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Don Leonardo, il prete buono di San Ferdinando che dice di non allontanare i migranti

Don Leonardo, il prete buono di San Ferdinando che dice di non allontanare i migranti

di GREGORIO CORIGLIANOLeonardo ha gli occhi tristi che, mentre parla, ti invitano a pensare alla sua terra, a sua madre, ai suoi fratelli, alla lontananza che lo separa da loro, ormai da anni.

È nigeriano, si chiama Leonard Owuamanam, un cognome impronunciabile dalle nostre parti, anche quando si presenta. Deve scriverlo su un foglietto perché io, ma anche gli altri, lo si possa capire. Era figlio di famiglia, viveva non lontano dalla capitale Abuja, a Sud Est, mi dice quando vado a trovarlo, in quella stessa sacrestia dove ho trascorso gli anni della mia fanciullezza e di parte della gioventù. Sacrestia? sì perchè don Leonard è il parroco di San Ferdinando, non un missionario di passaggio. Proprio il parroco dolce, affabile, sorridente e con gli occhi tristi che tutti vorremmo incontrare nel corso della vita.

«Perchè mi fai tutte queste domande? La mia vita interessa poco questa comunità, sono io che voglio e devo sapere di te e degli altri!».

«Don Leonard, voglio che la gente sappia chi è stato ed è il suo parroco!».

Un’intervista, dunque, me lo ricordo che una volta hai scritto del nostro Venerdì santo e mi hai chiamato Don Nigeria perché non riuscivi, come adesso, a pronunciare il mio cognome. «Va bene, mi hai convinto, cosa vuoi sapere?». Tutto quel che è giusto sapere, gli rispondo. E così facciamo un  «a tu per tu col parroco dalla pelle nera e dal sangue come il nostro».

Ha 47 anni, ha fatto da giovane l’agricoltore, come il resto della sua famiglia, il padre Charles e la madre Celine, sempre con quel cognome difficile da imparare. Lui è il quinto di nove figli, tre maschi e sei femmine, che vivono tutti in Nigeria, una nazione immensa, quattro volte l’Italia. 250 milioni di abitanti. La capitale è sconosciuta ai più, Abuja, ma la città più famosa che in molti conosciamo attraverso gli studi di geografia e di geopolitica, è Lagos. Una terra ricca di petrolio, ma anche di oro e diamanti. Alza gli occhi al cielo Leonard e sospira “mi manca tanto la mia terra”, a beneficio di quanti dicono di non avere radici e legami, di trovarsi bene qui o altrove. E mi manca soprattutto la mia mamma, a cui ho sempre voluto e voglio un gran bene, sono ormai anni che non la vedo, spero, appena sarà possibile di trascorrere qualche settimana al suo fianco.

Quando gli dico che nella parrocchia affidata alle sue cure, in anni ormai lontani, avevo fatto il chierichetto lui, prontamente: «è quello che ho fatto io, sempre vicino alla Chiesa. Delle religioni presenti in Nigeria, Leonardo aveva scelto il cristianesimo, col cattolicesimo ed il pentacostalismo, aggiunge.  Ci sono poi l’islam ed il traditional african religion.  Il modello di vita del nostro giovane aspirante sacerdote era don Nicholas, “mi aveva conquistato, si era preso il mio cuore». Si iscrive all’Università, aveva la predilezione per la chimica, anche se cominciava a sentire la vocazione, soprattutto quando, in Nigeria, aveva conosciuto i guanelliani, i seguaci di Don Luigi Guanella. Un presbitero italiano, fondatore delle congregazioni cattoliche dei servi della carità. Per le opere compiute nel mondo, don Guanella, fu fatto Santo da Papa Benedetto XVI° ventidue anni fa. Il proselitismo del futuro santo, era arrivato anche in Nigeria. Il nostro Leonard fu attratto da don Giancarlo Frigerio, responsabile delle vocazioni nella sua terra che lo ha ammesso alla Congregazione per iniziare il «percorso di discernimento».

Ha iniziato da giovane agricoltore, a 19 anni. E per tredici anni ha seguito, in piena vocazione, il percorso, con le attenzioni del Vescovo della sua città, Victor Chikwe, della Diocesi di Arbara. A scuola era sempre primo, sveglio, vivo, intelligente. «Perché sprechi la tua intelligenza in Seminario» gli chiese un giorno la sorella «Ho rispettato la tua scelta di sposarti, ti prego rispetta la mia», gli rispose. Parliamo, col cuore in mano, a tu per tu, per ore. È stato affascinante avere avuto il privilegio di poterlo ascoltare.

Leonrd Owuamanam è contrario al matrimonio dei preti, se si vuole diventare sacerdoti, dice, è una scelta di servizio. Prima di diventare sacerdote a 32 anni ha visitato il centro per handicappati di Don Guanella a Roma: non ha avuto più tentennamenti, se mai li avesse avuti. La prima esperienza a Kinshasa, capitale della Repubblica democratica del Congo, poi nel Ghana, in Africa occidentale, infine il ritorno nella sua terra. Nel 2017, ricorda giorno e mese, in Italia a Sondrio, come cappellano del centro per anziani. Un anno, e via a Messina e poi a Ferentino, vicino Frosinone, in piena era Covid. Il 19 febbraio dell’anno scorso a San Ferdinando. E se al Nord c’è evoluzione culturale, qui da voi, mi aggiunge dolcemente, c’è maggiore umanità. Mi trovo a dover corrispondere ad una nuova obbedienza: chino la testa, vado dovunque mi vien chiesto. «Se dovessi lasciare la tua terra, sappi che mi porterò dietro una prerogativa: la semplicità della tua gente a cui dico: aiutate i migranti della vostra tendopoli, non li allontanate». Siamo tutti figli di Dio. Grazie Leonard, grazie. (gc)