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Basta criminalizzare la Calabria

L’OPINIONE / Basta con la criminalizzazione generalizzata della Calabria

di EMILIO ERRIGO – Che in Calabria sia presente la malavita credo che sia evidente e che nessuno dei Calabresi vuole negare l’esistenza.
La mia ultraquarantennale attività professionale, svolta prevalentemente in Italia e per alcuni anni, anche in territorio estero, mi consentono di poter affermare con cognizione di causa, che la mala gente e la malavita, sono presenti e non da oggi, ma da millenni, sia al Sud, al Centro, al Nord dell’Italia e in molti degli Stati dei territori esteri.
Non voglio lasciare intendere al lettore, che il “mal comune è mezzo gaudio”, ma è mia intenzione di ricercarne, capirne e rappresentare in estrema sintesi, le possibili cause che hanno originato e fatto emergere questo recrudescente fenomeno oramai divenuta una triste realtà sociale, con la quale occorre purtroppo dover convivere, sino a quando il male sociale non sarà guarito definitivamente.
La genesi della malavita calabrese, affonda le possenti radici nel passato remoto, quando la prepotenza dei ricchi baroni, proprietari e assegnatari di terrieri demaniali , in uno e in accordo, con gli affaristi e violenti del tempo, dominavano e controllavano popoli e i territori con metodi e mezzi molto cruenti.
La cronistoria degli eventi è scritta e chi desidera leggerla o studiarla, per saperne molto più di quanto io vada scrivendo, lo può fare liberamente recandosi in una delle tante librerie italiane ed estere.
Non mancano monografie di buona fattura e grafica, ne in formato e composizione digitale, che forniscono una enorme quantità di informazioni.
Ora volendo limitare la mia ricerca delle cause e concause, che hanno favorito la nascita, la crescita e il propagarsi del mal di vivere in Calabria, negli ultimi 70 anni, occorre soffermare il pensiero e ragionare attentamente su quanto deve essere stata dura superare le conseguenze economiche negative, della II guerra mondiale e le reiterate alluvioni degli anni cinquanta, che hanno portato morti e distruzioni in Calabria.
Era molto dura la vita al Sud negli anni post bellici, post alluvioni e post terremoti.
Il tentativo di industrializzazione della Calabria, con enormi benefici economici per le grosse aziende e industrie del nord, iniziato nei primi anni settanta, dopo i noti Moti popolari di Reggio Calabria, ha portato solo sofferenze, lutti e opere inutili, vasti espropri di terreni agricoli, incompiute cattedrali nel deserto, fabbriche rimaste in vita produttiva solo per pochissimi anni, successiva crescente disoccupazione e inoccupazione, persone sbandate, confuse, arrabbiate, risentite e la tanta brava gente, (la maggioranza) , rassegnata in attesa di una vita migliore che non è arrivata mai.
Rimaneva solo da studiare e lavorare così come si poteva alla giornata, nei campi, al mare e nelle piccole imprese artigiane, per aiutare la propria numerosa famiglia a sopravvivere alle avversità economiche che hanno caratterizzato e sono ancora presenti in Calabria.
Le attività artigianali e le prestazioni di lavoro giornaliero, da sole non assicuravano una condizione di vita famigliare adeguata ai reali bisogni umani.
Dopo la prima ondata di migrazione di intere famiglie verso il nord o verso l’estero, in cerca di qualsiasi tipo di lavoro da svolgere pur di mantenere onestamente il proprio nucleo famigliare, seguita da una emigrazione culturale dei giovani diplomati e laureati, hanno segnato per sempre le sorti economiche depressive della già provata economia agricola e artigianale calabrese.
Coloro i quali sono stati indotti o costretti loro malgrado, a rimanere in Calabria, per l’età , per altre plausibili motivazioni famigliari e comprensibili ragioni, si sono dovuti accontentare di quel poco che gli veniva loro offerto, dai benestanti proprietari terrieri, i quali vivendo in maggior parte a Napoli o Roma, facevano amministrare i propri beni, attraverso fiduciari, arroganti, ben retribuiti e trattati, i quali continuavano a far coltivare le loro terre da braccianti agricoli sotto pagati e molto sfruttati.
Venne il periodo storico socialmente ed economicamente più negativo e socialmente malavitoso, per i Calabresi, i soggiorni obbligati per motivi di sicurezza pubblica, in varie regioni di confine, con la delocalizzazione degli irriducibili delinquenti nelle Isole.
Iniziarono i sequestri di persona a scopo estorsivo in Calabria, dei ricchi possidenti e benestanti e in altre regioni d’Italia, nei confronti di industriali.
L’Intervento umanitario della Chiesa Calabrese e del Papa, non sortirono alcuno degli effetti sperati.
Molti di queste persone sequestrate non fecero più ritorno nelle loro case.
La paura e in terrore, incalzavano i ricchi proprietari terrieri e i loro sodali politici protettori.
Arresti e omicidi di malavitosi e criminali, riempirono le pagine dei giornali, le carceri e i cimiteri.
Lo Stato si fece sentire con determinazione allora, affermando la forza del diritto e il valore della legalità ovunque.
Dove la Repubblica non riuscì a fare quanto occorreva fare con altrettanta e decisa determinazione, e ancora non si comprende il perché non riesce a fare molto, è nell’assicurare al “Popolo Calabrese”, un altro fondamentale diritto, solennemente affermato e previsto dalla nostra Costituzione , quello di prevedere e consentire per i Calabresi, un lavoro onesto e dignitoso.
La Scuola dell’obbligo, la frequenza sempre maggiore, degli Istituti di Istruzione Superiori e delle diverse Università, esistenti in Calabria, hanno migliorato sicuramente la cultura e la qualità della vita civile dei giovani.
Ora manca l’ultimo sforzo dello Stato, garantire lavoro, tutelare e salvaguardare dalla malavita, l’iniziativa privata e favorire la libertà d’impresa per coloro che vogliono investire o ritornare a investire i propri o altrui capitali in Calabria.
La legislazione d’urgenza e la costituzione delle Zone Economiche Speciali nelle Regioni del Sud Italia, sembrerebbe che allo stato, non hanno portato alcun concreto beneficio occupazionale ed economico alle Regioni interessate.
Se il Governo così come più volte ha promesso e manifestato per voce autorevole del Presidente del Consiglio in carica, creerà le giuste opportunità di lavoro nelle Regioni del Sud, ad iniziare dalla Calabria, la regione considerata la più fragile e depressa, socialmente ed economicamente, sono fermamente convinto che la malavita e la criminalità, dovranno necessariamente passare, prima che sia troppo tardi per i loro sporchi affari e traffici illeciti internazionali, alla manovra di ritirata e consentire di far risorgere il bene pubblico, favorendo concretamente la crescita del benessere economico, proteggere il lavoro onesto e dignitoso, elementi essenziali questi, dei quali c’è tanto, tanto bisogno in Calabria.
Di contro, se le promesse e le reiterate manifestazioni di buona volontà dell’attuale Presidente del Consiglio dei Ministri e precedenti Governi, rimarranno solo esternazioni di buoni propositi e intendimenti politici, senza nulla o poco di fatto, la Calabria e i Calabresi, da soli non ce la faranno mai e la criminalità economica e organizzata, continueranno a imperare e condizionare fortemente e chissà per quanti decenni ancora, ogni iniziativa economica, bloccando la libertà d’impresa, la possibilità di una vita migliore dei giovani e quindi il definitivo riscatto sociale positivo del popolo onesto Calabrese.
In assenza di “interventi controllati” dal Governo Nazionale e Regionale, sono convinto che continuare a criminalizzare la Calabria e i Calabresi, generalizzando e non differenziando, tra buona e mala gente, a mia opinione, si arreca solo un gran danno alla già debole economia regionale.
Da parte Sua il Presidente della Regione Calabria, deve agire nella consapevolezza che sono maturi i tempi e presenti i presupposti sociali, giuridici e politici, per chiedere più cooperazione a somma positiva, a tutti gli Assessori e Consiglieri Regionali, Sindaci , Assessori e Consiglieri Comunali, nominati e eletti dal popolo, chiedendo il massimo loro impegno professionale, a tutti i Dirigenti, Funzionari, Impiegati e Operai. Uno sforzo generale di cooperazione attiva per la Calabria, facendo capire a ognuno di loro che non c’è alcuna volontà del Governatore di attuare inutili discriminazioni politiche di appartenenza alla maggioranza o all’opposizione, che poco o nulla importa, quando una Regione, affonda nella malavita economica e sociale.
(Emilio Errigo è nato in Calabria, Docente titolare di Diritto Internazionale e del Mare e di Management delle Attività Portuali, e Consigliere Giuridico nelle Forze Armate)