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"Dio amante della vita", il libro del poliedrico don Mario Ciardullo

“Dio amante della vita”, il libro del poliedrico don Mario Ciardullo

di CARMELA INFANTE – “Dio amante della vita: dalla bioetica sul fine vita a Chiara Luce Badano” è il titolo del testo di don Mario Ciardullo, edito da Tau Editrice – Todi, nel novembre 2023, con la prefazione puntuale di mons. Giovanni Checchinato, arcivescovo metropolita di Cosenza – Bisignano.

«Che cosa è l’uomo perché te ne ricordi e il figlio dell’uomo perché te ne curi? (Salmo 8,5). Queste affermazioni del salmo – scrive mons. Checchinato – ci mettono davanti allo stupore per la vita e la sua bellezza: esse provengono dalla nostra tradizione ebraico cristiana che ha dato tanto alla promozione della dignità dell’uomo, e che desidera offrire ancora i suoi valori di solidarietà radicale a tutti coloro che sentono la vita come bene incommensurabile, e desiderano per questo la vita».

Il poliedrico autore del testo, Mario Ciardullo, nasce a Cosenza il 10/07/1989. Sacerdote dell’Arcidiocesi di Cosenza – Bisignano dal 10/05/2014, già parroco di Carolei, Domanico, Potame, Vadue di Carolei, è attualmente parroco della parrocchia Santa Maria della Consolazione in Rende. Dopo aver conseguito il baccellierato in Sacra Teologia si è licenziato in Teologia Morale con indirizzo Bioetico ed in seguito ha ottenuto l’abilitazione all’insegnamento della religione cattolica. Don Mario è anche un cantautore con al suo attivo sedici brani musicali ed è autore di tre opere scultoree.

«La vita dunque è anche nelle nostre mani. Uno degli ultimi messaggi che Chiara Badano ha mandato ai giovani recita così: “Abbiamo una sola vita. E vale la pena di viverla bene”. Merita ascolto!». È questa la frase conclusiva del testo che parla di sacralità della vita e affronta nell’insieme temi complessi, con linguaggio disinvolto, chiaro e comprensibile a tutti, quali vita e morte attraversando tematiche cruciali quali bioetica, eutanasia, biofilia, aborto.

È riuscito a trattare temi ostici quali vita, morte, bioetica, eutanasia, con un linguaggio semplice che arriva a tutti. Quale il segreto?
Nessun segreto. La semplicità vince sempre. Penso che la formazione, lo studio, la quotidianità, la strada, ti portino a scegliere come essere. Scegliamo noi ogni giorno chi essere. Io ho scelto di arrivare a tutti. Spero di riuscirci.

Il Suo testo è un inno alla vita perché anche nella morte di Chiara Badano emerge la sacralità della vita di cui «solo Dio può decretarne la fine»…
Assolutamente sì. “Il Dio amante della vita” vuole mettere in evidenza la sacralità della vita. Sostanzialmente per due motivi, il primo è da ricercare all’interno di un bisogno pastorale: da sacerdote si incontrano tante situazioni di sofferenza, si piange con chi soffre e soprattutto si presta orecchio a tante domande quali il perché della sofferenza, il perché della malattia, il valore della vita umana e ovviamente la figura del Dio di Gesù che per molti sta lì fermo ad osservare e a gioire per il male che si affronta. Il secondo motivo è riconducibile ad un’esperienza personale legata alla sofferenza vissuta da mio padre (che lo ha portato poi alla morte) e di conseguenza alla sofferenza che tutta la mia famiglia ha vissuto in quei cinque anni. Lo sappiamo, quando un membro della famiglia soffre, tutta la famiglia soffre. Precisamente ciò che mi ha segnato in quei cinque anni è da ricercare non tanto nella sofferenza, ma nel modo in cui Dio si è reso presente in quella sofferenza. Quel Dio che ha redento la sofferenza, attraversandola, si è mostrato non solo vicino, presente, vivo, provvidenziale. Una sofferenza certamente vissuta nella serenità, ma soprattutto nella fede nel Dio “amante della vita”. Nasce così l’idea di unire le due cose per provare ad affrontare la problematica situazione storica dell’uomo, colta nel mistero del male e della sofferenza, ma soprattutto per provare a rispondere alla domanda che accomuna ancora oggi cristiani cattolici: “perché Dio permette la sofferenza?” Ecco allora che nasce quello che noi oggi potremmo definire un ossimoro bioetico: da un lato il Dio amante della vita in tutte le sue forme (evidenzio a partire dall’Antico Testamento fino al Nuovo Testamento come si manifesta questo amore di Dio per la vita, in modo particolare come Gesù opera a favore della vita) dall’altro lato, nello specifico, il caso di Chiara Luce Badano, oggi beata, che ha saputo, con il suo esempio e la sua testimonianza luminosa, essere discepola del Dio biofilo anche nella situazione estrema del dolore. Un dolore che oggi ci invita a porci degli interrogativi bioetici.

A me pare che questo testo possa essere letto anche da chi non crede ed è quanto emerge da più angolature ma soprattutto dal modo in cui viene trattato il tema dell’eutanasia.
Quando si scrive, si scrive cercando di dare luce alla verità. Spero che in tanti, attraverso questo libro, possano comprendere sempre più il valore sacro della vita, ma soprattutto l’importanza di un Dio che essendo amante della vita tout court, non può godere per la morte (concezione ancora presente oggi nella maggior parte dei cristiani). Infatti, oggi, si ha l’impressione che nonostante tutto niente è impossibile all’uomo. E allora, se una cosa è possibile è anche sempre lecita? Il “sentire” di tanti uomini di oggi è cambiato: ad esempio il principio valoriale non è più la vita in sé, ma una certa “qualità della vita”. Ecco allora che il “Vangelo della vita” è il piano pastorale più urgente affidato a noi comunità cristiana e a tutti gli uomini di buona volontà perché la vita non è difesa, non è protetta, non è promossa, non è apprezzata, è diventata spesso uno “scarto”; in una parola è “disangelizzata”. Uno degli ultimi messaggi che Chiara Badano ha mandato ai giovani recita così: «Abbiamo una sola vita. E vale la pena di viverla bene». Merita ascolto!

«Non fare del bene se non hai la forza di sopportare l’ingratitudine»: una delle frasi più famose del saggio cinese Confucio. Mi sembra che questa frase possa ben incastrarsi nelle tematiche presenti nel testo. È solo una mia supposizione o comunque in qualche modo ci rientra?
Beh ci sta! Molte volte siamo irriconoscenti nei confronti di Dio e del prossimo. Alcuni sono mossi dal rancore e dall’invidia proprio con le persone che meno lo meritano. Il rischio è di dimenticare in fretta il bene ricevuto. Nel testo le tematiche trattate ci riportano al principio cardine che è la gratitudine. Siamo nelle mani di Dio da sempre. Dovremmo dire grazie ogni giorno, ogni ora, ogni minuto, ogni secondo.

Il titolo del Capitolo II cita così: “L’inizio era così: La biofilia di Dio”. In parole semplici come Lei sa fare: perché Dio è biofilo?
Dio è biofilo (biofilia significa “amore per la vita”) semplicemente perché è sempre per la vita. Lo vediamo sia nell’Antico Testamento, sia nel Nuovo Testamento (in modo più esplicativo nei Vangeli). Gesù guarisce sempre; zoppi, storpi, ciechi, paralitici. È per la vita non per la morte. E anche oggi, dove tutto sembra il contrario, se aprissimo le orecchie e gli occhi del cuore, ci accorgeremmo di quanto Dio sia più vicino a noi di quanto noi minimamente possiamo pensare o immaginare. Cammina con noi, ci sostiene, ci dà forza. Ma noi preferiamo notare e “vedere” solo le cose visibili. La mano “invisibile” di Dio, invece, sfugge perennemente ai nostri sensi.

Chi sono i Caino e gli Abele dei nostri giorni?
In potenza tutti; proprio in virtù di quell’ingratitudine di cui sopra, ognuno di noi può diventare Caino o essere Abele. Sta a noi riconoscere negli altri il volto di Dio. Il grande filosofo Levinàs direbbe che: «Il volto dell’altro mi sta di fronte nella sua presenza e al tempo stesso nella sua enigmatica astanza: oggetto di un inesauribile desiderio, sempre trascendente rispetto ad ogni tentativo di conoscenza esaustiva, di dominio, di possesso». Attraverso il volto dell’altro dunque posso e devo andare verso l’Alto.

Che fare per far sì che il profitto e la smania di arrivare dei tempi moderni non arrivino a calpestare tematiche quali biofilia e bioetica?
Bisogna semplicemente crescere nella consapevolezza che è Dio a guidare la storia. Questo Dio si fida talmente tanto dell’uomo che gli dona il compito di custodire ogni cosa da Lui creata. Sta a noi dunque non oltrepassare il limite. Per far questo bisogna riconoscersi uomini e cioè diversi da Dio. Altro rispetto a Lui. Evangelicamente “come bambini”. (ci)