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S. Stefano d'Aspromonte in fiamme

Tutto l’Aspromonte brucia: c’è un disegno criminale dietro?

di Francesco Rao – Ci sono eventi che segnano fortemente i territori e le popolazioni. Nel bene e nel male, tali circostanze finiranno per determinare il presente ed il futuro. Stiamo vivendo con costante trepidazione queste difficilissime ore nelle quali le immagini ed i video, riportati dai canali dell’informazione e dai canali social, segnano questi giorni di un mese di agosto che avremmo voluto vivere con maggiore serenità, soprattutto dopo l’ennesima fase di lockdown e restrizioni varie vissute durante l’inverno scorso. L’evoluzione di questa fase segnerà, anzi, disegnerà nuovamente i territori e le popolazioni della Calabria. Ad oggi, purtroppo, oltre alla distruzione di ettari di vegetazione e piante secolari, piangiamo la morte di quattro persone. Erano quattro calabresi, attaccati alla loro terra, alla storia fatta di sacrifici vissuti per una vita in quei luoghi ed in quelle abitazioni, andate poi in fumo in pochi minuti. Questo sacrificio è grande, quanto è grande l’impatto ambientale che determinerà nel futuro le sorti della Calabria e dei Calabresi.

Proprio il 6 agosto scorso, ho avuto modo di coordinare i lavori di presentazione di un volume edito dell’Ente Parco d’Aspromonte, dal titolo: “Geoparco Aspromonte – Patrimonio Unesco – Storie di Terre Migranti”. Dalla bellezza dei contenuti esposti dai relatori e dalla progettualità futura auspicata dal Presidente Leo Autelitano, non avrei mai potuto immaginare che a distanza di pochissimi giorni, quel patrimonio, sarebbe divenuto il luogo di una scena apocalittica nella quale la fitta vegetazione, da proteggere e preservare,  diveniva l’elemento fondante per alimentare le fiamme che giorni e giorni di lavoro svolto dai soccorsi ancora non sono state domate.

La nostra Calabria ha patito moltissimi mali, per tantissimo tempo. Dai terremoti alla malavita; dalla corruzione alla mala sanità; dall’analfabetismo alla saccenza; dalla disoccupazione atavica alla crescente emigrazione giovanile e non solo. In ultimo, la pandemia ancora in atto sembrava essere l’estremo male destinato a metterci all’angolo. Dopo il primo anno di questa imprevista emergenza sanitaria, stavamo lottando con tutte le nostre forze per poterci rialzare e iniziavamo ad intravedere la luce, anche grazie ai benefici della vaccinazione.

Pur essendo nato il secolo scorso, a mia memoria, una quantità di incendi, così ampia e diffusa su tutto il territorio regionale, credo non ci sia mai stata. Da sempre ricordo focolai d’incendio, sviluppatesi nelle nostre bellissime montagne, ma in quantità nettamente inferiori ed immediatamente governate. In questi giorni i social hanno dato voce a moltissime persone, veicolando la loro amarezza ed il fortissimo sdegno per un fatto che vorrei definire strage dell’ecosistema calabrese. Ho letto su alcuni quotidiani locali che, per taluni casi, gli inquirenti hanno ipotizzato anche responsabilità umane. Tutto ciò si aggiunge alla famosa favola dell’autocombustione, da sempre utilizzata per sedare gli animi e forse raggirare quella norma che prevede azioni puntuali da praticare nei territori sottoposti ad incendio doloso.

In tutta questa tragedia, da qualche giorno, mi sto chiedendo: e se fosse stato un progetto ben pianificato e teso ad ottenere dallo Stato una contropartita? Solo per fare un esempio, mandare in fumo il Geoparco, Patrimonio dell’Unesco, equivale ad aver ridotto in frantumi il Colosseo. Se per molti l’esempio potrà apparire esagerato, dopo aver ascoltato le relazioni dei docenti universitari, in occasione della presentazione del pregevole volume già citato, penso possa essere ben proporzionato. In pochissimi conoscono il valore storico, geologico e botanico del territorio andato in fumo in queste ore. Proviamo ad immaginare quante risorse economiche verrebbero messe a disposizione, in caso di un attacco terroristico praticato ai danni del Colosseo? Proviamo ora ad immaginare la dimensione dell’embolo partito nel cervello di eventuali “piromani”, intenzionati a lucrare nella fase postuma all’incendio, visto che ora, oltre ai fondi statali ed europei si aggiungono i fondi che l’Unesco non potrà negare in quanto, quel luogo, una volta divenuto patrimonio dell’umanità, non potrà essere declassato.

Volendo essere cinico e fantasioso, si potrebbe ipotizzare anche una richiesta estorsiva non andata a buon fine. Inoltre, non dimentichiamo l’eventuale azione, messa in atto per generare svantaggi economici nei confronti degli operatori economici che gestiscono elettrodotti e metanodotti presenti proprio sul territorio. Sarebbe molto bello sapere se tali infrastrutture hanno subito danni, oppure sono rimasti indenni dalle fiamme di questi giorni. Infine, non potrà essere trascurata la fase di messa in sicurezza delle montagne, in parte esposte nelle immediate vicinanze di centri abitati ed in parte sede di importantissime infrastrutture stradali, le quali, oltre ad essere strumenti di viabilità, speriamo possano divenire sempre più un valido strumento per attuare processi di sorveglianza e controllo tesi a scongiurare futuri fatti analoghi. Infine, portando nel cuore la tristezza di questa triste pagina della Calabria, sicuramente impressa anche nella mente dei Calabresi e di tutte le persone che in questi giorni hanno seguito l’evolversi di una tristissima realtà, vorrei sperare che i cittadini di Grotteria possano al più presto ritornare nelle loro abitazioni,  che i parenti delle vittime trovino la forza per andare avanti, ed auspicherei che il Presidente della Repubblica, on. prof. Sergio Mattarella ed il Presidente del Consiglio dei Ministri, Prof. Mario Draghi, vengano di persona ed al più presto a visitare i luoghi nei quali gli incendi hanno bruciato la storia, le tradizioni, le speranze e buona parte del futuro di questa terra e di quella Gente di Calabria, che Corrado Alvaro descriveva forti, capaci di resistere alle difficoltà della vita e grazie alla loro pelle dura, oltre a poterci affilare i coltelli facendoli scorrere sulle loro braccia, continueranno ad amare la loro terra.

Vorrei aggiungere un semplice desiderio: questa volta alla Calabria non siano indirizzati soltanto fondi. Noi non stiamo con il cappello in mano. Vengano attivate azioni investigative tese a verificare l’eventuale responsabilità umana e strumenti normativi atti a consentirci di ricostruire ciò che la natura ha perso anche a seguito dell’irresponsabilità umana e di uno smisurato egoismo. (fr)

[Francesco Rao è un sociologo calabrese. Vive a Cittanova]