IN UN'INTERVISTA ALL'HUFFINGTON POST IL MINISTRO PER IL SUD PARLA DELL'ANTIPOLITICA E DEL MERIDIONALISMO;
Il ministro per il Sud Peppe Provenzano

IL TRASFORMISMO, UN MALE ANTICO AL SUD
PROVENZANO: +SVILUPPO, MENO CLIENTELA

Coniugare sviluppo ed equità: il ministro per il Sud e la Coesione sociale Peppe Provenzano, in un’intervista all’Huffington Post, spiega che il meridionalismo è nel dna della sinistra e perché è critico nei confronti del Reddito di Cittadinanza. «Non è e non poteva essere – afferma il ministro una politica per creare lavoro. Anzi, va modificato l’impianto proprio su questo aspetto. Ma quando sento parlare, anche sinistra, “gente pagata per stare sul divano” lo trovo rivelatore di un atteggiamento inaccettabile. A meno che non vuoi fare la “sinistra da salotto”».

Provenzano proviene, com’è noto dalla Direzione della Svimez, l’Associazione per lo Sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno fondata nel 1946 da Pasquale Saraceno, Donato Menichella, Nino Novacco, Francesco Giordani e Rodolfo Morandi. Sono cambiati i tempi, è cambiato il mondo delle relazioni lavoro-industria, ma resta la grande lezione di Saraceno che aveva messo in pratica l’idea di un nuovo meridionalismo sulla scorta del dibattito avviato alcuni anni prima dall’Iri col presidente Alberto Beneduce e il direttore generale Menichella. Il ministro non ha mai fatto velo di essere un meridionalista convinto che però tiene gli occhi bene aperti sulla complessità del momento che l’Italia sta attraversando. Il suo Piano per il Sud (100 miliardi in dieci anni, presentato col presidente del Consiglio Giuseppe Conte a Gioia Tauro a metà febbraio, qualche settimana prima che scoppiasse la pandemia da Covid, è momentaneamente “a bagnomaria” e non potrebbe essere diversamente, ma gli obiettivi di perseguire una politica di riequilibro nel divario nord-sud sono sempre in primo piano.

Con il giornalista Alessandro De Angelis l’Huffington Post, Provenzano parla della crisi del Movimento Cinque Stelle e del futuro dell’accordo di governo: «C’è una discussione al loro interno, che noi rispettiamo. Quel movimento era espressione dell’antipolitica. Ma l’antipolitica, a mio avviso, è arrivata al capolinea. Stanno finalmente emergendo posizioni coraggiose, come quella del Ministro Patuanelli che chiede al movimento “una scelta di campo”. C’era quella frase di Bobbio: “Si interrogano sul loro destino e non hanno capito la loro natura. Capiscano la loro natura e risolveranno il problema del loro destino”. Ecco, il M5S deve sciogliere il nodo della sua natura, da questo dipende anche il destino dell’alleanza».

Un argomento di stretta attualità è l’antipolitica e i numeri che sorreggono il Governo. «La parola voto – ha detto il ministro Provenzano – non può essere mai un tabù in democrazia. Ma nella nostra democrazia la pronuncia il Presidente della Repubblica. Il Governo ha gestito la crisi più difficile dal dopoguerra, guadagnando prestigio e considerazione internazionale e anche tra gli italiani. Ora ha una grande opportunità, grazie alla svolta europea, uscire da questa crisi con più equità e sviluppo. La vita del Governo è legata a mio avviso solo a questo: essere all’altezza di questa sfida, che l’Italia non può sprecare». E su come si sono pronunciati gli italiani sul taglio dei parlamentari: «Quel referendum non era il trionfo, ma il canto del cigno dell’antipolitica. Ecco perché abbiamo fatto bene a non regalare e relegare a quel campo il 70 per cento degli italiani che ha votato Sì. Ho sempre detto che nel No c’era una domanda di buona politica che è nel nostro Dna. Ora dobbiamo raccoglierla nel processo riformatore che, grazie al Pd, mettiamo in campo. Ma sull’antipolitica servirebbe un ragionamento più di fondo».

Dice Provenzano: «L’antipolitica è una malattia cronica dell’Italia, che si riacutizza quando la politica diventa impotente. Ma facciamoci una domanda: quale è la sua radice? La Casta è stata solo un formidabile innesco, ma la polvere era il senso di frustrazione delle persone. Con l’austerità, con il neoliberismo, la politica si era legata le mani. “Non c’è alternativa” è stato il motto con cui si portavano avanti politiche antisociali. Ma se non c’è alternativa, la politica a che serve? Allora è solo un costo. Ora siamo in una fase del tutto nuova. C’è stata una svolta sul terreno economico-sociale, non solo rispetto al governo precedente, ma rispetto a una stagione lunga. Dopo la pandemia, la politica torna a incidere e si è dotata degli strumenti per migliorare la vita delle persone».

Incalzato dal giornalista, Provenzano parla della clientela e del trasformismo della politica a proposito dei risultati delle regionali: «Penso che il trasformismo sia il male antico dell’Italia e soprattutto del Sud. Che si può nascondere dietro il proliferare di liste civiche e personali. Ma il punto politico è che il Sud ha detto No a Salvini. E infatti la destra si sta interrogando. Io mi batto per un Sud libero, anche dal ricatto del bisogno. Le clientele non le batti con il moralismo, ma con lo sviluppo e il lavoro buono. Per questo ora dobbiamo avere al Sud un Pd all’altezza». (rrm)