PRIMARIE: GRILLINI NEL CAOS, PD CONFUSO
E NESSUNO PENSA AL VOTO DEI FUORISEDE

di SANTO STRATI – Non si sa ancora la data esatta del voto per il Consiglio regionale: a spanne mancano quattro mesi e più e l’incertezza regna sovrana, con continui colpi di scena di chi cerca, a tutti i costi, qualcosa che possa garantire visibilità. L’argomento del giorno primarie sì-no che sembrerebbe mettere d’accordo almeno i democratici, con la benedizione della “papessa” pentastellata Danila Nesci, in realtà non entusiasma i cittadini, sconfortati, per non dire sconcertati da queste baruffe da cortile che poco hanno a che vedere con la politica d’un tempo. Manca, si sa, una classe dirigente che capisca di politica e la sappia applicare, nel solco di rispettabilissimi predecessori: c’è una costante di improvvisazione e di instabilità che caratterizza, in maniera trasversale, tutti i partiti politici impegnati in questa tornata elettorale. Tutti, nessuno escluso.

Basta cominciare dal centro-destra, dove c’è un candidato di tutto rispetto, il forzista Roberto Occhiuto, che il partito di Berlusconi ha chiaramente designato e indicato come migliore opzione per vincere le elezioni. L’attuale capogruppo di Forza Italia alla Camera, in effetti, potrebbe vincere a piene mani, data la confusione sovrana che regna a sinistra, ma gli altri componenti della coalizione che amano perdere facile stanno facendo di tutto per creare ulteriore disordine. Non si spiega diversamente la necessità di rimettere in discussione il candidato di Forza Italia (secondo i vecchi accordi toccherebbe ai forzisti la poltrona di governatore in Calabria) portando avanti la “disponibilità” dell’inossidabile Wanda Ferro (che ha sempre voglia di riscattare la solenne sconfitta del 2014 contro Oliverio) e dell’attuale facente funzioni Nino Spirlì, che – diciamolo chiaro – ci ha preso gusto a fare il Presidente e amerebbe continuare, sperando nella benedizione di Matteo Salvini. Questo lo scenario prossismo venturo, nel caso in cui si verifichino situazioni complesse per le prossime amministrative di città “pesanti” come Roma e Milano, dove i candidati di centrodestra continuano a recitare un rosario di no che dà il senso della chiarezza di idee che sta alla base dei capi politici. Salvini deve difendersi dall’avanzata, apparentemente inarrestabile dei Fratelli di Giorgia e la stessa Meloni già s’immagina prossima inquilina di Palazzo Chigi.

Se Atene piange, Sparta non ride: se nel centro destra, con la vittoria praticamente in tasca di Roberto Occhiuto, stanno lambiccandosi a individuare il sistema migliore per perdere, il centro-sinistra è assediato da Luigi De Magistris e liste civiche collegate. L’attuale sindaco di Napoli che punta a fare il Governatore (con evidenti scarse probabilità di successo se gli mancano i voti dei dem, della sinistra e del centro), respinge “inorridito” l’idea delle primarie (che non vincerebbe, ovviamente) e insiste col fuoco amico nei confronti dei potenziali alleati nella “guerra” alla destra. La riconferma del patto con Tansi (almeno fino a nuovo ordine) non fa che complicare una situazione assai gravosa per i i dem che spingono (senza molta convinzione) sulla candidatura di Nicola Irto e immaginano di poter offrire un tandem a De Magistris (la vicepresidenza della Regione?) in cambio del ritiro della lista. Il che sarebbe, alfine, la soluzione più logica e più intelligente a una questione assai complicata. De Magistris è alla ricerca di una “occupazione” politica e bisognerà vedere se la lusinga di una vicepresidenza potrebbe sovrastare l’aspirazione a un probabile seggio di consigliere di minoranza. Questa ipotesi (la politica – ricordiamocelo – è l’arte del possibile e dell’impossibile) significherebbe una rottura clamorosa con Tansi e con l’amico Mimmo Lucano che ha già pronta la sua lista di sostegno a DeMa.

Nè va sottovalutata la guerra interna che sta crescendo dentro i grillini: Dalila Nesci si è, nuovamnente, detta disposta “al sacrificio” (come aveva detto per le passate elezioni, prima di essere “cancellata” bruscamente dal Movimento 5 Stelle), ovvero pronta a candidarsi per la Presidenza, anzi alle primarie proposte dai dem, sparigliando totalmente una situazione regionale già convulsa di suo. La Nesci ha un ruolo prestigioso in questo momento (sottosegretaria al Sud e alla Coesione territoriale): chi glielo fa fare? Lei – con convinzione – si sente obbligata nei confronti della Calabria, («L’esperienza del M5s ha dimostrato plasticamente che per cominciare a scardinare “sistemi” e quindi avere idee su come riformarli, l’azione di testimonianza non basta. Bisogna prendersi l’onere di Governare»). ma sa già che i vertici pentastellati le opporranno un nuovo inflessibile stop. Ma quali vertici? Il Movimento è in via di dissoluzione, con la nuova realtà politica che il presidente della Commissione Antimafia Nicola Morra e l’ex ministra per il Sud Barbara Lezzi, stanno preparando, invocando «spirito solidaristico e francescano, dove non ci siano cani pastori ma persone che credono nell’intelligenza collettiva» (dice Morra). E i deputati di Alternativa c’è? E soprattutto l’ex premier Giuseppe Conte che ogni giorno fa due passi avanti e tre indietro nel suo tentativo di nuova “composizione” del Movimento?

Chi sarà disposto a occuparsi della sempre più scomoda Calabria, dove i problemi crescono in misura proporzionale all’impossibilità di individuare soluzioni? C’è il Movimento 5 Stelle che predica contro il Ponte, ma il suo sottosegretario Cancellieri è diventato un entusiasta fan. Forse sarebbe il caso di fermarsi un momento e riflettere. E ricordarsi che, quello che conta, in qualsiasi elezione sono i numeri. Se non ci sono non si fa nulla: il consenso non si conquista con promesse e impegni (che già si sa di non poter rispettare), ma con programmi. E ancora stiamo aspettando, in tanti, di poterne leggere qualcuno. Programmi, con numeri reali, individuazione e utilizzo delle risorse, non il solito libro dei sogni che i politici provano a illustrare con grande convinzione.

E a proposito di numeri, c’è una questione che i più sembra non abbiano alcuna voglia di affrontare: il Collettivo Valarioti ha espresso la necessità di permettere agli studenti fuorisede di poter votare per posta. Il suggerimento – allargato a tutti i fuori sede, inclusi i lavoratori – è diventato una proposta di legge che potrebbe avere un iter veloce. E sarebbe una cosa adeguata e giusta. I calabresi iscritti all’Aire (che è l’anagrafe degli italiani residenti all’estero) si calcola sono oltre il 20%, il che significa che alla massa di astensioni che si registra ad ogni elezione andrebbe sottratto almeno un 15% di elettori che sono forzatamente astenuti (ovvero non hanno le disponibilità economiche per venire a votare, o hanno altre difficoltà logistiche). Se si permettesse l’utilizzo del voto per corrispondenza lo scenario sarebbe completamente differente. Ma a qualcuno potrebbe fare paura. Questo impegno dovrebbe essere al primo posto per chi vuol concorrere a guidare la Regione: tra voto di genere e voto per corrispondenza (se passasse nei tempi giusto la legge) potremmo registrare qualche sorpresa. E la Calabria ne avrebbe proprio bisogno. (s)

Torna la “pace” tra De Magistris e Tansi. Forse, ma l’intesa rischia di scricchiolare

di SANTO STRATI – Per mettere a tacere le tante voci che parlavano di imminente rottura dell’intesa, il sindaco di Napoli Luigi De Magistris, candidato governatore della Calabria con una lista civica di sinistra, e Carlo Tansi, alla guida di Tesoro della Calabria una lista che vuole conquistare spazio vitale alla Cittadella di Germaneto, hanno diffuso una foto e un comunicato relativo a un incontro di “pacificazione”. Per la verità, entrambi hanno smentito screzi e dissapori, ribadendo la volontà di un comune percorso che conferma «la profonda convergenza, di programma e di intenti che rendono la nostra coalizione l’unica vera alternativa per il cambiamento in Calabria. Stiamo costruendo – si legge nella nota – una bella storia con le donne e gli uomini di questa meravigliosa Terra, che vogliono stare dalla parte giusta».

Si tratta di capire cosa succederà in casa dem, dove l’attuale unico candidato – Nicola Irto – continua a non trovare il sostegno univoco di cui ha bisogno per fronteggiare la coalizione avversaria che ha scelto Roberto Occhiuto con un consenso prevedibilmente alto e ottime chances di vittoria. Di sicuro, se i dem (magari con l’appoggio dei cinquestelle) e Movimento arancione di De Magistris corrono separati, la vittoria della destra sarà a tavolino: nessuna delle due coalizioni di sinistra mostra di essere in grado di raccogliere il consenso necessario per sbaragliare il centro-destra. L’alternativa è che uno dei due faccia un passo indietro, cosa che appare, allo stato, pressoché impossibile: Irto raccoglie il “vecchio” e il nuovo e ritirare la sua candidatura significherebbe attestare l’incapacità di ripresa del partito democratico in una regione commissariata da anni; De Magistris, dal canto suo, ha lanciato una sfida che continua a mietere consensi a corrente alternata, giocando soprattutto sull’entusiasmo di protagonisti che conoscono bene il territorio (per esempio, il sindaco di Cinquefrondi Michele Conia), però i numeri non gli danno alcuna speranza di successo pieno, correndo in solitaria.

A questo punto, appena cominceranno a circolare in via riservata i primi sondaggi regionali, quasi certamente sarà De Magistris a fare una valutazione odiosa ma necessaria: è meglio conquistare una o più poltrone in Consiglio regionale, finendo a ingrossare una minoranza litigiosa e senza futuro, oppure scegliere la via maestra della politica, ossia il compromesso. Anche a rischio di vanificare le tante belle dichiarazioni di autonomia e indipendenza.

In altri termini si porrà il problema se divorziare da Tansi e accettare una posizione blindata (vicepresidente?) garantita da dem e cinquestelle (in caso di vittoria, ovviamente) o rischiare il tutto per tutto per conquistare (a fatica) un seggio che, nel caso di DeMa, rappresenterà un allettante “posto di lavoro” per un disoccupato di lusso. Certo, non va trascurata l’assoluta chiusura di buona parte dei dem calabresi nei confronti dell’ex magistrato e futuro ex sindaco di Napoli.

La competenza e l’esperienza di due mandati nell’amministrazione di una città difficile come Napoli non può essere gettata alle ortiche in nome della coerenza a tutti i costi. Soprattutto se si pensa che Carlo Tansi è il convitato di pietra di questa competizione elettorale e non manca, quotidianamente, di mettere a disagio l’intesa con De Magistris, con uscite populiste e anticasta che, contrariamente a quello che pensa, non infiammano gli animi e anzi alimentano il fuoco (pericoloso) dell’antipolitica. Insistere sul Put (partito unico della torta) rischia di allontanare gli elettori non di convincerli ad andare al voto. Ma questo, a quanto sembra, nessuno glielo dice. (s)

Roberto Occhiuto nominato capogruppo di Forza Italia alla Camera

Prestigioso incarico per il deputato calabrese Roberto Occhiuto, che è stato nominato capogruppo di Forza Italia alla Camera dei Deputati.

«Ringrazio il presidente Silvio Berlusconi e i deputati di Forza Italia per avermi scelto come Capogruppo» ha scritto su Fb Occhiuto.

«Plaudo alla nomina di Roberto Occhiuto come capogruppo di Forza Italia alla Camera dei deputati. A lui i miei più cari auguri di buon lavoro, nella consapevolezza che saprà interpretare tutte le istanze della politica vera» ha dichiarato il consigliere regionale Antonio De Caprio.

«Con Roberto Occhiuto – ha proseguito a il consigliere regionale di Forza Italia – ne sono sicuro, il partito saprà dare, ancora di più, valore a quel tipo di politica che parte dall’ascolto dei territori alla vicinanza alla gente, dalla valorizzazione di quelle progettualità che meritano di essere messe in evidenza alla responsabilità che gli incarichi istituzionali portano con se».

«Il traguardo, raggiunto dall’onorevole Occhiuto – ha spiegato De Caprio – rappresenta un riconoscimento al buon lavoro fatto da Forza Italia in Calabria. Il suo bagaglio umano e, soprattutto, politico e istituzionale, saranno da insegnamento per chi vive la politica come missione e impegno». (rrm)

NICOLA IRTO DICE SÍ ALLA PROPOSTA DEM
MA CHIEDE DI AZZERARE LE CANDIDATURE

di SANTO STRATI – È un sì convinto, ma insieme sofferto, quello dell’ex Presidente del Consiglio regionale Nicola Irto (oggi alla vicepresidenza) alle tante sollecitazioni pervenute dopo l’ “investitura” ricevuta lo scorso 8 febbraio a Lamezia Terme: accetta di correre a Presidente della Regione per il centro sinistra. Badate bene, per il centrosinistra, non solo per il PD. Irto ha ben chiara la situazione e non fa questione di nomi ma di progetto politico: gli errori del passato (Pippo Callipo, per essere chiari) devono servire da monito per evitare di rifare un capitombolo con esiti disastrosi. Ovviamente, se si parla di progetto politico del centrosinistra non si può far finta di non vedere che Luigi De Magistris sta facendo un’intensa campagna elettorale con l’obiettivo di essere il candidato unico della sinistra, supportato dai movimenti civici e, possibilmente, da buona parte dei dem e di quel che rimane dei grillini.

Irto, però, per quanto giovane e candidamente “inesperto” dei vecchi giochi della politica non può essere considerato uno sprovveduto: anzi con il comunicato diffuso ieri sera dimostra di avere idee ben precise e pone precise condizioni. «Ragioni di carattere privato, e non certamente di furbizia o calcolo di natura politica – ha dichiarato –, mi hanno spinto a chiedere al mio partito qualche giorno di tempo prima di far mia la proposta, avanzata ufficialmente dal Pd, di candidarmi alle prossime elezioni come Presidente della Regione Calabria, in uno schieramento che non potrà che scegliere con nettezza l’intero mondo calabrese del centrosinistra e, se possibile e con ancor più nettezza, l’Europa con tutti i suoi vantaggi e tutte le sue spinte rinnovatrici.

«Oggi, che ho potuto meglio verificarlo, ho scoperto di essere stato nei giorni scorsi raggiunto da sollecitazioni pressanti di ogni tipo, provenienti da un’ampia fascia della Calabria, quella che punta a un cambiamento reale. Una pioggia di messaggi e sollecitazioni di amministratori locali, professionisti, esponenti del mondo intellettuale, militanti del mondo sindacale, rappresentanti delle associazioni di categoria, miei vecchi amici dell’università e del volontariato, impegnati su fronti delicati che aspettano risposte.
«Sanno tutti che non ho mai chiesto niente alla politica e forse proprio per questo sono stato oggetto di richieste sempre più massicce d’impegno alle quali non mi sono mai sottratto. Neanche in questa occasione ho chiesto nulla. La politica e la disponibilità a servire i calabresi sono le mie passioni. Verrà un momento in cui non ce ne sarà più bisogno e tornerò alle mie attività private e al mio lavoro. Intanto, come sempre, oggi mi rimetto al servizio del partito di cui faccio parte e del collettivo, aperto e ampio, dentro cui mi sono sempre collocato, alla pari con tutti gli altri. Donne e uomini assieme a cui abbiamo sognato e continuiamo a sognare una Calabria migliore, capace di affrontare e sciogliere le sue stridenti contraddizioni, allentando da subito la nostra situazione sociale e facendo crescere pari e reali opportunità per tutte e tutti, a cominciare dalle nuove generazioni.
«La mia risposta alle richieste è sì. Sono disponibile a guidare una coalizione riformista allargata, capace di cambiare la Calabria. Sono convinto che si costruirà uno schieramento adatto a vincere le prossime elezioni regionali. Uno schieramento riformista chiaro, idoneo a tenere insieme il mondo politico, civico e culturale del centro e della sinistra, di tutti i democratici ed europeisti. Però, siccome il mio sì non è dettato da egoismi e da interessi personali, sono personalmente disponibile, senza riserva alcuna, ad un azzeramento totale di tutte le candidature che possono dividere il centrosinistra, purché dentro un rigido progetto riformista e senza accordi che prevedano spartizioni di poltrone e di prebende. Ma bisogna essere chiari. Il voto, al di là delle incertezze imposte dal virus, è alle porte. I tempi per avere un rapporto politico reale e diffuso coi  calabresi sono ristrettissimi».
E qui la richiesta – apprezzabilissima – di Irto: «Se si azzereranno entro 48 ore tutte le autocandidature fin qui emerse nell’ambito del mondo del centrosinistra e si configurerà una soluzione unitaria e definitiva, chiederò io stesso per primo al mio partito di sospendere, e dopo, se necessario, di cancellare la mia candidatura a presidente. Se, invece, passato questo tempo il mio appello dovesse cadere nel vuoto e non verrà accettato, diventerà chiaro che c’è chi gioca a ridurre ancor di più il tempo necessario allo svolgimento di una proficua campagna elettorale. Ma è nostro dovere, per il bene della Calabria, uscire da queste sabbie mobili e andare avanti per dare un governo riformista e di cambiamento alla nostra regione, per vincere e bloccare la destra. Io sarò in prima linea, con tutto me stesso, per respingere con forza e determinazione qualsiasi tipo di populismo che rischia di isolare la Calabria negli anni decisivi per il futuro del Paese e lavorerò per l’affermazione di una regione che crei opportunità e solidarietà per tutti, che valorizzi donne e giovani, che si liberi dalla povertà, dalla ‘ndrangheta e da ogni tipo di illegalità».
Cosa vuol dire Irto? Che la frammentazione che si sta prospettando tra dem, cinquestelle, sinistra alternativa e movimenti civici non può portare a niente di buono. Occorre – secondo Irto – ripartire da zero e individuare il progetto politico di respiro progressista e riformista su cui far convergere l’attenzione non solo del popolo della sinistra, ma degli elettori, quelli più disorientati, quelli delusi dalla politica, che cercano soluzioni e proposte degne di considerazione. De Magistris è convinto di poter andare avanti da solo, l’ing. Domenico Gattuso del Movimento 10 Idee per la Calabria, ha lanciato, da parte sua, la proposta di azzerare tutto e puntare su una figura “esterna”  in grado di cogliere consensi tra le tante anime della sinistra, Anna Falcone, e i movimenti civici (tipo quello di Pino Aprile) credono di poter scuotere l’elettorato, ma bisogna aprire gli occhi e fare i conti con la realtà dei numeri. Quello che sta facendo l’ex presidente del Consiglio regionale.
Ragioniamo per un attimo: il centrodestra si presenta coeso (la Lega, dopo la risibile proposta di Matteo Salvini di candidare Nino Spirlì a governatore per dare continuità alla Presidenza, appoggerà Roberto Occhiuto e anche Fratelli d’Italia e le altre forze di destra sono propensi a deporre l’ascia di guerra e fare battaglia comune. Di fronte a questo blocco, è evidente che il centrosinistra deve giocare carte importanti e tessere alleanze anche non gradite.
De Magistris e Tansi, per male che vada, il loro posto in Consiglio regionale ce l’hanno assicurato, ovviamente come consiglieri di minoranza. Ma, se per ipotesi, De Magistris dimenticasse l’opzione che il Pd possa essere costretto a votarlo pur di battere la destra, rinunciando a un proprio candidato, forse potrebbe osservare che c’è un orizzonte diverso. Dove un’intesa, previo azzeramento delle attuali candidature degli arancioni sbandierate ad ogni dove, su un candidato unico autorevole e apprezzabile del centro sinistra, su cui far convergere i consensi dei movimenti civici, potrebbe non solo confermare il posto in Consiglio regionale, ma addirittura (in caso di vittoria) un posto di governo.
È fin troppo evidente che l’intesa raggiunta nelle scorse settimane tra Tansi e De Magistris è figlia della constatazione per l’ex capo della Protezione civile che non ha i numeri per imporre – come aveva sperato – la sua candidatura a Presidente. E  la promessa di avere la Presidenza del Consiglio è puro fumo negli occhi, perché comunque, anche se risultasse presidente De Magistris, non gli competerebbe come nomina, che com’è noto viene espressa dall’assemblea. Da qui la primazia del sindaco di Napoli a puntare su Germaneto, ma non ha i numeri e non è detto che, obtorto collo, i dem siano disposti al suicidio politico e gli riconoscano il ruolo dell’unico condottiero in grado di portare il centrosinistra alla vittoria. De Magistris dovrebbe, allora, fermarsi un attimo a riflettere: se insiste a voler guidare la coalizione (che in atto non esiste) il massimo cui può aspirare è un seggio in Consiglio, all’opposizione; se invece, ingoia il rospo, e si mette a disposizione di un altro leader (ovviamente condiviso) del centrosinistra ha buone aspettative di entrare nel governo regionale. Tutto questo, Irto non lo può, per ovvie ragioni, dire, ma il senso della sua proposta sottintende proprio questo. Riuscirà De Magistris a convincersi che avrebbe tutto da guadagnare a fare il gregario? Ci sono 48 ore per decidere. (s)

REGIONE, BERLUSCONI SVELA IL CANDIDATO
FORZA ITALIA SCEGLIE ROBERTO OCCHIUTO

di SANTO STRATI – Mentre prende sempre più piede la probabile nomina a sottosegretario del forzista Roberto Occhiuto, il presidente Silvio Berlusconi gli rinnova la sua fiducia, prima designandolo come capogruppo vicario a Montecitorio, poi annunciando che è il candidato ufficiale di Forza Italia per la poltrona di Governatore della Calabria. Da tempo era stato indicato il nome del più giovane dei fratelli Occhiuto (Mario è l’attuale sindaco di Cosenza) come candidato ideale per Germaneto e, soprattutto, per guidare le truppe azzurre verso una vittoria quasi scontata delle destra. Quasi scontata perché non è ancora chiaro il disegno politico della sinistra che giocando per perdere facile.

I due “ragazzi irresistibili” Luigi De Magistris e Carlo Tansi hanno trovato l’intesa giusta per affrontare la contesa elettorale senza beccarsi a vicenda, sottraendo consenso l’uno all’altro: il sindaco di Napoli è il candidato presidente a capo della coalizione “arancione”, Tansi farà il capolista del suo movimento Tesoro di Calabria: uniti e con l’appoggio delle altre forze di sinistra costituiscono un’interessante base di confronto con il centrodestra, ma se viene a mancare loro l’apporto di cinquestelle e dem, potranno al massimo spuntare un paio di consiglieri regionali. Il che, tutto sommato sarebbe comunque un buon risultato per entrambi: De Magistris dal 9 giugno è ufficialmente “disoccupato” e Tansi vuole la rivincita sulle passate consultazioni.

Com’è noto, il Partito Democratico (in Calabria) ha indicato Nicola Irto, l’ex Presidente del Consiglio regionale, oggi vice, il quale pur ringraziando della designazione, mantiene ancora intatta la sua riserva. E ne ha ben ragione: l’ipotesi di tentare un accrocco per la Regione sul modello del fu governo Conte 2 (cinquestelle e dem insieme) sta trovando ostacoli seri, soprattutto in casa grillina e appare difficile immaginare, anche in presenza della più che certa spaccatura del Movimento, di trovare i voti necessario per portare a casa un risultato positivo. De Magistris da un lato (con la tentazione pentastellata di appoggiarlo senza presentare una lista propria) e i dem dall”altro significano solamente dispersione di voti e vittoria servita a tavolino al centro destra. A questo punto l’alternativa possibile per i dem è fare coalizione (accantonando il giustificato maldipancia di qualche politico calabrese) proprio con gli arancioni, al solo fine di non permettere alla triade Forza Italia-Lega-Fratelli d’Italia di riprendersi la Cittadella di Germaneto. Proprio domani sarà un anno esatto che la compianta Jole Santelli prendeva possesso di Germaneto, ma l’eredità della governatrice, scemati l’eco mediatica e l’effetto psicologico della commozione che avrebbero aiutato il centro-destra nella riconquista del potere se si fosse votato subito, è fin troppo modesta per garantire una vittoria certa. Una lezione l’hanno, però, imparata al centro-destra: se uniti rappresentano una forza temibile, ma non invincibile, quindi una qualsiasi debolezza potrebbe rivelarsi letale. Così, il ritardo nell’annuncio del candidato di centro-destra stava cominciando a impensierire il popolo che non vota a sinistra: tra disorientamento e perplessità, fin troppo facile la tentazione di non andare proprio alle urne, con le immaginabili conseguenze, tutta a favore della parte avversaria.

I movimenti civici avrebbero, obiettivamente, la possibilità – se convincono dem e cinquestelle – di ottenere un risultato sorprendente, considerato il consenso di molti gruppi affascinati dall’esperienza di sganciamento dai partiti tradizionali. il Movimento 10 idee per la Calabria, per esempio, che alle passate elezioni sosteneva Pippo Callipo, ma non riuscì neanche a raccogliere le firme necessarie per presentare una propria lista, ha lanciato la proposta di unire «le forze sane per fermare la destra e la Lega».

«Nella scorsa tornata delle elezioni in Calabria – si legge in un documento – le forze in campo che si opponevano al Centrodestra si sono presentate divise, con tre candidati Presidenti diversi e alternativi; purtroppo  si è visto come è andata, con una vittoria della destra peggiore. E con il 15% di elettori che non hanno potuto vedere eletto neppure un consigliere (Liste Tansi e Aiello sotto la soglia dell’8%). È sempre difficile fare la storia con i se, ma se in quell’occasione si fosse andati uniti, la somma dei consensi di tutte le forze che si opponevano al Centrodestra, avrebbe consentito, forse, di competere per la vittoria, soprattutto con il concorso di molti elettori tradizionali del Centrosinistra che, in previsione di una sconfitta annunciata, hanno rinunciato al voto, aumentando oltremisura la percentuale degli astenuti (55,7%). Oggi, ancora una volta, la storia sembra ripetersi e, pur in assenza di una data certissima per lo svolgimento delle elezioni, ci si appresta a marciare divisi, con poche o nulle possibilità di vittoria di una delle singole componenti, ancorché in presenza di una coalizione di destra che, questa volta, appare mena vigorosa rispetto alle precedenti elezioni». E allora, dice Domenico Gattuso leader del Movimento 10 idee, «azzeriamo tutto, ritirando ogni candidatura velleitariamente avanzata» e ripartiamo con «la costruzione unitaria di un Progetto politico solido, di un Programma di governo essenziale e condiviso». E con quale candidato? Gattuso ha un’idea al femminile e propone Anna Falcone, avvocata calabrese che vive a Roma, molto vicina a De Magistris. Ma la diretta interessata, lusingata ma già invitata a sua volta dal sindaco di Napoli a mettersi in lista con lui,  metterebbe in discussione la stima (reciproca) che c’è con De Magistris? Anche nel civismo non mancano dunque tentazioni di attrito a proposito di leader che si autonominano, senza ascoltare il territorio.

Per questo, l’annuncio in prima persona di Berlusconi sottintende l’esigenza di eliminare dubbi a sinistra sulla compattezza del centro-destra. Occhiuto ha le carte in regola e ha più volte mostrato, nei suoi interventi a Montecitorio, di avere a cuore le sorti della Calabria: per esempio, nel dibattito sul Recovery Plan ha vivacemente contestato la prima bozza del documento varato dal Governo Conte, ma sul suo nome dovranno esprimersi Salvini e la Meloni per ufficializzare la candidatura e avviare la campagna elettorale calabrese che si preannuncia ricca di colpi di scena.

Prima che Berlusconi, lo scorso anno, decidesse di candidare la Santelli, Roberto Occhiuto sembrava l’opzione più adeguata dopo l’obbligata rinuncia del fratello Mario, ma il fuoco amico cosentino, guidato dall’ex senatore Piero Aiello e da Pino Gentile, ha avuto la meglio. Si ripeterà lo stesso copione?  E soprattutto una candidatura lanciata qualche giorno prima delle nomine di sottogoverno (viceministri e sottosegretari) non nasconde una strategia (in casa forzista) per togliere di mezzo un candidato fin troppo ideale? L’Ordine britannico della Giarrettiera ha come motto “honi soit qui mal y pense” e Andreotti l’aveva tradotto e adattato a sua misura: a pensar male si fa peccato, ma spesso ci s’azzecca. Parole sante, date le circostanze. (s)

 

REGIONALI, CERCANSI AVVERSARI POLITICI
ASTENERSI PERDITEMPO E INQUALIFICATI

di SANTO STRATI – La conferenza stampa indetta per oggi pomeriggio da Carlo Tansi e Luigi De Magistris a Cosenza, dove con buona probabilità saranno definiti i ruoli (De Magistris presidente, Tansi vice e assessore all’Ambiente?), mette in evidenza in modo preciso il vuoto di candidature che si registra per le prossime elezioni regionali. Oddio, non è che manchino i nomi che circolano in lungo e largo, da destra a sinistra, ma di fatto, a circa 60 giorni dalla data dell’11 aprile, ci sono solo due candidati che ufficialmente si sono fatti avanti, l’ex capo della Protezione civile calabrese e l’attuale sindaco di Napoli. Che, poi, realtà, la candidatura a governatore sarà una sola, sempre che Carlo Tansi accetti di fare il gregario e non il leader.

Le consultazioni previste con l’ordinanza del presidente ff Nino Spirlì per l’11 aprile, per la verità, saranno quasi certamente spostate, causa covid, al 9 giugno, giorno già individuato dal Governo come election-day (si rinnovano i Consigli comunali di Roma, Milano, Napoli e di altri centri piccoli e medi), quindi c’è, in buona sostanza, ancora tempo per definire alleanze e coalizioni. Anzi, c’è il tempo di aggiustare strategie e scenari, con la soluzione della crisi di governo.

Sul rinvio delle elezioni, ignorando che l’emergenza proclamata dal Governo vale fino al 30 aprile e quindi non permetterebbe il voto la domenica successiva a Pasqua, il presidente ff si è arrabbiato con un giornalista di LacNews24 (Riccardo Tripepi) il quale aveva scritto che Spirlì «preme per ottenere un nuovo rinvio» delle elezioni regionali. La reazione di Spirlì è stata pressoché immediata con una nota fatta diffondere dall’Ufficio stampa regionale: «Si tratta – si legge nel documento –, invero, di una ricostruzione priva di qualsiasi fondamento, frutto di una interpretazione personale a dir poco fantasiosa. Le elezioni sono state da me indette per il prossimo 11 aprile e, per quanto mi riguarda, non esistono alternative o ipotesi di rinvio, anche in considerazione del fatto che il presidente di Regione, in questa fase, non ha il potere per spostare ulteriormente in avanti la data delle consultazioni; né si capisce rispetto a quale istituzione avrei la facoltà di fare pressioni per posticipare il voto. Il giornalista svolge un mestiere importante quanto difficile: chi si pone l’obiettivo di informare l’opinione pubblica dovrebbe perciò agire con grande scrupolo e permettere ai lettori di capire la differenza tra fatti e opinioni personali senza riscontri». Una reazione spropositata e, probabilmente, evitabile quanto inutile.

Ma il problema non è quando si vota, bensì chi sono i candidati a governatore. È evidente che la soluzione della crisi di governo con un nuovo esecutivo “istituzionale” con l’appoggio (diretto, esterno, etc) di tutti, (ad esclusione, per ora, della sola Giorgia Meloni che ne fa una questione di forma e non di sostanza nella persona di Draghi) avrà seri riflessi sugli scenari futuri della competizione elettorale calabrese. Soprattutto nell’ottica di una alleanza grillini-dem sulla falsariga del governo appena concluso.

Come prevedibile, si fanno nomi, ma non si presentano programmi, il che è significativo del totale disorientamento che si va a provocare negli elettori: l’esperienza del 26 gennaio dello scorso anno non ha insegnato nulla: viaggiare disuniti provoca danni e sicuri insuccessi e puntare su outsider (vedi il caso Callipo) può portare a disastri pre e post-elezioni (Callipo, ricordiamolo, abbandonò il Consiglio regionale dopo le prime sedute). Il discorso vale sia a destra sia a sinistra.

A destra c’è un gran fermento e il deputato azzurro Francesco Cannizzaro, reduce del nuovo colpaccio da 15 milioni con l’emendamento dell’ultimo minuto sulla legge finanziaria a favore del Porto di Reggio, è rilassato, quanto dubbioso, pur contando nella provincia reggina su una solida base di consensi. Non escludendo, alla fine, una sua diretta scesa in campo, deve individuare una soluzione, d’intesa col coordinatore regionale – che di fatto non c’è – che riesca a costituire una coalizione coesa e fortemente convinta di poter vincere (come appare sulla carta). I candidati ideali sono l’attuale assessore regionale all’Agricoltura e al Welfare Gianluca Gallo, il deputato Roberto Occhiuto (attuale vice coordinatore vicario di Forza Italia alla Camera, la sindaca di Vibo Valentia Maria Limardo. Tre belle figure “istituzionali” che però al di fuori della propria provincia nessuno conosce. Per accordi pregressi, il governatore della Calabria spetta a Forza Italia, ma la politica nazionale potrebbe riservare sorprese… E rispunta il nome di Wanda Ferro, ma l’ipotesi di riproporre la candidata sconfitta da Oliverio nel 2014, deputata di Fratelli d’Italia, non trova grandi entusiasmi nel centro-destra e la posizione intransigente della Meloni contro il governo Draghi non sarebbe certo d’aiuto.

Di contro, quelli messi peggio sono i dem. I quali un candidato valido e prevedibilmente di buona affermazione ce l’avrebbero (Nicola Irto, ex presidente del Consiglio regionale e attuale uno dei vicepresidenti) ma, a quanto sembra, non trova l’adeguata accoglienza al Nazareno. Non dimentichiamo che il Partito democratico è commissariato da un paio di anni e continua a mostrare inconciliabili posizioni divisive: basti vedere cosa è successo alle elezioni comunali di Crotone dove non era presente neanche il simbolo. La verità è che non c’è un partito, ma tante anime divise che, perché da quanto sembra i compagni amano farsi male da soli. C’è, inoltre, da considerare la posizione dell’ex Mario Oliverio (che non si candida ma non sarà semplice spettatore) e la tentazione di Antonio Viscomi (già vicepresidente con Oliverio e attualmente deputato) che non esclude una sua scesa in campo. Il problema è che se i cinquestelle vanno a supporto del civismo proposto dai “ragazzi irresistibili” (Tansi&De Magistris), il Pd con chi fa accordi? Da soli i dem non vanno da nessuna parte e, c’è la seria possibilità che, nell’incapacità di esprimere una personalità di rilievo, ripieghino (almeno una buona parte) a sostenere la lista civica arancione di Tansi-De Magistris. Un suicidio politico, siamo d’accordo, ma resterebbe l’unica chance per fermare il bis del centrodestra a Germaneto. (s)

 

CAMERA, ROBERTO OCCHIUTO ATTACCA:
«CONTE HA DIMENTICATO LA CALABRIA»

di SANTO STRATI – Comunque vada oggi in Senato (ma il Governo si salva, tranquilli) il premier Giuseppe Conte già da domani non potrà non tenere conto che il suo è un Governo raccogliticcio che se soddisfa, almeno in parte, le esigenze dei parlamentari che temono la fine anticipata della legislatura, dall’altra parte non tiene minimamente conto delle istanze dei cittadini: imprenditori, esercenti, professionisti, etc. Un Governo cui manca la stabilità e che si salva solo grazie alla “disponibilità” (da ricompensare a tempo dovuto) dei cosiddetti responsabili “costruttori”  che un tempo sarebbero stati impietosamente appellati con dil marchio infamante di voltagabbana. E che non può dipendere dalla “collaborazione” di pochi (in)volontari salvatori della legislatura.

La politica d’improvvisazione avviata sin dall’inizio della pandemia, purtroppo, continua a mostrare tutti i suoi limiti anche e soprattutto con il Recovery Plan. Hanno cominciato a lavorarci il 7 dicembre e i vari scervellamenti hanno partorito un mostro di incongruenze che, probabilmente, l’Europa rigetterà per assenza di progetti e di programmazione. Un Recovery Plan che si è dimenticato del Mezzogiorno e più assai della Calabria. Ha un bel dichiarare il presidente Conte che «se guardiamo al Recovery Plan, stiamo concentrando investimenti al Sud, secondo alcune stime, per circa il 50%. In qualche intervento – ha detto nella replica – si citava lo scarso interesse per la Calabria, ma ci sono 2,3 miliardi solo per le infrastrutture in Calabria».

Ci permettiamo di dissentire, perché nella bozza fatta circolare del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) ci sono tre citazioni di una riga ciascuna che riguardano l’adeguamento della ferrovia Salerno-Reggio, dove appunto sono le uniche volte in cui appare la parola Calabria (perché legata a Reggio). Quindi, nonostante le rassicurazioni della sottosegretaria pentastellata Anna Laura Orrico e la manifesta contentezza (ma di che?) della deputata dem Enza Bruno Bossio, non troviamo traccia di questi fantomatici 2,3 miliardi, che, in ogni caso, sarebbero comunque una miseria.

Nel teatrino della politica del Governo e la patetica autodifesa di Conte (forte del fatto che non si può andare alle urne, causa covid e che il governo non può, per questo stesso motivo, cadere), per fortuna emerge un deputato calabrese che gliele canta, senza giri di parole e senza eufemismi. Il cosentino Roberto Occhiuto, vicecapogruppo di Forza Italia, si prende carico della difesa di tutto il Sud, vilipeso e dimenticato, e attacca a fronte alta, con convinzione e serietà. Si può non condividere la sua appartenenza partitica, ma per onestà intellettuale gli va riconosciuto che il suo è un discorso coraggioso, che prende davvero le ragioni della Calabria, del Mezzogiorno, per accusare l’inezia e l’ignavia di questo Esecutivo.

«Presidente Conte – ha aperto il suo intervento l’on. Occhiuto –, lei si è presentato qui, oggi, e ha chiesto ai parlamentari, evidentemente ai parlamentari che non sostengono il suo Governo, di aiutarla. Noi di Forza Italia le diciamo subito che noi aiuteremo il Paese, ma non il suo Governo! E lo ha detto con un certo imbarazzo, con l’imbarazzo di chi, come lei, siccome non le difetta l’intelligenza, non le difetta la capacità di comprendere quello che gli italiani pensano, avverte che c’è un distacco abissale tra quelle che sono le attività nelle quali è impegnato in questi giorni il suo Governo e quelli che sono i bisogni degli italiani; un imbarazzo che è lo stesso imbarazzo che abbiamo noi, lo abbiamo verificato nel corso dei mesi. In questi mesi, noi, in quest’Aula, abbiamo avuto sempre un contegno improntato alla leale collaborazione, pur nella differenza di posizioni, ce lo ha insegnato il presidente Berlusconi: vengono prima gli interessi del Paese e, poi, gli interessi della propria parte politica. Ma, oggi, il tempo del dialogo, purtroppo, è finito, signor Presidente. E questo imbarazzo era palpabile da quello che lei ci diceva, anche quando evocava la necessità di far riferimento alla nobiltà e alla dignità della politica. Presidente Conte, c’è un corollario che discende dal principio che lei ha evocato ed è questo, glielo ricordo io: quando un Presidente del Consiglio, che non si senta più importante del Paese, che non anteponga i propri interessi agli interessi del Paese, verifica di non avere una maggioranza adeguata, allora si dimette! Perché, se non lo fa, costringe il Paese ad avere un Governo incapace di affrontare la crisi in un momento così buio per la nostra Repubblica, oppure lo costringe ad avere un Governo costruito con voltagabbana o con parlamentari preoccupati soltanto della fine anticipata della legislatura».

Il deputato azzurro ha rimarcato che «C’è una distanza abissale tra il Paese e il suo Governo; certo, Presidente Conte, lei non è l’unico responsabile, per carità. Oggi ha fatto un intervento quasi autoassolutorio: qualche responsabilità ce l’ha, ha grandi responsabilità, perché lei ha guidato un Governo che in questi mesi si è limitato a inseguire la crisi, a inseguire il virus, e non ad anticiparlo attraverso provvedimenti appropriati; ha guidato un Governo che ha dimostrato i suoi ritardi nel tracciare i contagi e nel contenerli, nel piano delle vaccinazioni, nei risarcimenti alle imprese e alle partite IVA, nella cassa integrazione, nella scuola, nei trasporti, negli ospedali. Poi oggi ci dice “abbiamo, abbiamo fatto, abbiamo fatto, abbiamo fatto”: lo sappia, Presidente del Consiglio, gli italiani non si sono resi conto di tutte queste belle cose che il suo Governo ha fatto».

Non va tenero Occhiuto a proposito delle inadempienze sul Mezzogiorno: «Presidente, non una parola sul Sud nel suo intervento».  E lusinga Renzi, con l’ironia che alla fine flagella: «Secondo me, dice spesso cose giuste, ma fa sempre cose sbagliate.  Renzi dice cose giuste quando dice facciamo il ponte: il ponte va fatto perché costa più non farlo a causa delle penali, però poi liquida il ponte con un semplice tweet».

Poi Occhiuto incalza sulle responsabilità che sono di tutti e dei partner di Governo. «La crisi è in questo Palazzo, è nella maggioranza, è nel Governo, ma c’è una crisi ben più profonda, più grave, fuori da questo Palazzo. È la crisi che vivono le nostre imprese, gli italiani!. E allora io non voglio parlare di Conte, di Renzi, del Pd, dei Cinque Stelle. Voglio dire con grande chiarezza che non non le daremo la fiducia, però saremo disponibili a votare lo scostamento, il “decreto Ristori”, ogni provvedimento che il suo o qualsiasi altro Governo dovesse portare in quest’Aula e che andasse nella direzione di occuparsi della salute degli italiani e della loro sopravvivenza economica».

Occhiuto conclude parlando dell’argomento che tiene banco in questi giorni: Ci occuperemo anche di migliorare il Recovery Plan, perché non c’è nulla, per esempio, proprio sul Sud, non c’è nulla sulla Calabria, non c’è nulla sul porto di Gioia Tauro, non c’è nulla sulla 106, non c’è nulla sull’alta velocità. Noi faremo il nostro lavoro in parlamento, faremo il nostro dovere. Lei, Presidente Conte, faccia il suo dovere, si dimetta».

Non lo farà. Conte metterà in moto un rimpasto che tenga conto delle dovute ricompense e cambierà poco o niente nel Recovery Plan. Non c’è il tempo necessario per fare l’unica cosa giusta da fare: riscriverlo completamente. E intanto, gli italiani si guardano le tasche sempre più vuote (qualcuno ha visto qualche riduzione fiscale, nonostante la spaventosa crisi in cui siamo precipitati?), gli imprenditori osservano sconsolati le serrande abbassate e i negozi vuoti quando le alzano, gli esercenti sono alla fame. Giusti i provvedimenti per limitare il contagio, ma non si può imporre per legge di finire in povertà perché i “ristori” non bastano nemmeno – per fare un esempio – a pagare qualche mese di affitto a baristi e ristoratori. E tutta la filiera enogastronomica, un’eccellenza dell’Italia, la si sta lasciando fallire senza interventi rigorosi ed efficaci. Ha di che pensare già da stasera il presidente Conte, a capo di un Governo instabile che non promette nulla di buono. (s)

IL DEBITO SANITÀ SPALMATO IN TRENT’ANNI
OCCHIUTO: «CALABRIA REGIONE NORMALE»

di SANTO STRATI – La Calabria una regione “normale”, almeno nella Sanità. Non è un interrogativo, né un sommario augurio, ma un concreto progetto motivato dal rivoluzionario emendamento di Roberto Occhiuto, vicecapogruppo vicario alla Camera per Forza Italia, approvato ieri in Commissione Bilancio. Emendamento che prevede la possibilità di spalmare il debito della sanità su trent’anni per le regioni in difficoltà e la Calabria, com’è risaputo, è in cima alla lista. È il primo costruttivo passo verso l’azzeramento del debito che è la condicio sine qua non per poter ripartire con la sanità, alla stregua di qualsiasi altra regione “normale”.

Emendamento rivoluzionario perché ha trovato una straordinaria e ammirevole unanimità parlamentare, in via trasversale, aggiungendo alla prima firma del forzista Occhiuto quelle di Enza Bruno Bossio e Antonio Viscomi (del Partito Democratico). Finalmente – sarà un miracolo di Natale? – sono state accantonate rigide posizioni partitiche col fine ultimo del bene della Calabria e dei calabresi. Ovvero, si è guardato al risultato da raggiungere senza polemiche sterili e incapricciamenti vari cui ci hanno abituato le ultime sedute di Montecitorio: se fosse la prima di tante intese trasversali orientate a migliorare la qualità della vita dei calabresi sarebbe davvero quella “rivoluzione” politico-culturale che serve alla Calabria. Quell’incontro di idee, anche diverse, anche in contrasto tra loro, ma in costante confronto dialettico per smetterla con vuote promesse e avviare quel processo di rinnovamento che equivale a crescita e sviluppo e, soprattutto, benessere per la gente della Calabria.

Molto felice, ovviamente, Roberto Occhiuto (papabile candidato Governatore) che ha affidato a Facebook la sua soddisfazione: « Grazie ad un mio emendamento alla manovra, approvato dalla Commissione Bilancio di Montecitorio, le Regioni che hanno un debito sanitario insostenibile potranno diluirlo in 30 anni, sfruttando un’anticipazione di liquidità vantaggiosa da Cassa depositi e prestiti. Un risultato importantissimo che permetterà a tante amministrazioni locali di risolvere problemi storici, e tornare così ad investire in sanità. Tra le realtà maggiormente interessate da questa misura, la Calabria.

«Fino a ieri – osservava l’on. Occhiuto – se nella mia Regione si danneggiava uno strumento per effettuare le Tac, questo rimaneva inutilizzabile perché le spese di riparazione venivano pagate a coloro che la effettuavano due anni dopo il lavoro svolto. Un ritardo inaccettabile che di fatto ha ingessato interventi e investimenti. Con il mio emendamento questo problema verrà azzerato, e si potrà finalmente dare una svolta alla sanità in tante Regioni. La Calabria è sempre più un tema nazionale, e l’ottimo risultato raggiunto conferma che ponendo con determinazione e competenza questioni cruciali ai più alti livelli, si riescono a raggiungere grandissimi obiettivi».

Positiva anche la reazione di Enza Bruno Bossio: la deputata dem, cofirmataria dell’emendamento, annota che «giunge a conclusione il percorso che è stato avviato in sede di conversione parlamentare del nuovo “decreto Calabria”. Un percorso che nasce come risposta alla specifica vicenda della sanità calabrese e che oggi, nell’ambito della legge di bilancio, arriva al definitivo compimento con una norma generale finalizzata a tutti i sistemi sanitari regionali del Paese. Si è registrata pertanto un’unanime volontà – ha spiegato la parlamentare cosentina – dei diversi schieramenti parlamentari che, dopo il finanziamento di 180 milioni (previsto nel decreto Calabria) per coprire il debito sanitario corrente e l’autorizzazione ad un piano straordinario di assunzione di personale sanitario, con la possibilità di accedere al mutuo di Cdp, sono stati forniti al nuovo commissario, tutti gli strumenti per fronteggiare non solo l’emergenza epidemica, ma anche per consentire alla Calabria di diventare, nella sanità, una regione normale».

Di particolare interesse il commento dell’ex presidente della Regione Calabria, l’illustre farmacologo Giuseppe Nisticò che si sta spendendo perché ci sia una vera svolta per la sanità calabrese. «Si tratta di un risultato eccezionale – ha dichiarato a Calabria.Live  – per l’economia sanitaria in Calabria, grazie all’intelligenza e caparbietà di Roberto Occhiuto e dei due parlamentari calabresi dem ai quali sta sempre molto a cuore la situazione sanitaria nella nostra regione. Finalmente con tale emendamento sarà consentito alle regioni di poter fare ingenti investimenti necessari per migliorare il livello qualitativo delle prestazioni sanitarie della nostra regione.

«Come già precisato nel programma da me presentato da circa un anno, programma chiamato Calabria Silicon Valley, la Calabria per evitare l’esodo di pazienti e familiari verso altre regioni o anche all’estero ha urgentemente bisogno di un polo oncologico regionale sul modello dell’Istituto Europeo di Oncologia di Veronesi. Ciò è facilmente realizzabile in Calabria potenziando anche con i bravissimi primari ospedalieri che operano sul territorio il Dipartimento di Oncologia dlel’Università di Catanzaro, laddove lavorano oncologi eccellenti, stimati in Italia e all’estero, come il prof. Pier Francesco Tassone e Piersandro Tagliaferri con la loro équipe altamente specializzata nel campo delle leucemie e di altri tumori ematologici. Inoltre, a livello sperimentale tale Dipartimento rappresenta l’unico del Meridione del nostro Paese, che ha ottenuto l’autorizzazione da parte dell’Ema, European Medicines Agency, e dell’Aifa, Agenzia regolatoria nazionale, per la fase I dei clinical trials su nuovi farmaci prima che sia concesso loro l’autorizzazione per l’immissione in commercio.

In Calabria manca un centro di riabilitazione neurologica sul modello di quello della S. Lucia di Roma per la cura di pazienti paraplegici o tetraplegici a seguito di lesioni del midollo spinale. Mancano, ancora, centri per il controllo dei disordini alimentari molto frequenti nei giovani (anoressia e bulimia) come pure non è presente un numero sufficiente di centri sul territorio calabrese di riabilitazione motoria, cardiologica, cognitiva, che vanno allocati nelle singole province della Calabria.

«Il salto di qualità della sanità in Calabria può essere fatto solo con il potenziamento della rete regionale delle strutture ospedaliere di Catanzaro, Reggio Calabria, Cosenza, Vibo Valentia e Crotone, ma soprattutto valorizzando su base meritocratica il patrimonio umano, primari, medici, specialisti, infermieri, costretti a operare ancora in condizioni precarie ed estremamente difficili, sia a livello ospedaliero che a livello territoriale.

«Migliorare la qualità dei servizi – continua Nisticò – a favore dei pazienti deve rappresentare l’obiettivo primario della sanità in Calabria. Un obiettivo parallelo sarà quello che si propone di ridurre o eliminare (cosa difficile) l’infiltrazione della criminalità organizzata nella gestione della sanità in Calabria. Questo obiettivo potrà essere raggiunto grazie alla competenza e all’impegno del commissario Guido Longo, ma ricordiamo che questo obiettivo da solo non è sufficiente per migliorare la qualità della sanità nella nostra regione».

Adesso, non ci sarà spazio per lungaggini burocratiche e rinvii per mancanza di risorse finanziarie: la concessione di anticipazioni di liquidità da parte di Cassa Depositi e Prestiti, rappresenta lo strumento che mancava al commissario Longo per attuare un piano di rinnovamento totale della sanità in Calabria. Per farlo, lo ribadiamo da tempo, serviva l’azzeramento del debito, ma servono le competenze specialistiche di cui il commissario Longo non potrà fare a meno: accanto alla sua preziosa guida necessitano professionalità di grande prestigio, svincolate da logiche di lottizzazione partitica, che abbiano come unico obiettivo il risanamento di una sanità “malata” e un processo di vero welfare sanitario cui hanno diritto, a pieno titolo, i calabresi. Non mancano, grazie a Dio, queste professionalità: c’è la Facoltà di medicina di Catanzaro che è una fucina di eccellenze, ci sono le competenze di Unical e dell’Università Mediterranea di Reggio, senza dimenticare le tante illustri personalità che sono andate via dalla propria terra, sempre tenendo la Calabria nel cuore, pronti a offrire, disinteressatamente le proprie capacità e la grande esperienza. Sono quelle che servono al prefetto Longo: in loro assenza riteniamo che il suo, pur apprezzabile sforzo, non produrrà i risultati necessari a trasformare la Calabria in una regione “normale”. Ma prevale l’ottimismo: bisogna, dunque, creare opportunità e utilizzare le risorse umane disponibili. La Calabria, lo ricordiamo, ha il record dell’esportazione di eccellenze e delle migliori teste (in tutti i campi, non solo in quello scientifico). È ora di cominciare a sfruttare questo meraviglioso e straordinario capitale umano, che parla con l’accento calabrese, ma ragiona e pensa con la testa orientata al mondo. (s)

 

 

 

L’ADDIO A JOLE, GIÀ IN CAMPO LA POLITICA
LA DIFFICILE SCOMMESSA DELLA CALABRIA

di SANTO STRATI – Non si è ancora spenta l’eco del lungo, affettuoso, commosso addio alla presidente Jole, persino inaspettato per la sua vasta eco mediatica, che la politica, spietatamente, si è rimessa immediatamente in moto.

Messo da parte il dolore per la prematura scomparsa di una “guerriera” come poche, i giochi di potere non aspettano neanche un minuto per tracciare il percorso obbligato che rimette tutto in discussione. La facile vittoria del centro-destra (soprattutto in assenza del voto disgiunto) su un candidato fin troppo debole (Pippo Callipo) giusto nove mesi fa non deve ingannare: la partita si riapre con altri scenari in grado di sovvertire qualunque previsione ottimistica.

La Santelli aveva giocato, nella conferma dell’alternanza che ha caratterizzato 50 anni di Regione, un ruolo di ape regina, riuscendo a coagulare una destra rissosa e inizialmente non proprio coesa, col vantaggio di avere come avversario una sinistra divisiva e confusa. Gli sgarbi di Oliverio e a Oliverio, una sinistra che mal digeriva la figura di Callipo a capo della coalizione (e lo ha fatto brutalmente pesare già nelle prime sedute del Consiglio, favorendo l’addio del cavaliere di Pizzo sconfortato e disilluso), una sinistra dalle tante anime che non riusciva nemmeno a creare quel minimo di coagulo necessario per spuntare quanto meno una sconfitta meno clamorosa.

La domanda è: esiste ancora quella sinistra o ci sono le condizioni per ricostruire un percorso che, nel solco riformista, sappia riconquistare i cuori dei suoi elettori scoraggiati e delusi? In verità, il risultato prestigioso delle elezioni reggine (non c’entra Falcomatà, parliamo di liste) ha riacceso gli animi e la speranza che si può risalire la china, a patto che finisca il commissariamento (che più sbagliato con l’incolpevole Graziano non poteva essere) e che si faccia finalmente il congresso regionale. Le condizioni, nel dopo elezioni di Reggio, sembravano ideali per esigere una nuova rotta del Partito democratico in Calabria e, probabilmente, subito dopo Natale si stava individuando una data per riunire i dem e decidere cosa fare da grandi: spettatori o protagonisti?

Andava capitalizzato il vantaggio di Reggio, messa a profitto la pessima figura a Crotone (dove non è stato nemmeno presentato il simbolo), andavano radunate le forze fresche che, a braccetto con la vecchia guardia, potevano marcare la differenza.

Il 15 ottobre è venuto giù tutto. La povera Jole è scomparsa lasciando non solo inebetiti i suoi sodali della coalizione, ma ancor più smarrita l’opposizione che si trova, inevitabilmente, impreparata a gestire una “sede vacante” con lo sguardo obbligato a un futuro troppo vicino.

Questa volta non c’è il tempo di litigare, ma occorre individuare immediatamente la migliore strategia che possa condurre alla conquista della Cittadella di Germaneto. E questo vale – attenzione! – per entrambi gli schieramenti, a destra e a sinistra. Non ci sono le condizioni per un’avventura dal sapore civico – e sappiamo di dare un dispiacere a Carlo Tansi ringalluzzito dal successo crotonese – ma, obiettivamente, manca il tempo per organizzare e strutturare una coalizione di liste civiche in grado di non impantanarsi sotto il quorum capestro che lo statuto regionale impone. Quindi, i calabresi si mettano l’animo in pace e intuiscano da subito che sarà una partita a due, difficile e complicata, molto più della volta passata, perché c’è l’ombra e la minaccia malefica del Covid sulle elezioni e c’è una politica nazionale che non offre grande aiuto. L’unica cosa certa, al momento, è che non ci può essere, almeno formalmente, la rottura dei patti tra dem e cinquestelle, non c’è alcuna possibilità di una crisi di governo (anche se i numeri sono sempre più ballerini, soprattutto al Senato) né di rimpasto, perché quest’ultima (auspicabile) opportunità potrebbe rompere una corda già fin troppo tesa. Ci sono da prendere le decisione sul Mes (e la lite dem-grillini non accenna a placarsi) e c’è da stabilire cosa presentare all’Europa di fronte alle prospettive del Recovery Fund.

E allora, sono cavoli amari, da gestire sì con l’occhio vigile di Roma, per entrambi gli schieramenti, ma le scelte e le indicazioni devono essere prese in Calabria.

In questo momento non si può tentare un risiko di candidature a effetto, tanto per bruciare qualcuno e portare a risultato antipatie e asti remoti, ma occorre individuare lo scenario in cui si svilupperà il confronto.

Se si vuol dar credito alla regola dell’alternanza (una volta a destra, una volta a sinistra) la partita dovrebbe essere della sinistra. Sì, ma con quali candidati? Ce ne sono appena due, spendibili, e di sicuro avvenire: l’ex presidente del Consiglio Nicola irto (che nell’attuale consiliatura è stato vicepresidente) e Franco Iacucci, presidente dell’Amministrazione provinciale di Cosenza, nonché commissario del Pd a Crotone.

Sono due assi con caratteristiche assai diverse. Irto, molto conosciuto e apprezzato in tutta la provincia reggina, in realtà è ancora un “pivellino” della politica, pur avendo svolto con molta diligenza e assoluto rigore il suo ruolo durante la presidenza Oliverio, ma gli manca la presenza sul territorio. Gli basteranno due mesi scarsi per incrociare in lungo e in largo tutta la Calabria, ovvero le due province forti di Cosenza e Catanzaro, per raccogliere consensi? Il tempo è nemico che si rivela spesso imbattibile.

L’altro candidato di rilievo, Iacucci, ha dalla sua una serie di situazioni che lo favorirebbero non poco: conosce perfettamente la macchina regionale (è stato per tre anni nella segreteria di Oliverio) e ha una profonda conoscenza del territorio, ancor più allargata con la presidenza della Provincia cosentina, senza contare che è sindaco ad Aiello Calabro e ha avuto un ruolo da protagonista nell’Associazione dei Comuni italiani, sicché conosce a menadito quasi tutti i piccoli paesi della regione. Sia Irto che Iacucci sono apprezzati a Roma, il che non guasta, e una loro candidatura non troverebbe di certo ostacoli, sperando che non si debba arrivare di nuovo alla farsa delle primarie che, si è visto, non servono a nulla e, soprattutto, non rappresentano i veri orientamenti degli iscritti. La carta Irto-Iacucci (la scelta in casa dem non sarà certo facile) potrebbe tornare a far sorridere i dem calabresi e far sedere a Germaneto di nuovo un uomo di sinistra. A maggior ragione ove i cinquestelle (pur in caduta libera) decidano di convogliare sul candidato dem, evitando figuracce e facendo diligentemente la parte di chi rispetta i patti con l’alleato.

Ma la destra non starà certo a guardare: dopo l’assurda vicenda del veto di Salvini su Mario Occhiuto e il rischio di una frattura insanabile nella coalizione, con il nome di Jole Santelli “imposto” da Berlusconi si era creato il giusto amalgama per arrivare alla vittoria (come in effetti è stato). Qui, però, il vento a favore della destra è lievemente calato e, soprattutto, Salvini non conta più di tanto, qualora si pensasse di rivoluzionare il patto a tre che assegna la regione, in Calabria, a Forza Italia. La Meloni tiene un profilo basso, a livello delle amministrazioni locali perché punta in alto, con la segreta speranza di puntare a Palazzo Chigi, prima donna premier in Italia, quindi non spingerà sugli alleati a favore dell’unica candidata di successo attualmente sul mercato: Wanda Ferro. La Ferro ha l’unico difetto di essere di Fratelli d’Italia, ma sarebbe, certamente, un candidato forte per tutta la coalizione. Era già pronta per le elezioni del 26 gennaio scorso, quando scoppiò la crisi Salvini-Occhiuto, ma di fronte alla candidatura della Santelli fece onorevolmente un passo indietro. Oggi si presenta con un pedigree di tutto rispetto e tanta esperienza amministrativa (è stata presidente della Provincia a Catanzaro). Oltretutto ha saputo coltivare il suo elettorato in un territorio difficile come quello vibonese, mostrando capacità e competenza. Ha sfidato senza successo Oliverio nelle elezioni regionali del 2014, ma ha dovuto attendere che il Tar le riconoscesse il diritto di entrare in Consiglio quale miglior perdente.

Se prevale la logica dell’appartenenza, le cose si complicano, perché in casa del centro-destra, nel cortile di Forza Italia, ci sono troppi galli e l’individuazione del candidato diventa un esercizio alquanto difficile.

Per restare nel Vibonese, spicca la figura del sen. Giuseppe Mangialavori, un medico specialista (è senologo) bolzanino trapiantato da anni in Calabria, eletto al Senato nel 2018 dopo essere stato in Consiglio regionale “scalzato” poi da Wanda Ferro che rientrava di diritto in Consiglio. Ha buona conoscenza del territorio vibonese, ma non è abbastanza conosciuto nella Circoscrizione Sud né in quella cosentina. La sua candidatura, comunque, non è di quelle che scaldano gli animi, pur essendo un ottimo professionista della politica.

Ci sono altri nomi spendibili se Forza Italia mantiene il diritto di esprimere il presidente della Regione: escludendo il ritorno di Mario Occhiuto c’è l’opzione del fratello Roberto, attualmente deputato e vicecapogruppo di FI alla Camera. Potrebbe essere un’opzione di buon profilo, ma gioca contro di lui il fattore tempo. Lo stesso discorso vale per l’assessore Gianluca Gallo, infaticabile nel portare avanti la sua delega all’Agricoltura e al welfare in questi otto mesi di Giunta Santelli, e per l’ex assessore Mario Caligiuri (con delega alla Cultura dal 2010 al 2014 con presidente Scopelliti). Entrambi sono nomi sussurrati senza molta convinzione.

Poi c’è l’attuale sindaco di Catanzaro, che tentenna a fasi alterne verso Salvini e una Lega che in Calabria probabilmente non riuscirà mai ad attecchire. Secondo voci riservate, aveva siglato un patto con Salvini per andare a sostituire Nino Spirlì come vicepresidente: la Santelli avrebbe rimosso dall’incarico l’eccentrico autore televisivo lasciandogli probabilmente la delega della Cultura. Un disegno che l’improvvisa morte della presidente Jole ha completamente stravolto. L’idea di mantenere fino a fine consiliatura la vicepresidenza – secondo logica – gli avrebbe aperto le porte di Germaneto al successivo turno elettorale.

Messo recentemente in discussione dai suoi stessi consiglieri per la sfacciata simpatia nei confronti della Lega e lo stesso Salvini (da lui accolto sempre con grande entusiasmo a Catanzaro) Abramo è un ex di Forza Italia e non avrebbe quindi titolo per aspirare di entrare nemmeno nella rosa dei candidati.

E, naturalmente, c’è la solita incognita reggina di Francesco (Ciccio) Cannizzaro. Al deputato non manca l’acume di capire che, essendo Forza Italia il primo partito in Calabria (nonostante la mancata vittoria a Reggio e Crotone) e soffiando sul sentimento di dolore degli elettori di centrodestra orfani della Santelli, è prevedibile un pressoché sicuro bis del centrodestra a Germaneto. E a questo punto il buon Ciccio potrebbe seriamente pensare alla poltrona di governatore, vista la riduzione pesante di deputati che la Calabria subirà alle prossime politiche. Un candidato che ha carisma e intuito politico, più temuto che amato dai reggini, ma conosciuto in quasi tutto il territorio. Non gli mancherebbero le chances, purché non torni a fare il signor tentenna nell’individuazione di candidato presidente e liste. Queste ultime sono la versa Forza del centro-destra rispetto alla sinistra.  (s)

CANNIZZARO (FI): AEROPORTO DI REGGIO, INTERPELLANZA URGENTE

La questione Aeroporto di Reggio è oggetto di una interpellanza urgente presentata dall’on. Francesco Cannizzaro e co-firmata dall’on. Roberto Occhiuto (FI).
«Martedì 31 luglio – ha dichiarato l’on. Cannizzaro – ho depositato alla Camera dei Deputati una interpellanza urgente per il Presidente del Consiglio dei Ministri, il Ministro delle Infrastrutture ed il Ministro dello Sviluppo Economico, che riguarda la drammatica situazione dell’aeroporto “Tito Minniti” di Reggio Calabria. La vicenda che ha ormai assunto i connotati di una sconfitta assoluta per la classe politica alla guida della Città metropolitana prima e della regione Calabria subito dopo, necessita di un intervento immediato ed improcrastinabile da parte del Governo nazionale, e più precisamente del suo ministero competente. Dovranno venire in Aula alla Camera il Premier Conte, il Ministro Toninelli ed il Ministro Di Maio per discutere dello svilimento dell’azione di sviluppo dell’aeroscalo reggino con l’esclusione dal piano nazionale degli aeroporti da parte di Alitalia, e la sempre paventata chiusura a causa del suo ridimensionamento operativo. Saranno “costretti” ad una seria ed approfondita discussione davanti al Parlamento tutti gli organi di Governo pertinenti e, punto su punto, dovranno affrontare e porre soluzioni alle criticità esposte.
«Infatti, l’interpellanza presentata, -dice l’on. Cannizzaro – contestualizza l’attività della Compagnia di bandiera in riva allo stretto, di cui ha sempre avuto un monopolio indiscusso, dimostrandone la comprovata difficoltà a sostenere le necessità dell’enorme bacino di utenza metropolitana, ricordo esserci anche Messina, e l’assoluta incapacità di sopperire alle esigenze giornaliere dei viaggiatori che si vedono obbligati ad una sosta oltre le 24 ore prima di poter fare rientro in città. Il Governo dovrà costringere Alitalia  a tornare sui propri passi e ristabilire i diversi voli di collegamento su Roma e Milano, garantendo il ritorno nella stessa giornata e la presenza di varie fasce orarie di utilizzo. Un intervento concreto per aumentare immediatamente il volume di traffico passeggeri in transito e, in termini occupazionali, ripristinare la forza lavoro degli addetti Alitalia che, ad oggi, ricordo essere stata ridotta del 50%.
«Strategica, inoltre, la ricerca di una sinergia operativa con la nuova società di gestione, la SA.CAL, le cui operazioni di attrazione commerciale per stabilire nuove rotte, potrebbero consentire il reinserimento nei propri ruoli anche di quel personale dipendente ex-Sogas licenziato in passato per vicende legate alla cattiva gestione. Un’interpellanza che non lascia altra soluzione se non un intervento urgente del Governo, ed in Aula non accetterò altre soluzioni, direttamente su Alitalia e sui buoni propositi manifestati dalla SA.CAL, rappresentando questa l’unica strada percorribile per risollevare le sorti del “Tito Minniti.» (rp)