ANCHE UN PO’ DI SUD AGLI ‘STATI GENERALI’
BANKITALIA: IL 75% DI OPERE È INCOMPIUTO

di SANTO STRATI – A dispetto del Piano rilancio di Vittorio Colao che in 121 pagine non cita mai il Mezzogiorno, agli Stati generali in corso a Roma, a Villa Pamphilj, si è parlato di Sud. Riafferma convinto il premier Conte che «Se corre il Sud corre l’Italia» e ricorda il Piano per il Sud (100 miliardi in 10 anni) presentato a febbraio col ministro Provenzano a Gioia Tauro: «Molti di quei progetti saranno trasferiti nel Piano di Rilancio». È un buon segnale che le cose non sono peggio di quello che s’immagina, ma anzi potrebbero (permetteteci il condizionale) voltare in positivo. Il post-Covid se ben gestito è un’opportunità per tutto il Paese, ma è molto di più per la Calabria che ha fame di infrastrutture e di investimenti.

Non a caso, è stato proprio il Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, in apertura di queste giornate di incontri nel verde della bella villa romana, a sottolineare come il Mezzogiorno pur rappresentando un quarto di Pil nazionale, vanta il 75% delle opere incompiute sul 30% dei lavori pubblici nazionali già avviati. In poche parole occorre cambiare registro e smetterla con gli annunci e le proiezioni, serve concretezza e gli investimenti dalla carta devono necessariamente, con priorità assoluta, diventare progetti esecutivi. Come si fa? Semplice, apparentemente: basta programmare le risorse e utilizzarle, ovvero spendere razionalizzando costi e benefici nell’ottica di uno sviluppo possibile e non più solo immaginario. E alle parole di Visco, che ha dedicato all’argomento Mezzogiorno due paragrafi della sua bella e accurata relazione, ha fatto eco il ministro per il Sud e la Coesione sociale Peppe Provenzano: «Il Sud non è solo un capitolo del Piano di rilancio, ma il luogo in cui attuarlo con più urgenza e determinazione – ha detto il ministro –. Accanto all’aumento degli investimenti pubblici, per garantire scuola, salute, infrastrutture e digitale, come previsto nel Piano Sud 2030, oggi è ancor più necessario accelerare e potenziare gli effetti degli investimenti con una fiscalità di vantaggio e un incentivo all’occupazione femminile».

E il tema fiscalità di vantaggio è stato centrale nella giornata di ieri, dove hanno avuto la dovuta considerazione le tre proposte avanzate da un gruppo di deputati dem per riallineare il sistema Paese, colmando il divario tra Nord e Sud. «Si tratta – ha osservato la deputata calabrese Enza Bruno Bossio – di misure anti cicliche a sostegno dell’economia meridionale che vanno ben oltre l’attuale congiuntura. Nello specifico, abbiamo proposto: una fiscalità di vantaggio per il Sud per il 2020 per dare ossigeno e fornire immediata liquidità al tessuto produttivo; dare continuità alle misure già previste nel decreto “imprese”che, attraverso le garanzie prestate dallo Stato, permette di uniformare l’accesso al credito per le imprese meridionali; introdurre un regime amministrativo e fiscale speciale nel Mezzogiorno, per attrarre insediamenti industriali nelle aree qualificate Zone Economiche Speciali, a partire dalle aree calabresi, nei prossimi sette anni, rinnovabili per altri sette». In ogni caso – ha fatto notare la deputata dem «al di là della discussione degli Stati Generali la maggioranza di governo sarà chiamata a verificarsi nelle sedi parlamentari sul merito di queste proposte».

Tra i firmatari calabresi delle proposte avanzate dal Pd figura anche l’on. Antonio Viscomi. «Questa misura di politica fiscale di natura temporanea – è stato affermato dal gruppo dei firmatari –, tuttavia, sarebbe poco efficace se non fosse accompagnata dagli altri due interventi di sostegno alle imprese. Dare continuità a quanto già previsto nel decreto liquidità che, attraverso le garanzie prestate dallo Stato, permette di uniformare l’accesso al credito per le imprese meridionali. Esse, in assenza dell’intervento del Governo, scontano una onerosità dei crediti erogati sensibilmente superiore rispetto al Centro-Nord e una conseguente inevitabile perdita di competitività. Infine, come previsto da un progetto di legge già da noi presentato alla Camera dei Deputati, riteniamo importante irrobustire il tessuto imprenditoriale nelle regioni meridionali attraverso l’introduzione di un regime amministrativo e fiscale speciale per attrarre insediamenti industriali nelle aree qualificate Zes. Assicurare liquidità e ridurre i costi di accesso al credito alle imprese esistenti e attrarre al Sud insediamenti produttivi di nuove società significa tracciare un percorso di rilancio per il settore produttivo meridionale e una nuova stagione di crescita nel Mezzogiorno».

In questi “stravaganti” Stati generali dopo i quali qualcuno rischia, come da corsi e ricorsi storici, di perdere la testa (metaforicamente parlando) si continua a parlare, purtroppo, in astratto, come se all’Italia e al Mezzogiorno servisse un altro “libro dei sogni” dove ci sono indicazioni più che scontate per non dire lapalissiane (basta guardare alle considerazioni sulle località italiane meta ambita del turismo straniero, e sai la novita!), ma mancano gli elementi di programmazione che aiutino a pianificare le risorse e attuare gli investimenti. Come, del resto, hanno osservato i maggiori osservatori di economia.

Sei priorità, nove capitoli e 55 voci per il Rilancio: c’è aspetto principale trascurato in questo piano, l’economia reale del Paese. Messa a dura prova dal Covid e con prospettive ancora più disastrose vista l’attuale politica finanziaria del Governo a favore delle piccole imprese, degli artigiani, degli esercenti. Aiuti promessi e presentati come un grande sforzo del Paese per far ripartire l’economia. Veramente non c’è stato neanche il minimo sforzo di immaginazione per prospettare scenari che sono sotto gli occhi di tutti, tranne che di quelli che ci governano. Il presidente dell’Inps, il cosentino Pasquale Tridico, ci ha fatto vergognare per lui quando ha avuto la faccia tosta di dichiarare: «abbiamo riempito di soldi gli italiani», quando metà degli aventi diritto ancora aspetta la cassa integrazione. E se gli imprenditori non avessero messo mano al portafogli (chi ha potuto, naturalmente) non sappiamo quante famiglie avrebbero saltato i pasti, negando anche il minimo essenziale ai propri figli. E Conte che ha annunciato 400 miliardi per le imprese, senza specificare che si trattava di garanzie su prestiti e non denaro fresco. Servivano e servono tuttora soldi veri, ma si continua a lasciar fare alle banche l’opera di disgregazione sociale tra famiglie e imprese  negando ogni aiuto, pur in presenza di garanzia totale dello Stato sugli importi da erogare.

Ma dove vivono i nostri governanti? Il distacco tra Paese reale e Paese legale è sempre più abissale: oggi lo Stato conta di incassare 10 miliardi tra tasse, contributi, Imu e via discorrendo. A nessuno viene in mente che forse spostare in autunno, magari spalmando in più rate, le tasse dovute alla scadenza del 16 giugno sarebbe stata la dimostrazione concreta che lo Stato c’è e non tratta i suoi cittadini, i suoi imprenditori, come sudditi da spremere come limoni, poi gettarli via. Se si impedisce alle piccole aziende, quelle che creano e mantengono occupazione, che creano ricchezza e mettono in circolo il denaro, non ci potrà essere alcun rilancio. Con buona pace della task force coordinata da Londra dal supermanager Colao e del suo bel libro dei sogni. (s)

 

Quasi 43 i milioni per i comuni della Calabria
destinati a iniziative sociali, scuole e comunità

Dei 300 milioni destinati ai Comuni del Mezzogiorno dal Fondo Infrastrutture sociali, ben 42.878.013 andranno alla Calabria: lo ha annunciato il ministro per il Sud e la Coesione Sociale Peppe Provenzano. La somma, ripartita in quattro anni, è stata sbloccata, dopo un confronto con l’Associazione dei Comuni d’Italia (Anci) e con la presa d’atto della Conferenza Stato-Città. Sono risorse destinate a privilegiare le amministrazioni locali del Mezzogiorno e in particolar modo le città piccole e medie. I fondi sono destinati a nuovi interventi, manutenzioni straordinarie, su scuole, strutture e residenze sanitarie, edilizia sociale, beni culturali, impianti sportivi, arredo urbano, verde pubblico e altri ambiti della vita sociale.

Ripartizione fondi sociali Calabria

Le somme sono state ripartire secondo un criterio inversamente proporzionale alla popolazione di riferimento, proprio per avvantaggiare i piccoli comuni. In questo modo viene garantito anche a un comune di 500 abitanti un contributo totale di 32.000 euro (mentre un comune con popolazione maggiore di 250.000 abitanti riceverà un contributo totale pari a 655.000 euro), relativamente maggiore in pro capite. Si abbandona il criterio storico di attribuzione delle risorse e si pone attenzione alle zone deboli del paese per offrire a tutti i cittadini le medesime opportunità.

Soddisfatto il ministro Provenzano, convinto meridionalista (è stato vicedirettore della Svimez), il quale ha voluto sottolineare che «Grazie a questi trecento milioni le amministrazioni locali potranno investire subito per garantire servizi sociali e spazi pubblici, anche con piccoli interventi che contribuiscono a rilanciare, soprattutto dopo la pandemia, l’economia locale e la qualità della vita. Il decreto mette al centro i Comuni, e finalmente riconosce risorse adeguate anche ai piccoli e piccolissimi per prendersi cura delle persone e delle comunità, in ragione delle fragilità troppo spesso ignorate da un’azione pubblica che non deve più fare parti eguali tra diseguali».

Il ministro, in un post, ha sottolineato che «anche il rilancio della Strategia Nazionale Aree interne va avanti, lo dimostrano i 120 milioni di euro stanziati nel dl Rilancio a sostegno delle attività economiche, artigiane e commerciali e la nomina che ho appena firmato di Francesco Monaco coordinatore del Comitato nazionale delle aree interne, che con il suo profilo aiuterà a rinnovare la centralità e l’importanza di un punto di vista attento al protagonismo locale nella governance. Le aree interne, i comuni medi e piccoli sono un’opportunità. Lo abbiamo visto durante la fase più acuta della pandemia, mettiamola ora al centro della ripartenza».

Ha espresso la sua soddisfazione anche il Presidente dell’Anci Antonio Decaro, secondo il quale, «grazie alla collaborazione collaborazione tra il sistema dei Comuni e il governo, questo fondo potrà incidere su territori che hanno maggiori bisogni, come i centri piccoli e medi del Sud, e soprattutto in un settore che, mai come ora, ha esigenza di cure, quello del sociale: scuole, verde pubblico, impianti sportivi, arredo urbano, edilizia sociale potranno godere di interventi piccoli e grandi spesso indispensabili e urgenti. I Comuni sono ottomila centri di spesa diffusi su tutto il territorio. Ogni risorsa che ci viene affidata per realizzare o anche solo apportare migliorie al patrimonio di luoghi in cui si erogano i servizi sociali coglie due obiettivi, entrambi essenziali: migliorare l’aspetto e la fruibilità delle nostre città e paesi e attivare un’immediata circolazione economica a livello locale».

La dotazione più cospicua delle risorse destinate alla Calabria spetta a Cosenza con oltre 16 milioni (150 comuni), seguono Reggio con quasi 10 milioni e mezzo (97 comuni), Catanzaro con poco più di 8 milioni (80 comuni), Vibo Valentia 5 milioni (50 comuni) e ultima Crotone con poco più di 3 milioni (27 comuni). (rp)

E SUI BILANCI COMUNALI CONTE RASSICURA I SINDACI

Il sindaco metropolitano di Reggio Giuseppe Falcomatà. responsabile Mezzogiorno dell’Anci, ha riferito che «Il Presidente Conte ha accettato tutte le priorità sottolineate dai Sindaci e sono convinto che il Governo manterrà la parola data. Ci aspettiamo che al suo impegno personale ora seguano i fatti. Al più presto il Ministero delle Finanze deve individuare norme e risorse per mettere a disposizione i 3 miliardi indispensabili per far fronte ai servizi essenziali per i cittadini, oltre alle norme per mettere in sicurezza i bilanci comunali. Staremo a vedere».

«In queste settimane – ha detto Falcomatà – abbiamo lavorato insieme ai sindaci metropolitani per individuare gli aspetti prioritari per questa fase di rilancio servono più risorse, il doppio di quelle fino ad oggi previste, e strumenti normativi più incisivi per velocizzare le procedure e sburocratizzare i processi su alcuni aspetti fondamentali: le politiche per il sostegno alla famiglie, a partire dal rinnovo dei buoni spesa, il rilancio delle imprese, il trasporto pubblico locale, il turismo, ma anche una maggiore flessibilità finanziaria per i bilanci comunali, la sospensione dei piani di riequilibrio e poteri commissariali per procedure più veloci e meno burocratiche su appalti e lavori pubblici». «Su questi temi abbiamo ricevuto piena condivisione dal Presidente Conte – ha concluso – Ora ci aspettiamo che alle parole seguano velocemente gli atti necessari per dare seguito al piano per la ripresa socioeconomica dei territori». (rrc)

C’era una volta l’Aeroporto a Reggio: una lettera al ministro Provenzano

Chissà se il ministro per il Sud, Peppe Provenzano avrà tempo e voglia di leggere questa bella lettera che Maria Zagari, una hostess di terra di Alitalia che lavora (lavorava) all’Aeroporto dello Stretto, a Reggio Calabria gli ha scritto. È lo sfogo di una lavoratrice delusa, ma va considerato come il comune sentire di tanti, tantissimi calabresi, reggini, che – ancora una volta – si sentono defraudati, beffati e delusi dal Governo centrale. Caro Ministro, se vorrà rispondere Calabria.Live è a sua disposizione. (s)

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Caro Ministro Provenzano,

sono una dipendente di Alitalia, lavoro in qualità di hostess di terra per l’aeroporto ‘Tito Minniti’ di Reggio Calabria da più di venti anni. Forse sarebbe stato meglio scrivere ‘lavoravo’, visto che, oggi più che mai, il mio futuro è incerto e avviluppato da una fitta coltre di nebulosa, al pari di quello dello scalo aeroportuale, a tal punto che sussistono dubbi giganteschi sulla sopravvivenza fattuale e sulla continuità funzionale dell’Infrastruttura.

Non le farò l’elenco dei sacrifici sostenuti durante il mio percorso professionale (una laurea e un’infinità di corsi e attestazioni da appendere con dignità al mio curriculum vitae) e di sofferenze familiari e personali attraversate in questo lasso di tempo.

La presente lettera aperta non vuole suscitare pietismo compassionevole, non fa parte della pubblicistica della cultura del lamento, di cui sono infarcite certe narrazioni sul nostro Mezzogiorno.

Una cosa però vorrei ribadirla: ho avuto spesso la possibilità di cambiare aria, avrei potuto abbandonare la mia terra, il mio mare, i miei tramonti. Ma se ce ne andiamo tutti, questo territorio, già sottoposto a devastazioni predatorie secolari, non potrà mai rialzare la testa, mi sono sempre detta. E l’ho ripetuto ancora adesso, più che mai determinata, per rivitalizzare la mia testardaggine anche nei momenti più cupi e avvilenti. Lo devo ai miei figli, in primo luogo.

Maria V. Zagari
L’hostess Alitalia Maria V. Zagari

Oggi più che mai, avverto però anche un sentimento di desolazione, misto a sconforto e sfiducia nelle Istituzioni, in tutte le articolazioni territoriali. Assisto a stucchevoli palleggi di responsabilità tra Enti e politici che fanno a gara di visibilità, in primo luogo sui social network, a fare proclami, senza avere piani di intervento ben definiti. Non mi sento rassicurata da chi tenta in ogni modo di fare finta che non ci siano problemi all’orizzonte e che andrà tutto bene, o vuole indurre me e i miei colleghi al silenzio. Anzi, tutto ciò fa aumentare la mia indignazione a livelli esponenziali.

Per i 40 lavoratori dell’hub aeroportuale le speranze di tornare al lavoro, quando avremo ‘preso le misure’ alla pandemia sembrano ridotte al lumicino. Vorremmo essere persuasi del contrario. Oggi non è possibile prenotare alcun volo da Reggio Calabria per qualsiasi altra destinazione italiana per un arco temporale indefinito e, quest’aspetto, tradotto in soldoni, significherebbe sancire la fine di un aeroporto, già boccheggiante. È come se fossimo stati usurpati del nostro diritto alla mobilità, unitamente a quello alla dignità. Approfittando perlopiù del favore delle tenebre del Coronavirus, per usare una locuzione del Presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte. Con una lettera asettica siamo stati messi in cassa integrazione.

Capisco che di garanzie all’orizzonte ve ne siano ben poche, per milioni di lavoratori, ma chiudere un aeroporto o azzopparlo in maniera definitiva, equivarrebbe a lanciare un segnale di inequivocabile rassegnazione in una delle aree più depresse d’Europa, nonché un messaggio di disattenzione da parte dello Stato nei confronti di un bacino di quasi un milione di abitanti, che si sentono atavicamente cittadini di serie B.

A seguito delle disposizioni introdotte dai vari decreti legge per il contenimento e la gestione dell’emergenza epidemiologica da Coronavirus, l’attività aeroportuale è completamente azzerata, bloccata. Come ribadito, sono perfettamente consapevole che la situazione di paralisi accomuna moltissime imprese su tutto il territorio nazionale, a livello globale e che l’Italia, soprattutto il Settentrione del Paese, abbia pagato un prezzo altissimo per questa emergenza di carattere sanitario.

È superfluo, per chi si è occupato di Svimez, sottolineare cosa rappresenti nella percezione globale e nella realtà effettuale vivere in una città problematica (eufemismo) e in un contesto caratterizzato da forti squilibri e da servizi ridotti all’osso, con lo strapotere tentacolare delle organizzazioni criminali e un clientelismo asfissiante, che impedisce qualsiasi forma di sviluppo.

Sono altrettanto consapevole del fatto che non sia lei il titolare del Ministero competente (da quanto mi risulta, la sua collega del Ministero dei Trasporti è stata costantemente informata nei minimi dettagli sul caso), ma mi rivolgo a Lei, benché non titolare del ministro competente, in quanto da Ministro del Sud, ha mostrato di comprendere la complessità della partita in atto a queste latitudini, come manifestato in più occasioni. Che fare?”

Con stima, Maria V. Zagari

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Credibilità e fiducia: Provenzano, figlio del Sud
lancia la sfida per far rinascere il Mezzogiorno

di SANTO STRATI – Credibilità e fiducia sono i due elementi che contraddistinguono il Piano per il Sud presentato a Gioia Tauro dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte insieme con il ministro per il Sud Peppe Provenzano e il ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina. La credibilità riguarda la serietà del documento programmatico (87 pagine), la fiducia è quella che occorre dare sia a Conte (che ci ha messo la faccia ed è venuto appositamente a Gioia Tauro) che al ministro Provenzano, entrambi figli di quel Sud che produce tanta ricchezza intellettuale e, purtroppo, la esporta senza contraccambio. Conte ha ribadito l’impegno della riserva del 34% di tutti gli investimenti a favore del Mezzogiorno «anche quando avremo finito il nostro mandato, dovranno cambiare la legge quelli che verranno dopo» e ha voluto marcare il fatto che per la prima volta si tratta di un impegno decennale che servirà a far germogliare le idee necessarie a scuotere il Meridione. Sia il presidente Conte che il ministro Provenzano hanno parlato al cuore del Sud, con convinto ottimismo e senza finalità di natura elettorale: il voto in Calabria è passato, non c’è bisogno di mostrare di essere più bravi degli altri, soprattuto a promettere. Ma questa volta, la sensazione è che non si tratti di promesse ma specifiche azioni con reale efficacia, che tengono conto che non c’è più tempo da perdere. Conte ha capito che il Mediterraneo è il vero motore della crescita e il Mezzogiorno, per la sua posizione geografica, è assolutamente idoneo a guidare la ripartenza. Il porto di Gioia Tauro ne è l’esempio più importante: in crescita e con grandi prospettive di sviluppo, per riaffermare la sua centralità nel Mediterraneo e la capacità di attrarre le mega navi container che hanno bisogno di profondità che a Gioia non mancano. E poi c’è la Zes, con le sue contraddizioni alimentate dall’Agenzia delle Entrate che ha tentato di smontare l’entusiasmo degli operatori della logistica, escludendoli dai benefici: «provvederemo a sistemare ogni stortura – ha replicato Provenzano a un giornalista – perché la Zes è parte importante di questo Piano». Una nuova politica territoriale per il rilancio delle periferie e delle zone costrette a una ingiusta marginalità, la rigenerazione dei contesti urbani con grande spazio alla cultura, motore della promozione dell’Italia nel mondo. Per fare tutto ciò serviranno professionalità e una task force in grado di soffocare qualsiasi accenno di burocrazia: la snellezza dovrà essere l’elemento distintivo di questo impegno. Senza ritardi , senza rinvii, con una politica decisionista che dia energia e vigore alle iniziative.

Perché dare fiducia, dopo i tantissimi proclami che dal 1970 ad oggi questa terra ha dovuto ascoltare speranzosa e persino intimidita dai vari personaggi politici che via via si succedevano? Semplice, perché, per la prima volta concorrono due cose che lasciano intravvedere elementi di concretezza: prima di tutto, il Piano per il Sud non è una nuova legge, ma il programma di attuazione di leggi già esistenti (a partire da quella Finanziaria) e poi, cosa non meno rilevante, i soldi ci sono, sono disponibili, bisogna solo spenderli. 100 miliardi in dieci anni, cui aggiungere altri 23, tra risorse comunitarie e interventi statali. Una ventata di novità, inaspettata, per certi versi, frutto di un lungo concertare durato quattro mesi tra Provenzano, Conte e una marea di consulenti, esperti e consiglieri giuridici.

Siamo, forse, davvero a una svolta per il Mezzogiorno e, a maggior ragione, per la Calabria. Occorre riconoscere al premier Conte che ha sempre sostenuto che se non riparte il Sud non riparte l’Italia. Conte ha sottolineato ai ragazzi dell’Istituto Severi di Gioia Tauro, che sono rimasti ad ascoltare per oltre tre ore, attenti e per niente annoiati, che occorre mantenere vivo l’orgoglio delle proprie origini. Lui viene da un paesello di 300 anime, in provincia di Foggia: è andato via, come tantissimi altri, ma non dimentica il profumo della sua terra, mantiene vivo il senso di appartenenza che è quello che ha suggerito ai ragazzi di Gioia di mantenere, come ha indicato l’importanza della cultura e dell’impegno: il futuro dei giovani è nelle loro mani, i politici – ma questo lo diciamo noi – si devono solo impegnare a non rubarglielo. E parte di questo futuro sta scritto in queste 87 pagine che non racchiudono poteri magici, ma offrono indicazioni di sviluppo e insieme di crescita sociale ed economica per tutte le popolazioni del Meridione. A cominciare dall’alta capacità ferroviaria che permetterà – ha detto il presidente Conte – di fare il tragitto Roma-Reggio in 4 ore.

A proposito del Piano, non si tratta di una legge, ha fatto presente il ministro Provenzano, quindi non ci sono tempi tecnici di approvazione, modifica, promulgazione: è un piano operativo, di attuazione, che spiega come utilizzare le risorse e come pianificare gli interventi. «C’è bisogno – ha detto Provenzano – di recuperare credibilità e fiducia nelle politiche di sviluppo e coesione. La credibilità che deriva dalla capacità di realizzare gli interventi programmati e di produrre cambiamenti tangibili e miglioramenti nella vita dei cittadini. La fiducia nella costruzione di un Sud che, nel prossimo decennio diventi la grande opportunità per un Paese che vuole ritrovare ruolo e collocazione internazionale. Il Piano Sud 2030 prova a fare tutto questo, individuando le risorse da attivare e le missioni da perseguire, i bisogni da affrontare e le opportunità da cogliere, le prime azioni con cui intervenire e i risultati da raggiungere, le procedure da migliorare e i processi da monitorare, gli strumenti da utilizzare e i soggetti da coinvolgere».

È un piano che copre un decennio dal 2020 al 2030. A breve termine l’obiettivo, nel triennio 2020-2022, è «la massimizzazione dell’impatto delle misure previste nella Legge di Bilancio 2020, che consenta di incrementare gli investimenti pubblici nel Mezzogiorno, agendo sul riequilibrio della spesa ordinaria e l’accelerazione della spesa aggiuntiva, sia in termini di competenza che di cassa. Tale obiettivo si può conseguire mediante: il riequilibrio delle risorse ordinarie, con l’effettiva applicazione della clausola del 34%; il recupero della capacità di spesa della politica nazionale di coesione (FSC); il miglioramento dell’attuazione della programmazione dei Fondi Strutturali e di Investimento europei (SIE)».

Parte integrante del Piano – ha detto il ministro per il Sud – «sarà l’attività di nuova programmazione per il periodo 2021-27, delle risorse della politica di coesione nazionale ed europea. L’ammontare complessivo di risorse aggiuntive per il Sud è notevole, circa 123 miliardi di euro». La destinazione di maggiori risorse per investimenti al Sud, però, «rappresenterebbe un’operazione debole e inefficace se non fosse accompagnata dall’indicazione di una strategia – un’idea di Sud al 2030 –  chiara e riconoscibile per i cittadini».

La Nota di Aggiornamento al Documento di Economia e Finanza – ha spiegato Provenzano – individua cinque “missioni” nazionali della coesione, in vista della chiusura del negoziato dell’Accordo di Partenariato sul post 2020, oltre che della riprogrammazione del FSC. Le “missioni” sono state ulteriormente definite dal Piano Sud 2030, anche in aderenza con l’Agenda ONU 2030, e sono così articolate:

1) Un Sud rivolto ai giovani: investire su tutta la filiera dell’istruzione, a partire dalla lotta alla povertà educativa minorile, per rafforzare il capitale umano, ridurre le disuguaglianze e riattivare la mobilità sociale.

  • Scuole aperte tutto il giorno
  • Contrasto alla povertà educativa e alla dispersione scolastica
  • Riduzione dei divari territoriali nelle competenze
  • Potenziamento dell’edilizia scolastica
  • Estensione No Tax area (senza penalizzare le Università)
  • Attrazione dei ricercatori al Sud

2) Un Sud connesso e inclusivo: infittire e ammodernare le infrastrutture, materiali e sociali, come fattore di connessione e di inclusione sociale, per spezzare l’isolamento di alcune aree del Mezzogiorno e l’isolamento dei cittadini in condizioni di bisogno.

  • Un Piano Sud del MIT di oltre 33 miliardi
  • Emergenza viabilità secondaria
  • Il Fondo infrastrutture sociali per comuni medi e piccoli
  • Nuovi nidi al Sud
  • Inclusione abitativa per cittadini e lavoratori svantaggiati
  • “Case della salute” per l’assistenza integrata
  • Rinnovo della dotazione tecnologica sanitaria

3) Un Sud per la svolta ecologica: rafforzare gli impegni del Green Deal al Sud e nelle aree interne, per realizzare alcuni obiettivi specifici dell’Agenda ONU 2030 e mitigare i rischi connessi ai cambiamenti climatici.

  • Un “reddito energetico” per le famiglie
  • Una sperimentazione di economia circolare
  • Potenziamento del trasporto sostenibile
  • Contratti di filiera e di distretto nel settore agroalimentare
  • Gestione forestale sostenibile

4) Un Sud frontiera dell’innovazione: supportare il trasferimento tecnologico e il rafforzamento delle reti tra ricerca e impresa, nell’ambito di una nuova strategia di politica industriale.

  • Credito d’imposta in ricerca e sviluppo al Sud
  • Rafforzamento degli ITS al Sud
  • Potenziamento del “Fondo dei Fondi”
  • Space Economy Sud
  • Startup tecnologiche al Sud

5) Un Sud aperto al mondo nel Mediterraneo: rafforzare la vocazione internazionale dell’economia e della società meridionale e adottare l’opzione strategica mediterranea, anche mediante il rafforzamento delle Zone Economiche Speciali (ZES) e i programmi di cooperazione allo sviluppo.

  • Rafforzamento delle Zone Economiche Speciali (ZES)
  • Piano Export Sud
  • Sostegno al sistema portuale
  • La Difesa per un Sud frontiera e ponte del Mediterraneo

«A finanziare queste prime azioni – ha fatto presente Provenzano – concorreranno le risorse ordinarie in conto capitale derivanti dall’applicazione della clausola del 34%, i Piani Sviluppo e Coesione, riprogrammati ai sensi dell’art. 44 del decreto-legge n. 34 del 2019, come modificato dalla Legge di Bilancio 2020, che potranno finanziare ulteriori azioni coerenti, sulla base dell’avanzamento dei progetti e della loro cantierabilità. Infine, alcune azioni potranno beneficiare delle risorse provenienti dalla rimodulazione dei Programmi operativi nazionali e regionali».

Il ministro per il Sud, chiudendo, ha voluto citare Leonardo Sciascia, siciliano come lui: «il nostro peccato più grande è non credere che le idee possano cambiare le cose». I figli del Sud Conte e Provenzano (ma anche la Azzolina è meridionale, è nata in Sicilia) hanno mostrato di crederci. Lo scopriremo nei prossimi mesi. (s)

N.B. Il Piano per il Sud merita un’attenta lettura da parte di chi ha a cuore la crescita e lo sviluppo di questa terra. Chi avesse voglia di studiarselo, lo può scaricare integralmente da qui

 

Il ministro Provenzano, la calabrese Jasmine e le sardine: il piano per il Sud è in arrivo

Incontro a Roma tra il ministro per il Sud Peppe Provenzano e i rappresentanti delle sardine, tra cui la calabrese Jasmine Cristallo. Il ministro ha riferito del meeting, specificando che non ha dato risposte ma ha di nuovo indicato ormai prossima la presentazione del Piano per il Sud predisposto col premier Conte. Secondo la “sardina” calabrese Jasmine «la questione meridionale deve diventare nazionale».

«Con il ministro – ha detto la Cristallo – abbiamo parlato della questione meridionale mai risolta, dei livelli essenziali delle prestazioni nella sanità, del problema gravissimo dello spopolamento, dei giovani che se ne vanno, di mafia e camorra. Due ore per rappresentare le istanze raccolte nei territori alle quali abbiamo lavorato. Semplificare tutto come se aver parlato di scambi tra università del Nord e del Sud fosse la risoluzione dei problemi è scorretto e mortifica il nostro impegno. L’Erasmus significa solo la nostra attitudine a mettere insieme le persone, a vivere l’uno la realtà dell’altro, quello che stiamo facendo anche tra di noi perché un conto è il modello emiliano, altro è la realtà delle nostre regioni, dove si muore di malasanità».

«I insieme ai ragazzi di 6000 sardine – ha postato su Facebook il ministro Provenzano – abbiamo discusso del #Sud, per parlare dell’Italia. Abbiamo affrontato il tema dello spopolamento che oggi l’Istat racconta con numeri allarmanti, del viaggio di sola andata dal Sud di una generazione. Che troppo spesso non è una scelta, ma una necessità. Bisogna essere liberi. Liberi di andare e di tornare. Il “diritto a restare” continuerà ad essere la mia battaglia, non solo per la mia storia personale, ma soprattutto per chi, come alcuni di loro, tra mille difficoltà, ha scelto di restare. E lo ha fatto in quei “luoghi che non contano” ma che, invece, vogliono e devono contare. Abbiamo scambiato idee, ho raccolto le loro opinioni. Non ho dato risposte, quelle le darò con la mia attività e con quella di tutto il Governo, e con il #PianoSud che presto presenteremo con il Presidente Giuseppe Conte. Le #Sardine, nel mare aperto e bellissimo delle piazze italiane di questi mesi, ci hanno mostrato che un’altra Italia non solo è possibile ma esiste già. Alle istituzioni il compito di ascoltare, alla politica il dovere di renderla protagonista». (rp)

 

Il candidato governatore Nucera al ministro Provenzano: sostenere l’impresa locale

L’ex presidente degli industriali reggini, Giuseppe Nucera, candidato alla presidenza della Regione per  La Calabria che vogliamo, ha commentato le parole del ministro per il Sud, Giuseppe Provenzano, lanciando un appello per sostenere le imprese locali e l’avvio di nuove attività da parte dei giovani.

«Inutile riempirsi la bocca di belle parole  – dice Nucera – se i conti del Sud non tornano, il colpevole ha un nome e un cognome: investimenti pubblici. Dove sono finiti quelli programmati? Il ministro Provenzano apra un dossier. Sono previsti per le infrastrutture da Salerno in su 58 miliardi. Se Cristo si era fermato ad Eboli, adesso si è fermato a Salerno.  Sono mancate le risorse pubbliche destinate al Sud. Basterebbe analizzare i numeri del grande scippo, quello della spesa pubblica allargata, che ha dirottato più di 60 miliardi di euro dal meridione al Nord. Una frattura profonda che divide il Paese e che allontana i giovani, quasi sempre altamente professionalizzati».

Nel 2018 – secondo l’ultima stima della Svimez – sono stati investiti in opere pubbliche nel Mezzogiorno 102 euro pro capite rispetto a 278 nel Centro-Nord (nel 1970 erano rispettivamente 677 euro e 452 euro pro capite). Sempre secondo la Svimez, gli occupati al Sud negli ultimi due trimestri del 2018 e nel primo del 2019 sono calati complessivamente di 107 mila unità (-1,7%); nel Centro-Nord, invece, nello stesso periodo, sono cresciuti di 48 mila unità (+0,3%).
«Nell’ambito della mia attività come presidente di Confindustria Reggio Calabria avevo istituito lo sportello Lavoro&Imprese, avviando un ambizioso e importante progetto a sostegno dell’impresa locale, con particolare attenzione all’avvio di nuove attività da parte dei giovani del territorio. Servono dal governo proposte concrete perché se fallisce il Mezzogiorno fallisce il Paese». (rp)
Sulla televisione cosentina TEN (TeleEuropa Network) è andata in onda giovedì scorso una lunga intervista di Attilio Sabato a Giuseppe Nucera, che riproponiamo ai nostri lettori:

IL MINISTRO BARBARA LEZZI IN CALABRIA

6 agosto – Oggi  pomeriggio il ministro per il Sud Barbara Lezzi sarà a Catanzaro per un incontro in Cittadella con il Presidente Mario Oliverio sui fondi europei. Domani, invece, si recherà a Gioia Tauro in visita al porto. Il ministro aveva già incontrato a Roma Oliverio il 19 giugno scorso in una visita istituzionale dello stesso Presidente.

Lettera aperta al ministro per il Sud, Barbara Lezzi
di Santo Strati

Gentile Ministro, non è questa la sua prima visita in Calabria, c’è da sperare invece che segni una mutata attenzione ai problemi della Calabria. Lei è meridionale, di Lecce, quindi dovrebbe esserle più facile comprendere le ragioni del Mezzogiorno che continua a sentirsi “tradito”, trascurato, dimenticato, quando invece potrebbe e dovrebbe essere il volano della ripresa economica del Paese, grazie alle sue tantissime risorse inutilizzate.
Questo Sud sembra non appartenere all’Italia, una fastidiosa incombenza che ricorre puntualmente come l’influenza stagionale, e a cui non pare farci più caso nessuno. Al contrario sono i numeri di questo Sud che dovrebbero indurre a riflessioni molto più serie e approfondite, a cominciare dal problema giovani. Secondo le statistiche ufficiali più recenti un giovane su tre non lavora, ma chi vive in Calabria sa perfettamente che sono numeri poco veritieri, giacché è altissimo il numero di chi non trova un’occupazione – qualsiasi – che generi dignitosa fonte di reddito. Non c’è lavoro e quando c’è è sottopagato, è crudele testimonianza di sfruttamento ed “estorsione legalizzata” (come hanno messo in luce recenti inchieste giudiziarie). Non solo, ma è dequalificante per tantissimi giovani preparati e competenti che non trovano soluzione migliore che tornare alla vecchia, ma risolutiva, emigrazione. Il problema principale è che l’emigrazione che affligge la Calabria oggi non è l’emigrazione di inizio secolo coi nostri lavoratori e le loro povere valigie di cartone: è l’irresponsabile rinuncia da parte della regione a risorse tecniche, culturali e intellettuali che potrebbero segnare il cambiamento da sempre sognato. L’emigrazione intellettuale di moltissimi laureati che qui vengono snobbati e, quando possibile sfruttati in maniera indecente, e invece trovano la giusta valorizzazione all’estero o nei gruppi industriali del Nord. Le nostre Università preparano tecnici competenti, ingegneri, informatici, agrari, che non trovano spazio per restituire alla loro terra, in modo positivo, il loro bagaglio culturale per farla crescere e accrescere, a loro volta, la propria competenza.
C’è una grande cecità che ha caratterizzato i governi della Repubblica, senza distinzione di colore: al Sud si è sempre pensato, e succede ancora oggi, solo in termini di assistenzialismo. La Calabria non vuole assistenzialismo richiede opportunità: ai nostri giovani non va offerto un salario di povertà (non parliamo di reddito di dignità, per favore) ma vanno prospettate soluzioni e occasioni di inserimento nel mondo del lavoro, investendo non solo in infrastrutture (che sono ovviamente indispensabili) ma in formazione e valorizzazione delle competenze. Nessuno può permettersi di affermare che i nostri giovani non cercano lavoro nella propria terra: il fatto è che non c’è proprio, non ci sono le opportunità – che non sarebbe difficile creare – per progetti he riguardano i settori vincenti della Calabria: cultura, turismo e innovazione digitale. Ci sono risorse culturali, paesaggistiche e ambientali in Calabria che potrebbero farla diventare la California d’Italia, e invece – a parte l’iniziativa di pochi sognatori o imprenditori “illuminati” – tutto è lasciato deperire: quanta occupazione potrebbe generare il solo comparto del turismo archeologico e culturale? Quanti giovani saprebbero e potrebbero valorizzare l’immenso patrimonio artistico, culturale, ambientale, nonché eno-gastronomico che si trova nel Mezzogiorno e, nello specifico, nella nostra Calabria?
Va proprio cambiato il modo di studiare e proporre incentivi e agevolazioni che servono solo a far risparmiare quattrini a imprenditori poco avvezzi a investire in risorse umane ma abili a prendere il massimo dei contributi: ci sono centinaia di aziende in Calabria che crescono ogni giorno e hanno respiro internazionale, eccellenze che guardano alle risorse che già ci sono in casa per valorizzarle e innovare la produzione, ma ce ne sono tantissime altre che sono praticamente abbandonate, strozzate dalle banche e dalle tasse che uno Stato impietoso pretende soprattutto da chi investe e non da chi gioca finanziariamente coi capitali.
Per questo, la sua gradita visita in Calabria potrebbe diventare un buon punto di partenza: col Presidente Oliverio parlerà dei fondi comunitari. Si faccia dire quanti soldi comunitari inutilizzati sono stati rispediti al mittente, quanto la burocrazia opprime e deprime i giovani che provano a diventare imprenditori di se stessi, quanto le lungaggini delle carte, bollate e non, facciano morire le aziende prima ancora che muovano i primi passi e impediscano la nascita di nuove. Il Presidente Oliverio le dirà che si stanno facendo tante cose per creare occupazione e sviluppo: gli proponga di abolire gi aspetti burocratici (ovviamente nel totale rispetto della legalità) che vincolano e soffocano qualsiasi iniziativa imprenditorialie. La parola d’ordine, caro Ministro del Sud, è opportunità, da legare al superamento – reale!!! – delle pastoie burocratiche che impediscono, quelle sì, qualsiasi intrapresa votata a crescita e sviluppo.
Non serve, ripetiamo, assistenzialismo, occorre la volontà d capire e di mettere in atto una politica per il lavoro, per i giovani, per le donne. Diversamente, ci perdoni la franchezza, risulta lecito pensare che del suo Ministero il Mezzogiorno può fare benissimo a meno. (Santo Strati)