Cuzzupi (Ugl): Bene Piano di Semplificazione per la Scuola

La segretaria nazionale di Ugl Scuola, Ornella Cuzzupi, ha espresso soddisfazione per il Piano di semplificazione per la scuola, sottolineando come si tratti di «una progettualità strutturata e precisa tesa a un ridisegno complessivo dell’amministrazione scolastica e dei suoi aspetti relazionali con le famiglie».

«Il Piano presentato dal Ministro è un passo fondamentale, atteso da anni e da noi più volte auspicato, per la costruzione della scuola del domani», ha aggiunto Cuzzupi che, tuttavia, non nasconde alcune preoccupazioni.

«La scuola necessita di una semplificazione in tutti i suoi meandri – ha ricordato –. I vari rattoppi messi nel corso del tempo (secondo gli interessi di parte che, di volta in volta, hanno coinvolto il dicastero) hanno determinato un universo tanto articolato da rasentare spesso il ridicolo».

«Ora –  ha continuato – ci troviamo al cospetto di un’idea ben delineata che però, è inevitabile pensarlo, rischia di trovare diverse resistenze tese a difendere uno status quo fatto da interessi di parte e privilegi duri a morire. Le linee d’intervento individuate che vanno dall’aspetto organizzativo a quello procedurale sino alla semplificazione normativa e a una nuova interazione con le famiglie rappresentano un’innovazione di fondamentale importanza».

«Se a questo si aggiunge la realizzazione dell’idea “cattedre coperte sin dal primo giorno di scuola” e un prospetto di obiettivi strategici sui quali misurare concretamente le azioni messe in campo dai vari soggetti, allora saremo al cospetto di una vera e propria rivoluzione – ha proseguito –. E come ogni rinnovamento anche questo troverà ostilità dalle quali occorre difendersi con i mezzi della trasparenza, linearità e confronto».

Ed è a questo punto che il Segretario Nazionale Ugl Scuola si rivolge direttamente al ministro e all’Esecutivo tutto: «Adesso occorre quello che noi, nel corso degli anni, abbiamo sempre invocato: il coraggio di fare! Al professore Valditara, che ha l’enorme merito di aver posto le basi per una sostanziale ristrutturazione dell’istituzione scolastica, chiediamo di mantenere la barra dritta su tale orizzonte».

«All’Esecutivo, invece – ha concluso – spetterà il compito di costruire le premesse e le architetture necessarie affinché il progetto diventi realizzabile in tempi rapidi e con i necessari mezzi economici. L’idea di sciogliere definitivamente i lacci burocratici concentrandosi sulla missione educativa con la giusta valutazione del personale impegnato in questa missione è la stella polare di quel che dovrà essere l’officina del domani per il Paese: la scuola». (rcz)

CATANZARO – Al liceo “Fermi” la seconda tappa di “A scuola in sicurezza, per non morire di lavoro”

Si terrà presso l’Istituto tecnico commerciale “Enrico Fermi” di Catanzaro Lido la seconda tappa della campagna “A scuola in sicurezza, per non morire di lavoro” che è stata promossa dalla Uil Calabria e dalla Uil scuola Rua.

L’appuntamento dell’incontro, che segue quello di apertura svoltosi presso l’Istituto tecnico commerciale “Marconi” di Siderno che ha visto la partecipazione del segretario generale della Uil, Pierpaolo Bombardieri, è stato fissato alle ore 10.00 del 26 aprile per aprire una discussione con le studentesse e gli studenti dell’istituto superiore di Catanzaro Lido.

Al tavolo dei relatori, che saranno moderati da Anna Rita Mancuso, segretaria regionale della Uil Calabria, si siederanno il segretario generale della Uil Calabria, Santo Biondo, Marco Lupi, funzionari Salute e sicurezza della Uil, il dirigente scolastico dell’istituto “Fermi” di Catanzaro, Teresa Agosto e Luca Scrivano della Uil scuola Rua. (rcz)

Riapre l’Istituto comprensivo di Carolei e Dipignano

Mercoledì 12 aprile è stato inaugurato il nuovo edificio della scuola primaria di Laurignano. Un edificio scolastico completamente rimesso a nuovo, che gli ultimi lavori hanno reso più funzionale e soprattutto adeguato nel rispetto delle normative antisismiche, per garantire maggiore sicurezza a studenti, docenti e a tutti i fruitori della struttura.

La mattinata del 12 aprile è stata una giornata di festa per l’intero Comune, rappresentato dal sindaco Sorcale, dal vicesindaco Giannotta e dagli altri assessori e consiglieri presenti. Alla presenza di tutti gli alunni del plesso e di molte famiglie della frazione, le autorità presenti hanno proceduto al taglio del nastro per illustrare poi ai presenti l’interno dell’edificio e i lavori effettuati, mentre il parroco p. Giacinto ha proceduto alla benedizione dei locali. Soddisfazione è stata espressa dal dirigente scolastico dell’Istituto Comprensivo Carolei Dipignano “Rendano – Valentini”, Domenico De Luca, che ha ringraziato l’amministrazione, la ditta e le famiglie degli alunni, evidenziando l’importanza della presenza scolastica sul territorio. Sia il Sindaco che il Dirigente scolastico hanno sottolineato la necessità di rafforzare la sinergia tra Scuola e amministrazioni locali, che rappresentano presidi di legalità e di cultura.

Laurignano, popolosa frazione del Comune di Dipignano, possiede infatti un polo scolastico costituito dalle tre strutture limitrofe che ospitano la scuola dell’Infanzia, anch’essa oggetto di lavori ormai a buon punto, la scuola primaria appena riaperta e la scuola secondaria di primo grado, quest’ultima dotata di un auditorium che ospita eventi scolastici e culturali. L’evento è stata anche l’occasione per ricordare la figura di Paolo Aquino, aviere originario del luogo cui l’edificio era stato originariamente intitolato.

La scuola primaria era chiusa dal 24 febbraio 2022, giorno in cui una scossa di terremoto aveva consigliato ai tecnici di chiudere l’edificio per svolgere degli accertamenti sulla struttura. Il lockdown dovuto alla pandemia ha poi fatto il resto, ma con la ripresa dei lavori si è riusciti a concludere il tutto e a riconsegnare la struttura alla popolazione di Laurignano. (rcs)

Parte da Siderno il tour della Uil Calabria sulla sicurezza sul lavoro nel mondo della Scuola

di ARISTIDE BAVA – È iniziato da Siderno il tour promozionale della Uil calabrese per mettere a fuoco il problema della sicurezza nel mondo della scuola sotto lo slogan A scuola in sicurezza per non morire sul lavoro.

A questo primo incontro che ha avuto luogo presso l’Istituto Commerciale “Marconi” ha preso parte anche il segretario nazionale dell’importante sindacato, Pierpaolo Bombardieri che ha stimolato lo svolgimento dell’iniziativa nella “sua” Calabria. Forte il suo messaggio finale all’affollata platea di studenti: «Ragazzi, non arrendetevi mai, seguite sempre i vostri sogni, non piegate mai la testa, non abbandonate la scuola, non omologatevi mai agli altri e non abbiate paura di sentirvi  diversi».

Il noto sindacalista era accompagnato dal segretario regionale, Santo Biondo e dal segretario regionale della Uil Scuola Calabria, Andrea Codispoti. Il messaggio di Bombardieri è arrivato al termine dell’incontro che ha avuto proprio negli studenti i principali protagonisti anche perchè sono stati direttamente  chiamati a fare una serie di domande alle quali il segretario nazionale della Uil ha dato puntuali risposte.

Risposte che hanno riguardato anche importanti aspetti della vita sociale come il lavoro, l’occupazione, l’alternanza scuola-lavoro e la disciplina delle norme ad essa collegata, la legalità e la differenza tra nord e sud. Un incontro a tutto campo moderato da Manuela Tiberi, press officer presso la Uil romana, al seguito anche lei del segretario nazionale. I lavori sono stati aperti dal segretario regionale Santo Biondo che ha spiegato il perchè la Uil si è voluta impegnare, in Calabria, sulla tematica della sicurezza scolastica  evidenziando  la necessità di rompere il muro del silenzio che esiste nel nostro Paese dove ancora si contano circa 1000 morti all’anno sui posti di lavoro e ben 500.000 incidenti e ricordando che nella scuola almeno il 60% degli Istituti scolastici non è a norma e che buona parte di questi sono proprio in Calabria.

Quindi l’intervento della Direttrice scolastica del “Marconi”, Maria  Giuliana Fiaschè, che ha voluto evidenziare che la cosa più importante è “uscire” fuori dalla preoccupazione e cercare, invece, la soluzione dei problemi. Quindi è intervenuta Francesca Lopresti, assessore alla cultura del Comune di Siderno, che ha parlato della necessità di non accreditare  gli studenti come i protagonisti del futuro ma riconoscere che  il nostro oggi, per loro è già futuro.

È stato, poi, Andrea Codispoti a soffermarsi sulle scuole calabresi convinto che la sicurezza di questi luoghi  deve essere al centro dell’attenzione di chi ci amministra. Quindi, prima dell’intervento di Pierpaolo Bombardieri sono stati annunciati e trasmessi due video elaborati dalla Uil con protagonista Mr Job,  la mascotte ideata per accompagnare la campagna sindacale nei quattro incontri programmati in Calabria (dopo questo di Siderno, gli altri tre sono previsti per il 26 aprile all’ Itc “Fermi” di Catanzaro, il 24 maggio all’ Itc “Pertini-Santoni” di Crotone e il 25 maggio all’ Itc “Monaco” di Cosenza).

Poi il segretario nazionale della Uil si è sottoposto di buon grado alle domande degli studenti, stimolati anche da Manuela Tiberi, evitando, inizialmente, di entrare direttamente sulla delicata tematica e preferendo, invece, dare le sue risposte  alle domande individuali postegli da una ventina di studenti. Le sue risposte, ovviamente, sono state accompagnate dalle sue considerazioni che hanno spaziato in vari ambiti sociali.

Poi il suo messaggio finale, fortemente applaudito dagli studenti,  molti dei quali hanno voluto indossare la maglietta predisposta dalla Uil, per la campagna scolastica con la tradizionale foto di gruppo finale. Ovviamente  Pierpaolo Bombardieri, prima di prendere parte al programmato convegno sulla sicurezza, assediato da molti giornalisti, si è soffermato anche su quella che attualmente è la situazione del nostro Paese e, particolarmente della Calabria,  dove – ha precisato – uno degli aspetti più gravi è costituito dalla problematica sanitaria, «rispetto alle emergenze del Paese – ha detto – non ci sono da parte del Governo delle risposte neppure di fronte alle emergenze. I cittadini stanno pagando costi enormi a causa dell’inflazione e le risorse sono sempre di meno».

«Lo stesso cuneo fiscale è stato affrontato in maniera parziale e di detassazione, che sarebbe certamente necessaria per favorire assunzioni e investimenti, non se ne parla, malrado nostrte precise proposte. Anche per questo abbiamo preparato una mobilitazione in tutto il Paese che prenderà l’avvio il 6 maggio a Bologna, per poi passare il 13 a Milano e il 16 a Napoli. Il nostro obiettivo è quello di condizionare in qualche modo le scelte del Governo e far capire quelle che sono le reali necessità dei cittadini. Necessità – ha aggiunto – che in questa terra e nel Mezzogiorno sono particolarmente gravi».

Non sono mancate le domande sulla ventilata realizzazione del Ponte sullo Stretto «abbiamo sempre detto che siamo favorevoli ad ogni tipo di investimento – ha detto, a questo proposito, il segretario della Uil – ma nessuno può disconoscere che la realizzazione del  Ponte si deve legare anche alla creazione delle infrastrutture. Appena ieri sono sceso in Calabria in auto e sono stato costretto a fare molti tratti dell’autostrada, da Salerno a Reggio, a senso unico alternato. Su questo bisogna riflettere. Qui da noi, ma il discorso riguarda anche la Sicilia, mancano le strade a scorrimento veloce , manca la ferrovia con i doppi binari, e mancano anche i soldi perché siamo andati a leggere il testo unico del Decreto e ci siamo resi conto che le difficoltà sono molteplici. Sarebbe opportuno che venissero fatte  delle attente valutazioni».

A conclusione dell’incontro con gli studenti, a microfoni spenti, Pierpaolo Bombardieri, prima di lasciare l’ Istituto scolastico ha espresso il suo compiacimento per la riuscita di questa prima tappa del suo tour scolastico calabrese. 

«È stata una bella giornata – ha detto – e sono convinto che la nostra iniziativa è molto importante per dare spinta ad un necessario cambiamento della nostra società nel delicato settore della sicurezza. La scuola è il settore giusto per far capire che la sicurezza sul lavoro diventa pure  una questione culturale che riguarda anche la famiglia e gli stessi genitori dovrebbero  condividere, appunto, il valore della cultura e della sicurezza e, soprattutto della prevenzione. abbiamo già verificato in altre Regioni che la “risposta” è stata positiva  e sono convinto che anche in Calabria con il confronto e l’informazione si possono ottenere importanti risultati positivi». (ab)

DISPERSIONE SCOLASTICA: IN CALABRIA
E NEL MEZZOGIORNO DATI ALLARMANTI

di PIETRO MASSIMO BUSETTA – «La colpa è vostra perché non eleggete una buona classe politica». Questo è il mantra diffuso che tende a colpevolizzare il Sud ritenendolo  responsabile del proprio destino. E a prima vista l’interpretazione data sembrerebbe corretta. Ma quando escono fuori dati, come quelli pubblicati da Svimez nei giorni scorsi, allora ai ricercatori più attenti può venire qualche dubbio in più sulla spiegazione semplicistica che viene accettata da molti. 

Perché in qualunque percorso cognitivo bisogna sforzarsi di capire qual è il punto in cui nasce la sorgente per evitare di farsi ingannare dalle deviazioni del percorso che non fanno più capire le origini vere dei problemi. 

Il tema é di quelli già noti ma che ritornano periodicamente alla ribalta della conoscenza senza mai ipotesi risolutive vere. Trattasi  della missione principe di uno Stato che vuole svolgere il suo ruolo: quella della formazione della propria popolazione in maniera tale che i ragazzi diventino cittadini consapevoli. 

Nei dati del mancato ruolo svolto dallo Stato nei confronti del Mezzogiorno vi è tutta la spiegazione dello stato di arretratezza della realtà meridionale. La dispersione scolastica, l’assenza di una politica di unificazione sociale del Paese, rivela le ragioni della deriva esistente in moltissime realtà meridionali, nelle quali il voto diventa merce di scambio, oggetto di raccolta da parte di chi, acquisita  la tecnica, riesce a tenere in scacco una società per cui non vengono eletti i i migliori ma caste che tengono in oppressione una società che non riesce più a liberarsi di una classe dominante estrattiva. 

I dati sono drammatici: 83.000 i ragazzi che a fine anno scorso sono stati bocciati perché non hanno raggiunto il numero di frequenza minimo misurato dalle presenze. 

Problema che riguarda tutto il Mezzogiorno ma che si accentua nel napoletano. Si tratta di quella stessa pubblica istruzione che Zaia e Fontana, ma non solo, vorrebbero fosse gestita direttamente dall’istituzione regionale. 

Lascia gli studi un ragazzo su 6 al Sud e rappresenta il buco nero della scuola in un’Italia sempre più duale. Al Centro-Nord il tasso di abbandono è del 10,4%, nel Mezzogiorno del 16,6%. E a Napoli arriva a sfiorare il 23%. E la disparità riguarda tutti i servizi, dalle mense alle palestre, al tempo pieno. Già lo stesso Centro-Nord é messo male rispetto all’Europa, con un 10,4% rispetto al 9%. Ma il Sud, con il 16,6%, quasi  raddoppia la media dell’Europa. 

In realtà la formazione collettiva data dalla scuola organizzata dal Ministero della pubblica istruzione, che doveva unire il Paese, non é stata mai all’altezza di una realtà moderna e certamente ha presentato grandi disparità territoriali. Se sei nato nel Sud il tempo pieno è solo al 18 %, contro il 48 %del resto del Paese. Ma a Milano è all’80%, a Napoli solo al 20%. In Toscana l’85 % delle scuole ha una mensa e il 75% dispone di palestra; a Napoli ci si ritrova con l’80% delle scuole senza il tempo pieno e l’83% che non ha palestra. 

Come volete che poi questi ragazzi, abbandonati nel pomeriggio di ogni giorno nei cortili delle periferie, cresciuti in famiglia dove non  ha un lavoro degno di questo nome né padre né madre, possano crescere consapevoli di diritti e di doveri, senza cadere nel giro della criminalità organizzata? Come volete che non siano pronti a “regalare” il proprio voto alle cordate organizzate?

Alla fine della quinta elementare, grazie al tempo pieno, il bambino che ha la fortuna di nascere al Nord avrà 1.226 ore di formazione contro i mille di quello del Sud, e alla fine del ciclo, il ragazzino del Meridione è in credito di un intero anno in termini di formazione, doposcuola, educazione alimentare e allo sport.  

Parlare di attuazione prevista dalla modifica del titolo Quinto della Costituzione per attuare l’autonomia differenziata, quando essa è stata tradita nei suoi obiettivi primari, come il diritto alla pari istruzione, suona come una sfida ed anche se il PNRR dovesse dedicare importanti risorse per colmare i vari tradirebbe il suo scopo che é quello di mettere in condizione il Mezzogiorno di produrre e diventare la seconda locomotiva non di investire risorse per avere uguali diritti di cittadinanza. 

L’investimento per alunno del Pnrr sull’istruzione (esclusi gli asili nido) è stato pari a 903 euro nella provincia di Milano, dove il tempo pieno è assicurato al 75 % ai bambini della primaria, mentre è di 725 euro a Palermo, col tempo pieno solo al 10%. 

Il rischio è che con l’autonomia differenziata si adegui l’investimento della formazione alle possibilità economiche del territorio, con i risultati già consolidati, saltando a pie pari l’esigenza più importante del Mezzogiorno che é quella di avere cittadini formati e quindi consapevoli per poter scegliere una classe dirigente adeguata. In un meccanismo che va in loop e che prevede meno capitale umano formato e conseguentemente meno capacità di scelta di una vera classe dirigente, fondamentale per il cambiamento necessario e per eliminare una classe dominante estrattiva che non ha come obiettivo il bene comune ma quello delle proprie consorterie, dei propri clientes. 

Peraltro risolvere il problema non è così semplice, non basta costruire gli asili nido in realtà nelle quali la proporzione tra i nati e i morti e di uno a 10. E nelle quali il problema dei Comuni è, una volta costruiti gli asili nido, trovare le risorse per poterli fare funzionare. O avere fondi sufficienti per poter garantire la mensa ai ragazzi che usufruiscono del  tempo pieno, quando la maggior parte dei Comuni ha dichiarato il dissesto finanziario. 

La democrazia rappresentativa è un sistema che si regge sulla consapevolezza di chi sceglie i propri delegati alla gestione della cosa pubblica. Quando lo Stato non assicura la preparazione dei propri cittadini non avremo più una forma democratica ma il monopolio di gruppi organizzati. Il passo successivo per assicurare una vera democrazie è simile a quello che avviene quando i comuni vengono sciolti per la presenza nella istituzione di organizzazioni criminali. La controprova che siamo in queste condizioni e data da fenomeni incredibili che vedono i voti diventare patrimonio di alcuni gruppi che li gestiscono individuando di volta in volta un loro candidato, che aldilà di supposti meriti non necessari, viene eletto solo sulla base dell’appartenenza. (pmb)

[Courtesy Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia]

 

TORNANO LE PROVE INVALSI NELLE SCUOLE
E VIENE FUORI LA DISUGUAGLIANZA AL SUD

di GUIDO LEONECon il  mese di marzo sono  ritornati nella normalità  nelle scuole italiane i test Invalsi, croce e delizia degli studenti e non solo, che monitorano il livello di apprendimento di circa 2,6 milioni di studenti italiani. Le prove standardizzate  proseguiranno fino al 31 maggio interessando tutti gli ordini di scuola, dalla primaria, alle medie  di primo e secondo grado.

Va sottolineato che quest’anno lo svolgimento delle prove Invalsi costituisce requisito di ammissione all’esame di Stato conclusivo del primo e del secondo ciclo d’istruzione ma non incideranno sul voto. Un ritorno al passato, al periodo pre-pandemia, quando appunto Invalsi costituiva requisito di ammissione agli esami.

In questa prima fase, saranno impegnati quasi mezzo milione di studenti delle classi quinte della scuola superiore. In Calabria saranno circa 600. Per le classi campione le prove Invalsi 2023 di Italiano, Matematica e Inglese (lettura e ascolto) si sono svolte nei giorni scorsi 

Per le classi non campione, le medesime  prove sono previste fino al venerdì 31 marzo. La sessione suppletiva è fissata dal 22 maggio al 5 giugno. Poi, dal 3 al 28 aprile sarà il turno degli alunni di terza media sia di quelli impegnati con le classi campione e non, anche loro alla prese con prove al computer di italiano, matematica, inglese.

Infine a maggio dal 5 al 9 toccherà agli allievi di II e V primaria affrontare le prove cartacee di italiano, di lettura, e matematica e inglese.

Infine, chiuderà la II secondaria di secondo grado ( prova al computer –CTB) tra l’11 e il 31 maggio con i test di italiano e matematica. In Calabria il campione complessivo sarà rappresentato presumibiLmente da circa 3800 studenti della scuola primaria e secondaria di primo e secondo grado. 

Non c’è dubbio che la pandemia ha causato non pochi problemi alla scuola italiana, soprattutto per quegli alunni che, per via delle chiusure dovute al Covid 19, hanno dovuto affrontare lunghi periodi di DaD.

Le prove Invalsi continuano di anno in anno a restituire il volto di un Paese diviso in due con differenze territoriali in italiano e matematica sempre marcate. Anche gli esiti delle ultime prove 2022 hanno evidenziato che l’istruzione al Sud resta un’emergenza, con una situazione incredibile, diremmo quasi drammatica in particolare per la Calabria.

Dopo due anni di pandemia, ciò che maggiormente emerge, è un livello di apprendimento degli studenti italiani comunque stabile, ma non riesce a raggiungere gli standard pre-Covid.

Si allargano, invece, i divari territoriali, con il Nord e il Sud Italia che viaggiano a due velocità già a partire dalla scuola media, soprattutto in Calabria, Sicilia e Campania.

Per la scuola primaria, i risultati sono rimasti sostanzialmente invariati rispetto al 2019, ma con segnali di preoccupazione soprattutto per la matematica. Se in italiano l’80% degli studenti dell’ultimo anno raggiunge almeno il livello base, in matematica arriva al livello base solo il 66% degli allievi, con la Calabria, sotto la media nazionale.

I divari territoriali non migliorano e rimangono molto ampi anche nella scuola media di primo grado. In alcune regioni come Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna uno studente si due ottiene risultati molto bassi, insufficienti, in Italiano; percentuale che sale al 55-60% per la Matematica e scende al 35-40% per l’Inglese (reading).

Emergono forti evidenze di disuguaglianza educativa al Sud: le scuole riescono a fatica ad attenuare l’effetto delle differenze socio culturali del contesto famigliare e le disparità ci sono sia tra scuole che tra classi.

Per quanto riguarda le superiori l’anno scorso ,si sono registrati oltre 15 punti di distacco tra le regioni del Nord e alcune regioni del Sud. Gli allievi che non hanno raggiunto il livello base in Italiano hanno superato la soglia del 60% in Campania, Calabria e Sicilia. In Matematica chi è rimasto insufficiente alla fine delle superiori è arrivato  al 70% in Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna.

Una battuta, infine, sulla dispersione implicita  che misura la quota di studenti che termina il percorso scolastico senza avere acquisito le competenze fondamentali. Nel 2019 la dispersione scolastica implicita si attestava al 7,5% per salire al 9,8% nel 2021, molto probabilmente per via della sospensione delle lezioni in presenza.

L’anno scorso la tendenza si è fermata al 9,7%. In termini comparativi, il calo maggiore della dispersione si registra in Puglia e in Calabria con -3,8 punti percentuali. Tuttavia le differenze assolute a livello territoriale rimangono molto elevate. Per esempio Campania col 19,8% e Calabria, 18%.

Dunque, è una Italia che procede a due velocità e che speriamo gli esiti Invalsi 2023 smentiscano. Riemerge, però, in tutta la sua drammatica evidenza l’urgenza di rimettere al centro dell’attenzione politica e dei nostri governanti l’istruzione e la formazione come emergenza sociale per il Sud e la Calabria in particolare. C’è una questione meridionale all’interno del sistema scolastico nazionale che va attenzionata.

Sicuramente la crisi economica, che ha invaso gli ultimi lustri, e accentuata dalla emergenza pandemica, sta portando ancor più i nodi al pettine e dove la povertà è più densa lo scarso rendimento scolastico è più intenso, e non c’è bisogno di essere sociologi per affermarlo, mentre la riprova è data puntualmente ogni anno  dall’altro dato dell’Invalsi e cioè che al Sud ci sono pure differenze tra scuole e scuole, tra quelle delle zone residenziali e quelle altre delle periferia.

Stupisce, tuttavia, come l’opinione pubblica di fronte alla costante diseguaglianza così forte che si registra ogni anno non reagisca con il dovuto vigore e perché  la classe politica e amministratrice, ma anche il sistema scolastico calabrese non intraprenda azioni più significative che vadano nella direzione di colmarla.

Assumere allora il tema dell’elevamento del grado di istruzione  dei nostri giovani e dei nostri ragazzi credo che sia una questione che ha molto a che fare con i programmi di sviluppo di una  regione che vuole superare il proprio ritardo, che vuole fare i conti con le proprie risorse e che vuole mettersi alle spalle  la dimensione assistita dello sviluppo. Credo, quindi, che questa non possa che diventare una priorità fondamentale per la Regione Calabria e degli altri enti territoriali a cascata(gl)

Rai Calabria riapre le porte alle Scuole

“Protagonisti per un giorno”, ospiti della sede Rai della Calabria di Viale Marconi sono stati ieri gli alunni della Scuola Primaria Paritaria “Il Grillo Parlante” di Cosenza, accolti con grande entusiasmo dai referenti di sede Sara Dente e Giampiero Mazza.

Dopo una breve presentazione dei locali e degli studi, e dopo la consegna dei badge ad ognuno di loro, gli alunni della scuola “Il Grillo Parlante” sono stati accompagnati a visitare la regia e lo studio tv della Tgr.

A fare da padroni di casa e da guide del palazzo sono stati i tecnici della produzione Gianluca Fazio e Franco De Cario. I ragazzi hanno avuto così modo di conoscere tutta la fase della preparazione tecnica utile per la buona riuscita di un TG e di un Giornale Radio.

La visita è poi proseguita nei vari ambienti della Sede, soprattutto nelle salette di montaggio, nella regia del radiofonica e si è conclusa con il saluto e la consegna degli attestati d’onore da parte del direttore di sede Massimo Fedele e dal Caporedattore Pasqualino Pandullo.

Entusiasta il direttore di Sede Massimo fedele: «Gli alunni di V elementare presenti in visita presso la sede sono rimasti entusiasti, euforici e si sono divertiti tantissimo, curiosi e desiderosi di apprendere e conoscere tutto quello che circonda il mondo della comunicazione e della informazione, che è poi il lavoro che viene svolto giornalmente dalla sede Rai per la Calabria, impegnata da sempre su questi temi d’inclusione sociale e delle buone pratiche di governance. Mi auguro solo che queste visite possano proseguire in futuro, perché il contatto con il mondo della scuola avvicina sempre di più il mondo della comunicazione alla società civile e alle tradizioni millenarie di questa regione». (pn)

GIOVANI, LA SFIDUCIA RIPOSTA NEL FUTURO
LA CALABRIA È ANCORA UN PASSO INDIETRO

di FRANCESCO RAO – Non si può trascorrere tutta la vita girando intorno ai problemi. Non può nemmeno essere ammissibile la sfrenata voglia di giustificare tutto, per poi rimandare la soluzione delle annose questioni della Calabria a tempi migliori. Qualcuno, prima o poi, per far ripartire lo sviluppo, dovrà fermarsi e affrontare uno tra i più grandi problemi che affligge questa terra da sempre: mi riferisco alla sfiducia riposta nel futuro.

Questo limite, nel tempo, ha assunto una duplice funzione: da una parte è divenuto un concetto indivisibile dall’agire umano, divenendo molto spesso anche motivo di rinuncia per quanti hanno avuto a cuore l’avvio di un processo di innovazione in alcuni segmenti produttivi rimasti oggi misurabili con cifre da prefisso telefonico; dall’altra si è rivelato come quell’anello debole di un sistema con il quale è stata alimentata la (cattiva) reputazione della Calabria nel mondo. In questi giorni, a far saltare il banco, sono stati i due argomenti trattati dalla Comunità Europea: la rimodulazione della classe energetica delle abitazioni e la fine dell’utilizzo di benzina e gasolio per i mezzi di autotrazione.

Tutto ciò, con molta probabilità, diverrà oggetto di infinite e sfiancanti discussioni per alcune regioni e motivo di velocissima innovazione per altre. La Calabria, in questa delicatissima fase, tra quale delle due fazioni si collocherà? Per tanti la risposta potrebbe apparire scontata. Personalmente, da sempre, ho riposto particolare fiducia nelle sfide della vita. Anche le criticità più stringenti, all’interno del proprio nucleo, riservano straordinarie opportunità per quanti riescono a coglierle in tempo. In questa fase storica, per poter ricucire il nastro del tempo perduto con il tempo che dovremo vivere in futuro, è indispensabile cogliere il senso dell’opportunità senza consentire alla paura di vestire gli abiti del dubbio e cadere nuovamente prima nell’incertezza e poi in una nuova emigrazione di massa. Comprendo e faccio mio ogni timore insito nell’animo dei Calabresi in queste ore.

Queste “rivoluzioni”, deliberate nell’Aula del Parlamento Europeo e consegnate tramite le stringate notizie diffuse dai Media, fa tremare i polsi in modo molto serio soprattutto a quanti vivono con un reddito ben al di sotto della povertà assoluta. Apprendendo queste notizie, la mente va subito alla domanda in quanto il problema si pone nell’immediatezza e non per il futuro. Quindi, posso già immaginare l’insofferenza di tantissimi nostri conterranei mentre si domandano: dove prendo i soldi per mettere a norma la mia casa? Dove prendo i soldi per acquistare una macchina elettrica? Da notare, la coniugazione del verbo utilizzato nel formulare la domanda, non è al futuro ma è al presente.

Anche tale circostanza, nel tempo, ha influito notevolmente nel processo di pianificazione del futuro di tantissimi Calabresi. Si, nei nostri 404 Comuni, oltre alle persone, vivono i nostri dialetti, quotidianamente utilizzati per comunicare e per condividere una quotidianità narrata al passato, al presente ma non al futuro. Potrà apparire strano tutto ciò. In realtà, quando la mente non vede una prospettiva futura subentrano prima i limiti dell’incertezza e poi quelli della paura, bloccando l’impegno nell’affrontare la sfida e successivamente gli sforzi necessari per raggiungere la meta. Oggi, è in atto un profondo processo di riorganizzazione della società. Contrariamente alle precedenti Rivoluzioni industriali, realizzate e comunicate in lassi di tempo molto più ampi e metabolizzate gradualmente dalle persone, il cambiamento in atto sarà repentino. 

L’adeguamento alle nuove dinamiche socioeconomiche, le nuove professioni e la fine di quei lavori che hanno caratterizzato il passato, rischierà di dare vita a una marginalità sociale capace di minare dal basso la tenuta della Democrazia nel Paese. Contrariamente ad altri Stati europei ed alcune regioni italiane, impegnate sin dalla fine degli anni ’80 del Secolo scorso a promuovere sistemi produttivi capaci di interloquire con un sistema scolastico dalla visione duale, La Calabria è al passo con i tempi?

L’informatica e la robotica, la cybersecurity ed i processi di qualità in quale misura sono presenti nei nostri processi produttivi?  Molte regioni, oggi virtuose regioni, nel solco della loro innovazione hanno saputo guardare al futuro attraendo e conquistando i tantissimi neolaureati del Meridione, offrendo loro non solo un posto di lavoro ben retribuito ma soprattutto quella fiducia indispensabile per proseguire la ricerca per mantenere viva l’innovazione tecnologica. Tutto ciò, sia ben chiaro, non è avvenuto in tre giorni. Volendo essere buono si potrebbe parlare di circa quaranta anni.

Tempo trascorso da tantissimi Calabresi in buona parte a smaltire la sbornia del benessere economico, avviatosi nel Secondo dopoguerra e nel cercare di individuare tra i tanti politici, presenti sulla scena locale e regionale, chi tra loro, magari chiamato a battezzare qualcuno della rispettiva famiglia, potesse garantire un posto di lavoro nel pubblico impiego. Percorrendo questa strada, la nostra Calabria ha perso molti dei suoi figli.

Quanti hanno avuto il coraggio di rientrare dopo gli studi o di rimanere per investire, pur mettendo a disposizione il loro entusiasmo e un bagaglio culturale ammirevole, molto spesso hanno avuto spazi risicati e poche opportunità per poter dare seguito a quei processi innovativi che oggi sarebbero stati indispensabili per consentirci di avere un minore divario tecnologico e una maggiore opportunità operativa. I risultati brillanti, registrati oggi in Calabria, rappresentano in ampia percentuale la caparbietà di quanti hanno creduto nella bellezza dei loro sogni oppure nel consolidamento di una storia familiare molto solida.

Adesso, per salvare la Calabria da una nuova fase di emigrazione, è indispensabile ripartire dalla scuola, dalle università e dalla formazione professionale, considerando gli ITS per ciò che sono stati pensati all’atto dell’istituzione e cioè un modello formativo capace di offrire alle aziende quelle Risorse Umane chiamate ad interpretare e interagire con l’innovazione tecnologica per generare nuove opportunità, occupazione e sviluppo economico. In questa straordinaria sfida, dalla quale dipenderà anche il futuro demografico della Calabria, anche la politica regionale avrà un ruolo determinante. Perciò, bisognerà scegliere in fretta quale ruolo svolgere considerando che la nostra è una tra le regioni d’Italia e dell’intera Europa a possedere una notevole posizione di vantaggio, grazie al ruolo svolto dal Porto di Gioia Tauro e dalla Zes. Tutto ciò potrà consentirci di scrivere i prossimi cento anni di storia, ponendoci questa volta come il Nord di un Continente che è alla vigilia di una nuova fase storica e tale circostanza potrebbe divenire per l’Italia la creazione di nuove opportunità ai quali oggi è impensabile potersi rapportare. (fr)

Autonomia differenziata: i rischi per la scuola calabrese

di GUIDO LEONE – Il dibattito in corso sull’autonomia differenziata procede fra toni accesi e scontri politici. E affronta tutte le materie del progetto governativo, in particolare  l’attenzione si sofferma sull’istruzione. La scuola è stata una dei principali artefici dell’unità nazionale, della stessa nascita e consolidamento della comunità nazionale. E continua ad esercitare tale ruolo. E poi è lo strumento principe per formare il cittadino, per eliminare o ridurre le varie differenze esistenti tra i cittadini e tra i diversi territori in cui si articola il paese.

Invece, l’autonomia differenziata sancisce  gli squilibri che già esistono e li rende definitivi e insuperabili. Il gap di servizi  nella scuola, nella sanità, negli asili, in tanti servizi del welfare, nelle risorse di sostegno all’apparato produttivo, etc., diventerà “legittimo”, un privilegio etnico- territoriale immodificabile. Insomma ,chi, all’interno della stessa nazione, abita in territori particolari e benestanti ha più diritti di chi invece ha avuto la ventura di abitare in territori disgraziati. La nazione diventa così matrigna per alcuni cittadini e per alcune aree che hanno la colpa di essere cresciute meno di altre.

Per esempio, se teniamo conto che il gettito fiscale del Veneto è il doppio del gettito fiscale della Calabria ci rendiamo conto che una scuola o un ospedale del Veneto riceverebbe un finanziamento doppio a quello della Calabria, con la conseguenza di una compressione violenta dei diritti primari, costituzionalmente garantiti (diritto all’istruzione, diritto alla salute, ecc.) dei cittadini calabresi.

È fondata, perciò, la preoccupazione che una deriva regionalistica del sistema di istruzione possa accentuare gli squilibri già oggi esistenti fra le diverse aree territoriali del Paese, con esiti ancor più penalizzanti per quelle economicamente e socialmente più in sofferenza come la Calabria nei suoi vari servizi alla persona.

Quali gli effetti di una simile manovra sulla scuola.

Non avremmo più un unico sistema nazionale di istruzione ma tanti sistemi regionali quante sono le Regioni con autonomia differenziata.

I soldi di cui ogni amministrazione scolastica potrà disporre verrebbero determinati in rapporto al reddito pro capite della regione di appartenenza  a tutto vantaggio delle Regioni del Nord che godono mediamente di una ricchezza doppia rispetto alle regioni meridionali come doppio è mediamente il PIL, tra il Nord e il  Sud .

Il Ministero dell’Istruzione verrebbe svuotato e depotenziato delle sue principali funzioni e dei suoi apparati direzionali e ispettivi, senza più un unico centro di programmazione e indirizzo nazionale per le riforme;senza  più un coordinamento centrale dei processi di cambiamento e  un controllo ispettivo centrale della gestione educativa.

Con l’istruzione regionale sarebbe negato l’esercizio del diritto allo studio in maniera uguale su tutto il territorio nazionale e si realizzerebbe un doppio regime fra quello nazionale e quello regionale.

Le scuole si differenzierebbero sempre più radicalmente, il divario Sud-Nord non potrebbe che aumentare, la diffusione uniforme di scuole dell’infanzia e tempo pieno sarebbe definitivamente negata, il valore legale del titolo di studio sarebbe compromesso e le regioni potrebbero decidere autonomamente su programmi, strumenti e risorse.

Proprio il contrario della direzione verso cui tende il PNRR che investe il 40% delle risorse nel sud del Paese finalizzato al superamento delle disparità e degli squilibri ancora persistenti tra le varie regioni.

Per queste ragioni il progetto governativo di autonomia differenziata va contrastato e sconfitto con la più ampia partecipazione possibile.

L’istruzione deve rimanere statale e nazionale con pari livelli delle prestazioni, senza condizionamenti di natura politica e quindi fuori da qualunque percorso di autonomia differenziata.

La nostra comunità non può tollerare che un diritto fondamentale come quello dell’istruzione possa essere esposto a forme di razzismo territoriale .

Il mondo della scuola, docenti,studenti,personale scolastico tutto, più esposto a questi processi pseudo riformatori che minano l’unità culturale della nazione devono reagire e insieme a difendere l’autonomia delle loro scuole e a salvaguardarne i valori di democrazia e solidarietà, sotto l’egida della Costituzione.  (gl)

(Già Dirigente tecnico USR Calabria)

SCUOLA, PRIMA VITTIMA DELL’AUTONOMIA
SE PASSA IL PROVVEDIMENTO APPROVATO

di PIETRO MASSIMO BUSETTAGiù le mani dalla scuola si potrebbe dire. Uno dei settori oggetto di interesse in cui le Regioni che hanno chiesto l’autonomia differenziata vogliono entrare è quello della formazione e della scuola. Ed è proprio uno di quei settori che registra maggiore opposizione da parte di coloro che sono contrari all’autonomia.

Riuscire a far diventare la scuola regionale è un obiettivo che se realizzato farà diventare reale l’accusa che l’autonomia differenziata si può definire come “spaccaitalia”. 

Avere possibilità di intervenire sui programmi scolastici, sull’assunzione dei docenti, sull’organizzazione complessiva della scuola, sulle materie da insegnare, (niente vieterebbe di inserire come materiale di insegnamento lo studio del dialetto, cosa che potrebbe anche essere opportuna se non diventasse un modo per discriminare coloro che non lo conoscono) è un modo per far diventare le Regioni degli Stati.

È noto che la scuola è la materia più delicata che uno Stato deve  gestire. Da lì passa la formazione dei nuovi cittadini. E l’unificazione sociale di un paese passa da una scuola uniforme. La possibilità di creare buoni cittadini, consapevoli delle scelte che faranno anche nelle cabine elettorali, dipende molto dalla formazione della scuola.

E più le realtà sono deboli e fragili più la scuola diventa importante. Quando si accusa il Mezzogiorno di non avere classe dirigente e successivamente l’elettorato  attivo di non scegliere dei rappresentanti adeguati, colpevolizzando la popolazione, non si mette in evidenza come la responsabilità di tali carenze sia dello Stato centrale.

Perché se non combatti la dispersione scolastica, consentendo a molti di rimanere analfabeti, se non non adotti il tempo pieno in modo da far si che i ragazzi possano stare praticamente tutto il giorno a scuola ed essere guidati nel loro processo formativo, se non cominci a far socializzare i bambini dall’asilo e li lasci a casa in famiglie più o meno adeguate, dove magari la donna non lavora perché le possibilità di inserimento sono molto contenute, allora la cosa più facile è che escano dei cittadini dalla scuola assolutamente incapaci di essere soggetti di una  democrazia evoluta. 

E poiché in genere le carenze si sommano nelle realtà meridionali, per cui si inizia col non avere l’asilo nido per l’infanzia, si continua poi con la mancanza di tempo pieno a scuola, con la perdita di numerosi ragazzi che abbandonano per lavorare e continui poi con una madre casalinga e un padre disoccupato, allora il risultato ovviamente non potrà essere un cittadino consapevole. 

Se le risorse che oggi sono state destinate alla scuola sono ancora insufficienti visto che a parte la fatiscenza di molti edifici scolastici poi in realtà molti servizi che la scuola potrebbe e dovrebbe dare non vi sono, per cui vi é già una differenza tra le aree del Paese, un ulteriore impoverimento di risorse per il Sud, conseguenza dell’autonomia, non potrà che peggiorare la situazione, imbarbarendo ulteriormente le realtà più periferiche, come quelle del Sud. 

E pensiamo poi ai contenuti scolastici e a come anche l’ insegnamento della storia può essere dipendente dalla posizione politica di ciascuna regione, per cui il periodo fascista, se il governo regionale è di destra, potrebbe essere valutato in un certo modo, mentre  la Resistenza in un altro o al contrario se il governo regionale é di sinistra può influenzare le materie da studiare e i programmi e i temi da approfondire indirizzandoli in un modo o in un altro.

Così come a livello territoriale le esperienze  storiche di ciascun regione possono essere valutate in modo diverso. Pensate al l’insegnamento della storia  che affronta argomenti come il brigantaggio. Già adesso esistono rispetto alla scuola cittadini di serie A e di serie B. È facile immaginare cosa diventerebbe l’insegnamento scolastico regionalizzato. 

 Tutto il contrario di quello di cui ha bisogno l’Italia. Docenti con remunerazioni differenziate, al di là delle difficoltà relative alla loro mobilità all’interno delle varie regioni, ripeterebbero la grande inefficienza che si è vista nel periodo del covid per la sanità.

 Ma forse è proprio questo quello che i leghisti vogliono. E forse proprio per questo le voci contrarie all’autonomia differenziata diventano sempre più consistenti e molte professionalità si stanno pronunciando contro in modo determinato. Dopo la ritirata rispetto all’argomento di Bonaccini e di Fassino a sostenere questa esigenza è rimasta solo la Lega per cercare di recuperare quel consenso che ormai anche nelle regioni dove è nata sta perdendo. Mentre gli alleati di Governo si mostrano molto tiepidi rispetto alle esigenze leghiste. 

La pericolosità di tale riforma è  fra l’altro dovuta ad una costruzione che prevede di non poter intervenire praticamente in alcun modo se non dando il proprio assenso o il proprio rifiuto in maniera globale. Per cui la cosa più facile é che le maggioranze di governo si ricompattino anche in Parlamento. 

Il nostro ordinamento addirittura prevede due Camere, il bicameralismo perfetto,  in modo tale da evitare errori troppo grossolani. In questo caso invece vi è una approvazione per adesione quasi a scatola chiusa. In un momento in cui l’Europa finanzia  progetti tipo Erasmus per farsi che si formino i nuovi europei noi andiamo nel senso opposto per inculcare nei nostri ragazzi un’identità, che avevano ormai perso, relativa all’essere veneti o siciliani. 

 La leva obbligatoria per molti anni aveva consentito un mescolamento  delle identità, per evitare che ci fossero troppe differenze nelle nuove generazioni. Adesso si vuole fare il percorso inverso, grazie ad una visione gretta ed assolutamente provinciale. 

Assisteremo a cartelli del tipo “non si vogliono insegnanti meridionali” come abbiamo visto annunci per anni con su scritto “non si affittano case a meridionali”? E si richiederà la conoscenza del dialetto veneto a chi vorrà insegnare a Treviso? Finiremo col non  mettere più nei programmi di letteratura Pirandello o Sciascia perché rispettivamente agrigentino o racalmutese? 

Gli scenari che si aprono sono talmente preoccupanti che forse rallentare questo processo, al di là delle accelerazioni un po subdole del ministro Calderoli, può essere l’unico sistema perché questo innamoramento folle di un percorso veloce, che non potrà che portare a un ulteriore confusione e difficoltà nel Paese, possa essere stoppato. (pmb)

[Courtesy Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia]