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Isolamento da covid

La storia: Covid, il male dell’anima. Quando in famiglia scopri un positivo

di GIUSY STAROPOLI CALAFATI – Era inevitabile non accadesse. Dalla Cina al resto del mondo, fin dentro casa nostra. Di molti e anche la mia. E non è stato, lo assicuro, come quando come Elliott incontrò ET, e neppure come quando Maria andò in visita nella casa di sua cugina Elisabetta. Che mentre allora, nel grembo di Elisabetta, all’arrivo di Maria, sussultò il bambino, mio figlio, 11 anni, anziché sussultare, è rimasto praticamente immobile. Il Covid lo coglie in pieno. Non gli risparmia nulla. E lo racconto solo ora, ora che tutto è passato, perché certe esperienze, prima di essere condivise, hanno bisogno di essere metabolizzate. Farti fare un bel sospiro di sollievo. 

Nessuno di noi, noi magnifici sei intendo, tanti siamo nella mia famiglia, aveva dato agio al Covid di entrare nelle nostre vite. Sconvolgerle. Almeno era quello che credevamo. Protocolli, regole, precauzioni. Ma non era bastato nulla a tenere lontano questo virus bastardo e irregolare.

La sorpresa è per tutti. Nazareno è positivo. Andiamo nel panico. Che cosa dobbiamo fare? 

Se l’amore unisce, il covid disgrega. Obbliga alla separazione. Subito. Divide. Immediatamente. E non presenta alibi e non concede attenuanti. Neppure ai bambini. Il covid decide, impartisce regole, stabilisce obblighi. Stravolge il senso naturale delle cose. Mette in discussione la meccanica della vita. Inverte il tempo, rallenta le velocità, non declina nulla al futuro, discute esclusivamente al presente.

Un sovrano contro i servitori della gleba. Dove la zolla di terra è la sola speranza di farcela. 

Da madre, non ti capaciti dell’obbligo che ti si impone improvvisamente, di osservare tuo figlio da lontano. Nei momenti più forti, addirittura dal buco della serratura. Bisognava stessi molto attenta, proteggere anche gli altri, ma confesso che è stato duro il confronto con questo nuovo stato di cose. Senza toccarsi, semplicemente pensandosi. 

Non avevo mai profondamente riflettuto su quanto potesse costare un contagio da Covid 19. E quanto il covid è in grado di portare via. I figli sono carne della tua stessa carne, sangue dello stesso sangue, come si può non abbracciarli, o non baciarli di notte? Come è possibile stargli lontano, non toccargli le mani, non accarezzargli la fronte o pettinargli i capelli? Come si può curargli le paure senza potergli porgere una carezza, senza massaggiargli le mani fredde? Il covid oltre che per il corpo è un male dell’anima. Ti distrugge dentro, induce a una sorta di sofferenza spirituale che è peggiore di quella corporale. E ti invita a riflettere, ragionare sulla straordinarietà della vita. Sul suo valore. E concentra il pensiero sul mistero della maternità e della paternità. Sulla necessità dell’essere umano a sentirsi l’altro, facendoti provare i brividi del vuoto, la sensazione del nulla, il niente tutto intorno. Da caso clinico, diventa caso umano, e mettendo ni discussione i rapporti, le relazioni, i legami. 

Sono stati giorni duri. Riflessioni intense e costanti sulla vita e sulla morte. Sul mondo e sull’uomo che nel mondo non sa più come stare, in che modo continuare a vivere bene. Meditazioni mirate sulla forza delle fede, la riconciliazione tra l’uomo e Dio. Giorni di psicanalisi necessaria, viaggi a introspezioni dentro lo spazio di casa, in mezzo l’area occupata dalla famiglia. Affondi e risalite. Immersioni e ritorni in superficie.

Riabbracciando mio figlio, ho rinnovato alla vita il suo valore. La sua preziosa essenza. La sua straordinarietà. Non era scontato che riaccadesse. Non a tutte le madri riaccade. Riabbracciare non è un’ovvietà. Ed è per questo che alla scienza e alla ricerca, ho confermato la grandezza e l’essenzialità. 

Se la bellezza salverà il mondo, esse salveranno l’uomo. E al genio che Dio gli concede, deve andare tutto il nostro compiacimento. 

Mio figlio è negativo. Noi siamo tutti salvi. Forti e maturi per ritornare là fuori e affrontare la vita con tutto ciò che riserva.  (gsc)