SAN FERDINANDO (RC) – Due giorni dedicati alla lotta alla violenza sulle donne e alla legalità

Gli istituti scolastici di San Ferdinando hanno promosso e ospitato, su impulso della Croce Rossa Italiana – Comitato di Gioia Tauro – e il Reparto Biodiversità dei Carabinieri forestali, due pregevoli iniziative nel segno del rispetto e della legalità.

Con un “Albero per il Futuro”, Il Raggruppamento Carabinieri per la Biodiversità si è impegnato a coinvolgere Enti e Scuole per mettere a dimora molti alberi e per realizzare un grande bosco diffuso della legalità.

Un messaggio civico per ricordare le vittime delle mafie ma anche un concreto segno di aiuto al pianeta, contribuendo a ridurre l’impatto delle emissioni di CO2.

Un gesto per contrastare i cambiamenti climatici e per educare le nuove generazioni alla cultura della legalità e del rispetto del prossimo.

Giovedì 23 novembre si è svolto il primo evento presso l’istituto primario “G. Carretta” con la piantumazione dell’albero di Falcone, un ficus clorophilia riprodotto dall’albero che cresce nei pressi della casa del giudice Giovanni Falcone grazie al prelevamento dalle gemme e alla successiva trasformazione in piccolo albero presso il Centro Nazionale Carabinieri per la biodiversità forestale (Cnbf) di Pieve Santo Stefano.

L’iniziativa è stata voluta e organizzata dall’insegnate Maria Giuseppina Di Tommaso che, coadiuvata dalla responsabile di plesso Maria Teresa Naso, ha coinvolto l’amministrazione comunale e i Carabinieri della Stazione di San Ferdinando insieme con il Tenente Colonnello Micalizzi del Reparto Biodiversità dei Carabinieri.

Il giorno successivo un’altra eccellente testimonianza, questa volta presso la secondaria di primo grado “M. Vizzone”, con la giornata #StopViolence organizzata con la Croce Rossa Italiana.

Un panchina rossa, dedicata a Giulia Cecchettìn quale simbolo di tutte le donne vittime di violenza, è stata posta nel cortile della scuola con una toccante e partecipata cerimonia.

Grazie all’impegno congiunto e alla sensibilità dei ragazzi, in pochi giorni è stato realizzato un evento che – oltre a mettere in luce il talento dei ragazzi e la sapienza dei docenti – ha permesso a tutta la cittadinanza di partecipare a un momento di riflessione collettiva sul tragico fenomeno dei femminicidi e della violenza di genere.

L’amministrazione comunale di San Ferdinando «ringrazia vivamente la dr.ssa Maria Giovanna Ursida, presidente del Comitato Croce Rossa di Gioia Tauro, il dirigente Scolastico prof. Giuseppe Eburnea, gli studenti e gli insegnati per la preziosa collaborazione e per i significativi contenuti proposti, ringrazia inoltre tutte le autorità intervenute, le famiglie, le associazioni cittadine e il parroco don Domenico Rizzi per aver realizzato, tutti insieme, una celebrazione che non intende fermarsi alla ritualità delle giornate mondiali ma imprimere valori perpetui su cui fondare l’impegno quotidiano e la convivenza civile». (rrc)

SAN FERDINANDO (RC) – Il Municipio illuminato di rosso contro la violenza di genere

In occasione della giornata internazionale contro la violenza sulle donne, che ricorre il 25 novembre di ogni anno, il Comune di San Ferdinando, già nei giorni che precedono tale data, illuminerà la facciata del proprio palazzo Comunale di con lampade di colore rosso.

Il rosso è il colore universalmente riconosciuto quale simbolo della violenza di genere e per questo motivo sarà il leit motif delle diverse iniziative che si svolgeranno in città per sensibilizzare le coscienze e coinvolgere giovani e adulti in una riflessione collettiva su questo tragico fenomeno.

La recente, brutale uccisione di Giulia Cecchetin, che ha profondamente turbato gli animi degli italiani, simboleggia i 156 femminicidi del 2023 e tutte le donne già vittime di violenza; per questo motivo, oltre alla realizzazione di una panchina rossa all’interno della scuola “Vizzone” su impulso della Croce Rossa Italiana Comitato di Gioia Tauro.

«E’ di fondamentale importanza affiancare all’opera di prevenzione e repressione anche un lavoro culturale che non può e non deve limitarsi alle reazioni emotive ma accompagnare la società in un percorso di consapevolezza e protezione. Siamo impegnati nella promozione di una rete composta da tutte le agenzie sociali ed educative per realizzare in concreto quella “comunità educante” che non faccia mai sentire nessuno da solo e possa imprimere nelle coscienze dei più giovani quei valori fondamentali per una sana convivenza civile» sono le parole dell’amministrazione comunale espresse dal vicesindaco e assessore ai servizi sociali Ferdinando Scarfò.

A San Ferdinando l’ultimo romanzo di Carmine Abate

di PINO NANOScritto per la Mondadori, il lancio nazionale del suo ultimo libro Carmine Abate lo ha voluto in Calabria, nella Sala Consigliare di San Ferdinando, il prossimo 3 ottobre alle ore 18, per suggellare forse la bellezza della tradizione che lo scrittore calabrese ripropone in questo suo nuovo testamento romantico.

Poi il giorno 5 a Roma alla Biblioteca Casanatense dove Rosario Sprovieri e Luigi Salvati gli hanno preparato una grande Festa d’autore. 

Torna prepotentemente di scena dunque, nel panorama letterario italiano, lo scrittore calabrese Carmine Abate, e torna questa volta con un romanzo bellissimo, dai toni forti, e dalla narrazione avvolgente, un romanzo dedicato ancora una volta alla sua terra di origine, la Calabria, e il dito puntato su una delle realtà più iconiche della storia dello sviluppo meridionale, il paese di Eranova, alle porte di Rosarno, oggi il paese non esiste più perché al suo posto hanno costruito negli anni il grande porto di Gioia Tauro. 

Un romanzo che si porta dentro la malinconia di chi è emigrato per sempre, e di chi da emigrato continua a tornare nella sua casa di origine per ritrovare quel poco che è ancora rimasto di lui e della sua vita in questo angolo remoto del mondo. Questa volta il suo “Paese felice” diventa Eranova, il paese fantasma attaccato a San Ferdinando, tra Rosarno e Gioia Tauro, e «dove le pietre con cui sono state costruite le case di Eranova, parlano la lingua della leggenda e sono impastate di un magma ribollente capace di travolgere il mondo per come ci viene consegnato».

Il romanzo che segue è di un lirismo unico al mondo, ma solo Carmine Abate è ancora capace di questi voli pindarici e sentimentali, quasi un acrobata dei sentimenti e del ricordo, della tradizione e dell’orizzonte che sta di fronte.

Negli anni Settanta – racconta lo scrittore – Eranova è ancora un paese giovane, fondato nel 1896, quando alcuni massari e contadini si ribellarono al marchese proprietario delle terre in cui vivevano per rivendicare la propria libertà, dare sostanza a un’utopia, edificarla in pietra e carne. Lo sa bene Lina, una studentessa idealista e caparbia come i fondatori del suo paese. 

Fantasia e realtà si fondono insieme, e ancora una volta Carmine Abate riesce a commuovere chi lo legge, trasferendo nel romanzo verità storiche che hanno profondamente segnato la storia dell’intero mezzogiorno.

«Lina, quando Lorenzo la incontra all’università di Bari, ignora il motivo dell’inquietudine che si annida nei suoi occhi verdi, non sa che Eranova rischia di sparire per far posto al quinto centro siderurgico italiano. Lina non si dà pace, e cerca di convincere la gente a lottare contro questa colossale follia, utile solo per riempire le tasche voraci della ‘ndrangheta. Aiutata da Lorenzo, scrive appelli al presidente della Repubblica, al papa, al presidente del Consiglio, a politici e persino a Pasolini, conosciuto in una libreria di Bari, perché blocchino il progetto, prima che sia troppo tardi». 

In questo suo ultimo libro Carmine Abate supera sé stesso, probabilmente è questo il libro cardine della sua maturità di scrittore, ma dipinge il quadro di un’Italia pronta a cedere alle lusinghe del benessere, timorosamente fatalista, in balìa delle emergenze politiche e sociali come nessun altro era riuscito a farlo prima di lui. Cosa che lo scrittore calabrese fa attraverso la sua scrittura di sempre, una scrittura densa, scattante, potente, evocativa, alla sua maniera di sempre, avvolgente, carismatica, come se lui stesso fosse figlio di Eranova, e non di Carfizzi come in realtà lo è, e avesse trascorso la sua infanzia tra gli aranceti che sorgevano un tempo da quelle parti.

Un paese felice è un’abbagliante storia d’amore e di rabbia, di destini individuali e destino collettivo, di “violenza delle memorie” e, nonostante tutto, di speranza. 

«Perché i protagonisti – tutto questo Carmine Abate lo scrive con la fierezza che da sempre segna la sua vita di intellettuale e di scrittore moderno – sono due giovani conquistati dalla forza dell’utopia, che lottano contro i potenti e non rinunciano a portare il loro impegno nel flusso indifferente della Storia. Attorno a loro, un coro di voci possenti e vive che incrociano la storia di un secolo, catturano la nostra coscienza e rendono attualissima e universale la vicenda di Eranova». 

Meraviglioso, a tratti sublime, perfettamente aderente alla realtà di quegli anni, Carmine Abate si riconferma ancora una volta testimone straordinario di una Calabria che muore ogni giorno che passa, e soprattutto cantore superbo di una tradizione antica che è quella del suo popolo e della sua gente, lui arberesch dalla testa ai piedi ancora oggi, e che confessa candidamente come il dialetto calabrese sia rimasta la sua lingua del cuore, dovunque egli sia in giro per il mondo.

Un uomo, uno scrittore, una leggenda.

«Il mio luogo è ormai un pluriluogo, un mosaico di luoghi a me cari, fatto di tante radici, tante lingue, tante culture, tanti sguardi. Sono i luoghi che mi parlano, che mi raccontano le loro storie più segrete. Il luogo centrale, dove sono nato e da dove sono partito, è un piccolo paese arbëreshë della Calabria, Carfizzi, che da sempre è stato il microcosmo multiculturale e plurilinguistico da cui ho attinto a piene mani, è una Calabria in miniatura, che nei miei libri chiamo Hora, Roccalba, Spillace, Carfizzi. Da microcosmo, diventa macrocosmo, universale come la Calabria, una terra bellissima ma ferita, e io cerco di raccontarne sempre la bellezza senza dimenticare le ferite e viceversa. Dentro ci trovo i grandi temi della letteratura di tutti i tempi: la ricerca dell’identità, l’emigrazione, il ritorno, la natura e soprattutto l’amore. Soprattutto, l’amore». 

L’autore. Carmine Abate è di origine albanese ma è nato a Carfizzi. Ora vive tra la Germania, il Trentino e la regione d’origine. Ha esordito come narratore nel 1991 con II ballo tondo, che è stato tradotto anche in Germania e in Albania. Ripubblicato nel 2000 da Fazi, ha vinto il premio Arge-Alp. Nel 1999 con La moto di Scanderbeg ha avuto un grande successo di critica e di pubblico, al quale sono seguiti altri romanzi, Tra due mari (Mondadori, 2002), La festa del ritorno, (Mondadori, 2004, finalista al Premio Campiello), II mosaico del tempo grande (Mondadori, 2005), Vivere per addizione e altri viaggi (Mondadori, 2008), Gli anni veloci (Mondadori, 2009), La collina del vento (Mondadori, 2012), Il bacio del pane (Mondadori, 2013), Il banchetto di nozze e altri sapori (Mondadori, 2016), Le rughe del sorriso (Mondadori, 2018). (pn)

SAN FERDINANDO (RC) – Anteprima nazionale per l’ultimo libro di Carmine Abate

In anteprima nazionale a San Ferdinando Carmine Abate, Premio Campiello 2012, presenta la sua ultima fatica letteraria “Un paese felice”.

Il libro è ambientato tra San Ferdinando ed Eranova e le vicende narrate si svolgono sullo sfondo dei grandi mutamenti che hanno interessato il territorio, provocato traumi sociali ed economici tuttora irrisolti.

«Una storia d’amore e di rabbia, di destini individuali e di destino collettivo. Il romanzo tratta degli avvenimenti che hanno interessato le comunità di San Ferdinando ed Eranova durante gli anni della grande trasformazione industriale.Questo libro ci obbliga a fare i conti con i cambiamenti socio-economici che ne derivarono». (rrc)

SAN FERDINANDO (RC) – Augusto Di Stanislao presenta il suo nuovo saggio “MaledettaMente”

Dopo il successo del saggio “Controvento”, presentato in anteprima a San Ferdinando nel 2022, Augusto Di Stanislao ha deciso di replicare l’esperienza e tornare in Calabria per lanciare “MaledettaMente,” ultima fatica letteraria dello psicoterapeuta scrittore.

“MaledettaMente” è un’opera complessa ma agevolmente fruibile anche da un pubblico non specialistico come nello stile dell’autore che in questo caso affronta il tema della follia da un punto di vista assolutamente originale.
La presentazione avverrà a San Ferdinando, nella elegante cornice di piazza Convento, sabato 23 settembre alle 17:30.

«Siamo lieti di ospitare nuovamente il prof. Di Stanislao a San Ferdinando» è il commento del dottor Barbieri, assessore alla cultura della cittadina tirrenica «e ci auguriamo che tornare alle casette sia di nuovo foriero di un successo letterario così come per il precedente lavoro. Avere Augusto in città, inoltre, è un’occasione per riabbracciare, insieme con lui, il gusto di un passato che ci accomuna».

Il professore Di Stanislao, che oltretutto ha rivestito anche il ruolo di parlamentare della Repubblica, ha voluto rivolgere alla città ospitante queste espressioni di gratitudine: «Ringrazio il Sindaco di San Ferdinando, Luca Gaetano e l’Assessore alla Cultura Franco Barbieri, per la sensibilità dimostrata e per aver sostenuto questo appuntamento culturale. Il tema è di assoluta attualità, anche se “scorbutico” e apparentemente distante dalla quotidianità. La salute mentale e il benessere psicologico ci convoca tutti e a tutti i livelli della comunità che abitiamo. Ci sono riflessioni da fare e soluzioni da mettere in campo. Parlarne è già un piccolo grande passo in avanti. Grazie ancora». (rrc)

Don Leonardo, il prete buono di San Ferdinando che dice di non allontanare i migranti

di GREGORIO CORIGLIANOLeonardo ha gli occhi tristi che, mentre parla, ti invitano a pensare alla sua terra, a sua madre, ai suoi fratelli, alla lontananza che lo separa da loro, ormai da anni.

È nigeriano, si chiama Leonard Owuamanam, un cognome impronunciabile dalle nostre parti, anche quando si presenta. Deve scriverlo su un foglietto perché io, ma anche gli altri, lo si possa capire. Era figlio di famiglia, viveva non lontano dalla capitale Abuja, a Sud Est, mi dice quando vado a trovarlo, in quella stessa sacrestia dove ho trascorso gli anni della mia fanciullezza e di parte della gioventù. Sacrestia? sì perchè don Leonard è il parroco di San Ferdinando, non un missionario di passaggio. Proprio il parroco dolce, affabile, sorridente e con gli occhi tristi che tutti vorremmo incontrare nel corso della vita.

«Perchè mi fai tutte queste domande? La mia vita interessa poco questa comunità, sono io che voglio e devo sapere di te e degli altri!».

«Don Leonard, voglio che la gente sappia chi è stato ed è il suo parroco!».

Un’intervista, dunque, me lo ricordo che una volta hai scritto del nostro Venerdì santo e mi hai chiamato Don Nigeria perché non riuscivi, come adesso, a pronunciare il mio cognome. «Va bene, mi hai convinto, cosa vuoi sapere?». Tutto quel che è giusto sapere, gli rispondo. E così facciamo un  «a tu per tu col parroco dalla pelle nera e dal sangue come il nostro».

Ha 47 anni, ha fatto da giovane l’agricoltore, come il resto della sua famiglia, il padre Charles e la madre Celine, sempre con quel cognome difficile da imparare. Lui è il quinto di nove figli, tre maschi e sei femmine, che vivono tutti in Nigeria, una nazione immensa, quattro volte l’Italia. 250 milioni di abitanti. La capitale è sconosciuta ai più, Abuja, ma la città più famosa che in molti conosciamo attraverso gli studi di geografia e di geopolitica, è Lagos. Una terra ricca di petrolio, ma anche di oro e diamanti. Alza gli occhi al cielo Leonard e sospira “mi manca tanto la mia terra”, a beneficio di quanti dicono di non avere radici e legami, di trovarsi bene qui o altrove. E mi manca soprattutto la mia mamma, a cui ho sempre voluto e voglio un gran bene, sono ormai anni che non la vedo, spero, appena sarà possibile di trascorrere qualche settimana al suo fianco.

Quando gli dico che nella parrocchia affidata alle sue cure, in anni ormai lontani, avevo fatto il chierichetto lui, prontamente: «è quello che ho fatto io, sempre vicino alla Chiesa. Delle religioni presenti in Nigeria, Leonardo aveva scelto il cristianesimo, col cattolicesimo ed il pentacostalismo, aggiunge.  Ci sono poi l’islam ed il traditional african religion.  Il modello di vita del nostro giovane aspirante sacerdote era don Nicholas, “mi aveva conquistato, si era preso il mio cuore». Si iscrive all’Università, aveva la predilezione per la chimica, anche se cominciava a sentire la vocazione, soprattutto quando, in Nigeria, aveva conosciuto i guanelliani, i seguaci di Don Luigi Guanella. Un presbitero italiano, fondatore delle congregazioni cattoliche dei servi della carità. Per le opere compiute nel mondo, don Guanella, fu fatto Santo da Papa Benedetto XVI° ventidue anni fa. Il proselitismo del futuro santo, era arrivato anche in Nigeria. Il nostro Leonard fu attratto da don Giancarlo Frigerio, responsabile delle vocazioni nella sua terra che lo ha ammesso alla Congregazione per iniziare il «percorso di discernimento».

Ha iniziato da giovane agricoltore, a 19 anni. E per tredici anni ha seguito, in piena vocazione, il percorso, con le attenzioni del Vescovo della sua città, Victor Chikwe, della Diocesi di Arbara. A scuola era sempre primo, sveglio, vivo, intelligente. «Perché sprechi la tua intelligenza in Seminario» gli chiese un giorno la sorella «Ho rispettato la tua scelta di sposarti, ti prego rispetta la mia», gli rispose. Parliamo, col cuore in mano, a tu per tu, per ore. È stato affascinante avere avuto il privilegio di poterlo ascoltare.

Leonrd Owuamanam è contrario al matrimonio dei preti, se si vuole diventare sacerdoti, dice, è una scelta di servizio. Prima di diventare sacerdote a 32 anni ha visitato il centro per handicappati di Don Guanella a Roma: non ha avuto più tentennamenti, se mai li avesse avuti. La prima esperienza a Kinshasa, capitale della Repubblica democratica del Congo, poi nel Ghana, in Africa occidentale, infine il ritorno nella sua terra. Nel 2017, ricorda giorno e mese, in Italia a Sondrio, come cappellano del centro per anziani. Un anno, e via a Messina e poi a Ferentino, vicino Frosinone, in piena era Covid. Il 19 febbraio dell’anno scorso a San Ferdinando. E se al Nord c’è evoluzione culturale, qui da voi, mi aggiunge dolcemente, c’è maggiore umanità. Mi trovo a dover corrispondere ad una nuova obbedienza: chino la testa, vado dovunque mi vien chiesto. «Se dovessi lasciare la tua terra, sappi che mi porterò dietro una prerogativa: la semplicità della tua gente a cui dico: aiutate i migranti della vostra tendopoli, non li allontanate». Siamo tutti figli di Dio. Grazie Leonard, grazie. (gc)

Muna, da Amman a Tokyo passando per San Ferdinando

di GREGORIO CORIGLIANOSi chiama Muna Nasr, dal nome si capisce che non è europea, men che meno italiana. È giordana di Amman, nata da genitori libanesi. La incontro non all’estero, dove pure sono stato in vacanza, ma nel luogo dell’anima, San Ferdinando. Addirittura? Sì, un caso fortuito.

Mi capita di vedere prima dal fruttarolo, poi in edicola,  una affettuosa parente di mia madre, Rosita Bagalà, che in compagnia del fratello Bruno, già grande manager della Garibaldi-navigazione di Genova – entrambi figli del capitano Bagalà – sfogliavano le riviste di Ciccio Naselli, ma in effetti volevano sapere se ancora era disponibile il mio ultimo libro Nero di Seppia, edizione Pellegrini. Baci abbracci e un dolce “vieni a trovarmi a casa”.

Non ci penso due volte e l’indomani, arrivo nella casa di famiglia, sempre a San Ferdinando, nella storica piazzetta Barletta tutta rinnovata e rinverdita. Rosita, dopo avermi raccontato della scomparsa del marito, Nando Stucci, mi presenta tutta la parentela con i giovani nipoti. Tra le persone che mi presenta c’è Muna, faccio fatica a comprendere il nome, fino a quando non mi spiega che è giordana. Mi ritiro nelle mie, la guardo, è bellissima, veramente affascinante, bionda, capelli lunghi, un sorriso che incanta. Guardala bene, mi dice Rosita: non è facile incontrare a San Ferdinando una donna di Amman. E che ci fa qui? Tua amica? No. È mia nuora, la moglie di mio figlio Stefano. E tuo figlio? È a Tokyo, non lo sapevi? Certo che no: E cosa fa Nell’estremo Oriente? E il numero due dell’Ambasciata Italiana. Un diplomatico di carriera. Scusa, scusa cominciamo dall’inizio. Tuo figlio, di genitori di San Ferdinando, nato a Genova ha scelto la carriera diplomatica? Che bello. A questo punto, Rosita si allontana, per accudire i figli del figlio e mi lascia con Muna, che è un fiume in piena, ha voglia di parlare, si è fidata di me e apre lo scrigno della sua vita.

Mio nonno, mi dice, è stato chiamato dal primo Re di Giordania, dal Libano perché giornalista, per fondare il primo giornale il Giordany newspaper nel 1924. Anche mio padre ha studiato giornalismo all’Università americana in Egitto. E ci trasferiamo lì, dove non c’era ancora nulla di giornalistico. Mio padre, insoddisfatto della vita in quella terra, si sposta a Londra, per studiare medicina al famosissimo Kings College. Una volta acquisito il titolo di medico, torna in Giordania per esercitare la professione che associa a quella di giornalista con suo padre. Nel frattempo conosce mia madre Aimèe, in Libano, si sposano. Tornano in Giordania dove svolge la professione medica e giornalistica. Nell’80 il giornale chiude per motivi politici, ma non posso, né voglio, aggiungere altro.

Mentre parla, gli occhi di Muna brillano, si tocca i capelli, sorride. Si vede che è una donna felice. Mi racconta ancora che sono cinque sorelle ed un fratello, tre vivono in Italia, due negli Stati uniti, uno in Libano. Il fratello fa l’editore, le sorelle le interpreti ricercatissime in tutto il mondo, perché parlano, si intende, moltissime lingue, peraltro, non comuni, né facili. Ed il calabrese Stefano, dove lo hai conosciuto? Era giovanissimo primo segretario di ambasciata in Giordania. Ci incontriamo ad una festa di matrimonio di alto rango. Lui mi fa la corte, una corte spietata, ma “io non gli ho dato confidenza alcuna”.

“Si informa del mio lavoro di agente immobiliare e ha il coraggio di avvicinarsi dicendomi di volere comprare casa ad Amman. Un diplomatico non compra casa rivolgendosi alla prima agente immobiliare. Capisco da come mi guarda e mi segue che si era presa una cotta per me. “Ci frequentiamo, alla fine mi ha convinto. Ci sposiamo, stiamo due anni ad Amman. Poi trasferiscono Stefano a Sarajevo. All’ambasciata italiana della Bosnia Erzegovina. Dopo il primo figlio, anzi la prima – Isabella – rimango incinta del secondo, quando veniamo trasferiti a Roma. Qui stiamo tre anni, come prevedono le regole dei diplomatici. Da Roma, nuova sede a Gedda. In Arabia Saudita.

“A me, di spirito libero, quella sede non piaceva molto per le restrizioni. C’era finanche la polizia religiosa, che controllava tutto e tutti. “In tre anni, però, anche quella società è cambiata: e se prima non volevo andare, poi non volevo più ripartire”. Vivevamo in un compound, una villa meravigliosa, accanto a sauditi allegri, ospitali, a cui piace molto divertirsi”.  Anche quella esperienza è finita e come tutti i diplomatici di carriera dobbiamo giustamente osservare le regole della carriera. È finita? Certo che no. “Da Gedda veniamo trasferiti a Tokyo: siamo nella terra del sol Levante da un anno e mezzo. Di questa esperienza ancora posso dire poco”.

Ed ogni volta cambiate residenza? No, mi dice Muna, entusiasta del suo Stefano, che non ha ancora cinquant’anni, e siamo residenti a Roma. Dal mondo della diplomazia, a San Ferdinando? Stefano aveva paura che non mi piacesse la Calabria ed, in particolare, San Ferdinando.

“Invece no, mi sembrava il mio mondo, gente calorosa, affettuosa, generosa. Il mare splendido, a due passi dalla casa di mia suocera”. Felice, almeno una volta. Ora non più, non scendo sulla spiaggia, perché il mare è molto sporco, il sole lo prendo in terrazza. Se non provvederanno a pulire il mare, non verrò più”! È una minaccia o una promessa? Quel che dico sono abituata a farlo. Lo scriva pure, glielo ho pure detto a sua cugina Rosita, non farò venire i miei figli, non riesco a capire perchè nessuno si preoccupi del mare sporco, per noi è inconcepibile, al di là di ogni immaginazione”! Che briscola di rimprovero!

Meritato, però. La tua vita Muna, è facile? “Entusiasmante, ma non facile: adattarsi sempre a regole ed abitudini nuove, amicizie, scuole per i figli, ricominciare sempre. In Giappone, adesso, è un mondo diverso. È la vita!”. Torna, la mia parente Rosita, della quale, contrariamente a quanto si pensi, Muna dice un gran bene: forte, determinata, energica.  Vero, anche io la ricordo così, giovane di belle speranze. Ed il futuro di Muna e Stefano? “Non si può sapere. Si appartiene alla vita dei diplomatici di carriera. Un sogno potrebbe essere l’Argentina, ma chi lo può dire? Intanto si gode questi spiccioli di vacanza: da San Ferdinando a Tokyo, il passo non è breve.

È sicuramente, felice, come lei ed il vice ambasciatore di Tokyo, calabrese di San Ferdinando, orgoglio di mamma Rosita e papà Nandino. Auguri! (gc)

In copertina, foto del Fai – Fondo Ambiente Italiano

San Ferdinando si candida a “Comune Plastic Free 2024”

Il Comune di San Ferdinando si candida a Comune Plastic Free 2024, grazie al protocollo d’intesa sottoscritto con l’Associazione Ambientalista Plastic Free Odv Onlus.

Con la firma del protocollo d’intesa, Plastic Free si impegna a realizzare sul territorio una serie di iniziative a titolo gratuito, come, per esempio, appuntamenti di raccolta della plastica e rifiuti non pericolosi, lezioni di educazione ambientale nelle scuole, informazione e sensibilizzazione on-line e attraverso stand, passeggiate ecologiche e turistiche nel territorio, segnalazione di abbandono rifiuti in maniera abusiva. Per parte sua, il Comune si impegna a fornire semplificazioni burocratiche e alcuni servizi a supporto delle iniziative, come appunto la rimozione e smaltimento dei rifiuti recuperati.

Il protocollo d’intesa con Plastic Free, sottoscritta dal sindaco Luca Gaetano e la referente di zona, Serena Pensabene, dà, inoltre, l’opportunità di candidarsi a “Comune Plastic Free” per il 2024, concorrendo per l’aggiudicazione di un premio dedicato ai Comuni che si sono distinti adottando una serie di misure volte a migliorare il proprio territorio per il bene dell’ambiente e per il bene delle future generazioni. I criteri di valutazione si basano su 5 pilastri: lotta contro gli abbandoni illeciti, sensibilizzazione del territorio, collaborazione con Plastic Free, gestione dei rifiuti urbani e attività virtuose realizzate. 

«Sin dai primi contatti con il sindaco Luca Gaetano e i suoi colleghi amministratori  – ha detto Pensabene – mi sono resa conto della grinta e dell’attenzione non soltanto verso il territorio ma anche verso tutte le realtà che lo vivono giornalmente. Per questo abbiamo deciso di proporre subito il protocollo d’intesa, certi di poter continuare ad operare, per il bene del nostro meraviglioso territorio, con l’appoggio dell’amministrazione e di tutte le associazioni della zona che ogni giorno vi operano». (rrc) 

 

A San Ferdinando la Festa del Volontariato della Piana

Prende il via domani, a San Ferdinando, L’arte del Noi. Dire, fare, sentirsi comunità, la Festa del Volontariato della Piana in programma fino a sabato 22 luglio.

L’iniziativa è promossa e organizzata dal Centro Servizi per il Volontariato dei Due Mari – ETS di Reggio Calabria con il patrocinio e con la fattiva collaborazione dell’Amministrazione Comunale di San Ferdinando e con l’adesione delle associazioni Ados APS di Galatro, Agape ODV di Gioia Tauro, Aism sezione provinciale di Reggio Calabria Gruppo operativo Palmi-Polistena, Arci di San Pietro di Caridà, Auser ODV di Taurianova, Croce Rossa Italiana ODV Comitato di Gioia Tauro, Diabaino Vip ODV della Piana di Polistena, Il buon pastore ODV di Cittanova, Il Samaritano ODV di Polistena, Insieme noi con te ODV di Gioia Tauro, La fata turchina ODV di Taurianova, La fenice ODV di Polistena, Medmarte ODV di Rosarno, Omnia ODV di San Ferdinando, P.A. San Giorgio Soccorso ODV di San Giorgio Morgeto, P.A. San Pio ODV di Giffone, Santa Barbara ODV di San Ferdinando, Società Seminarese Storia Patria ODV di Seminara.

 «Una seconda edizione dell’Arte del Noi, che fa tappa a San Ferdinando – ha detto il presidente del Csv, Ignazio Giuseppe Bognoni – dopo l’esperienza entusiasmante vissuta nel 2022 a Polistena. Una festa che si candida a diventare un appuntamento ricorrente della Piana e della Città Metropolitana e che è pensata come tributo e contributo del volontariato all’idea di comunità».

Per il vicesindaco del Comune di San Ferdinando, Ferdinando Scarfò, un’occasione per celebrare il principio di sussidiarietà sancito nella nostra Costituzione e per alimentare quei legami e quelle relazioni indispensabili per il raggiungimento del bene comune. Relazioni e legami che, come afferma Nicoletta Rossi, del direttivo Csv, sono tra le priorità del Centro Servizi reggino, che da diversi anni ormai è impegnato in un intenso lavoro di facilitazione di sinergie tra le associazioni dei territori, in particolare in quello della Piana, ricco di fermenti e di operosità

Il direttore del Csv, Giuseppe Pericone, si sofferma sul motto della festa e mette in evidenza come durante le due serate i volontari delle associazioni coinvolte, in modo corale, animeranno la piazza che li ospiterà celebrando le parole, i gesti, i sentimenti che muovono e alimentano le comunità.

 Antonietta Nasso, volontaria dell’Associazione Il Samaritano di Polistena, ha ricordato l’esperienza coinvolgente della prima edizione dell’Arte del Noi passando simbolicamente il testimone alle associazioni di San Ferdinando, Omnia e Santa Barbara che – come affermano i presidenti Giuseppe Calì e Maria Campisi – sentono fortemente l’orgoglio e la responsabilità di accogliere nel loro comune volontari provenienti da tutta la Piana per testimoniare la bellezza e la gioia di spendersi per il proprio territorio.

Un programma ricco di attività e proposte molteplici e diversificate, quello dell’Arte del Noi 2023, declinato con registri e linguaggi alternativi e non convenzionali – dai laboratori di espressione corporea all’arte di strada, dal teatro narrazione ad attività creative e di cittadinanza attiva – in un susseguirsi di esperienze coinvolgenti, accessibili e aperte a tutti.

Si inizierà con l’arte del sorriso il venerdì intorno alle 19:30, con il raduno in piazza delle associazioni partecipanti e un laboratorio di yoga della risata, che farà da preludio alla festa e che sarà guidato dall’insegnante Anna Elisa Meliadò per offrire ai volontari, e a chiunque vorrà unirsi a loro, uno spazio di distensione emozionale e di attivazione energetica.

Alle 21:00 l’apertura ufficiale della manifestazione con i saluti istituzionali, durante i quali interverranno il Sindaco di San Ferdinando dott. Gianluca Gaetano e il Presidente del CSV dei Due Mari, Ignazio Giuseppe Bognoni.

A seguire, un breve momento scenico a cura delle associazioni svelerà le parole scelte dai volontari per declinare il concetto di comunità, parole che si trasformeranno poi in attività interattive a tema, che i volontari proporranno in piazza coinvolgendo i passanti nella costruzione partecipata di significati e di installazioni simboliche, mentre la serata si concluderà intorno alle 23:00 con una perfomance acrobatica dell’artista di strada Panca Slava che con il suo spettacolo Non mi rompete le bolle.

Animazione e coinvolgimento continueranno sabato sera, quando “L’Arte del Noi” troverà la sua massima espressione in un laboratorio creativo aperto che confluirà in un’opera collettiva diffusa, di decorAzione della piazza, a cura dei volontari e dei cittadini che vorranno unirsi a loro, sperimentando concretamente il potere di cambiamento che nasce dall’impegno e dalla partecipazione civica.

La festa si concluderà con lo spettacolo di teatro narrazione dal titolo Quindicimila, di e con Renata Falcone, frutto di un lungo e accurato lavoro di ricerca storico-artistica portato avanti dall’autrice e attrice sulla storia delle raccoglitrici di olive nella Piana e nella provincia di Reggio Calabria: lavoratrici, mamme, mogli, “massa d’urto” che si è dimostrata decisiva, anche per gli uomini, nelle lotte sindacali degli anni ’50. Un’opera teatrale che custodisce e restituisce al pubblico la preziosa memoria di storie spesso taciute o poco conosciute e che tuttavia fondano le radici e l’identità di un popolo, un racconto attraversato da storie di solidarietà, di lotte contro le ingiustizie e di comunità che nella coesione trovano le energie per generare cambiamenti sociali significativi. Una narrazione di cui fare tesoro oggi, alla luce delle diverse umanità che nella nostra terra e nel mondo versano in situazioni di sfruttamento e di violazione dei diritti umani fondamentali.

A far da cornice alle due serate la mostra fotografica dal titolo Scatti di Valore, che accoglie gli sguardi dei giovani sui valori del volontariato, risultato di un’attività di sensibilizzazione che il Csv promuove da dodici anni nelle scuole secondarie di secondo grado del territorio provinciale. (rrc)

Regione e Arpacal al fianco di San Ferdinando per garantire un’ottimale esperienza turistica

La Regione Calabria e Arpacal al fianco del Comune di San Ferdinando per garantire un’ottima esperienza turistica. Una iniziativa che ha raccolto il plauso dell’Amministrazione comunale, guidata da Gianluca Gaetano, soddisfatti che Regione e Arpacal ci «affianchi in questo duro lavoro».

«Non intendiamo produrci in j’accuse populisti che, se pur solleticano l’umore popolare, ben poco possono restituire i termini di risultati», ha detto l’Amministrazione comunale, ribadendo l’idea che «tutte le istituzioni debbano collaborare, ognuna per i propri profili di competenza, nella risoluzione di questa  complessa problematica e siamo felici che le garanzie di impegno da parte di Arpacal e Regione Calabria si siano trasformate in un concreto lavoro comune».

La Calabria è ricca di attrattive turistiche, di marcatori culturali, di beni paesaggistici e di notevoli risorse naturalistiche. Arte, gastronomia, natura, storia e ospitalità costituiscono un enorme vantaggio competitivo per rendere la nostra regione una destinazione attrattiva e un luogo ideale per trascorrere piacevoli periodi di vacanza o lavoro. Anche San Ferdinando è ricca di risorse turistiche e di paesaggistiche e per questo motivo l’amministrazione comunale è impegnata in una sfida per valorizzare le grandi potenzialità del luogo.

Tuttavia, come spesso accade nelle Regioni meno sviluppate dal punto di vista economico e urbanistico, sono necessari sforzi maggiori per raggiungere la normalità e offrire standard di vita ottimali a residenti e visitatori. Questo aspetto, che chiama responsabilmente tutte le istituzioni a un lavoro corale, si manifesta con tutta la sua carica negativa quando si tratta di temi ambientali.

 Anche San Ferdinando ha pagato il prezzo di politiche pubbliche non appropriate, di condotte irresponsabili e di speculazioni che ne hanno mortificato il glorioso passato turistico e talvolta la reputazione pubblica. Sono numerosi i fattori critici che arrecano danno all’ambiente, alla balneazione e alle esperienza dei turisti ma questo non deve far venire meno la spinta ad agire e la determinazione a recuperare la bellezza della natura e la gradevolezza del soggiorno.

Per questo motivo l’amministrazione comunale, fin da subito, si è attivata per promuovere processi virtuosi nel solco della già sperimentata sensibilità ambientalista dei cittadini e dell’attaccamento ai propri luoghi del cuore. Le condotte del passato non devono essere un alibi né motivo di rassegnazione, il compito della politica è di attuare iniziative concrete che guardino al futuro e puntino con chiarezza agli obiettivi di rinascita economica e di risanamento dei territori.

«Sul Mesima e sul Vena – è stato spiegato – sono stati eseguiti interventi di messa in sicurezza che presto daranno i loro frutti e la presenza odierna di Regione e Arpacal, che hanno garantito la loro presenza di sabato sotto un sole cocente, è un chiaro segno della premura con cui sono state accolte le legittime istanze del territorio e l’attenzione che ci è stata rivolta. La collaborazione tra istituzioni deve essere continua e puntare alla riduzione costante del danno fino alla risoluzione definitiva dei problemi».

L’amministrazione comunale ha espresso la sua gratitudine a tutti coloro che si sono impegnati e che continueranno questo lavoro collettivo, dal presidente Occhiuto che ha subito corrisposto le richieste della comunità, al generale Errigo e al professor Iannone, rispettivamente commissario e direttore scientifico di Arpacal, all’ingegnere Siviglia del Dipartimento Ambiente della Regione Calabria  e infine al WWF Vibo per gli ambiziosi progetti che sta realizzando alla foce del Mesima.

«Siamo confidenti – conclude la nota – che il prosieguo delle attività farà sentire le comunità locali protette e tutelate, la vigilanza andrà estesa e dovrà interessare i numerosi fattori che inducono alla preoccupazione: reti idriche, stazioni di sollevamento, infrastrutture di collettamento, ciclo della depurazione, autobotti, autospurgo e sversamenti illegali. No i siamo determinati e continueremo ad esserlo, non intendiamo arretrare e se non arriveranno subito risposte adeguate siamo pronti, carte alla mano, a promuovere ogni iniziativa – anche di natura legale e risarcitoria – a tutela dei diritti individuali e degli interessi diffusi. Infine ringraziamo i cittadini e gli operatori locali per la tenacia e la partecipazione, invitando tutti a tenere comportamenti responsabili e a rispettare l’ambiente partendo dai piccoli gesti, come quello di non abbandonare rifiuti e di avere cura delle spiagge e degli spazi comuni». (rrc)