto indicato dai criteri dell’Ue, basati sul principio di coesione, sono del tutto insufficienti. Nella maggior parte dei casi, stando alla bozza approdata alle Camere, ben pochi tra i progetti indicati potranno garantire rendimenti elevati e rilancio strutturale, principi auspicati dalla Commissione Europea. Non sono state tenute in considerazioni le esigenze di investimento in materia di portualità, proprio in un momento in cui, per l’Europa, diventa fondamentale guardare al Mediterraneo. La Calabria è cenerentola. La fascia jonica calabrese è tagliata fuori».

«Nulla è previsto per la rete ferroviaria – ha detto ancora il consigliere regionale – nessun investimento per la Statale 106 Jonica, arteria fondamentale per lo sviluppo dell’intera fascia mediterranea. Insomma, un piano tanto corposo nel numero d pagine che lo compongono, quanto fumoso per contenuti e impostazione metodologica. Si è perso solo tempo prezioso, con commissioni speciali, super esperti e stati generali. È urgente un cambio di strategia».

«Per questo motivo, quindi – ha aggiunto – rivolgo un appello accorato alla rappresentanza parlamentare calabrese, di tutti gli schieramenti politici, affinché faccia sentire la voce della nostra Regione nelle aule di Camera e Senato. È necessario investire per superare le fragilità della nostra regione. Al nostro territorio serve un cambio di passo, soprattutto dopo il periodo che stiamo vivendo e per superare la grave crisi economico-sociale che ne è scaturita».

«Abbiamo bisogno – ha concluso – di sostegno per il lavoro delle nostre imprese, per l’economia e per lo sviluppo regionale. Si pongano, come questioni fondamentali, ai quali legare la fiducia a qualsiasi Governo, gli investimenti per la S.S. 106 Jonica, per la rete ferrovia Reggio Calabria-Tarano, per il Porto di Gioia Tauro, per l’alta velocità Salerno-Reggio Calabria, per l’infrastrutturazione digitale della nostra Regione e per tutti quegli interventi necessari per il rilancio del Meridione, che significa rilancio dell’Italia». (rrc)

RECOVERY, PER L’IDEALE “CITTÀ DEL SOLE”
CI SONO I PROGETTI LASCIATI DA OLIVERIO

di FRANCO BARTUCCI – Con il Recovery Plan ci sarebbe una straordinaria occasione per costruire “La città del sole”. Mentre si attende la soluzione della crisi di governo si sta perciò discutendo molto della bozza del documento predisposta dal Governo Conte in cui la Calabria avrebbe poca visibilità progettuale.

Pochissimi i progetti per la Calabria: il potenziamento  tecnologico e interventi infrastrutturali sulla linea Salerno/Reggio Calabria per l’alta velocità, nonché piccoli lavori di ampliamento della SS 106 jonica. Ben poca cosa rispetto alle attese e programmazioni strutturali e ambientali già ampiamente programmate e in parte finanziate dal precedente Governo regionale del presidente Mario Oliverio. Il riferimento non è casuale in quanto dallo scorso mese di ottobre la Calabria è orfana di un suo presidente e governo nel pieno delle sue funzioni per la scomparsa dell’on. Jole Santelli e questo la penalizza molto in questa circostanza. Ciò che si è capito è che con urgenza bisogna predisporre e consegnare all’Unione Europea una programmazione del Recovery Plan ben confezionata nella individuazione di progetti infrastrutturali strettamente legati allo sviluppo del Paese, come delle Regioni, per non parlare dei progetti di riforma degli apparati della Pubblica Amministrazione, della Giustizia e della finanza.Report di fine mandato di Mario Oliverio

Dal mondo della politica e sindacale calabrese sono giunte segnalazioni che riguardano: l’alta velocità Salerno/Reggio Calabria, il porto di Gioia Tauro, il raddoppio del tracciato ferroviario jonico Reggio Calabria/Taranto, la diga sul Mento, il nuovo asse ferroviario Cosenza/Catanzaro ed altro ancora. Tate enunciazioni non sono supportate nella sostanza dall’attivazione di un tavolo di lavoro dove i vari soggetti istituzionali, sociali e imprenditoriali si ritrovano con urgenza per fare le giuste scelte e predisporre quanto necessario in virtù delle richieste dell’Unione Europea, a supporto anche del Governo nazionale. Sul tavolo, su cui lavorare, ci sarebbe da recuperare il  Report predisposto dal Presidente Mario Oliverio e affidato alla Regione e ai calabresi al termine del suo mandato. Un Report che contiene le basi per il domani della Calabria, dove ci sono le tracce per come intervenire sul sistema infrastrutturale, portuale ed aeroportuale, sul dissesto idrogeologico, sulla ricerca universitaria, sul programma “Scuole sicure” ed il sistema metropolitane, per non parlare della digitalizzazione dei vari servizi nei vari settori del pubblico e del privato. Il tempo è tiranno e  ancor di più se si pensa al fatto che ormai è in corso una campagna elettorale per scegliere i candidati per il nuovo consiglio regionale ed il nuovo presidente. Di fatto la Calabria non ha un governo regionale operativo se non per l’ordinaria amministrazione.  Vedi ad esempio l’assenza totale dalla vicenda riguardante il futuro delle Terme Luigiane.

Prendendo spunto dalla sollecitazione fatta dal sottosegretario ai Beni Culturali, Anna Laura Orrico, di guardare con attenzione alla predisposizione di progetti immediatamente cantierabili,  è facile pensare al cantiere ancora aperto dell’Università della Calabria, rimasta incompleta rispetto ai progetti del concorso internazionale conclusosi nel 1974 con la scelta degli elaborati progettuali degli architetti Gregotti e Martensson. Si tratta di  completarla nella parte che va da Piazza Vermicelli, dove attualmente la struttura è bloccata, fino a raggiungere il territorio di Settimo di Montalto Uffugo, realizzando il polo tecnologico, le strutture fieristiche utili alla diffusione e promozione  dei brevetti scientifici, il villaggio dello sport per le universiadi, la  tanto attesa stazione ferroviaria di Settimo venuta in auge nell’ultimo anno per effetto della Frecciargento  Sibari/Bolzano e per la metro UniCal Settimo/Centro storico di Cosenza, come predisposto dalla stessa Università durante il mandato del Rettore Gino Mirocle Crisci.

L’Università della Calabria, cuore pulsante della nuova unica grande città dell’area metropolitana Montalto/Rende/ Cosenza/Castrolibero e relativo hinterland. Una Università che raccoglie oggi circa 25 mila studenti iscritti, dei quali oltre 900 provenienti da circa 80 paesi del mondo ed un nucleo di circa 1.800 tra docenti e personale tecnico amministrativo. Una Università che si è conquistata, per le sue attività di ricerca meriti e prestigio, come dimostrano le varie classifiche che valutano tutto questo in ambito universitario nazionale e mondiale.

Fin dal suo sorgere è stato sempre affermato che l’Università della Calabria rappresentava il “volano di sviluppo” della regione Calabria e dell’intero Mezzogiorno. Purtroppo il suo sviluppo, come noto, è stato rallentato e bloccato nel 2007; ma i livelli di prestigio che ha conquistato in questi anni a livello internazionale, come ben evidenziano le varie ricerche e classifiche  mondiali in materia di qualità della produzione scientifica, ne fanno, proprio per il Recovery Plan, un punto di grande richiamo ed investimento pensando al ruolo e funzioni  stabiliti dai suoi padri fondatori. Essi, con Beniamino Andreatta Rettore, guardavano alle potenzialità delle piccole medie imprese della valle del Crati in stretto legame con l’Università per interagire in materia di consulenza, formazione,  ricerca innovativa e produzione; come anche alla valorizzazione della piana di Sibari, in quanto area agricola con particolare funzione strategica verso gli scavi archeologici dell’antica Sibari, punto di  intenso richiamo turistico. Era il tempo del pensiero “l’Università della Calabria cuore pulsante dell’unica grande città dell’area della media valle del Crati”, con le sue infrastrutture e vie di collegamento con i vari centri urbani piccoli e grandi del territorio circostante.

L’epidemia Covid-19 ha portato dall’Unione Europea l’investimento Recovery fund a sostegno dello sviluppo e le Università sono al centro dell’attenzione per le sue attività di ricerca e formazione. Quale migliore  occasione per impegnarsi a realizzare il sogno della “Grande Cosenza”  di cui sopra, che per effetto dei suoi valori culturali, scientifici, umani, in accordo con la storia e gli impegni dell’Accademia Cosentina, può essere lo strumento possibile storico nel realizzare quella  “Città del Sole” pensata da Tommaso Campanella. Immaginiamo insieme con quali grandi potenzialità di crescita e sviluppo ci si potrebbe  presentare  al Paese e all’Europa nel costruire il nostro futuro forti di trovarci collocati  con “la città del sole” al centro dell’area del Mediterraneo. Sarebbe una rivoluzione nell’espressione più completa del termine: sviluppo, crescita sociale ed economica, grande spirito umanitario. (fb)

Per approfondire: Report dell’Amministrazione regionale 2014-2020

 

 

 

Recovery Fund, Magorno (IV): Spirlì convochi un tavolo per la Calabria

Il senatore di Italia VivaErnesto Magorno, ha chiesto al presidente f.f. della Regione Calabria, Nino Spirlì, di assumere «un’iniziativa forte per il Recovery Plan, convocando un tavolo che coinvolga i parlamentari, i sindaci, le categorie produttive e i sindacati per costruire tutti insieme una proposta unitaria da presentare al governo che verrà».

«Il Piano – ha spiegato – rappresenta un qualcosa di storico che non può essere sprecato, è quell’opportunità che la nostra regione aspetta da decenni, è l’occasione per colmare il gap infrastrutturale e sanitario che, purtroppo, ci divide dal resto d’Italia».

«Per questo – ha concluso – è fondamentale che vi sia unità al di là di ogni appartenenza. Sarebbe un segnale importante di fronte al quale nessuno resterebbe indifferente». (rp)

CALABRIA CENTRALE NEL RECOVERY PLAN
ARRIVA IN SENATO LA RABBIA DEI SINDACI

Giornata calda, in Senato, a proposito del Recovery Plan. Una formulazione che, come abbiamo più volte ribadito, penalizza e mortifica la Calabria, assegnando meno che briciole delle risorse disponibili. Il Recovery Plan predisposto dal Governo si è dimenticato in toto della Calabria, della necessità di tante infrastrutture, della 106, della portualità (con al centro il Porto strategico di Gioia) e via discorrendo. Il documento è arrivato in Parlamento per un esame e le opportune modifiche e correzioni. L’Anci Calabria ha espresso il totale dissenso nei confronti di un progetto che ha ignorato l’intera regione, trovando nel sen. Ernesto Magorno di Italia Viva uno strenuo sodale in questa difficile battaglia. È evidente che, pur con la volontà ritrovata di correggere omissioni e incongruenze, non ci sono i tempi tecnici per riscrivere da capo (come sarebbe in realtà opportuno e auspicabile) l’intero documento. Il problema vero è che il Plan predisposto dal Governo sembra una raccolta di buone intenzioni, con vistose assenze di aspetti programmatici, progettuali ed economici. Si corre il rischio che l’Europa respinga il piano di Ripresa e resilienza italiano per mancanza di progetti infrastrutturali credibili e cantierabili nei sei anni previsti dal fondo straordinario. Non si parla del Ponte sullo Stretto (eppure sarebbe immediatamente cantierabile, con tanto di progetto esecutivo già pronto e a suo tempo approvato), non si parla della strada della morte (la famigerata statale 106) che costituisce una grave strozzatura per lo sviluppo economico, turistico e ambientale di tutta la fascia jonica, non si parla di Alta velocità/Alta Capacità, ovvero la messa in opera di una nuova linea con binari adeguati ai treni superveloci che colleghi Salerno con Reggio. C’è solo un vago accenno a un non meglio definito “ammodernamento” della linea, che, appunto, non significa nuova linea ad Alta Capacità (in grado cioè di sostenere i 300 kmh), con un vergognoso investimento di poco più di mezzo miliardo di euro (a fronte dei 209 che il Recovery Fund ha destinato all’Italia). Quest’Italia a due velocità che non piace al Mezzogiorno (e il Manifesto per il Sud lanciato dal presidente della Svimez Adriano Giannola con altri emeriti studiosi, intellettuali e professionisti sta raccogliendo ampi consensi) e soprattutto non piace alla Calabria. I sindaci della regione sono molto arrabbiati e hanno fatto arrivare in Parlamento il proprio disappunto e l’indignazione per l’inezia fin dimostrata dalle forze politiche.

Magorno, in un acceso intervento in Senato, ha ribadito che la Calabria deve essere centrale nel Recovery Plan: «La Calabria – ha detto – ancora una volta viene dimenticata e il Recovery Plan, che avrebbe dovuto rappresentare un’importante svolta per questa Regione, di fatto la ignora, allontanandola sempre di più dal resto del Paese. Molti sindaci calabresi, in questi giorni, dalle loro trincee, hanno fatto sentire la propria voce di protesta, evidenziando il rischio reale che, anche in questa occasione, unica e irripetibile ,vengano mortificati i diritti e le aspettative dei cittadini».

«Il Comitato Direttivo dell’Anci Calabria, all’unanimità – ha ricordato Magorno – ha ribadito le problematiche, le omissioni, le incongruenze, le disattenzioni del Recovery Plan verso la Calabria e i Calabresi. Con il loro documento, i sindaci vogliono sensibilizzare deputati e senatori di ogni schieramento a prendere una posizione netta e determinata a favore della Calabria per modificare un testo che, se pure migliorato rispetto alla prima stesura, non scalfisce minimamente i ritardi storici che umiliano questa martoriata terra».

«Come senatore e, ancora prima, come sindaco di Calabria – ha evidenziato – io sarò in prima linea a lottare affinché le rivendicazioni dei primi cittadini vengano accolte per intero. In questo momento storico, non sono possibili mediazioni di nessun tipo, non sono ammissibili indugi, non sono sopportabili diserzioni, non sono accettabili tentennamenti, non sono tollerabili furbizie, non sono concepibili interessi personali o politici».

«La Calabria – ha detto con forza – deve essere rappresentata, tutelata e difesa oltre ogni limite. È inutile scandalizzarsi di fronte alle affermazioni di Corrado Augias su una Calabria condannata all’emarginazione, se poi alle parole non seguono azioni concrete e mirate a colmare gli atavici deficit di questa Regione. Nelle scorse settimane, ho votato contro il decreto Calabria e da senatore della maggioranza che fu; ho, quindi, votato contro la fiducia al Governo. E sempre per il bene della Calabria, voterò anche contro il Recovery Plan, qualsiasi Governo verrà alla luce nei prossimi giorni, se verrà alla luce, e lo farò per dare un futuro e nuove prospettive di crescita alla mia terra!.

«La Calabria – ha proseguito – non è una terra perduta, è una terra abbandonata, isolata, dimenticata, utilizzata, una terra che con grande dignità e grande forza chiede di avere le stesse opportunità avute da altri territori. È vero, la Calabria è piena di contraddizioni e criticità ma, da tempo, ha iniziato un cammino per superare insidie e ostacoli , primi fra tutti ’ndrangheta e malaffare».

«La Calabria – ha concluso il senatore di Italia Viva – è una terra di uomini e donne che hanno capacità, competenza, intelligenza e tenacia per operare fattivamente per il riscatto delle proprie comunità. Bisogna, però, mettere a loro disposizione le risorse e gli strumenti necessari. Il Recovery Plan deve fare anche questo e io lavorerò e mi batterò affinché tutto non resti un sogno ma diventi realtà». (rrm)

Il video dell’intervento in Senato

Mariateresa Fragomeni: Urgente correggere lacune del Recovery Plan nei confronti della Calabria

La candidata a sindaco di Siderno, Mariateresa Fragomeni, ha ribadito che è urgente correggere le lacune del Reocvery Plan nei confronti della Calabria.

«È stato definito, a ragion veduta – ha dichiarato la Fragomeni – come la più grande opportunità per la Calabria, occasione importante per rilanciare e sviluppare la nostra terra. Stando alle ultime bozze del Recovery Plan, approvate dal Consiglio dei ministri, però, quello che emerge è la chiara disattenzione verso le necessità della nostra Regione e di tutti i calabresi. Non c’è traccia di Alta Velocità in Calabria, si parla solo di massima velocizzazione della tratta Salerno-Reggio Calabria, ottimizzando gli interventi, quindi soltanto una sistemazione dell’attuale Ferrovia Tirrenica Meridionale che farà viaggiare i treni a 200km/h, e non ai 300km/h dell’Alta Velocità».

«Poco o nulla – ha aggiunto – anche sulle infrastrutture stradali, ad eccezione per la tratta della SS 106 Jonica, ma con fondi già precedentemente stanziati. Un’arteria fondamentale, che andrebbe risistemata e completata nei tratti ancora mancanti, tristemente ribattezzata “la strada della morte” proprio per l’alta pericolosità di percorrenza legata, appunto, alle disastrose condizioni in cui versa attualmente. Il completamento e la sistemazione della SS 106 Jonica rappresenterebbe peraltro un grande potenziale di sviluppo non solo per la Calabria, ma per l’intero Sud e per tutta l’area mediterranea».

«Anche per il porto di Gioia Tauro – ha proseguito Mariateresa Fragomeni – nessun grande investimento, ma più in generale tutto il sistema portuale calabrese. A quanto sembra, invece, nel Recovery Plan è prevista soltanto una conferma di investimenti, oltretutto  insufficienti, già stanziati negli anni scorsi per lavori ancora in corso, o addirittura mai iniziati. Nonostante le risorse previste dal piano Next Generation Eu italiano ammontino a 222,9 miliardi di euro e, secondo le indicazioni e i criteri fondanti dell’UE, una fetta importante di investimenti dovrebbe essere finalizzata a un impatto positivo nel Mezzogiorno, la cui condizione sociale ed economica ha contribuito a garantire, da parte dell’Unione, un tale ammontare di fondi destinati al nostro Paese».

«Intervenire – ha sottolineato – affinché alla Calabria vengano destinate risorse idonee è ancora possibile, poiché il Recovery Plan è attualmente sottoposto alle valutazioni delle parti sociali, che si sono incontrate ieri con il Presidente Giuseppe Conte. Con l’impegno di far partire dalla settimana prossima tavoli di confronto, coordinati dal ministero dell’Economia, sulle varie “missioni” previste. Il documento potrebbe ancora essere migliorato, quindi, correggendo le gravi mancanze previste ai danni della Calabria, e dei calabresi».

«Ma è necessaria – ha concluso – una profonda riflessione politica nel nostro territorio, affinché la Calabria non abbia più il ruolo secondario che, storicamente, le è stato attribuito». (rrc)

Santo Biondo (Uil Calabria): Giusto che la politica calabrese rivendichi attenzione sul Recovery Plan

Il segretario generale della Uil CalabriaSanto Biondo, ha sottolineato che «è giusto che la politica calabrese, e in generale la Calabria, sul Next Generation Eu, rivendichino attenzione in occasione della discussione parlamentare sul Piano europeo, che ci auguriamo abbia inizio nei prossimi giorni e si concluda entro la fine di febbraio, dato che allinterno della prima bozza del Recovery plan deliberata dal Governo il tema della storica carenze di infrastrutture nella nostra regione è sostanzialmente trascurato».

«E se il Parlamento – ha aggiunto – non porrà rimedio a ciò, la Calabria, senza prova di smentita, subirebbe lennesimo torto da parte di Roma. Ma accanto a questa rivendicazione sul piano nazionale della politica calabrese, la stessa classe dirigente regionale, dovrebbe per onestà intellettuale, parlare contestualmente, anche di ciò che in questi anni non è stata in grado di realizzare, in termini di buona spesa in qualità e quantità delle risorse pubbliche». 

«A risorse europee che ancora devono arrivare nella nostra regione – ha proseguito Biondo – corrispondono altre che sono già Calabria e sono altrettanto importanti per il rilancio della regione, ma che fino ad oggi sono state scarsamente. Su questultimo aspetto, allinterno del dibattito pubblico regionale, occorrerebbe che la politica locale, che ha gestito in questi anni queste risorse, facesse chiarezza, avesse il coraggio, soprattutto oggi in tempi di emergenza sociale, di aprire una verifica, senza andare troppo indietro nel tempo, su almeno i due più recenti grandi programmi di investimenti infrastrutturali, di cui la nostra regione è stata destinataria in questi ultimi anni: Por 2014/2020 e la sua riprogrammazione e il Patto per la Calabria, sottoscritto nel 2014 con il governo, al cui interno vi è limportante capitolo Calabria sicura, che dispone linee di intervento su settori importanti per la rigenerazione strutturale della nostra regione». 

«Su queste due importanti fonti di finanziamento per opere infrastrutturali – ha detto ancora – che insieme valgono per la Calabria circa 2 miliardi di euro – risorse pronte per essere spese ma a rischio restituzione – la politica calabrese allinterno della normale dialettica pubblica che dovrebbe servire a perseguire gli obiettivi di sviluppo del territorio, dovrebbe aprire un dibattito, dovrebbe dare riscontro ai calabresi sullo stato di avanzamento della spesa relativa ai programmi, dovrebbe, in poche parole fare chiarezza.  Sulla spesa di questi due programmi che occorre legare alla nuova Programmazione 2021/2027, va recuperato un confronto, come peraltro previsto dalle raccomandazioni europee in tema di dialogo sociale, con il Partenariato Economico e Sociale. Sul Recovery plan, dunque, bisogna essere seri evitando di fare di far precipitare questa straordinaria occasione per lo sviluppo del paese e della nostra regione, nella strumentalizzazione politica. Laffannoso accapigliarsi sul programma europeo, è quantomeno surreale, sicuramente distante dalla reali necessità della Calabria e dei calabresi».

«Qui e oggi – ha detto ancora il segretario generale – non è in discussione la necessità di interventi e della loro necessaria copertura finanziaria per la ripartenza della Calabria, questo è un dato che risulta, purtroppo, scontato da troppo tempo. Qui è oggi, invece, è necessario che la Calabria ritrovi la sua centralità attraverso il confronto, sui temi determinanti per lo sviluppo economico, sociale e culturale della nostra regione. Su questo si, invece, crediamo che i temi di discussione aperti con il varo della bozza del Piano di ripresa e resilienza rivestano unimportanza determinante per la Calabria».

«La classe politica regionale – ha sottolineato Biondo – sfuggendo alla tentazione di dimenticare il passato e assolvere gli errori di chi ha governato lamministrazione pubblica sino a ieri, deve essere disposta ad imbastire con le forze sociali e produttive, un confronto informato di merito e costruttivo sul come inserire la Calabria nelle sei missioni predisposte dal Governo a fondamento del Next Generation Eu. E, dato che le risorse del Recovery saranno destinate sia a nuovi che ai progetti già in essere; una discussione in Calabria, è necessaria soprattutto al fine di evitare infruttuose sovrapposizioni, inutili duplicazioni di finanziamenti su opere progettate da anni e, fino ad oggi, mai portate a compimento, a partire proprio da quelle previste dal Patto per la Calabria, 1,2 miliardi di euro di stanziamenti, di cui non se ne discute più. Di questo Patto tra Regione e Governo, che doveva dare alcune risposte al deficit infrastrutturale della nostra regione, si sono perse le tracce». 

«Per esempio – ha spiegato – sul tema della depurazione, eterno tallone dAchille per la Calabria, che in questi anni, ci ha regalato pesanti procedure di infrazione da parte dellUnione europea e che, ancora oggi, vede 1 comune calabrese su 3, fra cui città capoluogo come Catanzaro, Cosenza o Reggio Calabria, sotto sanzione, con impianti incompleti o inesistenti e con il rischio incombente di perdere il 30% dei fondi messi a disposizione dallEuropa; il Patto per la Calabria aveva messo a disposizione di questo sistema ben 239 milioni di euro, da spendere entro il 2021, ma i deficit attuali della nostra depurazione, ci restituiscono la fotografia dellennesima incompiuta alla calabrese. Prendendo spunto dai dati uffici di Open Coesione, la città di Catanzaro per il progetto di completamento dello schema depurativo a servizio della città capoluogo di regione (110 mila abitanti), la cui consegna era prevista nel 2017, è finita in proceduta di infrazione 2014/2059 e nel 2020 è stata annullata la gara in project financing e si dovrebbe procedere a una nuova gara».

«Lo stesso – ha detto ancora – dicasi per la città di Reggio Calabria, del cui progetto di completamento e ottimizzazione dello schema depurativo, per un importo di 25 milioni e 500 mila euro e la cui fine lavori era stata fissata a febbraio 2023, non risulta ancora avviato. Le stesse sofferenze, gli identici ritardi, poi, si registrano anche sul territorio di Crotone. Mentre a Cosenza, sempre stando ai dati di Open Coesione, con il progetto di adeguamento dellimpianto di depurazione – che avrebbe dovuto essere consegnato a dicembre del 2023 – siamo ancora in fase di progettazione. Questa lentezza di attuazione non riguarda solo la depurazione, ma è trasversale a tutti gli altri importanti capitoli del Patto per la Calabria, a partire dal tema riguardante il contrasto al dissesto idrogeologico».

«Per quanto riguarda invece il Por Calabria 2014/2020 – ha spiegato – solo per fare qualche accenno, bisognerebbe per esempio, che il governo regionale desse chiarezza , sullo stato dellarte delle 3 grandi opere infrastrutturali, finanziate dal Programma Operativo Regionale, che nel 2014  la Calabria si era impegnata con Bruxelles di completare entro il 2023: il sistema di collegamento metropolitano Cosenza, Rende e Unical; il sistema metropolitano Catanzaro città, Germaneto; lAereostazione di Lamezia Terme. Circa 400 milioni di euro destinati al tema della mobilità sostenibile regionale, di cui ormai da tempo non si ha riscontro. Non affrontare questi temi con serietà, ma limitarsi solo a rivendicare attenzione dagli altri significherebbe da parte della politica gettare fumo negli occhi dei calabresi, provare inutilmente a distogliere il loro sguardo da ciò che realmente conta: rendere questa regione produttiva, attrattiva e scevra dal gioco criminale».

«Se la politica– ha rimarcato – non vuole nuovamente fallire, quello che deve fare è puntare sulla concretizzazione delle infrastrutture, materiale e immateriali, che necessitano alla Calabria per riagganciare il Nord, deve intervenire per eliminare il divario economico e sociale, deve agire per azzerare le diseguaglianze in essere. Adesso pertanto, occorre velocizzare, mettere a terra le tante proposte e idee che, sino ad oggi, sono rimaste adagiate sulle scrivanie di coloro che amministrano la cosa pubblica. È determinante spendere tutte le risorse messe a disposizione dallEuropa ma è fondamentale spenderle bene. Ciò che la Calabria non può permettersi è la parcellizzazione delle risorse. Ciò che serve adesso è la concentrazione dei finanziamenti verso gradi assi di intervento: le infrastrutture, la mobilità regionale, il potenziamento dellinfrastruttura ferroviaria e della Zes per sostenere la crescita del porto di Gioia Tauro e la sua connessione agli assi viari nazionali e internazionali, la depurazione, il dissesto idrogeologico, la riqualificazione energetica degli edifici pubblici, linclusione sociale, le politiche attive, i servizi pubblici essenziali, sanità, scuola e diritto allo studio, trasporti, cultura, turismo, e la digitalizzazione e modernizzazione del territorio. Indirizzi che, per buona parte salvo qualche svista grossolana, sono compendiati allinterno delle missioni del Next generation eu. Dagli investimenti su questi asset,  si potrebbero creare in Calabria circa 15 mila posti lavoro». 

«Per perseguire questo obiettivo – ha aggiunto Santo Biondo – non ci sono tante strade a disposizione, se non quella di avviare subito in Calabria il dialogo sociale, strumento fondamentale anche per evitare che queste risorse possano essere attenzione da criminalità organizzata. Sullutilizzo di queste risorse avevamo avanzato proposte progettuali e avevamo chiesto, inascoltati purtroppo, il ricorso a strumenti di controllo sociale quali la messa in opera di una banca dati pubblica sulle varie attività finanziate, la realizzazione di book fotografici che certificassero lavanzamento dei lavori, la sottoscrizione di protocolli di legalità e la creazione di uno spazio di controllo sociale utile al cittadino per la segnalazione delle opere che andavano fatte e che magari, ancora oggi, non hanno registrato neppure lavvio del cantiere. Per ritornare, infine, agli investimenti per il sud e la Calabria previsti dalla bozza del Piano Nazionale per la Ripresa e la Resilienza».

«Il Recovery plan – ha spiegato ancora il segretario generale della Uil Calabria – occasione irripetibile per sostenere la convergenza del mezzogiorno al resto del Paese deve, così come chiede lEuropa, deve programmare per il sud e la Calabria la realizzazione delle grandi opere, cosa che purtroppo ancora non si vede nel Piano. In Calabria la realizzazione dellalta velocità e alta capacità, il cui studio di fattibilità era  peraltro previsto nel Patto della Calabria datato 2014, non può essere sostituta da interventi compensativi diretti a velocizzare la direttrice Battipaglia/ Reggio Calabria. Robusti investimenti sulla rete ferroviaria tirrenica servono alla nostra regione anche per adeguare la linea ferrata ai nuovi standard europei, fondamentali per collegare il porto di Gioia Tauro ai corridoi europei e mondiali di spostamento delle merci. Sulla parte ionica della Calabria che allinterno di una regione che ha grosse difficoltà di connessioni, vive una condizione di maggiore isolamento; vanno potenziati gli investimenti investimenti sulla linea ferroviaria già finanziati in parte attraverso il Por Calabria 2014/2020 ma va anche previsto un importante stanziamento di risorse economiche per la Statale 106. La Calabria deve chiedere a gran voce che allinterno del dibattito parlamentare sul Recovery plan, la politica affronti il tema riguardante la realizzazione totale della Strada statale 106. Accanto al terzo megalotto della Statale 106 vanno previsti gli interventi per il tratto crotonese, la fascia ionica catanzarese e reggina che attualmente sono tagliati fuori dal completamento di questa grande opera di collegamento sulla direttrice ionica/ adriatica. Se non ora quando si metterà la parola fine ad una questione che coinvolge una parte importante di comunità calabrese, quella ionica». 

«Dunque – ha detto ancora – il Recovery investe davvero poco per la Calabria, una regione che ha fame di mobilità. Troppo poco per una regione che è stata sedotta ed abbandonata dai governi che, sino ad oggi, si sono succeduti a Palazzo Chigi. Oggi non è il tempo di chiudere gli occhi, di prendere in giro i calabresi, di mortificare le loro aspettative. Nessuno pensi che si possa tenere appesa la Calabria in attesa delle elezioni, perché un giorno di ritardo in più potrebbe allargare il solco delle disparità fra la Calabria e il Mezzogiorno, fra la nostra regione e il resto dellItalia. Si apra subito la discussione e la verifica sulle opere previste dal Por e dal Patto per la Calabria e sul loro stato di avanzamento».

«Accanto alla giusta indignazione sul Recovery plan – ha concluso – che va migliorato per evitare inutili duplicazioni di risorse e potenziato rispetto alle reali necessità della Calabria, bisogna essere seri e svolgere un approfondito lavoro di elaborazione rispetto a ciò che, invece, è di competenza della politica regionale e che ancora oggi, come abbiamo sostenuto, non è stato affrontato». (rrm)

Nino Foti: Recovery Plan offesa alla Calabria e ai calabresi. Serve una politica più forte

Per l’on. Nino Foti, già Deputato della Repubblica e presidente della Fondazione Magna Grecia, «il Recovery Plan approvato dal Consiglio dei ministri è l’ennesima offesa nei confronti della Calabria e dei Calabresi. Una situazione inaccettabile che impone una riflessione seria e chiara, sia sull’effettiva portata degli investimenti previsti sia sulla qualità della risposta delle forze politiche calabresi».

«È chiaro – ha aggiunto – che esiste, purtroppo, un nesso storico profondo tra la disattenzione strutturale e intenzionale del Governo centrale nei confronti della Calabria, e il deficit di rappresentanza e credibilità della politica calabrese. In estrema sintesi, chi decide sulle risorse del Paese può permettersi di penalizzare la nostra regione consapevole del fatto che dai rappresentanti istituzionali della Calabria al massimo arriverà qualche protesta pro forma sui media, ma non ci saranno azioni politiche tali da far sentire il peso e l’autorevolezza di un’intera comunità che, invece, meriterebbe ben altre attenzioni».

«Quello che emerge chiaro – ha proseguito – dalla lettura del Recovery Plan infatti, è quanto negli intendimenti del Governo la Calabria sia marginale, quasi un fastidioso problema di cui occuparsi di volta in volta. Una regione che non è mai considerata davvero una terra di opportunità. Ad esempio, si legge che “si estenderà l’alta velocità al Sud, lungo la direttrice Napoli-Bari che viene conclusa e con la massima velocizzazione della Salerno-Reggio Calabria, ottimizzando gli interventi”, confermando così che la Calabria non avrà i treni ad alta velocità ma, nella migliore delle ipotesi, una sistemazione della vecchia rete ferroviaria per far viaggiare i treni a 200km/h invece che a 300km/h. Perché si continua a tollerare ancora tutto questo? Perché siamo ancora costretti a sopportare il peso delle scelte sbagliate di una politica che, ad esempio, quando è stata progettata l’Alta Velocità, non ha pensato ad una prospettiva di sviluppo anche per il Sud? Perché, soprattutto adesso, non siamo in grado di rappresentare e difendere le mille ragioni di una terra che, senza questi interventi, è condannata ad un lento ed inesorabile declino?».

«Aldilà della questione specifica dell’Alta Velocità infatti – ha detto ancora Foti – esiste un problema complessivo che riguarda l’intera infrastrutturazione ferroviaria nel Mezzogiorno, e sebbene questa del Recovery Plan potrebbe rappresentare una vera svolta per una modernizzazione che proietti verso il futuro questa parte del Paese credo – e come me tantissimi – che non sarà così. È probabile, invece, che nel Recovery Plan ci sia semplicemente una conferma di investimenti (insufficienti) già stanziati negli anni scorsi per lavori ancora in corso o mai iniziati».

«Che dire, inoltre – ha detto ancora – della totale assenza del Porto di Gioia Tauro dal Recovery Plan? Un porto – è bene ricordarlo – che nel 2020 ha riconquistato il primato nazionale nel transhipment con una delle crescite più rilevanti nel Mediterraneo. Eppure, il documento approvato dal Consiglio dei ministri dimentica Gioia Tauro e i grandi scali del Mezzogiorno, esaltando i ruoli dei grandi porti del Nord, Genova e Trieste, che “rappresentano snodi strategici per l’Italia e per l’Europa nei traffici da e per vicino-medio-estremo Oriente” e per i quali sono elencati una serie di grandi interventi. Per comprendere il destino di Gioia Tauro dobbiamo aggrapparci a una semplice frase: “il sistema portuale italiano si svilupperà efficacemente al nord per i traffici oceanici e al sud per lo sviluppo dei traffici intermediterranei”. Troppo poco, troppo incerto».

«La realtà – ha detto ancora Foti – è che le risorse previste dal piano Next Generation Eu italiano ammontano a 222,9 miliardi di euro e, almeno in teoria, una fetta importante di investimenti dovrebbe creare un impatto forte nelle regioni del Mezzogiorno. Intervenire in tal senso tuttavia, potrebbe essere ancora possibile, poiché il Recovery Plan, dopo l’approvazione del Consiglio dei Ministri, dovrà ora essere sottoposto alle valutazioni del Parlamento e delle parti sociali. Il documento potrà dunque essere migliorato e i gravi errori commessi a danno della Calabria potranno essere corretti, in tutto o in parte. Ed è proprio su questo punto – conclude Foti – che, come detto, è necessario aprire una seria riflessione: può una politica marginale come quella calabrese determinare i mutamenti necessari a far uscire la Calabria dalla marginalità? Purtroppo la risposta – alle condizioni date – è negativa».

«Non credo – ha detto ancora – che gli attuali assetti della politica calabrese siano idonei alla sfida che è davanti a noi. Non credo che gli attuali rappresentanti istituzionali, fatte le debite eccezioni, siano in grado di fare un granché. Né è servita, o potrebbe servire a qualcosa, l’azione impalpabile del giovane Ministro per il Sud che nonostante i ripetuti annunci di interventi per lo sviluppo del Mezzogiorno ha sempre riscontrato la propria assoluta inconsistenza all’interno dell’esecutivo».

«L’unica vera speranza – ha concluso – è quella di un rinnovamento davvero concreto. Che i partiti, in un sussulto di responsabilità, in vista delle prossime elezioni regionali facciano scelte di qualità puntando sulle donne e gli uomini migliori, scegliendo sulla base delle competenze e non sui bacini elettorali più o meno ampi o più o meno clientelari. L’alternativa è una condanna perenne alla marginalità, alla rassegnazione, alla recriminazione delle tante occasioni perse. Ma il tempo per dare una risposta sta per scadere». (rrm)