Foti (Fondazione Magna Grecia): Preoccupati per l’autonomia differenziata

«Ci preoccupa l’approvazione dell’autonomia differenziata perché, da quel momento, viene ‘Costituzionalizzata’ la spesa storica e il Paese viene diviso in due». È la denuncia di Nino Foti, presidente della Fondazione Magna Grecia, nel corso del convegno Zes unica, una grande opportunità per il Mezzogiorno? di Palermo.

«In caso di approvazione della riforma – si è chiesto Foti – a cosa servirà il Pnrr se nel frattempo si sta svolgendo un’attività che di per sé sposterà ingenti somme economiche e finanziarie verso le aree del nord? Non dimenticate che tre intese erano già state fatte per il governo Gentiloni, per cui non è solo un problema di destra o di Lega».

«Anche la Zes unica – ha aggiunto – è fondamentale ma va nella direzione opposta della riforma dell’autonomia differenziata. Sappiamo che c’erano otto Zes che hanno lavorato con commissari straordinari, mentre adesso ci sarà una cabina di regia unica, un commissario chiamato delegato di missione».

A fargli eco, in video collegamento, il direttore della Svimez, Luca Bianchi, ribadendo come «l’autonomia è, per noi, un tema di interesse e preoccupazione e la nostra posizione è di forte contraddizione alla riforma che sta circolando. Fra due giorni avremo una audizione nella quale esprimeremo i nostri dubbi».

Per Bianchi la riforma dell’autonomia differenziata e quella che ha portato a una Zes unica «sono due modelli incompatibili: da un lato – ha spiegato – c’è un accentramento delle istanze territoriali e dall’altro una autonomia che rischia di spaccare e frammentare le politiche pubbliche».

Bianchi, poi, ha ribadito come «la posizione dello Svimez rispetto all’ipotesi di autonomia differenziata che sta circolando è di forte contrarietà. L’autonomia, infatti, rischia di spaccare e frammentare ulteriormente le politiche pubbliche nel nostro Paese».

Per il direttore della Svimez, infatti, la creazione delle otto Zes in Italia è stata ‘«una buona idea ma con grandi difficoltà attuative. Questa riforma delle Zes interviene dopo diversi anni di attuazione e si sottolineano i rischi di un possibile rallentamento che la Zes unica ha comportato in questi primi mesi del 2024».

«Adesso con la Zes unica si parla di un nuovo modello di approccio. Io parlerei di una zona economica Sud, un intervento più generale. Comporta dei rischi ma anche enormi vantaggi», ha detto Bianchi, sottolineando la necessità di «realizzare piani strategici identificando i settori nei quali intervenire, da fare rientrare negli interventi di investimento sostenuti dal credito di imposta».

«Una mossa – ha proseguito – che può funzionare solo se accompagnata dalla semplificazione amministrativa fatta a livello centrale. Le risorse per politiche speciali e investimenti non sono tanto un problema oggi quanto avere un quadro strategico che recupera la dimensione industriale del Sud».

«Funzionerà? – si è chiesto Bianchi – Se pensiamo di fare interventi buoni per tutti non riusciremo ad attivare gli interventi, se il piano strategico ha la capacità di individuare tre o quattro assi strategici, avremo un cambio di passo».

Per Saverio Romano, presidente della Commissione bicamerale sulla Semplificazione, «se l’autonomia differenziata dovesse andare in porto così com’è in parte il Sud rischierebbe di essere penalizzato».

«Cosa ne penso della Zes unica? – ha chiesto –. Proprio perché non c’è non deve essere contrapposizione tra il Nord e il Sud, quando abbiamo approvato la Zes unica, solo per il Mezzogiorno, non ci sono stati da parte parlamentari o esponenti del Nord proteste, proprio perché sono convinti che oggi il Mezzogiorno necessita di una spinta maggiore affinché possa essere, insieme al resto del Paese, motore in Europa anziché zavorra».

«Noi andiamo in questa direzione – ha proseguito – per fare in modo anche attraverso la semplificazione, si possa accorciare la distanza tra gli utenti, le amministrazioni e lo Stato. Con la Zes unica, questo processo, anche attraverso l’accentramento dei poteri per accorciare la filiera, è in corso. Sapete meglio di me che laddove ci sono tanti passaggi si annida anche la corruzione, laddove ci sono pochi passaggi trasparenti è più difficile: la Zes unica semplifica i processi di investimento er le imprese che lo vogliono fare».

«Non tanto in ordine ai livelli essenziali di prestazione – ha aggiunto – che saranno rinviati ad altra data, ma agli accordi tra le Regioni, che dovrebbero essere definiti in maniera più chiara e ampia».

Dario Lo Bosco, presidente di Rfi, ha evidenziato come «la Zes unica valorizza il ruolo della Sicilia, che è piattaforma strategica nel Mediterraneo».

«Si tratta di armonizzare le reti infrastrutturali e, finalmente – ha aggiunto – come diceva già il libro bianco 2001 dell’Unione Europea, realizzare per il trasporto delle merci una intermodalità virtuosa. Bisogna puntare quindi a far crescere le ferrovie e le vie del mare, a una connessione con i porti, ma anche con gli aeroporti, perché ci sono delle merci che viaggiano con sistema a cargo».

«Con la regia del governo Meloni – ha proseguito –, con il ministro Fitto e con il ministro dei trasporti Salvini è quindi importante ottimizzare questa rete infrastrutturale, perché una rete infrastrutturale ha un valore che cresce al quadrato con il grado di interconnessione dei nodi».

Il presidente di Confindustria Palermo, Giuseppe Russello, ha evidenziato come «il tema della Zes unica si innesta sulle Zes precedenti sulle quali possiamo esprimere un giudizio assolutamente positivo perché in questo brevissimo periodo in cui sono entrate in vigore le imprese ne hanno tratto grande giovamento».

«C’è da capire –ha aggiunto – la parte operativa della Zes unica, come si cala e come si trasferisce all’interno dell’operatività delle aziende. Probabilmente una struttura periferica di contatto diretto con le aziende avrebbe agevolato».

«Cercheremo di capire nelle prossime settimane i decreti attuativi ma soprattutto l’organizzazione di questa nuova struttura come possa impattare con le nostre imprese – ha proseguito –. Il tema delle Zes è un elemento di grande qualificazione dei territori, probabilmente bisognava stare più attenti in una perimetrazione che avrebbe dovuto e potuto orientare scelte di politica industriale, tema che attiene al governo nazionale».

«Aspetterei ancora qualche settimana – ha concluso – per capire come adesso si declina la struttura di tipo centralistico sul territorio. Poi c’è il tema delle risorse e lì qualche dubbio sul piano personale lo nutro perché soltanto 1,8 mld di euro per l’intero Sud è qualcosa che alimenta delle perplessità».

il Presidente della Regione siciliana Renato Schifani, ha ricordato come «ho condiviso, col ministro Raffaele Fitto, l’ipotesi di una Zes unica, cioè tutto il Mezzogiorno».

«Parcellizzare gli interventi su micro aree – ha spiegato – avrebbe complicato sempre di più la possibilità di investimenti grazie a una pressione fiscale più ridotta. Adesso abbiamo un quadro più completo. La scommessa è, però, di essere coerenti con la tempistica, quindi la riforma teoricamente va bene, occorre però calarla in una velocizzazione delle procedure, perché altrimenti avremmo fallito. Ma non è nell’intenzione del Governo e neppure del governo regionale, che farà la sua parte».

Per il Governatore della Regione Siciliana «la Zes unica sicuramente può essere un’opportunità e lo sarà, l’importante è che vengano abbreviati, accorciati tutti quei termini che sono strategici per la velocizzazione delle procedure. Lì è la scommessa. Ho condiviso con Raffaele Fitto l’ipotesi di una Zes unica, cioè tutto il mezzogiorno. Parcellizzare gli interventi su micro aree avrebbe complicato sempre di più la possibilità di investimenti».

«Adesso abbiamo un quadro più completo – ha evidenziato –. La scommessa è quella, però, di essere coerenti nella tempistica. Quindi, la riforma teoricamente va bene, occorre però calarla in una velocizzazione delle procedure perché sennò avremmo fallito, ma non è nell’intenzione del governo, né del governo regionale che farà la sua parte».

«Il lavoro che il governo ha fatto con la Commissione europeo è stato molto complesso», ha ricordato il ministro Fitto, sottolineando come «non era scontato che la Commissione autorizzasse le Zes, questa scelta rappresenta una grande opportunità».

«Rappresenta un’area omogenea – ha aggiunto –. C’è da fare una comparazione. Dal primo gennaio abbiamo fatto una proroga». (rrm)

Lunedì a Palermo con la Fondazione Magna Grecia si parla di Zes Unica

Si intitola Zes Unica: Una grande opportunità per il Mezzogiorno, il convegno in programma lunedì 22 aprile, alle 10.30, alla Sirenetta di Mondello (Palermo), organizzato dalla Fondazione Magna Grecia, guidata dal presidente Nino Foti.

Dopo i saluti dell’assessore alle Attività Produttive della Città di Palermo, Giuliano Forzinetti, ci sarà l’intervento del presidente della Fondazione Magna Grecia, Nino Foti.

Successivamente prenderanno la parola Luca Bianchi, Direttore generale Svimez, Pietro Massimo Busetta, professore ordinario di Statistica economica Università degli Studi di Palermo, Francesco Saverio Coppola, segretario Generale Associazione Internazionale Guido DorsoDario Lo Bosco,presidente di Rfi, Roberto Napoletano, direttore Editoriale de Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’ItaliaGiuseppe Russello, presidente Confindustria Palermo.

Nella seconda parte dei lavori, che prenderanno il via dalle 15.00, interverranno Silvia Castagna, membro del Comitato AI del Dipartimento per l’Informazione e l’Editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Roberto Di Maria  Professore ordinario di Diritto costituzionale, Università degli studi di Enna “Kore”, Fabio Montesano, AD Fidimed, Giosy Romano, già Commissario straordinario del Governo Zes Campania e Zes Calabria, Francesco Saverio Romano, Presidente della Commissione bicamerale per la Semplificazione, Raffaele Fitto, ministro per gli Affari Europei, il Sud, le Politiche di Coesione e il Pnrr.

Concluderà il convegno il Presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani. Modera la giornalista Silvia Perdichizzi(rrm)

 

Zes Unica, Irto (PD): Il centrodestra continua a penalizzare il Sud

Il senatore del Pd, Nicola Irto, ha annunciato una interrogazione per conoscere «l’esatta portata dei disagi e le iniziative, se esistono, per ridurli» in merito alla Zes Unica.

«Imposta alla cieca dal governo Meloni, la Zes centralizzata sta producendo un caos da Inferno dantesco e gravi ritardi, come conferma la sospensione sino al prossimo marzo dei termini di chiusura dei procedimenti di autorizzazione unica non ancora conclusi», ha ricordato il senatore, sottolineando come «ancora una volta, il Governo ha agito senza programmazione e organizzazione, cancellando di colpo le Zes esistenti e sottovalutandone le conseguenze per le imprese: dalle lungaggini alle complicazioni burocratiche, dalle perdite di tempo ai possibili ripensamenti».

«Peraltro, ad oggi non vi è certezza – ha rincarato la dose Irto – sul credito d’imposta. Questo succede quando nelle decisioni pubbliche prevalgono la bulimia del potere e le logiche della propaganda; quando si opera con prepotenza politica e senza confronto parlamentare; quando per il Mezzogiorno si ignorano, come nel caso dell’ex Zes della Calabria, le esperienze e le esigenze dei territori e, soprattutto, quando manca la pianificazione dello sviluppo del Sud, che il centrodestra continua a colpire e a penalizzare». (rp)

L’OPINIONE / Aldo Ferrara: Rendere operative le procedure per Zes Unica

di ALDO FERRARANon c’è più tempo, bisogna immediatamente rendere operative le procedure perché il nuovo modello della Zes Unica per il Mezzogiorno vada a regime.

Ci sono degli elementi importanti da tenere in considerazione perché, mai come adesso, in Calabria, ma direi in tutto il Mezzogiorno, c’è bisogno di investimenti. Siamo in una fase in cui c’è un rallentamento dell’economia ed è proprio qui e ora che si deve sostenere la volontà degli imprenditori di scommettere sul futuro. Ecco, quindi, che lo stallo in cui versa la Zes Unica e la contemporanea eliminazione del credito di imposta per gli investimenti nel Mezzogiorno pongono un doppio limite alle intenzioni di investimenti al Sud. E un altro serio limite all’attrattività della Zes è l’impossibilità di cumulare i vantaggi Zes con quelli del credito d’imposta introdotto nel Piano Transizione 5.0.

A pagare in quanto a capacità attrattiva degli investimenti sono e saranno sempre le regioni del Mezzogiorno, aumentando i divari socio-economici con il resto del Paese e dell’Europa. Ci sono imprenditori che aspettano ormai da diversi mesi una risposta alla domanda inoltrata per avviare un investimento in area Zes e il rischio che molti di essi rinuncino all’idea spostando l’investimento altrove è enorme: aver sospeso fino a fine marzo la valutazione delle domande pone un serio limite alla possibilità di sviluppo delle attività economiche e quindi dei territori

Continuiamo a ribadire come sia necessario eliminare il limite minimo di 200mila euro agli investimenti in area Zes: si tratta di una misura che tiene fuori una grandissima parte di imprese. Inoltre, affinché le scelte gestionali relative alla Zes siano efficaci perché realmente rispondenti alle necessità dei territori e delle imprese che intendono operarvi, è strettamente necessario coinvolgere nella cabina di regia della Zes Unica il sistema confindustriale e le parti sociali: insomma, si acceleri definitivamente sul nuovo modello di Zes, il tempo dell’attesa è finito, ora bisogna correre per recuperare i seri ritardi accumulati. (af)

[Aldo Ferrara è presidente di Unindustria Calabria]

ZES UNICA, UNA SVOLTA PER MEZZOGIORNO
TRA INNOVAZIONE E SVILUPPO SOSTENIBILE

di VINCENZO CASTELLANOL’importanza della Zona Economica Speciale (Zes) Unica nell’orizzonte economico e di sviluppo del Mezzogiorno è un tema che, negli ultimi giorni, ha catalizzato l’attenzione politica e mediatica, segnando un passo decisivo verso la concretizzazione di una visione di crescita e innovazione. La recente riunione della cabina di regia per la Zes Unica, presieduta dal Ministro Fitto e alla quale hanno partecipato Ministri e rappresentanti delle otto Regioni interessate (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia e Sardegna), nonché l’Upi e l’Anci, rappresenta un momento di svolta nel percorso di attuazione di questa ambiziosa iniziativa.

Al centro dell’incontro, la predisposizione del Piano strategico triennale della Zes Unica, che si pone come obiettivo principale quello di definire una politica di sviluppo capace di integrarsi armoniosamente con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) e con le programmazioni nazionali e regionali dei fondi strutturali europei. Questo piano strategico avrà il delicato compito di indicare gli investimenti e gli interventi prioritari, i settori da promuovere e quelli da rafforzare, applicando un regime semplificato dell’autorizzazione unica, con l’intento di rendere più agile e attrattivo il contesto imprenditoriale.

L’approccio adottato dalla cabina di regia, che prevede la convocazione di appositi tavoli tematici per avviare un confronto costruttivo con tutti i principali attori, pubblici e privati, inclusi le associazioni di categoria, sottolinea la volontà di un coinvolgimento trasversale e partecipativo. Questa metodologia di lavoro mira a garantire che il Piano strategico sia il risultato di un’analisi condivisa delle esigenze territoriali e delle potenzialità di sviluppo, nel rispetto delle specificità locali e delle vocazioni produttive delle regioni coinvolte.

La Zes Unica rappresenta, dunque, una leva strategica per il rilancio economico del Sud, offrendo un’opportunità unica di attrazione degli investimenti, di creazione di nuove opportunità di lavoro e di stimolo per l’innovazione e la competitività delle imprese. In questo contesto, la decisione di trasferire, a partire dal 1° marzo, le funzioni svolte dagli otto Commissari straordinari alla Struttura di missione Zes segna l’avvio di una nuova fase operativa, che vedrà l’implementazione concreta delle strategie e degli interventi previsti dal Piano.

L’attenzione rivolta alla semplificazione amministrativa, attraverso l’adozione dell’autorizzazione unica, è un aspetto fondamentale che può significativamente contribuire a ridurre i tempi e i costi per le imprese, incentivando così l’avvio di nuovi progetti e la realizzazione di investimenti in aree cruciali per lo sviluppo economico e sociale del Mezzogiorno.

In conclusione, l’impegno profuso nella realizzazione della Zes Unica e nel suo Piano strategico triennale si configura come un elemento chiave per il futuro delle regioni del Sud Italia, proiettando queste aree verso un orizzonte di crescita sostenibile e inclusiva. La sinergia tra governo, regioni, enti locali e parti sociali sarà determinante per trasformare le sfide in opportunità, assicurando che il Mezzogiorno possa giocare un ruolo di primo piano nello scenario economico nazionale ed europeo, valorizzando al meglio le sue risorse e le sue competenze. (vc)

[Vincenzo Castellano è dottore commercialista e Founder Zes Consulting]

 

Zes unica, sempre più imminente

di SALVATORE FERRAÙ Dopo un prolungato periodo di stasi, costellato da controversie e incertezze, il ministro Raffaele Fitto ha fatto il suo ritorno in pubblico con rilevanti comunicazioni riguardanti la Zes Unica.

Nell’odierna data, mediante i suoi canali ufficiali, ha provveduto a divulgare le prime delucidazioni riguardo alla recente sessione di lavoro della cabina di governo Zes. Si apprende che si è condotto un dibattito inerente alla confezione del Piano Strategico, il quale avrà il compito di delineare la strategia operativa in conformità con le linee guida del Pnrr e la politica di sviluppo Zes. Il predetto Piano sarà incaricato di mettere in luce i settori da potenziare e promuovere, nei quali verrà applicato il regime semplificato dell’autorizzazione unica. Si prevede la costituzione di tavoli tematici su misura, adibiti al confronto tra gli attori, sia pubblici che privati, al fine di agevolare un dialogo costruttivo e tracciare la rotta da seguire.

Infine, si sottolinea la data del 1° marzo come cruciale spartiacque tra le vecchie 8 Zes e la nuova Zes Unica; infatti, da tale data, le funzioni precedentemente in capo agli otto commissari straordinari verranno trasferite alla struttura di missione, coordinata dal governo. 

Nessuna novità, invece, si registra per quanto concerne il credito d’imposta Zes Unica, la forma di incentivo che prevede l’erogazione di un credito d’imposta per coloro che realizzano investimenti in beni strumentali e terreni nelle regioni comprese nella Zes Unica, secondo i precetti stabiliti all’articolo 2, paragrafi 49, 50 e 51 del regolamento (Ue) n. 651/2014 della Commissione del 17 giugno 2014, riguardanti diversi ambiti, dall’acquisizione di macchinari all’ampliamento di immobili strumentali.

Tuttavia, è necessario ricordare che il valore dei terreni e degli immobili non può superare il 50% del valore complessivo dell’investimento agevolato. Restano invariati i limiti economici, con progetti di investimento compresi tra un minimo di 200.000 euro e un massimo di 100 milioni di euro, e soprattutto quelli temporali, che prevedono come data ultima per gli investimenti immobiliari il 15 novembre 2024.

Quest’aspetto, forse il più critico e contemporaneamente il più discusso, della misura, richiede una riconsiderazione, vista il ritardo nella presentazione del decreto attuativo (ricordando che inizialmente era stato previsto il termine ultimo del 31 dicembre 2023, poi successivamente modificato); nel frattempo, gli attori del settore rimangono in attesa di direttive più limpide, al fine di agevolare l’avvio di nuovi investimenti, con l’auspicio di poter finalmente avviare gli investimenti in programma, in modo tale da dare inizio al tanto agognato processo di sviluppo economico e sociale del Meridione, che più volte nel corso degli ultimi anni si è cercato. 

Con l’auspicio che tutto ciò possa essere realmente l’inizio di una rivoluzione economica restiamo collegati per altre imminenti novità. (sf)

[Salvatore Ferraù è dott. in Economia e Co-founder di SudZes Consulting]

 

INDUSTRIALI ALLARMATI PER IL RINVIO ZES
SE VINCE LA BUROCRAZIA NON C’È SVILUPPO

di ALDO FERRARALa transizione dalle otto Zes al nuovo modello Zes per il Mezzogiorno ha subito uno slittamento dell’ultimo momento proprio nella fase di scadenza di tutti i Commissari. Il mancato trasferimento di compiti e funzioni dagli otto Commissari straordinari alla nuova Struttura di missione centralizzata ha richiesto quindi un urgente provvedimento di proroga fino al 1° marzo degli attuali Commissari straordinari. I tempi per il perfezionamento del provvedimento di proroga hanno tuttavia provocato una sensibile discontinuità nei tempi di svolgimento delle conferenze dei servizi e nel rilascio delle autorizzazioni agli investimenti. Una circostanza che basta da sola ad evidenziare la complessità della materia e ad alimentare incertezze riguardo la fluidità della transizione e la messa a regime del nuovo modello.

Da mesi ribadiamo di come sia necessario un ordinato e graduale passaggio delle consegne affrontando per tempo alcune potenziali criticità del nuovo modello di Zes che rischiano di depotenziare la validità dello strumento e la sua utilità, soprattutto in Calabria. Il Mezzogiorno viaggia a una velocità ridotta rispetto al resto del Paese. La Zes calabrese, con il suo valore aggiunto determinato dalla semplificazione burocratica per l’avvio degli insediamenti produttivi, grazie ai poteri assegnati al Commissario, e dal sistema di incentivi fiscali, stava dimostrandosi uno strumento utile a rendere la nostra regione attrattiva per investimenti interni ed esterni.

La preoccupazione forte, adesso, è che il nuovo modello renda più sfumati i vantaggi, soprattutto in termini di semplificazione e fluidità delle autorizzazioni, tanto da rendere poco attrattiva la Zes a causa di sistema di gestione che centralizza i rapporti e riduce il legame con il territorio. E in questo senso, preoccupa anche il limite minimo di 200mila euro posto all’ammontare degli investimenti nell’area Zes: il tessuto imprenditoriale, soprattutto quello locale, è formato prevalentemente da piccole imprese che sarebbero disposte a investire nella Zes, ma quel limite le tiene fuori da un’opportunità concreta, limitandone così le potenzialità di crescita e di sviluppo. Ciò anche in considerazione del venir meno del credito d’imposta per investimenti nel Mezzogiorno.

C’è poi una criticità non secondaria sollevata dagli amministratori locali: come si concilieranno gli strumenti urbanistici pianificati dai Comuni se tutto il Mezzogiorno sarà area Zes? Le deroghe urbanistiche saranno concedibili ovunque? Anche qui, è necessaria chiarezza. Così com’è necessaria chiarezza sulle risorse per la Zes unica, che attualmente appaiono inadeguate a coprire le esigenze dei territori. Non solo, mentre si prevede di erogarle “a rubinetto”, mancano ancora i moduli per le richieste e il termine ultimo di presentazione delle istanze scade il 15 novembre prossimo: in queste condizioni è impossibile programmare investimenti e pianificare nuovi insediamenti».

L’attrattività della Zes in Calabria è, poi, funzione degli investimenti in interoperabilità, servizi, ambiente, raccolta dei rifiuti e soprattutto sicurezza nelle aree industriali: senza un ecosistema accogliente, le imprese, a parità di vantaggi ottenuti dalla Zes, non sceglieranno certo la nostra regione per nuovi insediamenti produttivi. A tal fine, auspichiamo la pronta nascita dell’Agenzia regionale che sostituirà il Corap e l’immediato avvio della riqualificazione delle aree industriali».

Infine, il precedente modello aveva iniziato a dare frutti anche grazie alla stretta sinergia tra Commissario Zes e parti sociali. Il nuovo modello non prevede il coinvolgimento nella cabina di regia della Zes né delle associazioni datoriali, né dei sindacati, allargando lo scollamento tra imprese, territorio e lavoratori. Auspichiamo si ponga rimedio a questa che è una vera e propria stortura nel modello di management della nuova Zes unica, attraverso il coinvolgimento formale e sostanziale delle parti sociali. Ne va del futuro della nostra regione. (af)

[Aldo Ferrara è presidente di Unindustria Calabria]

L’OPINIONE / Antonio Borelli: Zes Unica materia complessa che crea una certa apprensione

di ANTONIO BORELLI – Doveva essere la svolta nelle politiche per lo sviluppo del Mezzogiorno dal 1 gennaio 2024. In realtà, la Zes Unica partirà salvo imprevisti l’1 marzo, sostituendosi alle otto aree Zes designate tra cui quella della Calabria. Per ora solo un piccolo ritardo per via della Struttura di Missione centralizzata, non ancora pronta per adempiere ai suoi compiti, tant’è che si è dovuto ricorrere alla proroga degli attuali commissari delle singole Zone regionali per evitare una vacatio che avrebbe creato non pochi problemi.

Un quadro, questo, che ci dà ancora una volta la misura della complessità della materia con cui abbiamo a che fare e che crea al contempo una certa apprensione.

Preoccupa che un’unica Zes, con tutti i territori regionali dentro, inneschi una dinamica di concorrenza tra i territori stessi nella quale chi è debole ha più probabilità di restare al palo. Ma anche all’interno di ciascun territorio potrebbero innescarsi dinamiche negative. In precedenza, infatti, l’autorizzazione unica veniva emessa solo per gli investimenti produttivi realizzati all’interno di agglomerati definiti come retro porti, porti, agglomerati industriali, aeroporti e retro aeroporti: zone ben circoscritte per creare condizioni ottimali in termini economici, finanziari, amministrativi ma anche di sicurezza, visto che il contrasto alla criminalità su un polo concentrato di attività produttive può, in teoria, essere più agevole – in teoria perché le recenti intimidazioni agli stabilimenti Callipo, collocati nella Zes lametina, dimostrano che siamo ancora lontani dall’obiettivo. In ogni caso, resta il fatto che l’impostazione adottata fin qui viene oggi vanificata da una Zes unica che guarda ai territori regionali nella loro interezza generando molti interrogativi sia sul piano amministrativo, sia sul piano economico e finanziario.

Il primo punto è quello che ci tocca più da vicino come Amministrazione Comunale. C’è l’impegno, da parte del governo, di mantenere i profili di semplificazione amministrativa che le otto Zes avevano predisposto nel loro modello. Ma ci chiediamo come e quando sarà possibile mettere in piedi una macchina amministrativa capace di sostituirsi a tutti i Comuni del sud e ai loro sportelli Suap per portare avanti lo snellimento burocratico? È pur vero che è prevista la creazione dello sportello Sud Zes, ma non si sa ancora come e con quale tempistica sarà attivo. In tale condizione non vorremmo doverci trovare dal 1 marzo a dover gestire in emergenza insediamenti industriali complessi senza i necessari strumenti operativi e normativi compreso il personale addetto.

Per quanto riguarda poi l’autorizzazione unica, sappiamo che una delle caratteristiche della Zes è la possibilità di derogare alle previsioni di una serie di strumenti, compresi quelli urbanistici. Un principio senz’altro condivisibile rispetto alla filosofia che sottende le Zone Economiche Speciali ma a condizione che esse siano circoscritte e quindi caratterizzate in un certo senso da una eccezionalità di scopo. Ma cosa succederà quando ad agire sarà la Zes Unica del Mezzogiorno? Che ne sarà delle politiche urbanistiche pianificate dai singoli Comuni? Dovremo convivere tutti con pianificazioni sottoposte costantemente a una sorta di spada di Damocle che potrebbe stravolgerle? Chiunque è in grado di comprendere che non sono interrogativi da poco.

Com’è evidente, ci sono molte e fondate ragioni per guardare con preoccupazione alla Zes unica. Ragioni cui si aggiunge la consapevolezza che le dimensioni raggiunte dall’UE sono oramai tali da comprendere anche territori ben più in difficoltà sul piano dello sviluppo rispetto al nostro Mezzogiorno. Consapevolezza che ci aveva portato a proporre in questa lotta contro il tempo anche per la nostra città l’istituzione di una nuova area Zes a Germaneto ancorata a nuovi drivers di sviluppo quali la conoscenza e il sapere. A margini della nuova strategia sul tema della Zona Economica Speciale non si può non invocare un dibattito serio e approfondito sul tema. Un confronto nel quale ciascuno si assuma alla luce del sole la responsabilità delle scelte, secondo i compiti che l’ordinamento gli attribuisce: dal governo centrale, fino ai Comuni. Il nostro punto di vista è chiaro e sentiamo di denunciare il pericolo di un percorso che, se non allineato, potrebbe compromettere il lavoro delle amministrazioni locali e soprattutto gli investimenti prospettici sui nostri territori. (ab)

[Antonio Borelli è assessore alle Attività Produttive del Comune di Catanzaro]

ZES UNICA, UN GRANDE AIUTO PER IL SUD
PERÒ SERVE UNA POLITICA INDUSTRIALE

di FRANCESCO AIELLO – Rispetto alla precedente disciplina sugli investimenti a Sud in regime di aiuti, la Zes unica per il Mezzogiorno è migliorativa sotto alcuni punti di vista. Innanzitutto per la copertura finanziaria: la dotazione per il credito di imposta complessivo del 2024 fissata dalla Legge di Bilancio è pari a 1,8 mld di euro.

Inoltre, rispetto al Bonus Sud 2023, cosiddetto Credito d’Imposta Mezzogiorno, con la Zes unica è ammesso il credito di imposta anche per l’acquisto di terreni e immobili. Il regime di aiuti è previsto per progetti di investimento fino a 100 milioni di euro e varia al variare della dimensione dell’impresa. La regola generale è che le piccole e le medie imprese godranno di un credito di imposta pari, rispettivamente, al 60% e al 50% dei costi ammissibili per progetti fino a 50milioni di euro, mentre per le grandi imprese il beneficio fiscale sarà pari al 40%.

Si tratta di vantaggi fiscali superiori a quelli previsti dal Bonus Sud 2023, che fissava al 45%, 35% e 25% il credito di imposta, rispettivamente, per le piccole, le medie e le grandi imprese. È plausibile pensare, quindi, che i vantaggi fiscali sono ad un livello tale da rendere conveniente l’avvio di nuovi investimenti produttivi regionali e attrarre investitori extra-regionali. Si tratta, però, come dimostra la storia decennale delle politiche industriali nel Mezzogiorno d’Italia, di una condizione necessaria, ma non sufficiente: la convenienza relativa ad investire in un determinato luogo piuttosto che in un altro non è unicamente determinata dalla fiscalità di vantaggio.

Questa conclusione è ancora più valida in un contesto in cui più regioni godono dello stesso regime di aiuti: perché un investitore dovrebbe scegliere di localizzare le proprie attività in Calabria, piuttosto che in Puglia o in Campania? A parità di aiuto fiscale e di snellimento delle procedure amministrative, i capitali si concentreranno nelle aree che hanno meno costi di accessibilità e offrono più servizi alle imprese (rete di trasporti efficiente, energia affidabile, disponibilità di infrastrutture tecnologiche avanzate) e che hanno qualche vantaggio di localizzazione legato alla possibile riduzione dei costi di approvvigionamento e di vendita.

Senza dimenticare che l’attrattività di un territorio dipende molto dalla qualità della vita del contesto, ossia dall’offerta di servizi pubblici efficienti, istruzione di qualità, assistenza sanitaria accessibile, giustizia certa e veloce e un ambiente culturale stimolante. In assenza di queste condizioni, parlare di crescita, restanza, tornanza, ripopolamento dei borghi è un puro esercizio accademico, un vezzo tra intellettuali.

Inoltre, esistono altri due potenziali punti di debolezza della Zes unica, che derivano in modo esclusivo dal fatto che il progetto non è inserito in un’organica strategia di politica industriale per il Sud e che la localizzazione degli investimenti industriali non ha alcun vincolo territoriale. Così come nella precedente architettura istituzionale con le otto Zes in ciascuna regione del Mezzogiorno d’Italia, anche in questo caso il regime di aiuti fiscali e lo snellimento delle procedure amministrative sono pensati per avviare Zes generaliste, de-specializzate, quando,  al contrario, sarebbe più efficace puntare a delle concentrazioni spaziali di attività produttive specializzate in pochi settori, che, nella fase iniziale, possono essere fortemente legati alle vocazioni territoriali di ciascuna regione e alla qualità e specificità delle risorse produttive disponibili.

Esiste, infine, il tema dell’assenza di restrizioni territoriali degli investimenti che beneficiano della normativa della Zes unica. Su questo aspetto è utile ricordare che le Zes sono state istituite nel 2017 dal Governo Gentiloni con l’intento di incentivare investimenti produttivi nelle aree limitrofe ai porti nel Mezzogiorno, allo scopo di superare una delle principali sfide all’industrializzazione del Sud: la distanza geografica dai mercati di approvvigionamento e di distribuzione.

Tuttavia, l’implementazione di una Zes unica per l’intero Mezzogiorno potrebbe comportare il rischio di non considerare appieno i vantaggi derivanti dalla localizzazione vicina alle vie del mare. Con questa prospettiva, gli investimenti produttivi potrebbero essere distribuiti in tutto il Mezzogiorno anziché concentrarsi nelle zone adiacenti ai porti, perdendo in tale modo l’opportunità di sfruttare in modo compiuto i benefici strategici offerti dalla prossimità ai principali hub marittimi. Un esempio chiarisce il punto: i costi di trasporto di un’impresa globalizzata, ossia che importa beni intermedi ed esporta beni finali, che è localizzata nel retroporto di Gioia Tauro sono infinitamente inferiori ai costi di un’altra impresa che opera in qualsiasi altra parte della Calabria.

Questo rischio si può annullare fissando una priorità di politica industriale: rendere altamente attrattivo il retroporto di Gioia Tauro e canalizzare in quegli spazi tutti i nuovi investimenti Zes per trasformare l’intera area in un polo industriale su cui puntare per dare una speranza di crescita alla Calabria. Disperdere risorse in tutta la regione non ha alcun senso. È tutt’altro che un’opzione di sviluppo industriale trainato da una Zes. (fa)

[Francesco Aiello è prof. Ordinario di Politica Economica, DESF, UniCal]

ZES 6 ANNI DOPO SARÀ UNICA PER IL SUD
I DUBBI SUL SUO REALE FUNZIONAMENTO

di ERCOLE INCALZA – Negli ultimi giorni è sempre più cresciuta una critica nei confronti della cosiddetta Zes Unica e, forse sarebbe opportuno affrontare una simile nuova scelta dell’attuale Governo seguendo questo approccio metodologico: prima analizzare in modo asettico la vecchia norma che istitutiva le Zes nell’intero Mezzogiorno.

dopo esporre i motivi che hanno portato alla scelta della Zes Unica e le logiche da seguire per raggiungere davvero quei risultati che finora non si sino raggiunti con l’impostazione precedente.

Sinteticamente riporto di seguito le mie critiche alle Zes istituite con il Decreto Legge 20 giugno 2017 n. 91. Intanto faccio una premessa: il lavoro svolto dai vari Commissari è stato encomiabile e le mie critiche non sono assolutamente rivolte al loro operato. Tuttavia il primo dato negativo, da addebitare essenzialmente ai Governi che si sono succeduti ed alle otto Regioni, è legato al fatto che dopo oltre sei anni non si è fatto nulla o pochissimo e sicuramente quanto prima potremo disporre di un altro provvedimento magari prodotto da un condominio o da più condomini di palazzi ubicati o nella città di Napoli o di Palermo.

Scherzo ma mi sembra davvero assurdo che si continui a parlare di una iniziativa che, per come è stata concepita e per come è stata gestita, ormai è solo da dimenticare ed è una eredità che la ex Ministra per il Sud e la coesione territoriale Mara Carfagna avrebbe fatto bene a non cercare di apportare ulteriori modifiche. Sarebbe stato invece utile effettuare una attenta analisi dello strumento istituito ripeto sei anni fa e cercare intanto di capirne innanzitutto il significato e quindi soffermarsi sulle motivazioni per cui sono state costituite e cioè:

Dovevano essere zone geograficamente delimitate e situate entro i confini dello Stato, costituite anche da aree non territorialmente adiacenti purché presentassero un nesso economico funzionale e comprendessero almeno un’area portuale con le caratteristiche stabilite dagli orientamenti dell’Unione europea per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti (Tent-T).

Dovevano avere l’obiettivo di attrarre grandi investimenti; Dovevano avere l’obiettivo di favorire la crescita delle imprese già operative o la nascita di nuove realtà industriali nelle aree portuali e retroportuali.

Dovevano avere l’obiettivo di implementare le piattaforme logistiche, collegate anche da intermodalità ferroviaria.

Invece, solo in Sicilia ci sono le seguenti ZES: ZES Sicilia occidentale con i comuni di Caltavuturo, Palma di Montechiaro, Misilmeri, Salemi, Campofelice di Roccella, Custonaci, Ravanusa, Calatafimi, Cinisi, Gibellina e Serradifalco; ZES Sicilia orientale con i comuni di Avola, Militello in Val di Catania, Carlentini, Vittoria, Francofonte, Solarino, Scordia, Floridia, Vizzini, Acireale, Rosolini, Pachino, Troina, Lentini, Palazzolo Acreide, Ragusa, Niscemi, Gela, Mineo e Messina; altre aree individuate sono tre portuali (Porto Empedocle. Porto dell’Arenella di Palermo, Porto di Augusta) e due aree industriali (ASI di Caltagirone e la zona di San Cataldo Scalo insieme alla zona industriale di Calderaro nel Comune di Caltanissetta).

Cioè nella sola Sicilia ci sono 36 aree elette a Zes, in tutta la Ue le aree elette a Zes sono 91. Questo dato dimostra la deformazione del concetto ispiratore delle stesse Zes e rende davvero priva di organicità e di immediata incisività l’azione stessa dello strumento.

Questo fallimento di una scelta nata per rilanciare il Sud purtroppo non rappresenta una sorpresa perché rientra in un preciso codice comportamentale che si caratterizza come “pura clientela programmatoria” o in modo più chiaro come “la gratuita soddisfazione dell’organo politico nella elencazione delle risorse ottenute, nella elencazione degli impegni assunti”; sì anche di quelle ridicole come per l’Area industriale di Taranto (solo 8,1 milioni di €), Area industriale di Potenza (solo 20 milioni di €), Area industriale di Matera (solo 30 milioni di €).

Però tutto è rimasto, purtroppo, pura elencazione di procedure e di atti, una elencazione che avrebbe continuato ad illudere il Mezzogiorno per poi concludersi nel nulla.

Per essere concreti riporto esempi di notizie rassicuranti fornite fino a pochi mesi fa dagli organi locali:

Allo sportello unico digitale della Zes Campania sono state presentate 78 domande per diversi settori merceologici: oltre a logistica e farmaceutica, spiccano metalmeccanica, tessile e automotive, quelli autorizzati sono 16 con investimenti per complessivi 120 milioni ed un migliaio di posti di lavoro.

Allo sportello unico digitale della ZES Adriatica (una ZES a cavallo delle Regioni Molise e Puglia) sono arrivati 71 progetti e le autorizzazioni rilasciate sono 18 per un valore globale degli investimenti di 450 milioni di euro e circa 2.000 unità di nuovi posti di lavoro.

Allo sportello unico digitale della Zes Jonica (una Zes a cavallo delle Regioni Puglia e Basilicata) sono finora arrivate 22 domande per complessivi 40 milioni con una ricaduta occupazionale di 250 unità. In Calabria sono arrivate quattro domande e forse sono state autorizzate 2. Strano se si tiene conto della presenza di un HUB portuale come quello di Gioia Tauro. In Abruzzo su sei domande sono state rilasciate tre autorizzazioni con una ipotesi di investimenti pari a 32 milioni di euro ed una ricaduta occupazionale di 150 posti.

Nella Sicilia occidentale su 18 domande presentate è stato concluso l’iter autorizzativo per tre progetti. Nella Sicilia orientale su 37 domande ne sono state autorizzate attualmente un numero di 8.

Alla Zes Sardegna sono pervenute 4 domande e ne sono rilasciate 2. A questa serie di notizie se ne aggiunge una che fa davvero paura, mi riferisco alla seguente dichiarazione del Commissario delle Zes Campania e Basilicata e coordinatore delle otto aree Giuseppe Romano: «Temiamo che questo processo possa fermarsi alla fine del 2023 infatti la cessazione del credito di imposta al prossimo 31 dicembre rappresenta una criticità. Crediamo che questa agevolazione vada legata al periodo di vigenza delle Zone Economiche Speciali, sette anni, per consentire alle imprese che i investono di ragionare sul lungo periodo senza essere costrette ad effettuare l’intero esborso di capitale entro il 2023».

Oltre a questa clausola non possiamo dimenticarne un’altra prevista sempre nel Decreto Legge istitutivo delle ZES n.91 del giugno 2017, convertito nella Legge 3 agosto 2017 n.123 e che precisa: «le imprese beneficiarie devono mantenere la loro attività nell’area ZES per almeno sette anni   dopo   il   completamento dell’investimento oggetto delle agevolazioni, pena la revoca dei benefici concessi e goduti».

Appare evidente che sono passati ormai quasi sei anni e siamo praticamente fermi ai gratuiti ed ottimistici comunicati stampa; mi sembra di essere tornato indietro di mezzo secolo quando nel 1967 furono definite con apposita Legge, sempre nel Mezzogiorno, 46 Aree di Sviluppo Industriale (Asi) e di queste oggi ne esistono forse realmente operative appena 6.

Veniamo ora alla Zes Unica e ritengo che questa scelta genererà una riforma organica dell’intero “Sistema Mezzogiorno”, dell’intero sistema formato da otto Regioni. Perché ritengo che questa scelta possa essere motore di una vera riforma? Perché, finalmente, scopriamo le omogeneità che legano le otto Regioni e forse una simile scoperta spero possa diventare la base di una rivisitazione profonda dei comportamenti le singole realtà regionali.

Cerco di elencare tali omogeneità: Sono tutte otto all’interno dell’obiettivo uno, cioè tutte hanno un PIL pro capite inferiore al 75% della media europea. Nessuna delle otto Regioni supera la soglia del 5% nella formazione del PIL nazionale

Il Pil pro capite nelle otto Regioni non supera la soglia dei 22 mila euro e addirittura in alcune si attesta su un valore di 17 mila euro; al Centro Nord si parte da una soglia di 26 mila euro per arrivare addirittura a 40 mila euro.

I Livelli Essenziali delle Prestazioni (Lep) all’interno delle otto Regioni sono indifendibili; per la offerta di servizi socio – assistenziali si passa da 22 euro pro capite in Calabria ai 540 euro nella Provincia di Bolzano. La spesa sociale del Sud è di 58 euro pro capite, mentre la media nazionale è di 124 euro. Il livello di infrastrutturazione del Sud produce un danno annuale nella organizzazione dei processi logistici superiore a 58 miliardi di euro all’anno

La distanza dell’intero Mezzogiorno dai mercati del Nord d’Italia e del centro Europa è un vincolo alla crescita per tutte le otto Regioni. Ebbene, questa omogeneità deve portare ad un’azione congiunta delle otto Regioni verso scelte non localistiche, verso proposte che non perseguano vantaggi per determinati ambiti territoriali in danno di altre realtà.

La Zes Unica, quindi, produce automaticamente quello che Claudio Signorile definisce giustamente un assetto federativo e forse questo nuovo impianto istituzionale potrebbe portare alla istituzione di una sede in cui le otto Regioni possano: Identificare congiuntamente le sedi da promuovere come ambiti ottimali da incentivare. Equilibrare congiuntamente i nodi logistici che esaltano le funzioni di determinare realtà.

Definire ed approvare insieme l’accesso e l’uso delle risorse. Potrebbe nascere come primo atto concreto un Comitato Interregionale per l’attuazione della Zes Unica ed un simile strumento dovrebbe avere al suo interno oltre alle otto Regioni, il Ministro per il Sud e la Coesione territoriale, il Ministro dell’Economia e delle Finanze, il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti ed il Ministro delle Imprese e del Made in Italy

Per raggiungere la organicità del processo sarà necessario costruire un organismo catalizzatore, sì qualcosa di simile alla Cassa del Mezzogiorno, cioè una sede in cui: Evitare la creazione di aree forti e di aree deboli; Evitare la mancata attivazione della spesa; Evitare errori nella gestione delle aree produttive; Evitare una sudditanza delle realtà produttive del Sud nei confronti di quelle del Nord specialmente per quanto concerne i sistemi logistici. (ei)