LA NUOVA NARRAZIONE DELLA CALABRIA
UN MODELLO TRA ORGOGLIO E PREGIUDIZI

di SANTO STRATI – Tra orgoglio e pregiudizi, è assolutamente necessario tentare la via di una nuova narrazione della Calabria. Accanto all’efficienza dimostrata dal presidente Roberto Occhiuto e dalla sua squadra di Giunta, risulta evidente che non si ossa fare a meno di mettere mano alla reputazione della regione. Questa terra è stata maltrattata, vilipese, stravolta da cattiverie gratuite, la sua immagine compromessa. Il suo racconto fatalmente deviato, quasi a voler accentuare un distacco inevitabile, un divario incolmabile. E sappiamo che non è così.
Occorre ricostruire, rigenerare (questo verbo così di moda negli ultimi tempi) l’immagine della nostra meravigliosa terra perché i calabresi lo chiedono, lo pretendono (giustamente), ne sentono l’assoluto bisogno. E non è facile.
Per anni la Calabria è stata al centro dell’informazione di media nazionali e internazionali soltanto in occasione di morti ammazzati, clamorosi processi di mafia, disastri: tutto il resto è stato bellamente ignorato, a lungo, e senza ritegno, soprattutto dai media nazionali e dalla tv. Solo negli ultimi anni le sollecitazioni prodotte da più parti (e consentiteci di mettere anche le pagine di Calabria.Live) hanno destato nuova curiosità, nuova attenzione.
Come si fa una nuova narrazione? Usando prima di tutto gli strumenti della cultura. Abbiamo un modello, un esempio luminoso che può indicare il percorso ideale per rigenerare l’immagine della Calabria, il libro di Giusy Staropoli Calafati Terra Santissima (editore Laruffa) che offre un’immagine diversa della Calabria. La sua scrittura è straordinaria: la candidatura al Premio Strega è più che meritata e anche entrare nella dozzina dei finalisti sarebbe il minimo dovuto per una scrittrice di Calabria che rivela capacità e maturità letteraria di grande respiro. La storia è “calabrese” ma il racconto è universale, anzi l’ambientazione aspromontana conferisce al racconto un’inedita introspezione sia per chi questa terra la conosce bene, sia per chi ha sempre e solo associato la montagna reggina alla ‘ndrangheta. Ma anche a chi nemmeno immagina che spettacolo della natura sia tutto l’Aspromonte, con un Parco poco reclamizzato, poco conosciuto dagli escursionisti e dagli amanti del trekking.
Ricadiamo sempre nel classico errore che in 50 anni di Regione nessuno ha mai voluto risolvere e affrontare: serve una comunicazione “intelligente” (e costante) che possa dare un’immagine positiva della Calabria, ma allo stesso tempo occorre mettersi in condizione di poter accogliere quanti restano poi suggestionati da un’efficace narrazione di luoghi e genti. Quello che fa la Staropoli Calafati: “La Calabria… nessuno te la leva via di dosso. Non ti salvi da lei – scrive nel suo bellissimo romanzo –. Se la odi, o la ami, poco conta. Un giorno ti si scopre dentro e ti accorgi che ti ha sempre posseduta. Tenuta con lei. Noi siamo come gli alberi. Ogni albero è attaccato alla terra dalle radici… Perché il Sud è un destino dentro al cuore che ti prende e non lo sai lasciare…”. Bastano queste poche righe per spiegare a un non calabrese lo straordinario senso di appartenenza che contraddistingue la nostra gente, quella calabresità che va raccontata agli altri per far scoprire – come dice il presidente Occhiuto – “la Calabria che non ti aspetti”.
La Calabria è caratterizzata da tre regole di vita: partire, restare, tornare. Un modus che solo i calabresi riescono a interpretare in maniera adeguata. Soprattutto per quello che riguarda il ritorno. La “restanza” è già un atto di coraggio che nobilita il senso di appartenenza, l’amore filiale verso una madre troppo spesso matrigna con i suoi figli e invece assai più generosa con gli estranei. In questa terra si sono arricchiti tutti i “forestieri”, ma solo qualche calabrese ha avuto qualcosa in più delle tradizionali briciole. Terra di conquista, di colonizzazione, nonostante gli splendori della civiltà magnogreca e una storia millenaria fatta di caparbia resistenza al nemico e all’invasore e di un sentimento che sarebbe sbagliato chiamare rassegnazione.
La protagonista del romanzo di Giusy Staropoli Calafati è una giornalista calabrese cresciuta a Milano che “torna” e riscopre la “sua” Calabria. I modelli letterari di ispirazione sono Alvaro, Strati, Perri, La Cava, ma la scrittura della Giusy non succube ad alcuna “cambiale” dei suoi autori preferiti (e stra-amati): c’è il forte senso dell’orgoglio che è l’elemento dominante di tutto il racconto. C’è la descrizione di un Aspromonte selvaggio e affascinante, dove i pastori (di cui Alvaro ci descriveva la “dura vita”) i pochi pastori rimasti non si tramandano il lavoro, ma il legame indissolubile alla propria terra. Ed è semplicemente geniale che l’autrice faccia innamorare la protagonista di un pastore vero (che però tiene i libri vicino al letto e cioè non inculturato) ma ricco della sua coscienza di calabrese autentico, di genuino figlio della sua terra.
È la descrizione di Polsi, del culto della Madonna della Montagna che indica come raccontare le attrazioni naturali (e mistiche) di questa terra: “Tutti tenevano giunte le loro mani. Il santuario della montagna era un luogo di fede e di preghiera. Nessuno stringeva pistole o zaccagne. Le mani degli uomini e delle donne erano mani semplici, fessuriate dai calli, stanche dalla fatica. Mani sporche della terra verso cui la Madonna guardava, ed ella stessa riempiva di promesse e di grazie. Polsi sapeva come far star bene l’anima”.
Non ci sono anime nere (che più avanti nel racconto emergeranno per raccogliere il disprezzo di chi legge) ma una partecipata narrazione di volti, di gente, di case e di mulattiere (si aspetta ancora una strada asfaltata che porti al Santuario). E la considerazione che la scrittrice mette in bocca alla protagonista Simona Giunta (Esisteva una Calabria che andava vista con gli occhi e la profondità del cuore) riempe di significato quest’idea condivisibile di una terra che è anche Italia, anzi che ha dato il nome alla penisola e non merita l’abbandono e l’indifferenza cui è ancora troppo spesso costretta.
Non sono più i tempi di “non si affitta ai meridionali” in quella Torino resa fortunata nella fabbriche da centinaia di migliaia di calabresi, ma ancora esistono stupide logiche di superiorità e razzismo. Nord opulento e Sud povero e dimenticato: ma se non ci fosse il Mezzogiorno a chi venderebbero i loro prodotti le aziende del Nord? Per questo solo uno stupido non comprende che se va avanti il Sud va avanti tutto il Paese. E per questo, accanto alla restanza e alla partenza, esiste la molla della speranza, il ritorno.
Il romanzo della Giusy è un grande inno alla speranza proprio perché il “ritorno” non solo significa riappropriarsi della terra che ha dato i natali, ma creare sviluppo e crescita e soprattutto futuro per le nuove generazioni. Dice la protagonista: “La gente come noi, al Nord, non apparterrà mai. La Calabria ce la portiamo dentro fino alla tomba”.
Per questa ragione, la nuova narrazione della Calabria deve essere rivolta a chi la Calabria ce l’ha nel cuore (e quindi esulta per la prospettiva del ritorno) e a chi la deve scoprire. “Questa terra – scrive la Staropoli Calafati – va riconquistata, rimessa a nuovo, perché il mondo le riconosca finalmente la sua grandezza e la malavita non l’affossi uccidendola.”.
Esprime la scrittrice il sentimento di orgoglio che deve contraddistinguere ogni calabrese: il suo libro è il racconto non solo di un amore tradizionale (o non convenzionale9 tra un uomo e una donna, bensì lo straordinario amore che lega alle origini, alla propria terra.
Una terra dove la “Santa”continua sì a imperversare, ma perde ogni giorno protagonisti, gregari e soprattutto potere, grazie a magistrati e forze dell’ordine, ma anche a tantissime persone perbene, che pagano il loro impegno antimafia con intimidazioni, minacce non velate, qualche volta con la vita. Ma accanto a questa terra che non è stravolta dalla ‘ndrangheta (non in misura superiore di quando avviene nel resto d’Italia e del mondo, dove la criminalità organizzata perde colpi, ma continua a imperare) c’è un’immagine positiva fatta di persone e cose, paesaggi di sogno, mari da favola, tesori inestimabili vestigia d’un passato che fa inorgoglire anche il più scettico dei calabresi. Soprattutto quelli che vivono al di fuori della Calabria e non dimenticano, sognano, immaginano il ritorno.
Sono i testimonial d’una campagna di reputazione che non costano nulla e che aspettano solo di poter dare il proprio contributo. La diaspora calabrese ha portato in ogni angolo della terra i figli di Calabria, i quali, nella stragrande maggioranza dei casi, hanno conquistato il successo, raggiungendo ruoli di prim’ordine in ogni campo. Nell’ambito della scienza (si pensi al Premio Nobel Dulbecco), della cultura, delle istituzioni. Perché il calabrese che va via (un tempo per scelta, oggi per necessità – visto che ai nostri giovani laureati non si offrono opportunità) sa che dovrà lottare il doppio rispetto a chiunque altro per superare i pregiudizi e mostrare le proprie capacità. La Calabria alleva geni (all’Unical escono giovani informatici contesi da ogni grande azienda in ogni parte del mondo), spende un sacco di soldi per formarli e dar loro le giuste competenze che poi non sarà in grado di utilizzare, a tutto vantaggio delle regioni furbe del Nord e della multinazionali che individuano subito le capacità. Ci sono centinaia, migliaia di medici, ingegneri, scienziati, esperti in tecnologia, pronti a ritornare, purché ci siano le condizioni di vita e di welfare che ancora oggi appaiono come un miraggio. E le donne, sottopagate, sfruttate, messe in disparte o, peggio, emarginate. È questa la narrazione che serve alla Calabria dove – diceva Pasolini, citato nel romanzo della Staropoli – “è stato commesso il più grave dei delitti, di cui non risponderà mai nessuno, è stata uccisa la speranza pura, quella anarchica e un po’ infantile, di chi vivendo prima della storia, ha ancora tutta la storia davanti a sé”.
Ma la speranza non è morta, anche se ci hanno provato in molti a spegnerla. Ce lo racconta questo bellissimo romanzo che dovrebbe essere fatto leggere nelle scuole, non solo calabresi, e dovrebbe diventare il manifesto della possibilità di farcela. Di raggiungere il risultato. Non sappiamo se i giurati del Premio Strega si faranno affascinare fa questo straordinario e intenso racconto d’una Calabria di 40 anni fa e dei nostri giorni, dove l’amore non trionfa, ma la speranza riluce. Quella che fa dire alla protagonista: “Quella terra è governata da tutte le specie di uomini. Essi le hanno levato via la dignità, negato ogni forma di bene, e le cose belle che aveva gliele hanno infrante selvaggiamente. Ma non la speranza e neppure il futuro”.
La Calabria scopre un’altra “vera” scrittrice, da collocare accanto ai grandi di questa terra. Giusy Staropoli Calafati merita tutto l’onore e l’orgoglio dei calabresi e la stima del mondo letterario.

PLATÍ, ZONA ROSSA NON È UNA “PUNIZIONE“
IMPEGNO DI OCCHIUTO: DIRITTI E DOVERI

di ROBERTO OCCHIUTO – La Regione Calabria è vicina a comunità di Platì: i prepotenti possono incendiare mille portoni ma non possono vincere. A volte la presenza delle istituzioni è più importante delle parole. È vero, io non sono venuto a Platì in campagna elettorale, eppure ci sono stato due volte in queste ultime settimane. La prima volta quando abbiamo istituito qui – grazie alla disponibilità manifestata dall’amministrazione comunale e dal sindaco, che ringrazio – un centro vaccinale dedicato ai cittadini di Platì. E oggi per esprimere la vicinanza della Regione e quindi dello Stato, attraverso la sua articolazione che io rappresento, alla comunità di questa città.

Questa è una comunità che ha un credito nei confronti dello Stato, perché è stata abbandonata dallo Stato stesso. L’unico presidio statale assicurato è costituito dalla caserma dei Carabinieri, per questo ringrazio l’Arma per il lavoro svolto negli anni. Ma questa è una terra che non ha avuto mai investimenti infrastrutturali, e i cittadini di Platì sono in credito nei confronti dello Stato. I bambini di Platì sono in credito, perché qui sarebbe necessario che ci fosse la migliore scuola della Calabria, per formare le coscienze e per convincere la comunità che solo lo Stato può assicurare i diritti. Quindi io sono qui per rappresentare la mia vicinanza alla comunità di Platì e all’amministrazione comunale, non ai prepotenti e ai violenti che possono incendiare mille portoni ma che non possono vincere, perché solo lo Stato, ripeto, può assicurare i diritti.

‘Zona rossa’ a Platì non è punizione, siete una comunità che ha gli stessi diritti, a volte negati dallo Stato, ma anche gli stessi doveri. Vorrei chiarire che la mia decisione di istituire la ‘zona rossa’ a Platì non è stata punitiva. Ho ricevuto dal dipartimento di prevenzione dell’Asp la richiesta di istituire venti ‘zone rosse’ in altrettanti Comuni della provincia di Reggio Calabria. Ma appena mi sono insediato ho modificato le regole: ho detto che avrei guardato il numero dei contagi, ma soprattutto quello dei vaccinati. Come sappiamo abbiamo una rete ospedaliera fatiscente e i ricoveri in questa rete, sia in area medica che in terapia intensiva, sono dovuti soprattutto ai non vaccinati.

Roberto Occhiuto "pulisce" Platì
Roberto Occhiuto “pulisce” Platì

A Platì c’era un alto numero di contagi e un bassissimo numero di vaccinati, il 30%. Peraltro in controtendenza rispetto a quello che stava succedendo in Calabria nelle ultime settimane. Perché, per grande senso di responsabilità dei calabresi, la nostra Regione dal primo di dicembre – da quando il commissario Figliuolo ha dato i target alle singole Regioni nell’ambito delle vaccinazioni – è la prima d’Italia per incremento sui target. Abbiamo superato il Veneto, la Lombardia, stiamo vaccinando i ragazzi nelle scuole grazie al contributo dei genitori degli studenti, che se sono medici o infermieri vanno a scuola nei pomeriggi a vaccinare i propri figli e i loro compagni. Abbiamo costruito un canale parallelo delle vaccinazioni e per questo ci stanno imitando anche le altre Regioni. Il che significa che a volte la Calabria riesce a essere un esempio di eccellenza. Quando c’è l’impegno dello Stato e questo impegno è deciso e determinato. A Platì, purtroppo, c’era una percentuale di vaccinati molto bassa e io non me la sono sentita di girarmi dall’altra parte, di far finta che tutto fosse normale, e ho voluto dare un segnale. Ripeto, non un segnale punitivo. Ma un segno delle istituzioni che afferma i diritti ma pretende anche il dovere. Platì non è zona franca, ma una comunità che ha gli stessi diritti, a volte negati dallo Stato, ma anche gli stessi doveri.

A Platì servono investimenti nella scuola: attraverso formazione riusciremo a sradicare sfiducia verso istituzioni. Ho molto apprezzato l’impegno dei sindaci di questa area. Con loro ci siamo incontrati qualche giorno fa, insieme ai responsabili di Libera, e abbiamo ragionato degli investimenti infrastrutturali da fare in questo territorio, per dimostrare anche attraverso l’impiego delle risorse del Pnrr e del fondo di Sviluppo e Coesione, l’interesse dello Stato verso queste comunità. Vorrei che ci fosse anche un fortissimo investimento nella scuola di queste realtà. Perché solo attraverso la formazione dei ragazzi riusciremo a fare in modo che questa diffidenza e questa sfiducia nei confronti delle istituzioni venga sradicata. Per questo chiederò anche alla responsabile dell’ufficio scolastico regionale di investire molto nella scuola di queste aree. Da parte mia, se mi sarà richiesto, vorrei poter investire delle risorse per contrastare ad esempio la dispersione scolastica, e per fare dei progetti di educazione alla legalità in questi contesti. Ecco, in poche settimane sono venuto qui due volte, mi piacerebbe esserci la prossima volta per salutare magari l’avvio di qualche investimento importante da parte della Regione, e perché no, anche per dimostrare che persino la percentuale dei vaccinati così bassa, è cresciuta». (rrm)

 

REGGIO – Mercoledì il talk sull’Aspromonte

Mercoledì 5 gennaio, alle 18, nella sede del Circolo Culturale “Guglielmo Calarco”, è in programma l’evento dal titolo L’arte: strumento di valorizzazione e promozione dell’Aspromonte, organizzato da Teodora Malavenda, photo editor e curatrice indipendente, in collaborazione con il Circolo Culturale G. Calarco.

Il talk si inserisce all’interno di un ampio percorso di valorizzazione e promozione dell’Aspromonte e della Calabria meridionale iniziato nel 2016 con Mountains Research e proseguito negli anni con diverse attività legate alle arti visive. L’obiettivo è quello di raccontare il paesaggio tracciandone un profilo contemporaneo, realistico e libero da ogni immaginario preconfezionato.

Ospiti dell’incontro sono i fotografi Fabio Itri e Armando Perna; Paolo Genoese, direttore artistico di Aspromondo; l’artista Angela Pellicanò; Nicola Casile, Guida Ufficiale del Parco Nazionale d’Aspromonte e socio del G.E.A.; Marina Tornatora, docente del Laboratorio Landscape_inProgress presso l’Università Mediterranea; Elena Trunfio, Direttore del Museo e Parco Archeologico Nazionale di Locri.

* Per partecipare all’evento è obbligatorio esibire il Super Green Pass e indossare mascherine Ffp2 (DL 24 dicembre 2021 n. 221) ed è necessario prenotarsi inviando una email all’indirizzo teodoramalavenda@gmail.com. (rrc)

Martedì in Aspromonte il convegno su Sviluppo e turismo sostenibile ed esperienziale nelle aree interne

Un importante incontro sullo Sviluppo e Turismo sostenibile ed esperienziale nelle aree interne è in programma martedì 21 dicembre, a Pietra Cappa (Aspromonte), organizzato da Gal Terre Locridee, Gal Kroton e Proloco di Natile.

All’iniziativa parteciperanno i Responsabili di Calabria Avventura e di Esse Turismo Calabria, Pino Maiorano dell’Università del Molise, imprenditori, operatori di strutture turistiche e ricettive del territorio.

L’incontro si pone come una tappa fondamentale per la realizzazione di un progetto, pronto a partire già dai primi mesi del nuovo anno, collegato alle risorse naturali e produttive, all’ospitalità di qualità, al turismo enogastronomico, esperienziale e sostenibile rivolto alla conoscenza del territorio della Locride e del Crotonese e che valorizzi l’identità territoriale. Attraverso questa iniziativa si dovrà promuovere una massiccia sinergia tra i comparti dell’agroalimentare, del turismo, della ristorazione e della distribuzione, avviando un percorso di rilancio del progetto tramite specifiche azioni di promozione e comunicazione.

L’obiettivo è facilitare il raggiungimento di maggiori livelli di soddisfazione per il turista delle nostre destinazioni sempre più alla ricerca di esperienze autentiche e attento alla qualità del cibo e della cucina del territorio. Al termine dell’incontro si terrà una degustazione di ricette tipiche del territorio. (rrc)

REGGIO – Successo per Puliamo l’Aspromonte

Grande successo per l’iniziativa Puliamo l’Aspromonte, promosso dal Club Alpino Italiano Sezione Aspromonte insieme a Legambiente di Reggio Calabria, con il supporto del Comune di Santo Stefano, del Parco Nazionale dell’Aspromonte e del Raggruppamento Carabinieri Parchi – Reparto Parco Nazionale Aspromonte.

Una giornata, quella svoltasi sabato scorso, che ha visto impegnati numerosi volontari nella raccolta dei rifiuti abbandonati nell’area di Terreni Rossi a Gambarie d’Aspromonte, un bellissimo sito del Parco Nazionale molto frequentato per il tempo libero.

L’iniziativa ha rinnovato con successo l’obiettivo di sensibilizzare i fruitori del Parco, ma soprattutto gli Enti preposti, sul problema dell’abbandono dei rifiuti e della pulizia dei boschi. Sono stati, infatti, davvero numerosi i sacchi di rifiuti differenziati raccolti dai volontari. Ma altrettanto numerosi sono stati i rifiuti cosiddetti speciali ed ingombranti, tra i quali un numero considerevole di pneumatici, che costituiscono un serio rischio di inquinamento dei terreni e delle acque e che richiederebbero non solo una tempestiva rimozione degli stessi, ma soprattutto un’attenta attività di controllo e di denuncia dei responsabili.

Le attività si sono concluse con i ringraziamenti ai volontari e a tutti i partecipanti da parte del rappresentante dell’Ente Parco, Ing. Sabrina Scalera, del Sindaco di Santo Stefano d’Aspromonte, Francesco Malara, e di Augusta Piredda, Presidentessa del Club Alpino Italiano Sezione Aspromonte, e Nicoletta Palladino, Presidentessa del Circolo Legambiente Reggio Calabria “Città dello Stretto”, che hanno già rinnovato l’impegno per il prossimo anno di organizzare la terza edizione di “Puliamo l’Aspromonte”, nella comune convinzione che la sensibilizzazione dei giovani, degli studenti e di tutti gli altri cittadini sulla corretta manutenzione dei beni comuni e degli spazi pubblici e sulla raccolta differenziata, sia di particolare importanza anche per i luoghi naturali quali l’ambiente montano, e vada sempre accompagnata da azioni concrete di volontariato civile a tutela dell’ambiente e delle bellezze naturali e paesaggistiche del nostro meraviglioso Aspromonte. (rrc)

SANTO STEFANO D’ASPROMONTE (RC) – L’iniziativa “Puliamo l’Aspromonte”

Domani, dalle 9, a Santo Stefano d’Aspromonte, è in programma l’iniziativa Puliamo l’Aspromonte, che prevede la raccolta dei rifiuti abbandonati nell’area di Terreni Rossi a Gambarie d’Aspromonte, organizzato dal Club Alpino Italiano – Sezione Aspromonte, insieme a Legambiente Reggio Calabria e il supporto del Comune di Santo Stefano d’Aspromonte.

Lo scopo dell’appuntamento di volontariato – che vedrà impegnati soci e simpatizzanti del Cai, di Legambiente e dei cittadini che vorranno partecipare è quello di ripulire dai rifiuti un’area del Parco Nazionale molto frequentata per il tempo libero.

Il 23 ottobre, dunque, si raccoglieranno rifiuti abbandonati e dispersi nel terreno nei modi più insensati, stupidi, criminali. Si potrà poi contribuire in futuro a segnalare con modalità veloci e con poche formalità agli Enti preposti la presenza di rifiuti ingombranti o pericolosi e comunque dannosi per l’ambiente. Si potrà così denunciare la presenza di rifiuti al fine di individuare i responsabili, sollecitare l’intervento di competenza delle autorità per la bonifica dei siti oltre che quello di scoraggiare il comportamento incivile costituito dall’abbandono dei rifiuti. 

L’appuntamento per tutti coloro che vorranno partecipare all’iniziativa è alle ore 8.45 a Piazza Mangeruca a Gambarie, da lì ci si sposterà nell’area “Terreni rossi” vicino a Gambarie.

Si vogliono sensibilizzare giovani studenti e tutti gli altri cittadini verso la corretta manutenzione dei beni comuni e degli spazi pubblici e alla raccolta differenziata, importante in città ma anche in luoghi naturali quali l’ambiente montano.

La motivazione che spinge a partecipare a questa iniziativa di volontariato è sicuramente l’amore per la montagna ma anche quello di realizzare con un piccolo impegno un’azione concreta, rilevante dal punto di vista sociale, per proteggere ed aiutare la natura. La tutela dell’ambiente e delle bellezze naturali e paesaggistiche delle nostre zone aspromontane, possono avvenire anche tramite una azione dimostrativa con un episodio inserito in una campagna di sensibilizzazione che sollecita la partecipazione attiva di tutti i cittadini.

L’evento è diretto a denunciare la presenza di, piccole e meno piccole, discariche a cielo aperto che quotidianamente incontra chi percorre i sentieri di montagna. Spesso si vedono degli accumuli di rifiuti, alcune volte anche pericolosi, che si trovano sui cigli delle strade e nel bel mezzo delle campagne e dei bellissimi boschi dell’Aspromonte. (rrc)

 

Incendi, l’Arpacal acquisisce le immagini satellitari dei roghi sull’Aspromonte

Sono devastanti, che fanno capire quanto sia grave la situazione degli incendi, le immagini acquisite dallo spazio dall’Arpacal sull’evoluzione dei roghi sull’Aspromonte nell’arco temporale che va da metà giugno fino alla metà di agosto, che è stata realizzata su richiesta dalla Direzione scientifica dell’Arpacal dal geologo Luigi Dattola del Centro Regionale Geologia e Amianto.

Il report fotografico, sarà trasmesso alla Regione ed agli enti territoriali competenti come elemento conoscitivo utile per le pianificazioni territoriali future visto che, in base alla legislazione nazionale, i Comuni interessati dagli incendi, nella loro pianificazione territoriale, dovranno interdire da qualsivoglia attività urbanistica, per molti anni, le aree interessate dal fuoco. Ciò non solo per pianificare una riqualificazione del territorio incendiato, ma anche per evitare speculazioni urbanistiche future.

«Grazie alla visualizzazione di ampie porzioni di territorio con buona risoluzione spaziale – ha commentato il geologo Luigi Dattola – i satelliti sono ormai ampiamente utilizzati per il monitoraggio del territorio. Tali capacità hanno reso possibile, in tempi molto rapidi anche se non in tempo reale, la visualizzazione dell’evoluzione che hanno avuto gli incendi in Aspromonte nella prima metà di agosto. Utilizzando i satelliti Sentinel 2, facenti parte del progetto Copernicus, programma Esa per l’osservazione della terra, si è elaborata una sequenza di immagini che va dal 18 giugno al 12 agosto».

La sequenza mette in evidenza la rapida evoluzione degli incendi in particolare nella settimana che va dal 5 al 12 agosto, nella quale, oltre la perdita di vite umane, sono state devastate aree vegetate per una superficie stimata di circa 5400 ettari, considerando esclusivamente l’area più vasta interessata dal fuoco.

«Le immagini – ha concluso Dattola – raffigurano bene la tragica sequenza degli eventi e permettono una rapida visualizzazione del fronte reale del fuoco e della sua evoluzione nel tempo. Ulteriori elaborazioni, basate sulla bande dell’infrarosso, permettono una rapida visualizzazione delle aree percorse dal fuoco tramite il calcolo dell’indice “NBR (Normalized Burn Ratio)”, in tali rappresentazioni si può riconoscere, a primo colpo d’occhio, come gli incendi si siano propagati interessando aree sempre più ampie». (rcz)

Un minuto di raccoglimento a mezzogiorno di Ferragosto per le vittime e le devastazioni

Un minuto di raccoglimento, a mezzogiorno di Ferragosto: la Calabria e i calabresi potrebbero dedicare 60 secondi di commossa attenzione all’immane rovina che il fuoco ha portato in Aspromonte e in gran parte della Calabria. Un pensiero prima di tutto alle vittime, poi alla natura, all’ambiente distrutto. Alla memoria di un verde che non c’è più.

L’idea l’ha lanciata l’ex direttore della sede Rai calabrese, l’ing. Demetrio Crucitti, e Calabria.Live l’ha colta subito promuovendola e sostenendola. È un modo di farci sentire tutti uniti di fronte a questa tragedia, di cui il responsabile è solo l’uomo. Il fuoco ha distrutto, ma qualcuno l’ha appiccato.

Un minuto di silenzio di cui, ovviamente, questo giornale non intende in alcun modo fare uso strumentale o di stupida propaganda: è un modo di coinvolgere la comunità – i giornali servono anche a questo – per far sentire a chi sta lontano che nessuno è rimasto inerte: un minuto per riflettere sulla stupidità dell’uomo che non difende la sua terra e lascia solo cenere per le generazioni che verranno. (s)

Tutto l’Aspromonte brucia: c’è un disegno criminale dietro?

di Francesco Rao – Ci sono eventi che segnano fortemente i territori e le popolazioni. Nel bene e nel male, tali circostanze finiranno per determinare il presente ed il futuro. Stiamo vivendo con costante trepidazione queste difficilissime ore nelle quali le immagini ed i video, riportati dai canali dell’informazione e dai canali social, segnano questi giorni di un mese di agosto che avremmo voluto vivere con maggiore serenità, soprattutto dopo l’ennesima fase di lockdown e restrizioni varie vissute durante l’inverno scorso. L’evoluzione di questa fase segnerà, anzi, disegnerà nuovamente i territori e le popolazioni della Calabria. Ad oggi, purtroppo, oltre alla distruzione di ettari di vegetazione e piante secolari, piangiamo la morte di quattro persone. Erano quattro calabresi, attaccati alla loro terra, alla storia fatta di sacrifici vissuti per una vita in quei luoghi ed in quelle abitazioni, andate poi in fumo in pochi minuti. Questo sacrificio è grande, quanto è grande l’impatto ambientale che determinerà nel futuro le sorti della Calabria e dei Calabresi.

Proprio il 6 agosto scorso, ho avuto modo di coordinare i lavori di presentazione di un volume edito dell’Ente Parco d’Aspromonte, dal titolo: “Geoparco Aspromonte – Patrimonio Unesco – Storie di Terre Migranti”. Dalla bellezza dei contenuti esposti dai relatori e dalla progettualità futura auspicata dal Presidente Leo Autelitano, non avrei mai potuto immaginare che a distanza di pochissimi giorni, quel patrimonio, sarebbe divenuto il luogo di una scena apocalittica nella quale la fitta vegetazione, da proteggere e preservare,  diveniva l’elemento fondante per alimentare le fiamme che giorni e giorni di lavoro svolto dai soccorsi ancora non sono state domate.

La nostra Calabria ha patito moltissimi mali, per tantissimo tempo. Dai terremoti alla malavita; dalla corruzione alla mala sanità; dall’analfabetismo alla saccenza; dalla disoccupazione atavica alla crescente emigrazione giovanile e non solo. In ultimo, la pandemia ancora in atto sembrava essere l’estremo male destinato a metterci all’angolo. Dopo il primo anno di questa imprevista emergenza sanitaria, stavamo lottando con tutte le nostre forze per poterci rialzare e iniziavamo ad intravedere la luce, anche grazie ai benefici della vaccinazione.

Pur essendo nato il secolo scorso, a mia memoria, una quantità di incendi, così ampia e diffusa su tutto il territorio regionale, credo non ci sia mai stata. Da sempre ricordo focolai d’incendio, sviluppatesi nelle nostre bellissime montagne, ma in quantità nettamente inferiori ed immediatamente governate. In questi giorni i social hanno dato voce a moltissime persone, veicolando la loro amarezza ed il fortissimo sdegno per un fatto che vorrei definire strage dell’ecosistema calabrese. Ho letto su alcuni quotidiani locali che, per taluni casi, gli inquirenti hanno ipotizzato anche responsabilità umane. Tutto ciò si aggiunge alla famosa favola dell’autocombustione, da sempre utilizzata per sedare gli animi e forse raggirare quella norma che prevede azioni puntuali da praticare nei territori sottoposti ad incendio doloso.

In tutta questa tragedia, da qualche giorno, mi sto chiedendo: e se fosse stato un progetto ben pianificato e teso ad ottenere dallo Stato una contropartita? Solo per fare un esempio, mandare in fumo il Geoparco, Patrimonio dell’Unesco, equivale ad aver ridotto in frantumi il Colosseo. Se per molti l’esempio potrà apparire esagerato, dopo aver ascoltato le relazioni dei docenti universitari, in occasione della presentazione del pregevole volume già citato, penso possa essere ben proporzionato. In pochissimi conoscono il valore storico, geologico e botanico del territorio andato in fumo in queste ore. Proviamo ad immaginare quante risorse economiche verrebbero messe a disposizione, in caso di un attacco terroristico praticato ai danni del Colosseo? Proviamo ora ad immaginare la dimensione dell’embolo partito nel cervello di eventuali “piromani”, intenzionati a lucrare nella fase postuma all’incendio, visto che ora, oltre ai fondi statali ed europei si aggiungono i fondi che l’Unesco non potrà negare in quanto, quel luogo, una volta divenuto patrimonio dell’umanità, non potrà essere declassato.

Volendo essere cinico e fantasioso, si potrebbe ipotizzare anche una richiesta estorsiva non andata a buon fine. Inoltre, non dimentichiamo l’eventuale azione, messa in atto per generare svantaggi economici nei confronti degli operatori economici che gestiscono elettrodotti e metanodotti presenti proprio sul territorio. Sarebbe molto bello sapere se tali infrastrutture hanno subito danni, oppure sono rimasti indenni dalle fiamme di questi giorni. Infine, non potrà essere trascurata la fase di messa in sicurezza delle montagne, in parte esposte nelle immediate vicinanze di centri abitati ed in parte sede di importantissime infrastrutture stradali, le quali, oltre ad essere strumenti di viabilità, speriamo possano divenire sempre più un valido strumento per attuare processi di sorveglianza e controllo tesi a scongiurare futuri fatti analoghi. Infine, portando nel cuore la tristezza di questa triste pagina della Calabria, sicuramente impressa anche nella mente dei Calabresi e di tutte le persone che in questi giorni hanno seguito l’evolversi di una tristissima realtà, vorrei sperare che i cittadini di Grotteria possano al più presto ritornare nelle loro abitazioni,  che i parenti delle vittime trovino la forza per andare avanti, ed auspicherei che il Presidente della Repubblica, on. prof. Sergio Mattarella ed il Presidente del Consiglio dei Ministri, Prof. Mario Draghi, vengano di persona ed al più presto a visitare i luoghi nei quali gli incendi hanno bruciato la storia, le tradizioni, le speranze e buona parte del futuro di questa terra e di quella Gente di Calabria, che Corrado Alvaro descriveva forti, capaci di resistere alle difficoltà della vita e grazie alla loro pelle dura, oltre a poterci affilare i coltelli facendoli scorrere sulle loro braccia, continueranno ad amare la loro terra.

Vorrei aggiungere un semplice desiderio: questa volta alla Calabria non siano indirizzati soltanto fondi. Noi non stiamo con il cappello in mano. Vengano attivate azioni investigative tese a verificare l’eventuale responsabilità umana e strumenti normativi atti a consentirci di ricostruire ciò che la natura ha perso anche a seguito dell’irresponsabilità umana e di uno smisurato egoismo. (fr)

[Francesco Rao è un sociologo calabrese. Vive a Cittanova]

Bruciano l’Aspromonte e la Calabria. Brucia tutto. di Giusy Staropoli Calafati

di GIUSY STAROPOLI CALAFATI – Se è vero che la felicità è un attimo appena, allora in Aspromonte è andata già tutta perduta. Consumata dentro al fuoco. Che se fino a ieri essere stati dichiarati Patrimonio Unesco era stata una festa, oggi la festa è già finita. E quel che patrimonio era, non c’è già più. 

Dieci giorni di fuoco ardente. L’Aspromonte brucia, e chi poteva cambiare le cose non lo ha fatto. 

Le faggete vetuste sono in fiamme, e quel fino a qualche giorno fa, era un sogno che avrebbe permesso a chiunque, di riveder le stelle, oggi non è altro che disperazione e lutto. Le fiamme travolgono gli alberi, i sogni, ma porto via anche gli uomini. Esse non s’alzano per avere pietà di ciò che gli sta intorno, ma circondano tutto quanto hanno vicino. Il fuoco nasce per avanzare, se istigato, anche per uccidere. 

Ma forse dell’Aspromonte non frega niente a nessuno. In fondo questa non è altro che la montagna dei sequestri di persona, dei summit di ‘ndrangheta, e delle decisioni stragiste. La montagna più latitante della terra. Eppure, chi la condanna, non sa che proprio qui, nei secoli passati, popoli e santi hanno trovato rifugio. Proprio qui, ancora oggi batte il cuore di una regione antica, dal sapore a volte aspro altre mielato come quello della Magna Grecia, che tra le fenditure più recondite dei suoi materni seni, custodisce la sua storia. E nelle pieghe della sua bellezza, l’identità. 

La Calabria brucia. 

Bruciano gli ulivi, i lecci, i mirti. 

Brucia il lupo perché qualche disonesto uomo ha profanato illegalmente la sua tana. 

Brucia l’area greca ed il grecanico. 

Bruciano le vette sacerdotali della montagna, la casa dell’uomo e il nido del falco pellegrino.

Bruciano l’identità, la capra, e brucia il pastore. Il musulupu, la ricotta e il formaggio. Il legno intagliato. I racconti, le leggi. Da Reggio Calabria a Polsi, brucia tutto. 

I sentieri, i viottoli, i panorami, le vertigini e le turbolenti fiumare. Brucia e si devasta la magnanimità del Creatore con la Calabria. I resti dei paesi appollaiati e aggrappati alla roccia, in bilico sugli spaventosi dirupi, vanno in fumo. E per colpa del fallimento sociale e politico di una terra in cui gli speculatori avanzano come il fuoco. E i disumani disfattisti accelerano la fine, non sapendo che chi brucia tutto oggi, domani non può  aspettarsi di veder spuntare l’erba verde, ma invece è necessario si prepari a vedere venir fuori dalla cenere i corpi esanimi dei propri figli. Perché in questi roghi, con la montagna, stanno bruciando anche loro. 

L’Aspromonte ha bisogno di aiuto. Chi può porti il mare alla montagna. Da solo il fuoco non si spegne. E diciamocela pure, la Calabria non è più la Fenice che tutti speravano. Dalle sue ceneri rischia di non risorgere. 

Il 3 e il 4 ottobre la Regione Calabria, andrà al voto. A chi in questo momento pensa di voler correre questa gara, oggi, e non domani, corra a gambe levate in Aspromonte, e scriva lì proprio programma. La Calabria è lassù che ha bisogno, ora. Il fuoco va domato e in fretta, oggi. Domani poi, con calma, se Dio vorrà e la vostra coscienza pure, racconterete quel che responsabilmente avete fatto per questa terra. (gsc)