TUTELA DI MINORI E SUPPORTO A FAMIGLIE
A RC: NON VOLTARSI MA «FARE QUADRATO»

di ANTONIETTA MARIA STRATI – A Reggio i minori e le loro famiglie invocano aiuto, Save the Children, il Tribunale per i Minorenni e il Centro Comunitario Agape rispondono. E lo fanno rinnovando un accordo che attiva ulteriori azioni concrete a tutela dei diritti dei minori e delle famiglie in difficoltà.

Un impegno, quello del Centro Comunitario Agape reggino – guidato da Mario Nasone  – e del Tribunale per i Minorenni – guidato da Marcello D’Amico – continuo. A giugno, infatti, parlavano di «adolescenza e infanzia ferita» e chiedevano delle strategie d’intervento coinvolgendo  le diverse istituzioni ed agenzie che si occupano dei minori per una riflessione a più voci.

Lo stesso Garante regionale per l’Infanzia e l’Adolescenza, Antonio Marziale, aveva ribadito la necessità di «fare «quadrato attorno ai bambini», e, oggi, lo si fa assieme a Save the Children, dove si chiede una maggiore assunzione di responsabilità da parte delle Istituzioni e delle Associazioni.

E, con questo spirito, il Presidente del Tribunale per i minorenni, Marcello D’Amico, ha accolto la disponibilità di Save The Children e del Centro Comunitario Agape, di rinnovare un accordo di collaborazione che ha dato importanti risultati negli anni scorsi e che si ora si prefigge di attivare ulteriori azioni concrete a tutela dei diritti dei minori e delle famiglie in difficoltà. Save the Children, l’Organizzazione che da oltre 100 anni lotta per salvare i minori a rischio e garantire loro un futuro, e Agape, con consolidata esperienza nell’ambito minorile, vogliono essere una risorsa per il Tribunale per i minorenni che continua ad essere un presidio fondamentale per la tutela degli interessi dei minori. 

A raccontare l’importante lavoro che svolte il Tribunale, è stata Tiziana Catalano, psicologa e giudice onorario al Tribunale per i minorenni di Reggio Calabria: «diversi ruoli entrano in gioco perché si entra nella vita di persone, e sappiamo già che abbiamo bisogno di diverse competenze».

«Dobbiamo anche qui però – ha proseguito – dirci la verità: L’intervento dentro le mura di casa è il più doloroso, e sapete che accade? Che la società fa muro.Ci stiamo dimenticando del bambino che soffre,  La società all’intervento come risponde? Ah ma lo stato è duro, è violento… ma com’è possibile sostenere questo? Quando la società dice così, dimentica il bambino. È proprio nel momento dell’intervento che la società deve insistere, non dimenticare. Al Tribunale quindi, si lavora in punta di piedi. Lo stato allora deve entrare, ma il villaggio deve essere solidale, non battersi il petto poi quando accade il fatto increscioso».

Il nuovo protocollo, curato dal giudice onorario Giuseppe Marino e alla cui ratifica erano presenti il magistrato minorile Paolo Ramondino, la rappresentante regionale dei programmi di Save the Children, Carla Sorgiovanni e  la volontaria avvocata Elisabetta Martelli di Agape, che curerà con il Giudice onorario Marino il servizio di ascolto e coordinamento dell’intesa e che sarà operativo da settembre, prevede collaborazioni diverse.

Ad esempio la realizzazione, a cura di Save the Children e dei propri partner, nei territori di San luca e Locri, del progetto Buon Inizio, crescere in una comunità educante che si prende cura, già finanziato dall’impresa sociale Con I Bambini e rivolto alle famiglie, con la partecipazione a livello consultivo del Tribunale per i Minorenni, la realizzazione di momenti formativi e/o di approfondimento sulla protezione e ascolto dei Minori Stranieri Non Accompagnati (Msna rivolti al personale del Tm  e a tutti gli attori – istituzionali e non – che a vario titolo si occupano della protezione dei minori migranti e operano nel territorio di competenza del Tribunale. 

Inoltre, l’accordo include la realizzazione di momenti formativi e/o di approfondimento sulla legislazione in materia di responsabilità genitoriale e sulla valutazione della capacità genitoriale rivolti agli operatori dei progetti socio-educativi che Save the Children ed Agape promuovono sul territorio ed ai rappresentanti dei servizi  sanitari servizi sanitari, sociali ed scolastici.                         

Il Centro Comunitario Agape garantirà, avvalendosi di volontari qualificati, l’apertura di un punto di ascolto c/o il Tribunale per i Minorenni per la consulenza alle persone in difficoltà ed ai cittadini che hanno esigenza di rivolgersi al Tribunale per i Minorenni, lo stesso servizio sarà svolto presso la sede del Centro Comunitario Agape e sarà, inoltre, istituito un servizio telefonico attraverso il quale potranno essere raccolte le richieste di assistenza e di aiuto  per le famiglie, gli insegnanti, le associazioni impegnate nella tutela dei minori.Verranno garantiti, su richiesta delle scuole interessate, incontri formativi e di consulenza con gli insegnanti e le famiglie c/o i presidi scolastici,  e si collaborerà all’esecuzione dei provvedimenti adottati dal Tribunale per i Minorenni a sostegno dei minori appartenenti a nuclei familiari in difficoltà.

Tra questi anche il consultorio per adolescenti Spazio Zeta, promosso all’interno del progetto Orientamento al futuro, lo Spazio genitori ed un servizio di orientamento legale a cura degli avvocati volontari della Marianella Garcia

Secondo le prescrizioni dell’autorità giudiziaria minorile in sinergia con i giudici togati, onorari e con i curatori, il Centro Comunitario Agape collaborerà con proprio personale qualificato al monitoraggio dei minori del distretto allontanati dalla propria famiglia d’origine mettendo a disposizione risorse e servizi, curerà infine  uno sportello informativo sull’affido etero familiare e iniziative di sensibilizzazione e formazione delle famiglie interessate d’intesa con il Tribunale.

 Tutte azioni, queste, volte esclusivamente alla tutela dei minori e delle loro famiglie. Sicuramente il recente Piano di sostegno alle fragilità approvato dalla Giunta regionale – e plaudito dal Coordinamento regionale Affido e Adozione – è un primo passo per la vera tutela dei più piccoli, che «che necessitano di azioni di sostegno e di accompagnamento».

Ma non solo: è fondamentale, anche, «promuovere un ambiente educativo sicuro, rispettoso e inclusivo», come avevano ribadito i ragazzi e le ragazze del progetto Altavoce promosso da Save the Children e realizzato a Reggio dal Centro Comunitario Agape. Un intervento, il loro, a seguito dell’aggressione che ha coinvolto due studenti del Liceo Scientifico “Leonardo da Vinci”, in cui hanno ribadito la necessità di «creare un ambiente scolastico e comunitario in cui ogni ragazzo possa sentirsi al sicuro, rispettato e sostenuto. La prepotenza e la violenza non hanno spazio nella nostra società, e dobbiamo lavorare insieme per prevenirli e affrontarli con determinazione e coraggio».

Ma non è solo la comunità a doversi impegnare. Ai primi di luglio, Lucia Lipari, del Centro Comunitario Agape e Claudio Venditti, del Forum Famiglia, si sono rivolti ai parlamentari affinché seguissero, con forte impegno, l’iter della riforma sui tribunali per i minorenni, «rappresentando a livello di Governo e del parlamento la situazione degli uffici giudiziari della regione coinvolti».

L’attenzione, in particolare, era da rivolgere al Tribunale per i Minorenni di Reggio e di Catanzaro, che operano  in contesti dove la criminalità organizzata, le sacche di povertà e la debolezza del sistema del Welfare producono fenomeni gravi e diffusi di disagio sociale e di devianza, veri e propri avamposti di legalità che rischiano di essere  privati della loro funzione di tutela dei minori  per la mancanza di risorse a cui si unisce la complessità del nuovo quadro legislativo».

«L’attività svolta dal Tribunale per i Minorenni finora è stata cruciale – hanno evidenziato – per salvaguardare in particolare i diritti dei minori vittime di crimini domestici, inseriti in quei contesti in cui il paradigma offensivo si sviluppa quotidianamente. Si deve fare pertanto  di tutto per  scongiurare possibili disfunzioni nel sistema giudiziario».

«Per questo è necessario considerare che, oltre allo slittamento – hanno concluso – il Ministero della Giustizia provveda alla destinazione di fondi per l’assunzione di personale, anche di carattere amministrativo, che possa supportare la  riforma  che sin dalla sua stesura non ha ritenuto di prendere in considerazione le effettive realtà degli uffici giudiziari e dei territori». (ams)

L’appello del Centro Agape e Forum Famiglie: I parlamentari seguano iter riforma per tribunali dei minori

I parlamentari calabresi seguano, con forte impegno, l’iter della riforma sui tribunali per i minorenni, «rappresentando a livello di Governo e del parlamento la situazione degli uffici giudiziari della regione coinvolti». È l’appello lanciato Lucia Lipari, del Centro Comunitario Agape e Claudio Venditti, del Forum Famiglia, rivolgendo particolare attenzione ai tribunali per i minorenni di Reggio e di Catanzaro «che operano  in contesti dove la criminalità organizzata, le sacche di povertà e la debolezza del sistema del Welfare producono fenomeni gravi e diffusi di disagio sociale e di devianza, veri e propri avamposti di legalità che rischiano di essere  privati della loro funzione di tutela dei minori  per la mancanza di risorse a cui si unisce la complessità del nuovo quadro legislativo».

Per Agape e Forum Famiglie, infatti, «è una buona notizia l’approvazione da parte del Consiglio dei ministri del  Decreto Legge che determina il rinvio di una delle parti più significative della riforma Cartabia in materia di giustizia civile. Si posticipa di un anno la messa a sistema del tribunale della famiglia, arco temporale che dovrebbe, si auspica, permettere di ponderare le criticità sollevate da magistratura e avvocatura rispetto al nuovo iter e tra gli aspetti preoccupanti spiccano la carenza di organici e l’adeguata copertura finanziaria».

In una nota congiunta Claudio Venditti del Forum regionale delle Associazioni familiari e Lucia Lipari del Centro Comunitario Agape, hanno ricordato che con  la riforma del processo civile, attuata con il decreto legislativo n. 149/2022, è stato infatti istituito il Tribunale Unico per persone, minori e famiglia con un rito unico per i procedimenti che riguardano questi soggetti. Si tratta di una attribuzione di competenze in precedenza ripartite tra tribunale ordinario, giudice tutelare e tribunale per i minorenni. Il differimento dell’entrata in vigore del tribunale per le persone, i minorenni e le famiglie ad ottobre 2025, permetterà, quindi, l’applicazione degli strumenti essenziali e dei correttivi atti ad assicurare l’effettiva operatività del personale che ne sarà parte attiva e della opportuna dotazione delle strutture».

«Questo è l’auspicio condiviso – si legge nella nota – perché risulta quanto mai importante garantire la prosecuzione dei procedimenti maggiormente incisivi sulla responsabilità genitoriale in questa fase di passaggio e in vista della costituzione del nuovo Tribunale favorire la specializzazione delle sezioni di Corti d’Appello dedicate alla materia familiare e minorile, introdurre un’adeguata disciplina transitoria. Il nostro sistema giudiziario non può permettersi ritardi nei processi e atti che compromettano la qualità della giustizia in danno delle famiglie, dei minori e dei soggetti vulnerabili».

«L’attività svolta dal Tribunale per i Minorenni finora è stata cruciale – hanno evidenziato – per salvaguardare in particolare i diritti dei minori vittime di crimini domestici, inseriti in quei contesti in cui il paradigma offensivo si sviluppa quotidianamente. Si deve fare pertanto  di tutto per  scongiurare possibili disfunzioni nel sistema giudiziario».

«Per questo è necessario considerare che, oltre allo slittamento – hanno concluso – il Ministero della Giustizia provveda alla destinazione di fondi per l’assunzione di personale, anche di carattere amministrativo, che possa supportare la  riforma  che sin dalla sua stesura non ha ritenuto di prendere in considerazione le effettive realtà degli uffici giudiziari e dei territori.

Il Centro Agape e della Magistratura minorile: Servono strategie d’intervento per infanzia e adolescenza ferit

È una infanzia e adolescenza ferita, quella che si sta registrando nel territorio reggino, ma non solo. Sono sempre di più gli episodi di violenza  e di disagio che colpiscono in vari modi anche bambini e adolescenti calabresi, ultimi la morte del neonato a Villa san Giovanni e l’accoltellamento tra coetanei al Liceo Vinci di Reggio Calabria.

Per questo il Centro Comunitario Agape, guidato da Mario Nasone, ha sentito l’esigenza di coinvolgere le diverse istituzioni ed agenzie che si occupano dei minori per una riflessione a più voci e soprattutto  per valutare delle possibili strategie d’intervento.

E, proprio Nasone, nelle sue conclusioni, ha ribadito «di come sia importante comprendere il disagio dei nostri ragazzi che non è una emergenza ma una sfida educativa e cercare di  agire in primis creando  luoghi dove i ragazzi possono essere orientati, poiché vanno aiutati ed indirizzati verso un percorso nuovo rispondendo alla loro paura verso il futuro, coinvolgerli, renderli protagonisti del lavoro di cambiamento. Bisogna avere fiducia nelle loro capacità, che anche  la politica finalmente li ascolti. Ha rilanciato la proposta al Prefetto di una azione che metta insieme Istituzioni, magistratura minorile ed associazioni per costruire delle efficaci e stabili alleanze educative».

Una sfida che deve essere accolta da tutti: Associazioni, Istituzioni, politica, di fare «quadrato attorno ai bambini», come ha detto il Garante regionale per l’Infanzia e l’Adolescenza, Antonio Marziale, sostenendo come «oggi c’è bisogno di parlare di infanzia e di adolescenza perché è  presente il rischio per bambini e adolescenti di non essere percepiti come tali. La società sta facendo di tutto per distruggere l’infanzia e l’adolescenza.C’è un problema: nella società non ci sono adulti di prossimità (quelli che li  lasciano alle 3 di notte in via marina minori  soli e come adulti non si  preoccupano). La scuola ha qualche défaillance.Non ci sono dei punti fermi per i ragazzi, perché ci sono spinte a volerli più grandi».

«Bisogna limitare – ha concluso – la pubblicazione dei bambini sul web, anche da parte della scuola. C’è bisogno di un contenimento.C’è bisogno di incontri come questo».

Ernesto Caffo, presidente di Telefono azzurro che gestisce il servizio 144 emergenza infanzia nazionale ha ricordato che «da qualche mese  è attiva una legge che è la legge sul bullismo, fenomeno, ormai molto diffuso e che richiede un ruolo essenziale delle rete e dei  servizi. Ha sottolineato  l’importanza di riflettere sulle relazioni tra  giovani e adulti,  sulle le esperienze del mondo digitale, di formare le famiglie e i ragazzi  a come prevenire problematiche legate ai social e controllare l’accesso dei ragazzi della rete del nostro Paese». 

«Essenziale l’ascolto quotidiano di adolescenti poiché la realtà della violenza è ancora sommersa e non basta guardare i casi che emergono e che arrivano alla cronaca, ma guardare anche la solitudine dei casi sommersi dove essenziali sono le azioni concrete per un lavoro comune», ha concluso Caffo, offrendo la disponibilità di telefono azzurro a affiancarsi alle Prefetture e agli attori istituzionali e sociali per programmai di prevenzione stabili ed organici in Calabria.

Roberto di Palma, procuratore minorile ha espresso la preoccupazione sugli episodi di violenza che avvengono durante la notte tra le 3 e le 5 chiedendosi: «Ma che ci fanno minori in giro a quest’ora? Un dato che ci dice che bisogna  porre in evidenza immediatamente l’assenza della famiglia».

«Qui bisogna fermarsi, per comprendere sin da subito – ha evidenziato – che non basta delegare le istituzione e trovare un colpevole. Le istituzioni possono aiutare ma la famiglia ha un ruolo fondamentale, non per nulla, in aula di tribunale, cioè che viene tolto o sospeso, è proprio la capacità genitoriale. Pensiamo a quello che succede la notte di San Lorenzo, è giusto che voi sappiate perché qui siamo tutti adulti, che i ragazzi che vengono portati in coma etilico la notte, il dottor chiama la famiglia e la famiglia risponde che l’ora è tarda, e che verranno a prendere il figlio il giorno dopo ormai. Allora diciamocelo, dove sta la capacità genitoriale?».

«Questa la foto della nostra società – ha concluso – i giovani vogliono essere ascoltati, ma soprattutto, amati. Alla base della violenza c’è la solitudine, e la solitudine sfocia in strade devianti».

Tiziana Catalano, psicologa e giudice onorario al Tribunale per i minorenni di Reggio Calabria ha confermato che «il settore è complesso e difficile. 30 anni fa cominciavo la professione e riporto l’esempio che per me è emblematico di ciò che voglio dire oggi. Da psicologa seguivo un caso di allontanamento di minore a causa del padre violento. Questo accadimento fu pesante, per tutti, anche per noi che operavano. Questo è ciò che facciamo in Tribunale, diversi ruoli entrano in gioco perché si entra nella vita di persone, e sappiamo già che abbiamo bisogno di diverse competenze».

«Dobbiamo anche qui però – ha proseguito – dirci la verità: L’intervento dentro le mura di casa è il più doloroso, e sapete che accade? Che la società fa muro.Ci stiamo dimenticando del bambino che soffre,  La società all’intervento come risponde? Ah ma lo stato è duro, è violento… ma com’è possibile sostenere questo? Quando la società dice così, dimentica il bambino. È proprio nel momento dell’intervento che la società deve insistere, non dimenticare. Al Tribunale quindi, si lavora in punta di piedi. Lo stato allora deve entrare, ma il villaggio deve essere solidale, non battersi il petto poi quando accade il fatto increscioso».

Anna Nucera, già dirigente scolastica, ha evidenziato l’esigenza di fare Comunità per la risoluzione dei problemi sia dell’infanzia e sia dell’adolescenza. 

«Nel 2017 – ha spiegato – si è sentita l’esigenza a Reggio  di lavorare assieme a tutte le autorità, educatori, psicologi per fare Rete ed aiutare i minori ed adolescenti. È stata evidenziata l’esigenza di formare le famiglie e i docenti per far fronte a questa forte problematica ma purtroppo ad oggi la situazione è solamente peggiorata  ed  il Covid  ha contribuito a recidere le relazioni tra minori e adolescenti a causa della DAD. La domanda è: Avete capito cos’è accaduto? »

«Tutto ciò ha peggiorato la solitudine – ha continuato – l’incertezza ma ancora di più ha fatto emergere la paura. Si è parlato di “Sfillacciamento” della famiglie le quali pensano per lo più ai social e no all’ascolto dei proprio figli. C’è un educazione all’Apparire e i figli non ricevono riconoscimenti per ciò che fanno realmente. Pensano  più all’apparenza che all’essere!».

«Sono stati riportati due casi. Il  caso Vinci (non si sono guardati i ragazzi che vivevano un disagio), il caso Villa (una ragazzina che ha sofferto prima e dopo l’accaduto. Dov’erano le istituzioni? – ha chiesto –. I docenti, i compagni? Come hanno fatto a non rendersi conto della stato di gravidanza?) Oggi basta vedere come si vestono i ragazzini per capire che le famiglie purtroppo sono assenti».

Per Gianni Trudu, psicologo clinico, dietro un figlio che sta male, «c’è un genitore che sta peggio, si divenga genitori a scapito degli figli, i raptus non esistono, chiedendosi a chi tocca intercettare citando la ricerca Mi Vedete, che ha fatto emerge che il 70% degli studenti presentava disagio psicologico e il 30% dei genitori non si è reso conto». 

Lodovica Saraceno ha riportato quanto scritto dai giovani coinvolti nel progetto Alta voce di Save the Children ed Agape, in una lettera «dove si invitano gli adulti a mettersi finalmente in ascolto degli adolescenti formulando una serie di proposte per rendere soprattutto la scuola spazio inclusivo dove la relazione deve avere la sua centralità».

Rosa Alba Stramandino, dirigente ufficio minori della Questura, ha ricordato il lavoro svolto in stretta collaborazione con la procura c/o il Tribunale per i minorenni che continuamente richiede interventi di protezione dei minori, di prevenzione e di repressione di reati che li vedono vittime ma anche autori.La vicaria del Prefetto Stefania Caracciolo, che ha partecipato a tutto l’incontro , si è impegnata a rappresentate alla Vaccaro le preoccupazioni e le proposte emerse dall’incontro. (rrc)

A Reggio istituzioni e Associazioni a confronto su infanzia e adolescenza

Domani, a Reggio, alle 17.45, nella Sala del Consiglio Metropolitano, si terrà la tavola rotonda Infanzia e adolescenza ferita, promossa dal Centro Comunitario Agape, con il patrocinio della Città Metropolitana.

Si tratta di un momento di riflessione ma soprattutto di raccolta di proposte tra diversi interlocutori che sono impegnati a contrastare questi disagi. Sul tema, infanzia e adolescenza ferita interventi di prevenzione e sostegno nelle dinamiche violente e casi di abuso, si confronteranno, dopo i saluti di Clara Vaccaro, prefetto di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà, sindaco Città Metropolitana, Annamaria Stanganelli, Garante Regionale della Salute, Roberto Di Palma, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Reggio Calabria, Tiziana Catalano, giudice Onorario Tribunale per i Minorenni di Reggio Calabria, Anna Nucera Dirigente scolastico in quiescenza, Gianni Trudu, Psicologo clinico, Paolo Cicciù, CSI Centro Sportivo Italiano, Antonio Marziale, Garante Regionale Infanzia e adolescenza, il Referente Direzione anti-crimine della Questura di Reggio Calabria, Ernesto Caffo, presidente Telefono Azzurro.

Coordina l’incontro Lucia Lipari, vicepresidente Centro Comunitario Agape e componente osservatorio regionale sulla violenza di genere. Conclude Mario Nasone, presidente Centro Comunitario Agape.  

«Di fronte alle vicende che hanno coinvolto recentemente dei minori del nostro territorio in episodi violenti – viene sottolineato in una nota – non possono  essere archiviati come fatti di cronaca a cui si rischia di fare l’abitudine ma vanno visti come  la spia di un disagio grave e diffuso che non si riesce ad intercettare. È sotto gli occhi di tutti che non c’è una emergenza infanzia ma siamo di fronte ad una vera e complessa sfida educativa che richiede delle risposte organiche e strutturali, dove tutta la comunità nelle sue diverse componenti deve assumersi delle responsabilità attivando anche sinergie tra tutte le agenzie educative».

«Serve, in particolare – conclude la nota – un tavolo tecnico che metta insieme tutti gli attori istituzionali e sociali coinvolte per una alleanza educativa permanente. Un ruolo che potrebbe svolgere la Prefettura come organo di governo territoriale che ne ha le competenze». (rrc)    

“Ali della libertà”, il progetto del Centro Agape per le madri coraggio

Si intitola Ali della libertà il progetto avviato dal Centro Comunitario Agape di Reggio Calabria, che prevede percorsi di autonomia per madri sole con il sostegno della Fondazione per il cambiamento e da ActionAid.

Sono le cosiddette madri coraggio, donne di età e situazioni personali diverse, accomunate dal fatto di dovere crescere i figli senza avere un compagno accanto. Donne vittime di violenza in uscita dai centri di accoglienza, vedove, separate, oppure divorziate o nubili, ragazze madri, donne appartenenti a famiglie di ‘ndrangheta che vorrebbero rompere con il clan di appartenenza, donne che hanno detto no all’aborto accettando coraggiosamente una maternità difficile.  Sono volti che raccontano storie di una di una povertà ancora nascosta, invisibile. Un pianeta della donna in difficoltà complesso poco conosciuto quello che si rivolge ai servizi sociali o alle associazioni,  solo la punta di un iceberg che ha dimensioni ben più vistose.

Un numero in crescita anche in Calabria, dove secondo i dati Istat sono circa 30.000 il numero delle madri sole. Ma al di là dei numeri, che contano relativamente quando si è di fronte a persone, chi sono queste donne? Per Giusi Nuri, responsabile del progetto e presidente della Coop Soleinsieme, sono delle donne coraggiose, perché in contesti difficili scelgono di portare avanti il ruolo genitoriale senza avere alcuna rete parentale su cui potere contare  e senza alcuna sicurezza. Con il problema del lavoro, quando, con fatica, decidono di avviare un percorso di autonomia, qualsiasi sia il loro titolo di studio, (comunque solitamente basso), spesso senza avere avuto una formazione professionale, non trovano altro che attività di badanti, cameriere, di donne delle pulizie, al meglio di commesse, ma quasi tutte soggette ad uno sfruttamento incredibile, senza alcuna assicurazione sociale né antinfortunistica.

Un caso a parte è quello delle donne straniere extracomunitarie, ad eccezione del  gruppo delle orientali, solitamente integrato all’interno di famiglie come colf, resta la drammaticità delle condizioni delle tante donne di origine africana: normalmente si tratta di persone con cultura medio-superiore, talvolta laureate e con conoscenza di numerose lingue, attirate dal miraggio di una vita migliore, e costrette nel migliore dei casi a lavori umilianti, non di rado in forma clandestina, e senza alcuna garanzia assicurativa ed infortunistica. Ancora la situazione di donne che vivono in contesti di ‘ndrangheta, spesso con il compagno detenuto, che vorrebbero rompere con il clan per assicurare un futuro diverso ai loro figli, donne  ma che hanno bisogno di punti di riferimento, che vanno avvicinate ed orientate dalle associazioni e dai servizi sociali in collaborazione con il Tribunale per i minorenni                                                                                                     

Per Mario Nasone, presidente di Agape, altrettanto drammatica, per tutti, l’esigenza di un alloggio, a parte la difficoltà di trovarlo (il reddito d’inclusione non rappresenta una garanzia per i proprietari), anche in questo settore vi è tanto sfruttamento: per tuguri vengono richiesti fitti esosi e senza alcun contratto, mentre da un giorno all’altro possono trovarsi in mezzo alla strada. Del resto, talvolta è solo la mancanza di una casa che genera la principale difficoltà della donna, anziana o giovane, italiana o straniera, per esempio a denunciare la violenza subita. Essere genitori è un compito impegnativo per la famiglia tradizionale, lo ancora di più per il singolo genitore, costretto a sperimentarsi quotidianamente con le difficoltà inerenti la genitorialità e la sopravvivenza economica.

La promozione ed il miglioramento della qualità di vita, delle madri sole, può essere realizzata attraverso il recupero della loro storia di vita e del vissuto emotivo, attraverso un supporto psicologico, attività finalizzate alla promozione di nuove relazioni al loro reinserimento nel tessuto sociale; la formazione personale e professionale per imparare un mestiere e realizzare il proprio riscatto personale e sociale, il loro inserimento nel mondo del lavoro. Attività che mirano a sviluppare competenze educative/genitoriali, per prevenire l’abbandono dei figli, o facilitarle nel compito educativo.

Questa attività può essere svolta attraverso interventi domiciliari, dove Educatori professionali, supportano il singolo genitore nel ritrovare/riconoscere le proprie risorse, comprendere i bisogni di crescita ed autonomia dei figli e sperimentare nuove modalità, più funzionali al loro compito educativo. Per interventi organici ed incisivi servirebbero piani d’intervento promossi dal Comune in collaborazione con altri attori istituzionali e sociali così come previsto dal protocollo predisposto dall’assessorato alla pari opportunità ed in attesa di firma.

Per Daniela Rossi e Alessandra Lo Presti, dell’Associazione Tra Noi, che stanno curando le attività di sensibilizzazione del progetto c/o parrocchie ed associazioni  è fondamentale l’attivazione di una rete di famiglie solidali e di appoggio a questi nuclei monogenitoriali.

Una forma di solidarietà tra famiglie, per sostenere il compito educativo della madre, per aiutarla anche con piccoli gesti a fronteggiare i problemi della vita quotidiana e dell’educazione dei figli. Le famiglie, ma anche singoli volontari, che daranno disponibilità frequenteranno degli incontri di preparazione per lo svolgimenti consapevole di questa forma di servizio che sarà coordinato da una equipe di professionisti di Agape. 

Sono stati già individuati i primi cinque nuclei madri bambino interessati per i quali sono state già attivati i primi interventi di aiuto. 

Oltre al progetto Ali della Libertà, il Centro Agape ha attivato un cento di ascolto e di accompagnamento con psicologi, assistenti sociali, legali. (rrc)

 

AFFIDAMENTO, IN CALABRIA UN PROBLEMA
PER I MINORI UNA POLITICA SOCIALE NUOVA

di ANTONIETTA MARIA STRATI –  Infanzia, minori, affidamento: In Calabria il problema è più ampio di quanto si possa immaginare. Nella nostra regione, infatti, come riporta il Gruppo Crc in un rapporto del 2020, il tasso di affidamenti familiari è di 1,2 ogni mille residenti – mentre la media italiana è di 1,5 –, e sono solo l’8,8% i bambini e gli adolescenti stranieri in affidamento. Un dato che, oltre a essere inferiore di 10,1% rispetto alla media italiana, è in diminuzione rispetto al precedente rapporto.

Numeri che preoccupano e che dovrebbero indurre le Istituzioni a fare di più nei confronti di quei minori che, da troppo tempo, vivono nei centri residenziali, «una sorta di limbo in attesa che qualcuno si occupi di loro», come ha denunciato Mario Nasone, presidente del Centro Comunitario Agape.

In Calabria, infatti, c’è un grave ritardo sulle politiche del Welfare e, soprattutto, non è mai stato attivato un Osservatorio regionale  regionale sull’infanzia e l’adolescenza, previsto dalla legge nazionale n. 451 /97.

Secondo i dati di Save The Children, infatti, i tempi di permanenza di un minore in Istituto in Calabria è di quattro anni a fronte di uno a livello nazionale e spesso con l’aumentare dell’età  si passa da un istituto all’altro, ormai difficilmente adottabili, fino ad arrivare a diciotto anni senza potere nemmeno contare sull’assistenza da parte della Regione, praticamente in mezzo alla strada.

Per Nasone, infatti, «se poi hanno delle patologie non hanno praticamente speranza di avere una famiglia. I minori in Calabria sono doppiamente abbandonati, a livello informativo perché non ci sono dati su quanti sono e sulla loro condizione», sottolineando come «sono circa centomila i minori a rischio povertà, almeno cinquecento quelli che vivono fuori della famiglia (a cui aggiungere i tantissimi che vivono in famiglie multiproblematiche che avrebbero bisogno di un affiancamento come le madri sole)  ma non conosciamo la loro condizione, i servizi che sono stati attivati. Soprattutto sono abbandonati perché manca un piano regionale per l’infanzia in grado di intercettare e dare risposte ai loro bisogni correggendo anche alcuni squilibri che vedono zone con più servizi ed altre come la Locride, la Piana di Gioia Tauro sprovvisti».

«Per i  bambini e i ragazzi calabresi che hanno bisogno di accoglienza e di solidarietà non mancano le famiglie disponibili anche per i cosiddetti bambini con bisogni speciali  L’affidamento familiare è una famiglia in più per i bambini e diventa la migliore terapia soprattutto nelle situazioni più gravi», ha detto ancora Nasone.

E proprio di questo se ne è discusso nella giornata di studio in Consiglio regionale nei giorni scorsi, dove diversi attori istituzionali e sociali hanno affrontato il tema dell’affido, un «diritto che in Calabria è ancora negato, soprattutto ai minori più fragili che provengono da nuclei familiari che non sono in grado di provvedere a loro».

Coordinati dal giudice onorario Giuseppe Marino, l’evento è incominciato con Vincenzo Starita, delegato dalla ministra per la famiglia Eugenia Roccella, che ha evidenziato l’importanza della recente sentenza della corte costituzionale che ha indicato nella adozione aperta una opportunità per dare una famiglia a quei minori per i quali i rapporti con la famiglia di origine è bene che siano mantenuti.

Nasone, ribadendo come in Calabria si è troppo indietro sul tema dell’affido, ci sono delle isole più meno felici come quella di Reggio dove Comune ed associazionismo hanno una tradizione positiva fin dagli anni ‘80, ma a livello regionale va rilanciato alla luce delle trasformazioni  sociali perché sono cambiate le famiglie che dovrebbero accogliere; è mutata la domanda di affido, sono intervenuti modifiche  legislative, con i rischi ma, anche, con le opportunità che hanno introdotto. Con l’Assessorato regionale alle politiche sociali è stato avviato un dialogo con le associazione che si auspica possa dare frutto.

Le famiglie «potenzialmente disponibili ci sono ma non vanno lasciate sole, vanno formate ed accompagnate da servizi e dalle associazioni. Con un ruolo importante anche delle Chiese locali che si devono interrogare di più anche su queste sfide», ha detto Nasone.

Del ruolo cruciale delle regioni, sul tema dell’affidato, ha parlato Frida Tonizzo, presidente nazionale di AnfaaAssociazione Nazionale Famiglie Adottive e Affidatarie. Queste infatti, assieme ad Enti locali, Tribunali per Minorenni, e Asp, devono recepire le nuove linee guida nazionali sull’affido, prevedendo investimenti in risorse umane e finanziarie,

Tonizzo, inoltre, ha segnalato la necessità, prevista dalle normative, di dare maggiore ascolto alle famiglie e di garantire alle associazioni impegnate un coinvolgimento anche sui progetti di aiuto del minore. Preoccupa, poi, il crollo delle domande di adozioni internazionali, che non deve passare inosservato anzi, servono, per la presidente di Anfaa, degli interventi specifici.

Mirella Schillaci, magistrata del Tribunale per i minorenni di Reggio, ha evidenziato come una effettiva tutela dei diritti dei minori è possibile solo se, nel territorio, si riesce ad attivare una rete di servizi in grado di intercettare i disagi e di prevedere una loro presa in carico.

La referente del comune di Reggio, la psicologa Maria Grazia Marcianò, ha presentato il lavoro svolto per promuovere e favore la scelta dell’affido e dell’adozione, rimarcando l’importanza di instaurare con le famiglie un rapporto fiduciario e di accompagnamento. Con l’assunzione di nuovi assistenti sociali si potrà garantire una maggiore copertura dei bisogni. Per Francesco D’Amato, delegato dall’Asp, è importante che l’azienda sanitaria faccia la propria parte garantendo una integrazione tra gli interventi sociali e sanitari e ha confermato l’impegno della direttrice Lucia Di Furia a implementare, anche sul fronte degli affidi e delle adozioni, gli interventi delle equipe multidisciplinari.

Francesca Mallamaci, per l’ordine professionale degli assistenti sociali, ha rimarcato il ruolo fondamentale di questa figura professionale sia nella segnalazione dei disagi che nella progettazione degli interventi. Per Pasquale Cananzi, della Camera Minorile, l’avvocatura ha un ruolo importante per la formazione di decisioni che siano effettivamente a vantaggio dei minori più che degli adulti e ha auspicato un coinvolgimento maggiore della comunità nelle azioni a loro difesa.

Nella seconda sessione, i lavori sono proseguiti con il confronto tra la  referente del Tribunale per i minori Mirella Schillaci, l’assessore alle politiche sociali Lucia Nucera del comune, le  famiglie affidatarie e le Associazioni Emmaus di Roccella, Giovanni XXIII di don Benzi e Agape.

Tutte hanno chiesto di essere maggiormente sostenuti nel loro percorso e, soprattutto, di prevedere una migliore comunicazione tra gli Enti preposti, in primis Tribunale per i minori e Comuni, in grado di ridurre i tempi di attesa dei provvedimenti che in alcuni casi si allungano  per mesi e anni con gravi pregiudizio per i minori soprattutto di quelli della fascia di età dai 0 ai 6 anni.

Si è parlato, anche, dell’adozione di minori che presentano patologie e disturbi del comportamento. In Calabria, infatti, mancano servizi di neuropsichiatria e strutture specializzate e questo comporta il rischio che le famiglie che accettano di occuparsi di questi minori, siano lasciate da sole.

«Le famiglie potenzialmente disponibili ci sono ma non vanno lasciate sole – ha ribadito Nasone – vanno formate ed accompagnate da servizi e dalle associazioni. Con un ruolo importante anche delle Chiese locali che si devono interrogare di più anche su queste sfide».

Per questo si rende necessaria un’alleanza tra Istituzioni e Reti Associative, per dare una famiglia a ogni minore in Calabria. Questo perché, come ha già detto Mario Nasone, l’esperienza dell’affido «che negli ultimi quaranta anni ha salvato migliaia di bambini dall’abbandono deve continuare in tutto il nostro Paese, soprattutto nelle zone del Mezzogiorno come la Calabria, dove le povertà minorili materiali ed educative sono più diffuse». (ams)

 

Mercoledì al Consiglio regionale una giornata studio su affido e adozione del Centro Agape

Mercoledì 28 febbraio, nella Sala Monteleone del Consiglio regionale di Reggio, dalle 9, si terrà una giornata di studio dedicata al diritto di ogni minore a crescere in una famiglia, promosso dal Centro Comunitario Agape, con il sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Calabria e Lucania e dalla Presidenza del Consiglio Regionale.

Il programma prevede  i saluti diVincenzo Starita, vicepresidente della Commissione delle adozioni internazionali, su delega della Ministra Eugenia Maria Roccella, di Emma Staine, assessora Regionale alle Politiche Sociali, l’introduzione di Mario Nasone, presidente del Centro Comunitario Agape.

Relaziona Frida Tonizzo, presidente nazionale Anfaa – Associazione Nazionale Famiglie Adottive e Affidatarie. A seguire gli interventi di Marcello D’Amico, presidente del Tribunale per i Minorenni di Reggio, Maria Grazia Marcianò, psicologa Assessorato alle Politiche Sociali del Comune di Reggio Calabria, Danilo Ferrara, presidente Ordine Assistenti sociali della Regione Calabria, Francesca Mallamaci, Assnas Calabria – Responsabile Centro Antiviolenza Piccola Opera Papa Giovanni, Lucia Di Furia, direttore Generale Azienda Sanitaria Provinciale di Reggio Calabria; Pasquale Cananzi, Camera Minorile Distrettuale di Reggio Calabria. Modera Giuseppe Marino, giudice onorario.

A 40 anni dalla approvazione della legge 184/1983 su affido e adozione sono stati fatti passi in avanti per il riconoscimento di questo diritto ma ancora non c’è la giusta attenzione a tutti quei minori e alle loro famiglie che vivono situazioni di fragilità che negli ultimi anni si sono aggravate.

«Preoccupano riforme legislative come quelle introdotte dalla Cartabia che, invece di attivare attraverso investimenti di risorse azioni di tutela, hanno creato – viene evidenziato – un clima di incertezze sulle competenze istituzionali ed in particolare  un indebolimento di  un sistema importante per la protezione dei minori che è stato  finora quello garantito dai Tribunali per i Minorenni. Restano strumenti da valorizzare le linee di indirizzo che il Ministero ha prodotto nei giorni scorsi sull’affidamento familiare, ma mancano azioni di monitoraggio e ricerche valutative che potrebbero esaminare il grado di applicazione e stimare gli esiti maturati sui territori degli interventi in cui sono state adottati». 

«Tra le innovazioni legislative – viene ricordato – quella della recente sentenza della Cassazione che ha toccato un tema , quello delle cosiddette adozioni aperte, che tende a  superare la rigidità dell’affidamento  e dell’adozione e prende  in esame nuove forme di accoglienza  che non interrompano il rapporto giuridico e umano con la famiglia di origine».

«In Calabria, in grave ritardo sulle politiche di Welfare – si legge in una nota –, servirebbe prioritariamente un sistema informativo in grado di offrire dati aggiornati per conoscere il numero dei minori fuori famiglia e per questo servirebbe un osservatorio regionale  per conoscere la situazione di ogni minore allontanato, per ridurre al massimo i tempi di attesa dei provvedimenti di tutela di questi minori che spesso attendono anni per avere risposte sul loro futuro. Minori che arrivano talvolta alla maggiore età senza potere contare su figure affettive di riferimento. Una nota di speranza, pur tra tante difficoltà, il numero ancora significato degli affidi in Calabria e delle famiglie aspiranti, un capitale da valorizzare con l’attenzione a non ricorrere a questa forma di solidarietà in funzione riparatoria ma soprattutto come azione preventiva in grado di intercettare fin dalla prima infanzia i minori con disagio, puntando anche sulle famiglie di appoggio verso ad esempio i nuclei madre bambino da fare affiancare da famiglie che li accompagnano svolgendo una azione di sostegno alla genitorialità».

Nel pomeriggio, al Salone della parrocchia del Crocefisso, dalle 16,39, le aspiranti famiglie affidatarie e adottive incontreranno la presidente nazionale Anfaa, Frida Tonizzo, insieme a Mirella Schillaci, magistrato minorile, Lucia Nucera, assessore alle politiche sociali del Comune di Reggio Calabria, Geri Bantel, Centro Emmaus Roccella, Marco Dato, Ass. M’Ama Calabria, Domenico e Rita Barresi, Comunità Papa Giovanni XXIII. (rrc)

Nasone (Centro Agape): Il Rapporto sulla condizione minorile in Italia una fotografia impietosa

Mario Nasone, presidente del Centro Comunitario Agape, ha evidenziato come il rapporto sulla condizione minorile in Italia «rappresenta una fotografia impietosa che vede un peggioramento delle condizioni di vita delle famiglie con sei milioni di poveri in particolare dei minori coinvolti, a quella della povertà educativa che ha visto esplodere nelle periferie gravi episodi di violenza con minori protagonisti».

«Con una risposta inadeguata – ha aggiunto – che vede con la nuova manovra finanziaria tagli di risorse e un aumento delle disuguaglianze soprattutto sulle politiche a sostegno della famiglia e della natalità come ha denunciato il forum nazionale delle famiglie con l’aggravante del progetto sull’autonomia differenziata un provvedimento che se passerà è destinato ad allargare la forbice delle disuguaglianze territoriali».

E, proprio per questo, Nasone ha chiesto all’assessore regionale al Welfare e referente degli assessori al ramo nella Commissione Sato-Regioni,, Emma Staine, tre impegni: Un fondo nazionale sulle politiche sociali, una delle poche fonti di finanziamento specie per le regioni meridionali. Ripartizione iniqua perché come criterio utilizza quello della popolazione e non quello dei bisogni.

«Accanto a questo – ha spiegato – servirebbe superare il criterio delle somme vincolate a programmi specifici. Meno vincoli ci sono e maggiore è la possibilità di rispondere ai bisogni affettivi. Esistono enormi differenze tra le regioni, e persino all’interno delle regioni tra diversi comuni. Fondi vincolati a linee guida su parametri nazionali non potranno mai essere rispondenti ai bisogni diversificati. E poi la madre di tutte le questioni soprattutto al Sud: integrazione socio sanitaria. La povertà educativa è legata anche ad una carenza di equità delle cure sanitarie sui territori».

Per Nasone, poi, un appello alle Regioni e agli Enti Locali: Rilanciare gli affidamenti familiari, «a partire  in un’ottica preventiva, da quelli consensuali e dei bambini più piccoli riconoscendo gli affidamenti quali Lep (Livello Essenziale delle Prestazioni), prevedendo l’attivazione di Tavoli di lavoro inter-istituzionali, con la partecipazione delle organizzazioni di settore, per affrontare le problematiche emergenti, anche in riferimento alle modifiche introdotte dalla legge Cartabia, prospettando le possibili collaborazioni in base ai relativi ruoli istituzionali».

Infine, «tra le priorità quella di leggi e piani regionali di contrasto alla povertà educativa – ha concluso – in particolare per la fascia 0 -6 anni che nel sud registra una offerta di servizi che non supera il 15% del fabbisogno di asili nidi e degli altri servizi per l’infanzia». (rrc)

Centro Comunitario Agape: Bene iniziativa Osservatorio per alloggi alle donne vittime di violenza

Il Centro Comunitario Agape di Reggio Calabria ha espresso apprezzamento  per l’iniziativa avviata dal Presidente del Consiglio regionale, Filippo Mancuso e dall’Osservatorio regionale sulla violenza di genere, coordinato dall’avv. Giusy Pino per favorire l’assegnazione di alloggi alle donne vittime di violenza.

«L’Associazione, nelle settimane scorse, – viene ricordato in una nota – si è fatta promotrice di una lettera aperta inviata alle istituzioni che hanno competenza in materia e firmata da trenta organizzazioni che nella Regione sono particolarmente attive nella tutela dei diritti delle fasce svantaggiate».

«Da questo primo segnale di attenzione servono ora altri passaggi importanti che devono vedere coinvolti, tramite l’Anci, i Comuni titolari nella assegnazione degli alloggi, compresa la Città Metropolitana di Reggio Calabria. Un ruolo importante – viene evidenziato – è chiamata a svolgere l’Agenzia dei beni confiscati e sequestrati che dispone di tantissimi alloggi che in atto sono inutilizzati e che potrebbero essere destinati a questa importante finalità sociale».

«A tale scopo l’Agape – viene reso noto – ha chiesto al Direttore dell’Agenzia dei beni confiscati e sequestrati, sede secondaria di Reggio Calabria, Massimo Nicolò, un incontro per avviare un tavolo tecnico che faccia un censimento dei beni disponibili e preveda delle procedure per le assegnazioni ai sensi della legge regionale n.20. Analoga richiesta è stata avanzata al Delegato per i beni confiscati del Comune di Reggio Calabria, Consigliere comunale Francesco Gangemi».

«Chi si occupa di violenza di genere sa benissimo quanto sia importante per le donne che denunciano la violenza – conclude la nota –, ma anche per le forze dell’ordine che intervengono, avere la certezza di potere contare subito su un alloggio disponibile quando, per la loro tutela, sono costrette, assieme ai figli, ad allontanarsi dalla loro casa». (rrc)

 

CALABRIA, 30MILA DONNE SOLE CON BIMBI
MA PER LE ISTITUZIONI SONO “INVISIBILI”

di MARIO NASONE – L’incontro tenutosi alla Sala Falcomatà del Comune di Reggio ha acceso i fari su una delle povertà del nostro territorio, quella dei trentamila nuclei monogenitoriali in Calabria di madri con figli minori che la politica regionale e locale finora non ha ascoltato. Servirebbe in primis una legislazione regionale in grado di recepire e prevedere servizi e opportunità d’integrazione lavorativa e sociale per queste fasce sociali svantaggiate che non ha rappresentanza politica, di là dagli slogan e delle manifestazioni di rito sulle pari opportunità’ e sulla denuncia delle discriminazioni.

Con il coordinamento di Lucia Lipari, vice presidente di Agape, è stata Angela Martino, assessore alle pari opportunità del Comune di Reggio, ad ammettere nella sua introduzione ai lavori che le istituzioni fanno fatica a intercettare queste povertà ancora invisibile e a dare risposte che di fatto sono delegate al terzo settore. Per questo il Comune ha lavorato nei mesi scorsi con le altre istituzioni e con il terzo settore per predisporre un protocollo d’intesa come strumento per iniziare a dare alcune risposte in particolare per favorire i percorsi di autonomia lavorativa e sociale di queste donne.

La costruzione di questo accordo ha visto protagonista la Coop Sole insieme che, con la sua presidente Giusi Nuri, è intervenuta raccontando come in tanti anni ha incontrato, assieme ad Agape, tante storie di donne che vivono questa condizione di sofferenza e di abbandono che con dignità chiedono non di essere assistite ma accompagnate in un cammino di riscatto e di autonomia che passa innanzitutto attraverso il lavoro.

Un dato confermato dall’esperienza da poco conclusa dalla Cooperativa assieme ad altri partner di un progetto finanziato dal Comune che ha permesso a diverse donne di fare esperienze importante grazie anche ai tirocini formativi realizzati presso la sartoria di sole insieme. Un modello di intervento che attraverso il protocollo e la coprogettazione può essere migliorato, esteso e soprattutto che aiuti a dare continuità agli interventi.

Favorire un modello di welfare che vada oltre la categorizzazione delle persone ed includa anche il sostegno delle famiglie monogenitoriali è stato l’auspicio di Luciano Squillaci del Forum regionale del terzo settore in grado di offrire politiche di aiuto costanti e mirate. Concetto ribadito dal presidente della Piccola Opera Papa Giovanni, Pietro Siclari, che ha segnalato l’azione importante che le associazioni stanno dando per garantire accoglienza alle donne in difficoltà come i centri anti violenza e le case rifugio, servizi che però non sono sufficienti perché quando queste escono dalle comunità e devono costruirsi un futuro trovano muri e chiusure davanti a loro, sia nelle istituzioni sia nella comunità civile.

«Dove vado? Cosa faccio? Come posso mantenere mio figlio?» Sono le espressioni più ricorrenti in loro ed emerge con ineluttabile drammaticità la mancanza di formazione professionale, di un lavoro, di una casa, di punti di riferimento affettivi e di servizi di sostegno per la crescita del bambino. Lucia Di Furia, commissaria Asp di Reggio, ha affermato che questa sfida deve essere raccolta da tutte le istituzioni ed anche l’Azienda sanitaria farà la sua parte aderendo al protocollo ed impegnandosi a valorizzare in particolare il ruolo dei Consultori attraverso il potenziamento degli organici che vede gravi carenze per quanto riguarda le figure fondamentali come i neuro psichiatri infantili, gli psicologi. gli di assistenti sociali.

Per dare una informazione puntuale ai cittadini sullo stato dei servizi terrà al termine del suo mandato un report. Il consigliere delegato al Welfare Domenico Mantegna, nel suo intervento ha affermato che è tempo di ascoltare questo disagio e dare risposte concrete. Con il suo Ente ha dichiarato la disponibilità di aderire al protocollo mettendo in campo delle risorse come ad esempio borse lavoro e percorsi di formazione professionale per aiutare queste donne ad inserirsi nel mercato del lavoro.

Il presidente della commissione politiche sociali del Comune Carmelo Romeo ritiene che questa tematica deve trovare spazio nel piano di zona del comune, che tanto si può fare attraverso anche l’utilizzo dei beni confiscati e si è impegnato a fissare una audizione su questo argomento della commissione con le associazioni.

Due contributi importanti ai lavori sono pervenuti dalla ricercatrice dell’Unical, Giovanna Vingelli, che ha fatto uno spaccato della condizione delle madri sole in Italia ed in Calabria riconoscendo che rappresenta un mondo ancora inesplorato e che servono studi più approfonditi per avere una lettura più completa di questa povertà anche per i cambiamenti che si sono avuti nel sistema familiare. La senatrice Tilde Minasi, bloccata per i lavori parlamentari, ha inviato un messaggio in cui si impegna a sostenere a livello di politica nazionale e regionale le sollecitazioni emerse dal Forum. Tutti gli interventi hanno aderito alla proposta di inserire nel protocollo una sorta di cronoprogramma degli obiettivi che si intendono perseguire attraverso delle verifiche periodiche per rendicontare quanto realizzato.

Nelle conclusioni Mario Nasone presidente del Centro Comunitario Agape, citando alcune storie di vita, ha invitato tutte le componenti istituzionali e sociali coinvolte ad ascoltare le grida di aiuto che vengono anche dai tantissimi bambini e adolescenti che vivono questi contesti di abbandono e spesso della cosiddetta violenza assistita. Servono azioni di tutela e di accompagnamento fin dai primi anni di vita per quei minori che già dalla nascita sono a rischio sociale con un ruolo importante dei reparti di maternità e dei consultori. Ha ricordato che ancora il Gom non dispone del servizio sociale professionale presidio fondamentale anche per queste aree di disagio.

Serve un welfare di comunità dove insieme istituzioni e associazioni decidano finalmente di fare rete e si diano si diano un programma di azioni concrete, attraverso un cronoprogramma che fissi obiettivi, scadenze sugli impegni che si assumeranno i sottoscrittori del protocollo. (mn)

[Mario Nasone è presidente del Centro Comunitario Agape]