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L'OPINIONE / Vincenzo Vitale: Piazza De Nava è diventata una "tabula rasa"

L’OPINIONE / Vincenzo Vitale: Ombre sulla demolizione di Piazza De Nava

di VINCENZO VITALE – Piazza De Nava ormai non c’è più, demolita in virtù di una progettualità ignorante di storia e carica di supponenza, compiacente una politica imbelle e prona ai desiderata della Soprintendenza. Nell’ultima versione del progetto esecutivo, custodita dai barbari distruttori come se fosse un quarto segreto di Fatima e conosciuta solo tramite un accesso agli atti, si dice che, andati in discarica i ferrei tubi di raccordo tra pilastrini, questi sarebbero stati utilizzati come paracarri nelle adiacenti vie.

Non c’è traccia della fine che hanno fatto i monumentali pitosfori, nonostante che per legge avrebbero dovuto essere espiantati e riposizionato in altro sito. E nemmeno di dove siano finite le verdi panchine, uguali a quelle presenti sul lungomare, opera di artigiani reggini e forgiate in una fonderia che un tempo trovavasi nei pressi dell’attuale piazza Sant’Anna. Dette panchine sono tipiche del periodo della ricostruzione reggina dopo il sisma del 1908 e in qualsiasi parte del mondo civile sarebbero state oggetto di venerazione culturale quale segno materico di un trascorso tempo. Archeologia del moderno, così potremmo definire la cura e l’attenzione verso oggetti del passato, che questi rappresentano e descrivono con un solo colpo d’occhio.

La Soprintendenza reggina, quella delle “carte a posto” e della burocratica propensione a tenere in ordine i faldoni più che entrare con cultura e diligenza nel merito delle sue attività, dove le ha messe? In una qualche discarica, cosa difficile da ipotizzare, o in qualche giardino privato come bottino di guerra concesso a chi si è mantenuto fedele ai suoi infausti progetti? Alcuni precedenti di simili razzie a Reggio ci sono stati, come quelle riguardanti le basole rettangolari in pietra lavica ai tempi dell’asfaltamento selvaggio di tutta la zona nord della città a ridosso del centro propriamente storico.

È solo un’ipotesi, naturalmente, ma il dubbio, in assenza di un’eusastiva dichiarazione da parte della Soprintendenza, è logico che vi sia. Come anche sarebbe corretto che si dichiarasse chi e come ha ricevuto o riceverà i circa cinquecentomila euro spettanti per la progettazione e a direzione dei lavori della nuova piazza. Tutte transazioni finanziarie certamente legittime, d’altronde la Soprintendenza è troppo burocraticamente sgamata per non avere le “carte a posto”, ma, per non far pensare che l’ostinazione alla demolizione sua stata frutto di interessi economici, sarebbe opportuno che sul tema dei compensi si emettesse una nota formale. Tutto qui.

Ormai il danno alla città e stato fatto, solo che la cittadinanza vorrebbe sapere se il crimine urbanistico è stato commesso per ignoranza della storia cittadina o per becero interesse personale o di gruppo. È una richiesta illegittima o immotivata? (vv)

[Vincenzo Vitale è presidente della Fondazione Mediterranea]