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Senese (Fenealuil): La cessione dei crediti bloccata rischia di far fallire le imprese

La segretaria generale di Fenealuil CalabriaMaria Elena Senese, ha denunciato come la cessione dei crediti bloccata espone al rischio di fallimento le imprese: «parliamo di 150 mila licenziamenti».

«Il Superbonus 110% è, purtroppo – ha spiegato – diventato  un inaccettabile polemica politica che ha fatto perdere di vista la realtà dei fatti, trascurando aspetti importanti che invece una politica attenta dovrebbe ben analizzare prima di adottare scelte scellerate».

«Il blocco totale della cessione dei crediti – ha proseguito – in un momento in cui peraltro regna assoluta incertezza sulla monetizzazione dei crediti già maturati per lavori già eseguiti, rischia di affossare l’intero comparto. Come pure la decisione di impedire alle pubbliche amministrazioni di acquisire i crediti incagliati. Si sta deliberatamente e volutamente spingendo migliaia di imprese al fallimento totale».

«Un blocco deciso dal Governo per “salvaguardare i conti pubblici” – ha continuato – nonostante  numerosi studi rimarcano la convenienza di questo strumento da vari punti di vista. Si blocca la transizione energetica e l’adeguamento sismico di oltre 9 milioni di fabbricati, si stroncano le residue speranze di ottenere liquidità dagli enti locali per crediti incagliati da mesi. Sono già circa 90 mila i cantieri bloccati per mancanza di liquidità: 40 mila imprese devono cedere oltre 25 miliardi di crediti nei cassetti fiscali e sono a rischio fallimento».

«Il Superbonus – ha spiegato ancora – non solo ha impattato in maniera estremamente positiva sul Pil producendo sviluppo e ricchezza ma ha generato maggiore occupazione, il che vuol dire più redditi da tassare, ma anche maggiori consumi con tutto quanto ne consegue anche dal punto di vista degli introiti fiscali. Anche Nomisma ha evidenziando un impatto economico complessivo del Superbonus 110% sull’economia nazionale pari a 195,2 miliardi di euro, a fronte dei 65,2 di investimento al 31 gennaio scorso».

«È assolutamente fuorviante– ha evidenziato – soffermarsi sul deficit extra 2020-2022 per circa 81 miliardi provocato dal Superbonus, in quanto l’aumento del deficit per il 2021 e per il 2022 è dovuto al fatto che l’intero disavanzo generato dal Superbonus è stato tutto spalmato sul biennio e non nel quinquennio.  Intanto intervenga sollecitamente Cassa depositi e prestiti per smobilizzare i crediti e cederli poi alle banche».

«Le nostre proposte per il futuro? – ha detto la segretaria –. Si può pensare ad incentivi strutturali basati sul principio della progressività, oppure ad una cessione del credito proporzionale all’efficienza sismica ed energetica almeno per raggiungere la classe energetica D».

«Si può pensare – ha continuato – di erogare i bonus in base all’Isee. Secondo le nostre stime con un ISEE inferiore ai 30mila euro, ad esempio, la spesa per lo stato finirebbe per aggirarsi tra i 10 e 15 miliardi all’anno. Inoltre esclusivamente per i redditi bassi si potrebbe prevedere la possibilità da parte di CDP di anticipare la parte delle somme non coperta dai vari tipi di incentivi, su prezzi predeterminati di mercato da recuperare poi attraverso i risparmi in bolletta».

«Occorre – ha ribadito – dare strutturalità agli incentivi pubblici di riqualificazione edilizia, messa in sicurezza, efficientamento e risparmio energetico, consapevoli dell’importante effetto moltiplicatore che ogni euro speso nella filiera delle costruzioni genera: in termini di occupazione e quindi di gettito fiscale nonché come aumento del Pil».

«La transizione green – ha detto ancora – rappresenta il futuro ed il nostro settore non può che esserne protagonista, anche se, caratterizzato com’è da un’estrema frammentazione, con il 90% delle imprese che non supera i 9 dipendenti. Le nuove tecniche costruttive, i nuovi materiali, gli obiettivi su sostenibilità ed innovazione richiedono un forte investimento sui lavoratori e sulla crescita dimensionale delle aziende. Serve più qualificazione e formazione».

«Due aspetti – ha concluso – sui quali l’ultimo rinnovo contrattuale ha scommesso molto. Il tutto ovviamente inserito all’interno di una nuova stagione all’insegna della regolarità, che poi è sinonimo di più sicurezza, meno precarietà e migliori condizioni di vita e di lavoro. Su questi pilastri dobbiamo lavorare se vogliamo rendere questo settore appetibile anche per i nostri giovani che devono garantire il necessario ricambio generazionale». (rcz)