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Lentini e Mazza Comitato Magna Graecia

Comitato Magna Graecia: Area Arco Jonico più predisposta ad ospitare un nuovo miracolo economico

Per Giovanni LentiniDomenico Mazza, del Comitato Magna Graecia, «l’area dell’Arco Jonico è la più predisposta, non solo riguardo la Calabria, ma più in generale nel contesto del Mezzogiorno, ad ospitare un nuovo miracolo economico se, già da oggi, si iniziasse a pianificare un percorso foriero di iniziative atte a favorire una rinascita ed un nuovo approccio alla causa».

Come riferito da Lentini e Mazza, «il tendenziale migratorio degli ultimi 20 anni, restituisce un Mezzogiorno sempre più abbandonato. A fronte di un saldo positivo dell’Emilia Romagna al nord, regioni come la Calabria e la Campania, perdono, negli ultimi due decenni, rispettivamante 73 e 65 abitanti ogni 1000». La Calabria, infatti, «che oggi rappresenta circa l’undici per centro della demografia meridionale, verosimilmente, fra meno di 100 anni, avrà una popolazione che oscillerà intorno ai 900mila abitanti. Così come lungo l’area dell’Arco Jonico Sibarita e Crotoniate, dagli attuali 415mila si passerà a poco più di 200mila abitanti complessivi».

Un dato drammatico per Lentini e Mazza, che evidenziano come ciò «dovrebbe indurci ad una riflessione seria ed accurata. Intanto andrebbero ricercati sistemi che potrebbero rappresentare un diversivo, non palliativo, per tentare di correggere una deriva territoriale come su esposta».

«Va da sé che, nella generale diminuzione della popolazione – hanno detto – le aree vallive, poco votate al turismo ed all’agricoltura, saranno quelle più a rischio. È lapalissiano che lo Stato sarà sempre più tirato con il Mezzogiorno, pertanto a saldo di pensionamenti nei vari uffici pubblici e nei servizi, non ci sarà un rimpinguo ed un tasso di sostituzione che  compenserà le uscite. Non fosse altro perché, la demografia generale non richiederà un numero di dipendenti pubblici nella percentuale presente oggi per soddisfare la domanda che, giocoforza, diminuirà».

«Gli unici mercati – hanno detto ancora – che potrebbero rappresentare un indice di soddisfazione, innalzando l’offerta di lavoro nel settore, per rispondere ad una domanda che è destinata ad aumentare, sono quelli turistici ed agricoli».

«Non è un mistero infatti – hanno spiegato – che il Crotoniate, la Sibaritide, ma più in generale tutta l’area interregionale afferente il Golfo di Taranto, possano rappresentare una nuova geografia naturalmente votata ad un turismo ed un’agricoltura di qualità. Basterà mettere in rete: menti e territori, offerta e domanda, imprenditori e maestranze, ed il gioco sarà fatto».

«Chiaramente, tutto ciò – hanno spiegato ancora – affinché si avveri la premessa, necessiterà di una pianificazione infrastrutturale, rigenerativa e di ricucitura (statale ed europea), più imminente che veloce, verso i succitati territori, che, inevitabilmente, dovranno iniziare a ragionare all’unisono, pena la loro completa desertificazione».

«La Puglia e il Materano – hanno proseguito – hanno già iniziato da alcuni anni ad intessere politiche portatrici di rinnovata vitalità. Bisognerà cominciare anche da noi, con la consapevolezza che la crescita dell’Arco Jonico Calabrese, riverbererà benessere anche al resto del territorio regionale, non tanto per un senso di magnanimità, quanto per le innate e mai sfruttate potenzialità che accrescerebbero l’offerta di lavoro ad una platea ben più ampia dei soli residenti, ripensando un nuovo sistema Calabria e più in generale un nuovo sistema Meridionale».

«Pensiamoci! – hanno ribadito –. Ciò che portò gli avi greci a stabilirsi, prevalentemente lungo quella naturale baia che è il Golfo di Taranto, fu l’opulenza e la bellezza di queste terre. Ingredienti imprescindibili per un rinnovato concetto di agricoltura e turismo.  Contrariamente, rimanendo nello status quo, condividendo economie in miscelanza e senza una visione fedele alle vocazioni territoriali, fatte soprattutto di sfruttamento delle aree, mancata pianificazione, soccombenza ai centralismi e incentivi verso programmi di sviluppo non improntati a valorizzare ciò di cui madre natura ci ha dotati, il futuro sarà quello di una lenta (ma neanche tanto) ed inesorabile desertificazione. Con la consapevolezza che, alla fine, ci ritroveremo l’amaro in bocca di quegli ereditieri beneficiari di una grande fortuna, ma che non sono stati in grado di gestire ed amministrare, dilapidando le ricchezze alla stregua degli sciocchi, come la storia degli ultimi 40 anni ci ha ripetutamente dimostrato».

«Detto in maniera più critica, è tempo di mettere in discussione il tipo di civiltà in cui, Noi meridionali, vogliamo vivere» hanno concluso. (rkr)