L'ANALISI DI PIETRO MASSIMO BUSETTA DOPO L'AUDIZIONE DEL PROF. SABINO CASSESE IN COMMISSIONE;
DOVE INDIVIDUARE LE RISORSE PER I LEP NODO CRUCIALE PER LA LORO ATTUAZIONE

DOVE INDIVIDUARE LE RISORSE PER I LEP
NODO CRUCIALE PER LA LORO ATTUAZIONE

di PIETRO MASSIMO BUSETTABagnarsi le mani e scoprire l’acqua calda. Affrontare problematiche con risvolti economici rilevanti e scoprire da giurista il concetto di equità. Con affermazioni anche pittoresche “Sui Lep si è fatto finora “flatus voci”, cioè discorsi privi di consistenza. 

L’audizione del  professore Sabino Cassese, presidente del Comitato per l’individuazione dei Lep, alla commissione Affari Costituzionali del Senato nell’ambito del disegno di legge sull’Autonomia, riserva grandi sorprese. Sembra la reazione di un alieno che, arrivato in Italia,  scopre grandi verità che però sono state assolutamente studiate, diffuse e acquisite dalla maggior parte di coloro che indagano le problematiche del Mezzogiorno e che sono argomento di battaglia intellettuale e politica. 

Per avere contezza basta guardare i tanti lavori prodotti dalla Svimez oltre che i suoi rapporti annuali per rendersi conto che nell’audizione scopriamo la ruota e l’arco. La prima scoperta é che i diritti di cittadinanza nel nostro Paese sono diversi a seconda dei territori in cui si vive, ma che ciò  dipende da una mancanza di conoscenza e dalla carenza di volontà .   

«Ritengo importante il lavoro che è stato fatto» dal Comitato sui livelli essenziali delle prestazioni «perché è stata una esplorazione in una terra incognita».  

Non sorge il dubbio al professore Sabino Cassese che il motivo della mancanza dei Lep e della loro attuazione non sia tecnico, ma economico e conseguentemente politico? Si chiede il professore se è conseguente alla mancanza di risorse? 

In realtà si ma lo risolve facilmente: «Se le risorse sono più limitate, sono più limitate per tutti e se sono più ampie sono più ampie per tutti, questa è una preoccupazione fondamentale della Costituzione». 

Tradotto in cifre significa che poiché gli asili nido a Reggio Emilia, con una popolazione di  169.908  al 31 dicembre 2021, sono 66 e a Reggio Calabria, con 172.479, sono  3 la soluzione consiste, in previsione di crescite contenute o negative, di chiudere 31 asili nido in Emilia Romagna per darli alla Calabria, in modo che l’una città ne abbia 35 e l’altra  34?  O che il diritto dell’agrigentino di fare 150 km in una ora su strada per arrivare a Palermo sarà garantito. O che si avrà la possibilità di una sanità che non costringa a prendere l’aereo?

E tutto questo può accadere senza sconvolgimenti sociali? 

 Ma continuiamo con l’audizione: «Il Comitato per la determinazione dei Lep dovrebbe finire il suo lavoro entro ottobre, poi occorrerà mettere una cifra accanto ai Lep». 

Tutto legittimo ma per arrivare alla conclusione che le risorse necessarie, quantificabili in 100 miliardi l’anno, non ci sono?

Purtroppo nella commissione sono stati coinvolti pochi economisti ed evidentemente la loro mancanza si fa sentire. Cassese in grande buona fede, conoscendo l’uomo,  afferma «La mia prima preoccupazione è stata che non venisse ignorato un solo diritto civile e sociale del cittadino su tutto il territorio nazionale” ed ha poi spiegato  che è stato predisposto un elenco di 223 Lep “primari”, che a loro volta contengono livelli non quantificabili».

Scoprirà presto che saranno solo buone intenzioni, come si sono resi conto che rischiavano di essere strumentalizzati da Calderoli coloro che si sono dimessi dalla Commissione. Gli ex presidenti della Corte Costituzionale Amato e Gallo, l’ex Presidente del Consiglio di Stato Pajno e l’ex Ministro della Funzione pubblica Bassanini non lavoreranno più al progetto: «Non ci sono più le condizioni per una nostra partecipazione. Il nodo sta nell’individuazione delle finanze necessarie per procedere con la riforma e nello scarso ruolo attribuito al Parlamento».

Nell’audizione il Presidente si preoccupa anche dell’aspetto della messa a terra dei Lep, dimostrando che veramente crede che potranno essere attuati: «La quantificazione dei Lep e delle risorse necessarie sono il penultimo miglio, ma c’è l’ultimo miglio da fare e dipende dalla qualità dell’amministrazione che gestisce. I divari di capacità amministrativa in Italia ci sono e non li possiamo risolvere con la definizione dei Lep”…».

Dimentica il grande professore tutta la polemica della diversa spesa pro capite, che se fosse uguale in tutto il Paese porterebbe al Sud una quantità di risorse maggiori di quelle disponibili e pari a 60 miliardi l’anno. Che poi sono la causa della differenza nelle diverse capacità amministrative dei Comuni.

 Come peraltro è stato documentato da diverse istituzioni nazionali e come è stato calcolato dall’ormai in smantellamento dipartimento per le politiche di coesione, problematica sulla quale il Quotidiano del Sud ha impostato una battaglia di conoscenza. 

Introduce poi  un elemento di novità nel suo ragionamento e cioè che i Lep siano strumento per un centralismo. Finora avevamo pensato che autonomia differenziata e conseguentemente i Lep, passaggio subito da Calderoli per attuarla, fossero propedeutici ad un percorso federalista. 

Invece Cassese sostiene che «introducono uniformità e cercano di bilanciare diversità e unità. Dobbiamo equilibrare l’unità con la diversità e a questo servono i Lep. La loro funzione è quella di creare un sistema di valori e cercano di bilanciare le due esigenze che hanno percorso tutta la storia italiana». Risponde così alla domanda «se non ci sia il rischio di uno Stato arlecchino con l’autonomia differenziata», il costituzionalista. 

Mi pare che il nostro Presidente, nel solco del rispetto che si deve ad una legge costituzionale modificata con il titolo V, cerchi di prendere il buono che da essa viene fuori. E certo se l’effetto dell’attuazione dell’autonomia differenziata fosse che i diritti di cittadinanza diventassero simili nelle diverse parti del Paese si sarebbe raggiunto un obiettivo di equità che supererebbe molti dei problemi della dualità che attengono all’Italia. la cosa più probabile é invece che il punto di arrivo dia legittimità alla spesa storica.

Gli obiettivi potrebbero essere virtuosi ma non bisogna dimenticare che la strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni. Il timore che ci si limiti all’individuazione e si passi all autonomia pervade molta parte dell’opinione pubblica meridionale oltre che molti studiosi. D’altra parte non bisogna dimenticare che stiamo andando in cordata con chi può tagliare la corda in qualunque momento e che ha interessi, provinciali, contrapposti a quelli del Sud.  (pmb)

[Courtesy Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia]