GUARIRE LA FERITA DEL TERRITORIO DI KR
ATTRAVERSO LA FORZA DELLA LEGALITÀ

di EMILIO ERRIGO –  Torno dopo qualche settimana a Crotone per continuare a fare ciò che sto facendo da tempo in tutte le sedi, lavorare incessantemente nel rispetto del mandato che mi è stato affidato. Solo il diritto, applicato con fermezza, può guarire questa ferita che dura da quasi un secolo. La bonifica non è un concetto teorico: è terra, scavi, rimozione, conferimento, norme sulla sicurezza. Ed abbiamo capito purtroppo, che può essere anche contrasto quando prevalgono interessi e punti di osservazione divergenti. Tuttavia, resta fermo un principio: la legge e la tutela della salute dei cittadini devono essere i pilastri su cui si fondano tutte le nostre azioni.

Il 18 giugno, il Tar Calabria, si è riservato la decisione sull’impugnativa dell’Ordinanza 1/2025, con cui lo scorso aprile il Commissario aveva imposto a Eni Rewind S.p.A. l’utilizzo dell’unica discarica nazionale pienamente autorizzata, quella di Columbra, per il trattamento dei rifiuti pericolosi del Sin.

Aspettiamo con enorme rispetto e grande fiducia il pronunciamento di giudici esperti che sapranno certamente distinguere tra responsabilità amministrative, scelte politiche e disinformazione. Il mio compito è quello di rimuovere ostacoli, nel pieno rispetto della normativa nazionale e unionale.

Sullo sfondo, resta la questione dell’autorizzazione al trasferimento in Svezia di 40.000 tonnellate di rifiuti: È un passo molto utile, ma parliamo di meno del 5% del problema, tra meno di un anno l’Europa, probabilmente, vieterà questo tipo di esportazioni.

Lo sostengo dal primo giorno: l’alternativa estera può affiancare, non sostituire, la soluzione interna. Questo è il senso profondo dell’Ordinanza.

Ho recentemente incontrato nuovamente il Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin, al quale ho fornito un puntuale aggiornamento sull’attività svolta e sulle prossime iniziative previste.

L’incontro ha rappresentato un momento di confronto importante, durante il quale sono state condivise le azioni già intraprese e quelle in programma, in stretta sinergia con le articolazioni amministrative competenti del Mase.

Il costante supporto delle donne e degli uomini del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica è stato ed è determinante per proseguire con determinazione lungo il percorso tracciato dal Governo, che ha dimostrato e continua a dimostrare una forte attenzione per la salute dei cittadini calabresi.

Ma non è solo in sede ministeriale che mi sto muovendo. 

Nei giorni scorsi  ho avuto un proficuo incontro presso l’Istituto Superiore di Sanità con il Direttore del Dipartimento Ambiente e Salute, Dott. Giuseppe Bortone, nel corso del quale ho rappresentato l’urgenza di avviare azioni concrete a tutela della salute pubblica sottoponendo dettagli riferiti alla complessa realtà ambientale del Sin di Crotone all’attenzione dell’ISS, diretto dal Prof. Rocco Bellantone.

Ho, poi, richiamato l’importanza di ricostruire un clima di fiducia istituzionale: “Auspico davvero che si possa ripristinare un dialogo cooperante con tutti gli attori coinvolti, a partire dagli enti territoriali fino alla comunità civile tutta. Solo tutti insieme possiamo restituire dignità a questa terra”.

Rivolgo, infine, un pensiero alle recenti vicende che hanno interessato il Presidente della Regione Calabria: Ho espresso subito al Governatore la mia solidarietà e sono pienamente fiducioso che il Presidente Roberto Occhiuto saprà superare questa fase, dimostrando con trasparenza che il suo instancabile impegno e la sua nota dedizione, sono sempre stati rivolti al bene dei cittadini calabresi. (ee)

[Emilio Errigo è commissario straordinario per la bonifica Sin Crotone]

LA CALABRIA, UNA TERRA DALLE PROFONDE
CONTRADDIZIONI CHE VUOLE RIPARTIRE

di BRUNO GUALTIERII numeri parlano chiaro: 59 reati di disastro ambientale dal 2015 al 2024 (primo posto in Italia), 221 siti contaminati senza nemmeno un iter di bonifica completato, solo 13,9 milioni di euro ottenuti dal PNRR su 500 milioni disponibili per i “siti orfani”. Un danno ambientale e sociale che supera i 2 miliardi di euro. Un’emergenza silenziosa ma devastante.

In Calabria si confrontano due realtà molto diverse: da una parte c’è chi guarda al futuro con competenza e visione chiara, dall’altra chi rallenta il progresso tra inerzie amministrative, interessi poco trasparenti e lungaggini burocratiche. È come avere due rematori sulla stessa barca che vanno in direzioni opposte: uno spinge verso il futuro, l’altro frena. Questa contraddizione la viviamo ogni giorno, soprattutto quando si parla di ambiente e delle speranze dei cittadini nel cambiamento.

Un triste primato che grida vendetta

I dati presentati dal forum “La verità è nella terra” di Legambiente e Libera sono allarmanti: dal 2015 al 2024 la Calabria si è classificata prima in Italia per reati di disastro ambientale, con 59 casi accertati. Una classifica che nessuno vorrebbe guidare, fatta di discariche abusive, scarichi industriali non autorizzati e traffico illegale di rifiuti pericolosi che danneggiano il territorio e mettono a rischio la salute.

Ma c’è un dato ancora più preoccupante: dei 221 siti contaminati che la Regione ha in carico per le bonifiche, nessuno ha ancora completato l’intero iter di risanamento. Decine di ettari rimangono così inutilizzabili, spesso in aree che potrebbero tornare produttive.

«Il collegamento tra siti contaminati e rischi sanitari è scientificamente documentato», afferma il prof. Alessandro Marinelli, esperto in medicina ambientale dell’Università Magna Græcia di Catanzaro. «Senza bonifiche efficaci, ogni giorno perso è un rischio in più per la salute dei cittadini».

Una paralisi burocratica che, da anni, trasforma gli uffici da strumenti di tutela in ostacoli al risanamento del territorio.

Il paradosso dell’agricoltura sostenibile

Mentre si promuovono l’agricoltura biologica e i prodotti a chilometro zero — grazie all’impegno dell’Assessore Gallo — si dimentica una scomoda verità: molti terreni calabresi sono ancora contaminati da metalli pesanti, idrocarburi e POP (composti organici persistenti) che non dovrebbero mai finire nel suolo.

Il Piano regionale delle Bonifiche si basa ancora su un elenco di siti inquinati fermo al 1999 e su un decreto ministeriale ormai superato. È come cercare di navigare con una mappa vecchia di 25 anni, ignorando strumenti moderni come i Sistemi Informativi Geografici (GIS) e le analisi di rischio aggiornate.

Manca un censimento aggiornato dei terreni contaminati, una lista di priorità basata sui reali rischi sanitari, e una guida regionale solida e competente che coordini e controlli gli interventi.

Le conseguenze sono gravi. Come ha dimostrato uno studio congiunto tra Regione e Istituto Superiore di Sanità, i siti contaminati costituiscono “un importante fattore di rischio per la salute umana“. Emblematico il caso del SIN di Crotone: sono stati rilevati “significativi eccessi di mortalità e ricoveri ospedalieri per numerose patologie“, con costi sanitari diretti di oltre 50 milioni di euro negli ultimi dieci anni.

La grande occasione perduta: quando 500 milioni evaporano

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) aveva messo a disposizione 500 milioni di euro per bonificare i cosiddetti “siti orfani” — luoghi contaminati per i quali non si riesce più a identificare un responsabile, spesso perché le aziende coinvolte sono fallite o scomparse.

Una grande occasione per la Calabria. Eppure, la regione ha ottenuto solo 13,9 milioni di euro, distribuiti tra sei Comuni (Amantea, Crotone, Lamezia Terme, Montalto Uffugo, Reggio Calabria e Vibo Valentia) per bonificare vecchie discariche comunali.

Il confronto con la Campania (60 milioni) e la Sicilia (55 milioni) è impietoso. Manca un censimento aggiornato, manca una regia regionale capace di pianificare progetti competitivi per attrarre risorse nazionali ed europee.

Il caso Marrella: quando il silenzio costa più delle parole

Grave è l’esclusione dai finanziamenti della discarica “Marrella” a Gioia Tauro, eredità dell’ex Commissario per l’emergenza rifiuti e ora sotto la responsabilità regionale. L’inquinamento di suolo e falde continua da anni, ma il Dipartimento Ambiente resta immobile.

Il Testo Unico Ambientale (D.Lgs. 152/2006) è chiaro: se il Comune non interviene, la Regione deve subentrare. Eppure, dopo oltre dieci anni dalla chiusura del sito, la gestione post-operativa non è nemmeno iniziata.

Un silenzio che pesa come un macigno. E la domanda è inevitabile: chi pagherà il conto di questa inazione? Le istituzioni coinvolte possono ancora permettersi questo immobilismo?

L’arte di scaricare i costi: quando l’inerzia finisce in bolletta

Il timore è concreto: che a pagare siano, come sempre, i cittadini. Magari in modo silenzioso ma costante, con aumenti nelle bollette dei servizi ambientali, e con ARRICAL costretta — suo malgrado — ad assorbire anche i costi delle negligenze altrui.

Alla fine, si rischia di finanziare l’inerzia, camuffando gravi omissioni con formule rassicuranti come “adeguamento tariffario” o “riequilibrio strutturale“. Il risultato, però, non cambia: si tratta pur sempre di costi ingiustificati, generati da decisioni non prese e responsabilità mai assunte, che finirebbero per gravare sulle spalle dei cittadini.

Se questo è il nuovo modello di governance ambientale, allora lo slogan potrebbe essere: “Il futuro è sostenibile… purché lo paghino gli altri”.

Una politica che prova a cambiare: quando la volontà incontra il muro

Negli ultimi anni, sotto la guida del Presidente Occhiuto, la Regione ha mostrato concrete capacità d’azione: dalla sanità commissariata che migliora, alla nascita di ARRICAL per il sistema idrico e quello dei rifiuti, dai trasporti al turismo, fino agli investimenti nella depurazione.

Dove la politica regionale ha potuto agire direttamente, senza essere ostacolata dalla burocrazia, i risultati sono arrivati. Tuttavia, persiste un divario significativo tra gli obiettivi politici e l’efficienza degli uffici, soprattutto nel settore ambientale, dove mancano figure tecniche specializzate.

Eppure, le azioni necessarie non sono complesse: basterebbe che il Dipartimento competente tornasse a occuparsi della sua vera missione — la Programmazione e Pianificazione Strategica secondo criteri di ingegneria ambientale — competenza esclusiva delle Regioni.

Già il D.Lgs. 112/1998 ha affidato alle Regioni queste funzioni. Ignorarle oggi non è solo una dimenticanza, ma una violazione normativa, che rischia di generare inefficienza amministrativa e possibili sanzioni europee.

La verità comincia dalla terra: quando le mafie giocano in casa

La Calabria è oggi uno dei principali fronti della lotta alle ecomafie. L’operazione “Mala Pigna” della DDA di Reggio Calabria ha svelato un vasto traffico illecito di rifiuti, con legami tra imprese corrotte, amministrazioni compiacenti e criminalità organizzata.

Non è un’eccezione. Altre inchieste hanno scoperto discariche abusive e traffici tossici tra le regioni del Sud. Una realtà radicata, che si combatte solo con una Pubblica Amministrazione forte, trasparente e capace di agire rapidamente.

Una scelta di civiltà, non solo tecnica: o si bonifica davvero, o si smetta di vendere illusioni.

La Calabria ha risorse straordinarie: paesaggi, competenze, passione civile. Serve solo il coraggio di crederci e agire, investendo in formazione tecnica e tecnologie innovative per le bonifiche.

È una scelta: vogliamo una Calabria pulita e abitabile secondo i canoni della Green Economy europea, o vogliamo continuare a perdere tempo tra carte e ritardi, mentre il territorio muore?

L’ambiente è vita. Il resto sono solo chiacchiere da convegno.

La verità comincia dalla terra. E la terra, prima di tornare a generare bellezza e opportunità, va liberata dai veleni con metodi scientificamente provati ed economicamente sostenibili. (bg)

[Bruno Gualtieri è già Commissario Straordinario dell’Autorità Rifiuti e Risorse Idriche della Calabria (ARRICAL)]

LA CALABRIA E IL PROBLEMA DEPURAZIONE:
UNA BATTAGLIA CHE SI DEVE VINCERE OGGI

di BRUNO GUALTIERIIn Calabria, terra bellissima e fragile, l’ambiente ha bisogno di essere difeso con determinazione e competenza.

Lo ha fatto recentemente il giornalista Alfonso Naso con un articolo pubblicato sulla Gazzetta del Sud, nel quale ha raccontato con chiarezza che il mancato funzionamento della depurazione produce effetti negativi sul mare, che ne paga le conseguenze. È un esempio di giornalismo che non si limita a descrivere i problemi, ma cerca di smuovere coscienze e responsabilità. E proprio da quel tipo di narrazione parte questa riflessione.

Da anni la Calabria è maglia nera per il trattamento delle acque reflue; con 188 agglomerati urbani fuori norma, situazione questa che ci rende la seconda regione peggiore in Italia. Una condizione che ha portato l’Unione Europea ad aprire diverse procedure d’infrazione, tra cui la 2017/2181, ancora oggi non definita. Le richieste dell’Ue sono precise: monitoraggi continui, sistemi di controllo, validazione dei dati e verifiche indipendenti. Eppure, a distanza di anni, queste azioni restano inattuate.

Se l’inerzia è preoccupante, lo è ancora di più la scelta, reiterata, di non agire. La Regione Calabria, attraverso il Dipartimento Ambiente e Territorio, ha promesso, ma non ha realizzato: il catasto unico degli impianti non è stato completato, i misuratori di portata non sono stati installati, i controlli automatizzati mai attivati. Ancora più grave è che i dati inviati a Ispra/Sintai ogni sei mesi sono incompleti o inutilizzabili ai fini della procedura europea, impedendo di fatto qualsiasi verifica. Nessuna richiesta di audit di conformità è mai stata formalizzata, perché la Regione non ha nemmeno avviato l’iter necessario. Non si può uscire da un’infrazione se prima non si dimostra, per almeno due anni, di rispettare i requisiti, ma se neanche si comincia, è evidente che si è deciso di restare fermi.

E purtroppo non finisce qui: non solo quegli interventi strategici previsti sin dal 2012 – e già finanziati con la Delibera Cipe n. 60 – sono stati ignorati, ma in alcuni casi addirittura osteggiati. Nel 2021, con la Delibera Cipes n. 79, sono stati proposti nuovi finanziamenti per interventi, in sovrapposizione con quelli già previsti anni prima, creando un cortocircuito amministrativo che ha prodotto uno stallo totale: nessun progetto nuovo, nessun completamento del vecchio. Solo spreco di risorse e di tempo.

Lo stesso Piano d’Ambito redatto dall’Arrical, che rappresenta lo strumento operativo per pianificare gli interventi in modo razionale e secondo le direttive europee – dando priorità ai territori con maggiore carico inquinante – è bloccato. Non per mancanza di fondi o di progettualità, ma perché il Dipartimento regionale ne ostacola l’attuazione, impedendo l’avvio delle procedure. È un fatto molto grave, che rischia di vanificare ogni sforzo tecnico e programmatico. A peggiorare il quadro, c’è l’inerzia dell’Assemblea dell’Arrical, che non ha ancora assunto alcuna decisione concreta, paralizzando il sistema proprio nel momento in cui servirebbe il massimo della reattività.

Eppure, sul piano politico, i segnali non sono mancati. Il presidente della Regione, Roberto Occhiuto, ha mostrato sin da subito un atteggiamento deciso, commissariando dove necessario e mettendo la tutela del mare tra le priorità del suo mandato. L’assessore all’Ambiente, Giovanni Calabrese, ha lavorato in stretto contatto con Comuni e Consorzi per sbloccare cantieri e sostenere interventi. Ma quando la burocrazia è lenta o, peggio, ostile, anche la migliore volontà politica rischia di naufragare.

Ogni estate si ripete lo stesso copione: acque inquinate, divieti di balneazione, turisti delusi, cittadini esasperati. E intanto la Regione diffonde dati poco utili, promette controlli che non arrivano mai, rinvia decisioni attese da anni. Il rischio non è solo ambientale o economico, ma anche culturale: si consolida l’idea che la Calabria non sia capace di governare se stessa, che l’emergenza sia la norma. Un’inerzia burocratica che costringe la Giunta Regionale a correre ai ripari all’ultimo minuto, stanziando risorse straordinarie per provare a salvare, almeno in parte, la stagione estiva. Quando invece, con interventi strutturali e tempestivi, l’emergenza non esisterebbe affatto.

Ma non può essere così. I calabresi hanno diritto a un mare pulito, a istituzioni trasparenti e funzionanti. È tempo che la società civile si faccia sentire: comitati, associazioni, tecnici, cittadini. Chi ha responsabilità deve rispondere. E chi vuole cambiare, deve essere messo in condizione di farlo.

Non è un problema tecnico, è una sfida di civiltà. Lo sviluppo turistico, la qualità della vita, la credibilità della Calabria si giocano anche – e soprattutto – nella capacità di risolvere un problema come la depurazione. Un problema che dura da troppo tempo e che può essere superato solo se la volontà politica e il coraggio amministrativo si incontrano davvero.

Il mare calabrese non può più aspettare. E neppure noi. (bg)

[Bruno Gualtieri è già Commissario Straordinario dell’Autorità Rifiuti e Risorse Idriche della Calabria (ARRICal)]

JONIO, SI NUOTA NELLA PLASTICA E RIFIUTI
LE SPIAGGE SONO DIVENTATE DISCARICHE

di LUIGI STANIZZI – Siamo tutti serviti, ecco cosa ci restituisce il mare in queste giornate di scirocco: bottiglie di plastica, polistirolo, rifiuti speciali che abbiamo smaltito male. E le rive del Mar Jonio vengono così inquinate, incessantemente, con buona pace del tanto decantato sviluppo turistico, vocazione mare-monti, bandiere più o meno blu, e altre parole ormai incredibili.

Oltre all’impegno serio degli organismi preposti, senza una vera collaborazione ci ciascun cittadino l’emergenza rifiuti resterà in eterno. Se riusciremo a sopravvivere, nuoteremo fra plastica e polistirolo! Le istituzioni preposte fanno molta teoria, che difficilmente si concretizza in azioni. Occorrono civiltà, educazione, leggi restrittive, scelte planetarie ma intanto cerchiamo di prenderci cura delle nostre mitiche spiagge ridotte in pattumiere, che abbiamo sotto il naso.

Talvolta è rischioso anche denunciarne lo scempio, perché si rischia di “ledere” l’immagine di questo o quel Comune, soprattutto nel periodo estivo. Grande l’attenzione all’immagine e nessuna attenzione alla sostanza, chiudere gli occhi davanti a tanta sporcizia. Addio Magna Graecia. Noi calabresi diciamo sempre di amare visceralmente la nostra terra, non è sempre vero. La sporcizia è qui a dimostrarcelo. (ls)

[Luigi Stanizzi è presidente del Premio Mar Jonio]

Tutela ambientale, “Calabria al centro del Mediterraneo” arriva a Corigliano Rossano

«La grande partecipazione di oggi dimostra quanto sia forte la volontà di costruire una Calabria più sostenibile e attenta al proprio patrimonio ambientale». È quanto ha Evelina Viola, presidente del Circolo Legambiente Corigliano-Rossano, nel corso dell’incontro svoltosi a Corigliano Rossano, nell’ambito del progetto “Calabria al centro del Mediterraneo”, promosso da Legambiente Calabria e cofinanziato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e dalla Regione Calabria (CUP J58D22000410001).

L’iniziativa, organizzata con il supporto del Circolo Legambiente Corigliano-Rossano, ha coinvolto istituzioni, docenti, studenti, rappresentanti del mondo accademico e della società civile, con l’obiettivo di approfondire le sfide ambientali del territorio e individuare soluzioni concrete per il futuro.

«Il lavoro da fare è ancora tanto, ma iniziative come questa sono fondamentali per gettare basi solide per il futuro», ha detto la presidente Viola all’evento in cui è stata evidenziata la necessità di una collaborazione sempre più stretta tra scuola, istituzioni e mondo scientifico per affrontare con efficacia le sfide ambientali. Tra le proposte emerse, si è parlato dell’importanza di avviare studi mirati sulle dinamiche costiere, incentivare il turismo sostenibile e potenziare i percorsi educativi rivolti ai giovani.

Dopo i saluti istituzionali, i partecipanti hanno discusso temi fondamentali come l’erosione costiera, la gestione delle risorse naturali e l’educazione ambientale. Momento centrale della giornata è stata l’inaugurazione, nella città di Corigliano-Rossano, della mostra fotografica curata da Federico Grazzini, che offre uno sguardo approfondito sulle criticità e sulle potenzialità ambientali della Calabria.

Al tavolo di confronto era presente Cinzia D’Amico, dirigente scolastica dell’I.I.S. L. Palma ITI ITG Green Falcone Borsellino di Corigliano-Rossano, che nei mesi scorsi ha aderito ai percorsi didattici e di citizen science promossi da Legambiente. La dirigente ha sottolineato l’importanza della sinergia tra scuola, amministrazione, comunità scientifica, associazioni e cittadini per promuovere azioni efficaci a tutela dell’ambiente. Ha inoltre evidenziato come iniziative di questo tipo non solo stimolino il protagonismo giovanile nel cambiamento, ma arricchiscano anche il concetto di cittadinanza attiva, rafforzando la consapevolezza che ogni azione, anche la più piccola, ha un impatto sulla collettività e sul pianeta.

Il vicesindaco Giovanni Pistoia, portando i saluti del sindaco di Corigliano-Rossano, ha ribadito la necessità di affrontare i temi ambientali senza retorica, sottolineando il valore di un dibattito aperto e partecipato come quello promosso da Legambiente. Ha inoltre evidenziato l’importanza del coinvolgimento dei giovani, già molto sensibili alle tematiche ambientali e alla pace.

La consigliera Lorena Vulcano, presidente della Commissione Ambiente, ha sottolineato l’importanza del confronto con le associazioni nel lavoro della commissione, ponendo l’accento sulla responsabilità individuale nel contesto globale.

L’assessore alla Città Sostenibile ed Equa, Francesco Madeo, ha rivolto un appello ai giovani presenti, ricordando che saranno loro a subire le maggiori conseguenze della crisi climatica. Ha quindi invitato le nuove generazioni a formarsi e a impegnarsi attivamente, in quanto futura classe dirigente chiamata ad affrontare le sfide ambientali. Ha infine ribadito il ruolo cruciale dei giovani come sentinelle della comunità, in un dialogo costante con un’amministrazione aperta all’ascolto.

Di grande rilievo anche il contributo del prof. Giuseppe Mendicino, direttore del Dipartimento di Ingegneria dell’Ambiente dell’Unical, che ha sottolineato la necessità di diffondere una solida cultura ambientale. In un contesto in cui manca ancora una piena consapevolezza del vero significato della sostenibilità, ha evidenziato come la conoscenza sia alla base di scelte responsabili e non più rimandabili.

L’incontro ha visto anche la partecipazione attiva di una rappresentanza di studenti dell’Istituto L. Palma, che ha contribuito al dibattito con riflessioni e proposte interessanti.

La mostra fotografica inaugurata l’11 marzo è stata ospitata nei plessi Green e Falcone e Borsellino dell’I.I.S. L. Palma ITI ITG Green Falcone Borsellino di Corigliano-Rossano. Sarà visitabile fino a martedì 18 marzo presso la Biblioteca Ingenio nell’area urbana di Rossano. Il calendario delle visite è disponibile sui canali social del Circolo Legambiente Corigliano-Rossano.

Il progetto “Calabria al Centro del Mediterraneo” proseguirà nei prossimi mesi con nuove iniziative in tutta la regione, coinvolgendo sempre più studenti e cittadini in percorsi di consapevolezza e azione concreta. Domani, sabato 15 marzo, alle 17.30, si terrà un momento di confronto aperto a tutti. (rcs)

ALLARME A REGGIO: LA TERRA DEI FUOCHI
TANTE DENUNCE, MA NESSUN INTERVENTO

di PASQUALE ANDIDEROLa Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) ha decretato che lo Stato italiano ha violato il diritto alla vita degli abitanti della “Terra dei fuochi” per non essersi occupato del problema in modo tempestivo ed efficace.

La Corte ha definito il rischio alla vita per gli abitanti della Terra dei fuochi come «sufficientemente serio, reale e accertabile» e qualificabile come «imminente», e ha decretato che lo Stato italiano «fosse a conoscenza del problema da molti anni». Nonostante questo, lo Stato non ha affrontato «una situazione così grave con la diligenza e la tempestività necessarie», anche nell’ambito della prevenzione e della comunicazione dei rischi alla popolazione. 

La terra dei fuochi è anche Reggio Calabria, Mosorrofa, Sala di Mosorrofa, Mortara, Arghillà, Rione Marconi e non solo da anni denunciano l’esistenza di enormi discariche che periodicamente prendono fuoco. Nel corso della presentazione del libro Portami al Mare di Domenico Latino a Mosorrofa, in una sala gremita di persone presenti più che per la presentazione del libro per l’argomento che si trattava “Discariche, roghi e incidenza di Tumori”, ancora una volta è venuta fuori la fatidica domanda se c’è relazione tra essi.

Presente tra i relatori il dr. Giovanni Tripepi, dirigente di Ricerca CNR, che ha avviato lo studio epidemiologico promosso dalla garante regionale della salute prof.ssa Anna Maria Stanganelli, appunto su rifiuti, roghi e danni alla salute.

Il dr. Tripepi ha dichiarato che lo studio non ha ancora potuto, per motivi di privacy, indagare nello specifico l’incidenza nei vari quartieri mentre si sa, da consultazioni più ampie, che la città di RC nella sua totalità è nella media nazionale. Lo stesso è stato però chiarissimo nell’asserire che «non dobbiamo chiederci se c’è correlazione tra discariche roghi e salute perché è accertato che tutti i roghi sono dannosi alla salute e che la combustione dei rifiuti e altamente pericolosa per cui la vera domanda è quando si manifesterà il danno su chi è stato esposto agli inquinanti liberati».

Il ricercatore Tripepi stimava, nel corso dei 15 anni, il tempo di latenza dall’esposizione per la manifestazione dei danni alla salute. Nelle nostre discariche insistono materiali di ogni tipo, finanche l’amianto. I continui roghi liberano nell’aria diossina, fibre di amianto, e tante altre sostanze tossiche che noi, malcapitati, ingeriamo con la respirazione. 

A Mosorrofa, zona che conosco meglio, e da più di un ventennio che si va avanti con accumulo di rifiuti e combustione degli stessi e spesso d’estate arriva fin dentro casa quell’odore insopportabile di bruciato, di plastiche combuste, che ci costringe a chiudere porte e finestre che allontanano l’odore ma non sicuramente il rischio di aver respirato sostanze nocive. Negli ultimi 5 anni più volte abbiamo richiesto la bonifica e la messa sotto sorveglianza dei siti in questione, nulla si è mosso.

A niente sono serviti i sopralluoghi degli amministratori comunali, dei carabinieri forestali, delle comunicazioni fatte a prefetti e procure, delle attenzioni dei media. I cittadini hanno paura e ora, dopo la relazione del dr. Tripepi ma ancor di più dopo la sentenza della Corte Europea, si chiedono perché chi può e deve intervenire non lo fa? Si chiedono se possono denunciare chi di competenza deve occuparsi di questo problema e facendo orecchie da mercante lo accantona?

Di fronte alle tante morti per tumore che si stanno verificando le autorità preposte, si possono imputare di omicidio colposo? Non sappiamo se dal punto di vista legale questa imputazione può reggere ma sicuramente dal punto di vista morale è omicidio. Quanto decretato dalla Corte Europea per l’Italia può essere applicato ai nostri amministratori che sapendo da tanto tempo di un rischio reale, serio e imminente continuano a posporre all’infinito un vero intervento per proteggere la vita dei cittadini? (pa)

ISOLA CAPO RIZZUTO (KR) – Al via il progetto ambientale “Compostiamoci bene”

Ha preso il via, a Isola Capo Rizzuto, il progetto ambientale dal titolo Compostiamoci bene, promosso dal Comune in collaborazione con Calabra Maceri e Servizi SpA e l’Istituto Comprensivo “Karol Wojtyla – Gioacchino da Fiore”.

Attraverso il progetto “Compostiamoci” e le altre attività già avviate, Isola Capo Rizzuto si conferma una comunità che guarda al futuro con attenzione verso la tutela del pianeta e delle sue risorse.

Nel corso dell’evento inaugurale è stato illustrato il piano che vedrà la consegna di una compostiera per ogni plesso scolastico, con l’obiettivo di avviare la gestione dei rifiuti organici direttamente all’interno delle scuole. Già da domani inizieranno i corsi di compostaggio, che saranno rivolti sia agli studenti che al personale scolastico, per promuovere buone pratiche di sostenibilità.

Il sindaco Maria Grazia Vittimberga, in apertura dei lavori, ha sottolineato i significativi passi avanti compiuti da Isola Capo Rizzuto nella raccolta differenziata, con un raggiungimento del 70%: «Questo è un risultato importante, soprattutto per un territorio a vocazione turistica come il nostro. Dimostra che il lavoro congiunto tra Amministrazione, scuole e cittadini sta dando i suoi frutti, ma possiamo e dobbiamo fare di più».

La d.ssa Maria Teresa Celebre, responsabile Comunicazione di Calabra Maceri, ha rimarcato il valore dell’impegno della comunità isolitana: «Isola Capo Rizzuto si distingue positivamente in un contesto provinciale dove, purtroppo, le percentuali di raccolta differenziata sono ancora basse. I risultati ottenuti sono il frutto di un grande lavoro, soprattutto nelle scuole, ma resta fondamentale continuare a sensibilizzare. Complimenti all’Amministrazione e ai cittadini per questo traguardo».

Il vice sindaco Raffaele Gareri, con delega all’Ambiente, è intervenuto nel dibattito sottolineando l’importanza di coinvolgere le nuove generazioni: «Educare i più piccoli significa costruire un futuro più consapevole per il nostro territorio».

«Loro sono il motore del cambiamento – ha proseguito – e iniziative come questa rappresentano un tassello fondamentale per promuovere un rapporto più rispettoso con l’ambiente».

 Il responsabile comunale Franco Scerbo ha presentato nel dettaglio il progetto “Compostiamoci”, spiegando che «non solo spieghiamo ai bambini cosa significa riciclare e riutilizzare gli scarti alimentari, ma glielo facciamo toccare con mano passo dopo passo.  La nostra collaborazione con Calabra Maceri mira a proseguire con altre iniziative che coinvolgano sempre di più la cittadinanza, a partire proprio dai più piccoli».

Tra gli interventi finali, la d.ssa Annamaria Buono, esperta di comunicazione ambientale di Calabra Maceri, ha spiegato come si svolgerà la formazione all’interno delle scuole: «La formazione sarà mirata e coinvolgente, con laboratori pratici e attività che aiuteranno i ragazzi a comprendere l’importanza del compostaggio e delle buone pratiche di sostenibilità».

Le insegnanti Laura Nicotera e Valentina Carvelli, referenti del progetto “Eco Schools”, hanno evidenziato il ruolo fondamentale della scuola nell’educazione ambientale: «La scuola ha il compito di formare non solo i bambini, ma anche di sensibilizzare le famiglie, educando i cittadini di oggi e di domani al rispetto per l’ambiente. Difendere la Bandiera Verde, che le nostre scuole hanno conquistato con il progetto Eco Schools, è un impegno importante, e iniziative come ‘Compostiamoci’ rafforzano questa direzione».

Eco Schools, un progetto promosso dalla FEE (Foundation for Environmental Education) e seguito dall’Assessore Andrea Liò, ha portato per due anni consecutivi le scuole di Isola Capo Rizzuto a ricevere la prestigiosa Bandiera Verde. Questo riconoscimento conferma l’impegno della comunità scolastica verso una maggiore sostenibilità e dimostra che, con un lavoro condiviso, è possibile ottenere risultati significativi per il territorio. (rkr)

 

 

EOLICO, AL SUD SERVE UN SERIO PROGETTO
PER SVILUPPO A TUTELA DEL TERRITORIO

di PIETRO MASSIMO BUSETTA – Con la chiusura del passaggio del gas dall’Ucraina proveniente dalla Federazione Russa ritornano i timori di una nuova crisi energetica e di un ulteriore impennata dei prezzi dell’energia.

E, con Prometeia energia in testa, sono molti a chiedere che si possa estrarre più gas nei territori dove questo in Italia è possibile, che si proceda celermente alla costruzione dei rigassificatori, in particolare quello di porto Empedocle a pochi chilometri dalla Valle Dei Templi e dalla casa natale di Pirandello, oltre che dalla falesia bianca della Scala dei Turchi e all’accelerazione delle concessioni di parchi eolici e impianti solari. 

D’altra parte che vi sia l’esigenza, al di là delle necessità contingenti, di una transizione energetica che faccia passare dai combustibili fossili alle energie rinnovabili non vi è dubbio e al di là dei soliti terrapiattisti ormai è recepito da tutti il tema del riscaldamento globale.  

La necessità di un tale cambiamento è indiscutibile per rendere i Paesi che non hanno fonti fossili, ma in ogni caso vogliono abbandonare tali fonti, autonomi. 

Il secondo passaggio rispetto a tale consapevolezza è quella di capire dove questi impianti vanno localizzati. La risposta più logica sarebbe che ognuno producesse l’energia che serve al proprio territorio. E, quindi, considerato che la realtà più energivora è quella del Nord, la cosa più logica è che si localizzino in tali aree. 

Ma ci sono già state le prime levate di scudo. La Giunta e l’Assemblea regionale piemontese dichiarano che vogliono il loro territorio libero dall’eolico e dal solare. In particolare la Giunta regionale produrrà una delibera che andrà a rendere più restrittivi i vincoli per installare gli impianti agrivoltaici nelle zone Buffer Unesco. 

Approccio simile a quello della Sardegna che ritiene di dover restringere i criteri per realizzare impianti eolici e fotovoltaici. In tal senso si sta muovendo anche la Puglia. 

Insomma è diventato chiaro a tutti che impiantare nelle aree delle strutture per la transizione energetica non sia un grande affare per le aree interessate. Nel senso che confondere tali impianti con la industrializzazione è un modo per ripetere quello che è accaduto con le raffinerie e con l’industria pesante. 

Invece si afferma, da parte di molti anche del Governo centrale, che esse siano forme di industrializzazione e che chi non vuole che vengano localizzate nelle proprie aree non vuole il progresso. In realtà la produzione di energia, indispensabile per un Paese a corto di fossile e che ha rinunciato al nucleare, è assolutamente indispensabile. Ma deve essere considerato un prezzo da pagare dai territori e che deve essere in qualche modo rimborsato. 

O perché si ha nello stesso territorio un’industria manifatturiera che deve poter avere l’energia sufficiente e quindi in quel caso serve al proprio apparato industriale o, nel caso del Mezzogiorno che ha più energia di quanto non ne consumi, perché in cambio di un impatto molto importante sui territori vengano installate industrie energivore che forniscano occupazione rilevante. 

Si sta verificando invece uno strano meccanismo per cui l’energia viene prodotta nel Mezzogiorno, che diventa solo un punto di passaggio di elettrodotti, gasdotti che trasportano l’energia dove serve. 

Per cui si ripete il meccanismo che si è attuato con l’industria petrolchimica, che ha lasciato malattie, inquinamento, pochissimi posti di lavoro e scarso reddito prodotto nei luoghi.

Ovviamente per evitare forme di opposizione locale si tende a dire che gli specchietti che si stanno dando sono brillanti, fuor di metafora che quella delle pale eoliche e degli impianti solari o dei rigassificatori è una forma di industrializzazione. 

O anche che essendovi una grande produzione di energia, sarà più facile che le aziende dell’intelligenza artificiale, che hanno bisogno di quantità enormi di essa, si localizzino in tali aree. 

In realtà poi si vede che Microsoft e Amazon si localizzano invece alle porte di Milano, dove le condizioni complessive sono più favorevoli all’impresa, o  anche la Italian GigaFactory con 200 posti di lavoro diretti e un indotto complessivo di circa 2.000 persone, contribuendo all’eccessivo utilizzo di tali territori. 

Per il Mezzogiorno sarebbe la seconda finta industrializzazione dopo la  prima, che oltretutto non solo non ha dato alcun tipo di reale contributo allo sviluppo del territorio, ma anche ha assorbito risorse europee importanti destinate al Mezzogiorno, nel momento in cui sono stati costruiti gli impianti. Né assorbe adesso sempre delle risorse cosiddette aggiuntive destinate al Sud per disinquinare le realtà coinvolte, come sta accadendo con Bagnoli, peraltro impedendo alcune destinazioni alternative, come quella turistica, per realtà estremamente vocate come la costa siracusana, quella gelese o la realtà di Taranto.  

 E allora bisogna dire no all’istallazione? Sarebbe anche questa una via di fuga sbagliata come quella di consentire la colonizzazione dei territori senza alcun attenzione alla tipologia degli ambienti e alla presenza di beni ambientali importanti, come nel caso della Valle Dei Templi. 

È necessario invece che a fronte di un utilizzo del territorio che serve al Paese, vi sia in cambio una progettazione effettiva di manifatturiero evoluto con un numero adeguato di posti di lavoro.  

Ovviamente le regioni che adotteranno un tale atteggiamento selettivo saranno accusate di essere contro il progresso, di non voler lo sviluppo dell’Italia, e i quotidiani nazionali, sotto la spinta di interessi molto forti e di risorse importanti a disposizione, accuseranno i territori di essere Nimby (Not in My Back Yard – non nel mio giardino di casa). 

Ma forse che il Mezzogiorno aumenti la consapevolezza di un suo progetto di sviluppo e la sua indisponibilità ad essere trattato da colonia interna può essere un fatto importante. Che ovviamente troverà grandi resistenze. 

Abituato il Nord ad estrarre tutto ciò che ha voluto e quando lo ha ritenuto opportuno rispetto ad una resistenza che negli anni passati non c’è stata, avrà sicuramente reazioni di fastidio che saranno rappresentate da molti organismi politici, ma anche organizzazioni imprenditoriali come Confindustria.  

Affermare una propria identità ed un proprio progetto di sviluppo per un territorio poco rappresentato politicamente e spesso con forme di ascarismo esasperato non è semplice. Ma è l’unica strada possibile da percorrere. (pmb)

[Courtesy Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia]

È NECESSARIO UN PIANO NAZIONALE PER
SMALTIRE I RIFIUTI DEL SIN DI CROTONE

di EMILIO ERRIGO – Una attenta riflessione tecnico-amministrativa, su come e dove distribuire la produzione delle energie rinnovabili in Italia, credo che sia un buon esercizio riflessivo che porterà sicuri benefici, non solo alle regioni più meridionali d’Italia, ma anche e soprattutto, alle regioni di confine geografico e politico, più a nord della Repubblica Italiana.

Siamo tutti consapevoli che le cause delle problematiche climatiche sono per lo più causate da un usi e abusi ambientali, che si sono fatti negli ultimi secoli, in danno dei territori, del mare, dei fiumi e laghi nazionali ed esteri.

Le non illimitate risorse ambientali, terrestri e marittime, comunque denominati, sia essi di origine fossili terrestri, minerarie sottomarine, biologiche, ittiche, impongono scelte e decisioni di politica economica protettiva, che finalizzi le azioni da intraprendere senza ritardi, verso la tutela, salvaguardia e protezione, dei beni ambientali, la biodiversità e gli ecosistemi a beneficio e per la soddisfazione dei bisogni delle presenti e future generazioni.

Gli impegni internazionali pattizi e convenzionali, sottoscritti e ratificati, sia dagli Stati componenti la Comunità internazionale, che dagli Stati membri dell’Unione Europea, e conseguentemente dallo Stato Italiano, in aderenza ai principi e valori, espressamente previsti agli articoli 9, 10, 11, 32, 41 e 117 della Costituzione della Repubblica Italiana, devono essere onorati e osservati.

La corsa verso lo sfruttamento intensivo delle risorse ambientali dei Paesi e Regioni italiane, considerati economicamente più poveri del mondo e d’Italia, non è più da considerare possibile, e men che meno sostenibile.

Già alcuni Stati di confine d’oltralpe ad iniziare dalla vicina Svizzera, hanno intrapreso iniziative per la creazione di Parchi eolici e fotovoltaici, sui territori collinari, montani e alpestri, a ruota anche le Regioni d’Italia di confine o di frontiera nord del nostro Paese, non hanno altra scelta da fare diversa da quella di consentire la realizzazione di impianti eolici e fotovoltaici, nelle aree più idonee delle Alpi Liguri, Marittime, Cozie, Graie, Lepontine, Retiche e Giulie, diversificando ed eventualmente, estende i siti nei territori degli Appennini Regionali d’Italia.

Ogni regione italiana ed estera, entro il 2030-2050, dovrà essere autonoma e autosufficiente nella produzione di energia da fonti rinnovabili.

Pensare di rendere compatibili ai bisogni di tutti gli italiani i territori e i mari del Sud Italia non è una soluzione accettabile, a causa della già compromissione delle risorse un tempo disponibili e sfruttabili.

Il trasferimento delle industrie metallurgiche, petrolifere e chimiche nelle Regioni del Sud Italia, ha comportato danni rilevantissimi e irreversibili all’ambiente e alla salute pubblica. I tre Siti contaminati di Interesse Nazionale, di Crotone-Cassano-Cerchiara in Calabria, Augusta -Priolo-Melilli e Milazzo in Sicilia, e Taranto in Puglia, senza dimenticare quelli della Campania, Sardegna e Basilicata e gli altri Sin Nazionali, sono le evidenze più emblematiche della conseguente pericolosità di scelte ambientalmente azzardate e insostenibili per il Meridione d’Italia.

Pensare che la Calabria possa assolvere da sola tutte le necessità di conferimento, trattamento e smaltimento dei residui dei processi delle produzioni industriali e di consumo (rifiuti pericolosi e non pericolosi, con e senza Tenorm e Amianto), non è un ragionamento più accettabile e condivisibile, per assenza di impianti di destino finale, idonei al fine e bisogni delle industrie inquinanti.

Occorre pensare a un Piano Nazionale di Gestione dei RPPI (Residui Processi Produzioni Industriali), prevedendo uno o più impianti di conferimento e trattamento pubblici regionali per ogni Sin (Sito di Interesse Nazionale), tanto al fine di superare il momento di criticità nella gestione dei rifiuti pericolosi e non in Italia.

Ora mi sia consentito dedicare una riflessione alla mia Calabria e in particolare alla Città e Provincia di Crotone, sinonimo di realtà ambientali di pregio internazionale, dove i territori e paesaggi appenninici dei tre Parchi Nazionali del Pollino, Sila e d’Aspromonte, costituiscono la fonte di benessere economico e psicofisico sia dei Calabresi e di quanti amano i boschi e gli ambienti incontaminati dei Parchi, mentre le rilevanti risorse idriche regionali, rappresentano la fonte primaria dell’energia idroelettrica non solo regionale.

Ora mi e chiedo dove sono andate a finire le enormi quantità di energia elettrica prodotta dalle Centrali Idroelettriche del Pollino e della Sila in Calabria, un tempo destinate per alimentare le attività produttive delle industrie metallurgiche di Pertusola, chimiche Agricoltura, Sasol e Fosfotec, ora tutte dismesse e non più funzionanti?

L’eolico e il fotovoltaico on-shore e off-shore, costituiscono assieme alle altre risorse energetiche rinnovabili presenti nella Provincia di Crotone, importanti attrattori di investimento per coloro che intendono localizzare nelle aree della Zes Unica del Sud ancora libere, le loro attività produttive, ricettive e di servizi turistici stagionali, nella considerazione che l’Antica Kroton rimarrà l’Area Archeologica della Magna Grecia più vasta d’Italia. (ee)

(Emilio Errigo è nato a Reggio Calabria, studioso di diritto dell’Ambiente è docente universitario di diritto internazionale e del mare , attuale Commissario straordinario del SIN di Crotone-Cassano e Cerchiara di Calabria)

CARI POLITICI, BISOGNA RISPONDERE CON
CORAGGIO ALLE SFIDE DEL NOSTRO TEMPO

Mons. Francesco Savino, Vescovo di Cassano allo Jonio, nonché vicepresidente della Conferenza Episcopale, ha inviato un messaggio ai politici della sua Diocesi, il cui contenuto vale per l’intera Calabria.

di MONS. FRANCESCO SAVINO – Carissimi, in questo tempo di preparazione al Natale, desidero rivolgermi a voi con un messaggio che unisce gratitudine e sollecitudine.

Purtroppo, gli impegni che scandiscono le vostre giornate e il mio Ministero non hanno permesso che ci incontrassimo di persona, e di questo sono sinceramente dispiaciuto. Tuttavia, non potevo lasciar passare questa occasione senza farvi giungere i miei auguri più sentiti e un pensiero che nasca dalla riflessione sul tempo che stiamo vivendo.

Gratitudine, per l’impegno che quotidianamente dedicate al servizio delle nostre comunità; sollecitudine, perché mai come oggi il ruolo della politica è chiamato a rispondere con coraggio e visione alle sfide del nostro tempo. Il Natale, nella sua profondità, ci ricorda la luce della speranza e della carità, richiamandoci all’urgenza di metterci al servizio del bene comune, con dedizione e responsabilità.

La nostra Diocesi, custode di una storia intrecciata di cultura e fede, incarna tanto le bellezze quanto le sfide che caratterizzano questa terra. Viviamo in un contesto segnato da potenzialità straordinarie, ma anche da ferite che richiedono risposte concrete e immediate. La politica, se vissuta nella sua autentica vocazione di servizio, può diventare il mezzo privilegiato per costruire una società più giusta, solidale e rispettosa della dignità di ogni persona.

La sfida della speranza

Molti, soprattutto i giovani, guardano al futuro con disillusione, prigionieri di un contesto che sembra non offrire prospettive concrete. La speranza sembra essersi smarrita e con essa la fiducia in chi ha il compito di guidare le scelte politiche. È vostro dovere restituire speranza alle comunità, non solo attraverso promesse, ma con azioni capaci di trasformare i sogni in realtà.

Come ci ricorda Gustavo Gutiérrez, «la speranza cristiana non è passiva, ma un motore per l’azione concreta». Ogni vostro gesto, ogni vostra decisione può diventare un segno tangibile di questa speranza. La nostra terra, pur segnata da difficoltà ataviche, è anche una terra di potenzialità inespresse. È compito della politica liberare queste energie e orientarle verso un autentico sviluppo sociale ed economico.

Il bene comune come guida della politica

Papa Francesco, nelle sue esortazioni, ci ricorda che la politica è una delle forme più nobili di carità, un’arte che richiede visione, sacrificio e coraggio. Ogni vostra scelta dovrebbe essere orientata al bene comune, non inteso come la somma degli interessi individuali, ma come una visione più alta che abbraccia giustizia, pace e solidarietà.

Papa Benedetto XVI, nell’enciclica Caritas in Veritate, sottolinea che il bene comune implica il riconoscimento della dignità di ogni persona, in una comunità solidale e giusta. Questo principio deve guidare ogni iniziativa legislativa e amministrativa, affinché nessuno si senta escluso o invisibile.

La giustizia sociale e la lotta alla povertà

La povertà è una delle sfide più urgenti della nostra terra. La Calabria continua a registrare tassi di disoccupazione tra i più alti del Paese, con giovani costretti a lasciare il proprio territorio in cerca di opportunità altrove. Questo fenomeno non è solo una crisi economica, ma una ferita sociale che richiede risposte immediate.

Vi esorto a promuovere politiche che favoriscano l’inclusione sociale, il lavoro dignitoso e l’accesso ai diritti fondamentali. Gandhi ci ricorda che «la povertà è la peggior forma di violenza».

Non possiamo accettare che la dignità umana sia calpestata. La giustizia sociale richiede un cambio di mentalità, una trasformazione che metta al centro la persona, con i suoi bisogni e le sue aspirazioni.

Famiglia e diritti dei bambini

La famiglia è il cuore pulsante della società, il luogo dove nascono e si custodiscono i valori fondamentali. Ogni vostra decisione politica dovrebbe mirare a sostenere le famiglie, offrendo strumenti concreti per conciliare lavoro e vita familiare, protezione sociale e sostegno ai genitori in difficoltà.

Allo stesso modo, è fondamentale garantire che ogni bambino possa crescere in un ambiente sano e sicuro, lontano da situazioni di povertà o disagio. La tutela dei più piccoli è la misura di una società giusta e proiettata verso il futuro.

Ecologia integrale: prendersi cura della Casa Comune

Le questioni ambientali sono ormai al centro delle sfide globali e locali. Papa Francesco, nell’enciclica Laudato Sì, ci invita a considerare l’ecologia non solo come cura della natura, ma come attenzione integrale alla persona e alla società. Ogni vostra scelta politica, sia essa legata all’urbanizzazione, alla gestione dei rifiuti o alla mobilità, dovrebbe riflettere questa visione ecologica.

Il nostro territorio, ricco di risorse naturali, deve essere tutelato e valorizzato, soprattutto di fronte al grave problema dell’inquinamento che minaccia la sua bellezza e il benessere delle comunità, richiamandoci a un impegno concreto per la salvaguardia del creato.

Dunque, le sfide ambientali non possono più essere rimandate: è tempo di adottare politiche sostenibili che promuovano uno sviluppo equilibrato e rispettoso delle generazioni future.

 La cultura della legalità

La nostra terra è ferita dalla criminalità organizzata, una piaga che mina il tessuto sociale ed economico. La lotta alla ‘ndrangheta  e all’illegalità non è solo un compito delle forze dell’ordine, ma una responsabilità culturale e politica.

La legalità, come ci ricorda Don Tonino Bello, non è una semplice formalità, ma un principio che orienta ogni azione verso una società più giusta e libera. Ogni vostro gesto deve contribuire a costruire una cultura della legalità, che si nutre di educazione, coraggio e trasparenza.

Investire nel futuro

La politica deve guardare lontano, investendo in settori strategici come l’educazione, la formazione e l’innovazione. Il nostro territorio ha un potenziale straordinario nell’agricoltura, nel turismo e nelle energie rinnovabili. È necessario valorizzare queste risorse per creare opportunità di lavoro e trattenere i giovani nella nostra terra.

Un invito alla collaborazione

Come Chiesa, siamo al vostro fianco per costruire una comunità coesa, solidale e rispettosa. La politica, come dice Papa Benedetto XVI, è un’arte nobile che deve sempre essere orientata al bene comune. La collaborazione tra politica e Chiesa può diventare una risorsa preziosa per affrontare le sfide del nostro tempo, coniugando competenze diverse al servizio delle persone.

Conclusione

Vi auguro che il vostro impegno politico possa essere illuminato dalla luce del Natale, guidato dalla giustizia e animato dall’amore per il prossimo. Che ogni vostra scelta possa portare speranza, pace e sviluppo a tutte le comunità.

Con la benedizione di Cristo Bambino, vi invito a vivere la vostra missione con coraggio, fedeltà e visione, trasformando la politica in uno strumento autentico di servizio e carità. (fs)

[Mons. Francesco Savino è vescovo di Cassano allo Ionio]