L’Assemblea Stretto di Messina approva il bilancio

L’assemblea ordinaria della società Stretto di Messina Spa, guidata da Giuseppe Recchi, ha approvato il Bilancio d’esercizio 2024 che si chiude con un utile di oltre 12 milioni.

All’Assemblea degli Azionisti ha fatto seguito il Consiglio di Amministrazione che ha preso atto della relazione dell’Amministratore delegato, Pietro Ciucci, sui principali risultati conseguiti dal progetto, sullo stato di avanzamento e sulle prossime tappe.

In particolare, tra i principali capisaldi del 2024 e dei primi mesi del 2025, sono stati richiamati i seguenti passaggi: l’approvazione dell’aggiornamento del Progetto Definitivo del 2011; la conferma da parte del Consiglio Europeo dell’inserimento del ponte sullo Stretto di Messina nel corridoio ‘Scandinavo-Mediterraneo’; il cofinanziamento della Commissione Europea per la progettazione ferroviaria; la copertura integrale del costo dell’Opera pari a 13,5 miliardi con la Finanziaria 2025; il parere favorevole della Commissione di Valutazione di impatto ambientale; l’approvazione da parte del Consiglio dei Ministri del cosiddetto “report Iropi”, ovvero “motivazioni imperative di rilevante interesse pubblico”, che consente di perfezionare le previste comunicazioni alla Commissione Europea per il completamento della Valutazione di Incidenza Ambientale.

A questo dovrà seguire l’esame del progetto definitivo e del piano economico finanziario da parte del Cipess. Dopo l’approvazione del Cipess saranno avviati i primi lavori e la progettazione esecutiva dell’intera opera. (rrm)

Società dello Stretto: Comitato Scientifico ha ribadito ok a fattibilità tecnica del Ponte

La Stretto di Messina Spa ha ribadito come «il Comitato  Scientifico, nell’ambito delle periodiche riunioni, ha riaffermato la fattibilità tecnica del ponte sullo Stretto di Messina».

«L’Organo – spiega la nota della Società – previsto dalla legge per compiti di consulenza tecnica e composto da nove esperti nelle discipline legate alla realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina (Geologia, Geotecnica, Ingegneria Civile e Ambientale, Ingegneria del Vento, Scienza delle Costruzioni, Ingegneria Strutturale), alla luce di alcune osservazioni sul progetto definitivo emerse di recente, ha riaffermato all’unanimità il parere favorevole, rilasciato a gennaio 2024».

«Ha, inoltre – continua la Stretto di Messina – ribadito che le 68 osservazioni, che in parte riprendono quelle del precedente Comitato Scientifico, non sono in contraddizione con il parere favorevole, ma riguardano aspetti da approfondire in sede di progettazione esecutiva e non inficiano la fattibilità tecnica dell’Opera».

«Il ponte, hanno chiosato i nove esperti – conclude la nota – è uno dei progetti più studiati al mondo con un patrimonio di dati formidabile».

Il Comitato Scientifico

Il Comitato Scientifico è un organo previsto dalla Legge 1158/1971 composto da nove esperti nominati dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti d’intesa con la Regione Calabria e la Regione Siciliana. Svolge compiti di consulenza tecnica, rendendo in particolare i propri pareri al Consiglio di Amministrazione della Società in ordine al progetto definitivo ed esecutivo dell’opera e delle varianti.

È così composto: Prof. geol. Alberto Prestininzi, con funzioni di Coordinatore (già Ordinario di Analisi del Rischio presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università Telematica e-Campus; già Ordinario di Rischi Geologici presso l’Università La Sapienza di Roma); prof. ing. Claudio Borri, già Ordinario di Scienza delle Costruzioni presso il Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale dell’Università di Firenze; Presidente dell’Associazione Internazionale di Ingegneria del Vento (IAWE); già Direttore del “Centro Interuniversitario di Aerodinamica delle Costruzioni e Ingegneria del Vento” dell’Università di Firenze; prof. ing. Mauro Dolce, già Ordinario di Tecnica delle Costruzioni presso l’Università Federico II di Napoli; prof. ing. Alessio Ferrari, ordinario di Ingegneria Geotecnica presso l’Università di Palermo; prof. ing. Paolo Fuschi, ordinario di Scienza delle Costruzioni presso l’Università di Reggio Calabria; prof.ssa ing. Sara Muggiasca, professoressa Associata presso il Dipartimento di Meccanica e Direttrice della Galleria del Vento del Politecnico di Milano; prof. arch. Francesco Karrer, già Ordinario di Urbanistica presso l’Università La Sapienza di Roma, l’Università di Reggio Calabria, l’Università di Pescara; prof. ing. Andreas Taras, ordinario di Ingegneria Strutturale – Strutture in acciaio e miste presso l’Istituto di Ingegneria Strutturale del Politecnico Federale (ETH) di Zurigo e Direttore d’Istituto; prof. ing. Giuseppe Muscolino, già Ordinario di Scienza delle Costruzioni dell’Università di Messina. (rrm)

PONTE SULLO STRETTO, ULTIMA CHIAMATA
SERVE ALL’EUROPA, SI USINO LE RISORSE UE

di PIETRO MASSIMO BUSETTA – La legge di bilancio per il 2025 prevede anche uno stanziamento da 1,5 miliardi di euro in più per il Ponte sullo Stretto. Lo prevede un emendamento della Lega. Così, i fondi complessivi per l’opera superano i 13 miliardi di euro, di cui quasi la metà a carico delle Regioni.

Qualcuno evidentemente si è convinto che il costo del Ponte sullo Stretto di Messina debba essere a carico dei siciliani e dei calabresi. Come fosse una passerella per far incontrare più facilmente il ragazzo di Messina con la sua amata di Reggio Calabria. E non il completamento del collegamento tra Singapore/Hong Kong e Berlino, e un modo per evitare che le maxi-porta containers attraversino tutto il Mediterraneo, escano dallo stretto di Gibilterra, costeggino Spagna, Portogallo, attraversino la Manica, lo stretto di Calais per arrivare a Rotterdam. Con conseguente immaginabile emissione di CO2.

Se la visione è la seconda allora non solo non deve essere finanziato dalla Sicilia e dalla Calabria, ma nemmeno dall’Italia, perché è una infrastruttura che serve all’Europa, in particolare in un momento in cui si guarda sempre di più al Mediterraneo, considerate le problematiche sempre più complesse che attengono ai rapporti tra Unione Europea e Federazione Russa.    

Ma, riprendendo quello che diceva don Rodrigo sull’unione tra Renzo e Lucia (“Questo matrimonio non s’ha da fare“), siamo profondamente convinti che “questo ponte s’ha da fare”.

È in un momento così complicato (ma ce ne sono di semplici?), che si possa attingere al Fondo di Sviluppo e Coesione, e quindi alle risorse messe a disposizione dall’Unione Europea, non dimentichiamolo purché siano aggiuntive a quelle ordinarie e servano ad eliminare o diminuire le distanze economiche e sociali rispetto al resto del Paese, può anche essere opportuno.

Senza considerare il fatto che impegnare il Fondo di Sviluppo e Coesione in un modo così virtuoso ed evitare che si sprechi per alimentare il consenso della classe dominante estrattiva o peggio che vada perduto per incapacità di spesa può essere un esercizio virtuoso.

Ma deve essere chiaro a tutti, Unione Europea compresa, che un tale costo deve essere affrontato con la fiscalità generale, come avvenuto con il Mose di Venezia e continua ad avvenire con la TAV. Come si è proceduto con l’alta velocità ferroviaria, prevalentemente realizzata nel Centro Nord e con il costo delle autostrade.

Infrastrutturare un territorio, dotandolo di porti, aeroporti, linee ferroviarie, collegamenti autostradali, fa parte di un progetto che deve essere affrontato con le risorse ordinarie. Per il Sud invece pare che questa regola non valga, visto che tutte le strutture aeroportuali e anche parte delle autostrade sono state realizzate con i fondi “aggiuntivi“europei.

Adesso si vuole finanziare anche il ponte sullo stretto con le risorse aggiuntive? In un momento particolare, come quello che attraversiamo e visto che il CiPESS potrà approvare il progetto soltanto se vi è certezza di finanziamento, forse il passaggio che si è effettuato può anche essere opportuno. Ma con la riserva che tali risorse vanno restituite al Mezzogiorno, perché possano servire per gli obiettivi per i quali sono stati dati: cioè di costituire fondi aggiuntivi per lo sviluppo di tali territori.

Certo, forse qualche sforzo in più si poteva fare per inserire alcune opere accessorie o compensative, che potevano essere completate entro il 2026 nel PNRR, per il quale non si raggiungerà quasi certamente quel 40% stabilito che, con un colpo di mano rispetto all’oltre 50% che sarebbe toccato se si fosse utilizzato l’algoritmo individuato dall’Unione Europea per distribuire le risorse ai vari Paesi, e che il Governo Draghi ha individuato per l’attribuzione al Sud.

Ma inutile piangere sul latte versato, adesso quello che va richiesto è che le risorse utilizzate del Fondo Sviluppo e Coesione siano restituite al Mezzogiorno, sia se si troveranno investitori aggiuntivi, privati o pubblici, sia che invece rimanga tutto a carico dello Stato italiano.

E la richiesta che va fatta forte e chiara è che si inquadri il collegamento stabile come il passaggio di 3 km di mare inserito nella logica di un collegamento tra Augusta e Berlino con l’alta capacità ferroviaria, che metta in condizioni l’Italia  di attrarre i grandi traffici provenienti dall’Estremo  e Medio Oriente e dall’Africa e farli sbarcare nei porti di Augusta e di Gioia Tauro, superando il monopolio per anni consentito a Genova e Trieste, che devono farsene una ragione del fatto che sono sotto le Alpi e non in mezzo al Mediterraneo.

Che hanno retroporti molto contenuti in termini di spazi. Tale approccio potrebbe soprattutto fornire un’alternativa interessante agli armatori che gestiscono i traffici internazionali.

Per tale obiettivo è necessario però che si realizzi l’alta velocità ferroviaria nei tempi previsti, finanziando l’adeguatamente di tutta la rete ferroviaria, obiettivo che nell’ultimo periodo sembra slittare nel tempo.

Così come è necessario che si realizzino gli investimenti opportuni su Gioia Tauro ed Augusta, in modo da cominciare a testare il sistema complesso necessario  ed attrarre i traffici, che non saranno facilmente ceduti da Rotterdam, che ormai ha raggiunto la quasi perfezione nella sua attività.

Avendo presente che mentre noi rinviamo i nostri investimenti, gli altri competitor, come ad esempio Tanger Med, lavorano intensamente per fare quello che noi rinviamo nel tempo, illusi che quando vorremmo farlo ci saranno le condizioni necessarie.

Tranne che i rinvii e le meline non siano funzionali a lasciare la situazione quale è adesso, nella paura di perdere posizioni acquisite da parte di qualche altra area interessata.

“A  pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca” diceva Andreotti e certo, nel passato l’emarginazione dei porti di tutto il Mezzogiorno ha avuto il retro pensiero di rendere centrali quelli di Trieste e Genova, ma in realtà favorito solo Rotterdam.

Oggi il principale assertore della necessità del Ponte sullo Stretto, Matteo Salvini, è in difficoltà sia per fatti interni alla Lega che per fatti esterni, dovuti al processo di Palermo. Per questo è ancor più necessario il monitoraggio della situazione per evitare che vi siano passi falsi che ritardino tutto il percorso.

In tale logica va bene che le risorse attinte siano provenienti dal  Fondo Sviluppo e Coesione, ma a patto che sia un prestito da restituire totalmente e  in tempi brevi. Altrimenti si darà ragione a coloro che sostengono che il ponte è solo uno specchietto, che probabilmente mai si realizzerà, e che assorbirà talmente tante risorse da sottrarle a tutta una serie di esigenze che continuano ad esserci e che sono sempre più pressanti. (pmb)

(Courtesy Il Quotidiano del Sud/L’Altravoce dell’Italia)

 

IMPRESA QUASI COMPIUTA SULLO STRETTO
JAAN-ULISSE: UN EROE DEL NOSTRO TEMPO

di PINO NANO – «Sono super contento, anche se sono un po’ stanco. Ho avuto qualche problemino, ma c’era molto vento, però sono veramente felice di aver fatto la storia ed esser diventato il primo uomo a camminare sullo Stretto».

Per Jaan Roose è il giorno del trionfo. È vero, la sua sfida del secolo si è conclusa in maniera imprevista. A soli 80 metri dal traguardo finale i venti dello Stretto di Messina gli hanno giocato un brutto scherzo, praticamente lo hanno disarcionato dalla sua fettuccia d’acciaio dove questo giovane atleta estone, genio e sregolatezza insieme, alle nove di ieri mattina si era appeso per attraversare lo Stretto di Messina.

Tre chilometri di passeggiata sul vuoto, un salto nell’immensità di questo specchio d’acqua unico al mondo, dal colore azzurro pieno, almeno ieri, quasi un aquilone sul mare, con le navi traghetto che gli passavano di sotto, migliaia di appassionati incollati agli schermi di TGCom24 (e di Canale 20 di Mediaset) per una diretta che ha già fatto il giro del mondo.

Tre chilometri da percorrere, e sta qui l’eccezionalità di questa impresa che comunque rimarrà negli annali della storia dello Stretto di Messina, da percorrere questa volta su un filo di resina speciale io teso tra i vecchi piloni di Santa Trada da una parte e Torre Faro dall’altra, simboli ormai di un’ era quasi preistorica.

Mai visto uno Stretto di Messina così magico e così bello, dall’alto, per come l’ho visto ieri in televisione, guardando dall’inizio fino alla fine la corsa nel vuoto di Jaan Roose, seguito centimetro dopo centimetro dai droni della sua organizzazione che ci hanno dato, riprendendolo alle prese con il suo filo di resina teso tra le sue sponde, l’idea di cosa possa essere un angelo che vola sul mare. Non un qualsiasi funambolo, ma davvero un angelo. Certo, la RedBull, che ha sponsorizzato la corsa di Jaan Roose sullo Stretto non poteva proporci un’icona più suggestiva di questa.

Jaan Roose, dunque, “l’eroe dello Stretto”: è un grandissimo atleta sportivo che ha mancato, e solo per pochissimo, il traguardo finale della sua impresa più folle e più pazzesca di tutte. Doveva essere “La sfida del secolo”, ma tale è stata. Semmai Jaan Roose rimane un grande ginnasta estone, che dopo tre ore di passeggiata estenuante su un filo di resina, a oltre 200 metri di altezza sul mare, ha perso la concentrazione necessaria per arrivare fino alla fine della corda. Ma tutto questo, va ricordato, dopo aver già conquistato il suo primo vero obiettivo, che era quello del guinness dei primati per il percorso più lungo mai tentato prima d’ora su un filo di acciaio sospeso per aria. Altro che trionfo per lui! E non solo per lui.

Mi piace dirlo, ieri è stato il grande trionfo dello Stretto, che è stato visto in ogni parte del mondo, e che continuerà ad essere visto conosciuto e amato per la bellezza superlativa delle immagini trasmesse dalla diretta di Mediaset e TGCom 24 in ogni angolo del pianeta.

Chi non sapeva cosa fosse lo Stretto di Messina, da oggi ne ha invece la prova provata di quanto sia avvincente e affascinante questo specchio di Mediterraneo, «uno dei posti davvero più belli del mondo» – ripete da anni lo scrittore calabrese Mimmo Nunnari nelle sue perle dedicata al mare Nostrum – e visto dall’alto, con gli occhi di Jaan Roose è ancora più bello.

Ma a capirlo meglio di chiunque altro è stata Giusy Caminiti, giovane e brillantissima sindaca di Villa San Giovanni, che nel pomeriggio dell’altro ieri, quindi alla vigilia di questa impresa, ha incontrato ufficialmente Jaan Roose e ai piedi del pilone di Cannitello gli ha consegnato il gonfalone del suo comune, come dire, «portala con te lassù in alto perché tutti possano capire chi siamo e come cittadini di Villa San Giovani cosa abbiamo da offrire al mondo».

Sindaci moderni, donne protagoniste, visionarie e concrete, donne-sindaco che sanno ben raccontare la storia della propria terra e del popolo che rappresentano. Brava Giusy. Bella pagina la sua, da raccontare e da ricordare.

«Dall’Estonia ai deserti del Kazakistan passando per i grattaceli di Sarajevo e le foreste del Kenya. Jaan Roose – precisa il suo team – ha riscritto la storia degli sport estremi portando la sua slackline in tutto il mondo, tuttavia l’unica cosa che mancava era unire un’isola alla terraferma. Il 32enne estone ha colmato anche questa mancanza all’interno del suo palmarés diventando il primo uomo ad attraversare a piedi, su una fettuccia di resina lo Stretto di Messina».

Jaan Roose è partito alle 8.30 del versante calabrese, a Santa Trada (Villa San Giovanni), ad un’altezza di 265 metri (misura superiore al più alto grattacielo italiano). L’arrivo in Sicilia, dopo oltre 3,5 chilometri, era fissato a Torre Faro (Messina) ad un’altezza di 230 metri, per riuscire a stabilire il nuovo record mondiale di slackline, migliorando il precedente primato di quasi un chilometro.

Dietro un’impresa come questa ci sono mesi e mesi di preparazione atletica e di prove da sforzo e di equilibrio al limite di ogni immaginazione possibile. Per lui  – autodefinitosi “performer atletico” – la pratica sportiva è da un lato «una forma d’arte e non può prescindere dalla dimensione spettacolare; dall’altro lato – sottolinea il suo team atletico e organizzativo – è un qualcosa di profondamente intimo, perché tutte le sfide che raccoglie sono anzitutto contro sé stesso, contro i propri limiti e le proprie paure».

Un campione, ma forse molto di più. Una leggenda. Cercatevi il video originale della Traversata, quando lui cade dalla corda e precipita nel vuoto, e si rialza, e torna sulla corda e riparte da dove era rimasto.

Altro che leggenda!  (pn)

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GRAZIE JAAN

Anche se non è riuscito (per appena 80 metri) a raggiungere il record, dobbiamo comunque essere molto grati a Jaan Roose per il regalo che ha fatto allo Stretto, alla Calabria e alla Sicilia, mostrando che tutto si può tentare. Novello Ulisse sul filo, tra Scilla e Cariddi (a cui andrebbe intitolato lo Stretto  – che non è solo di Messina…) Jaan è un eroe moderno che sfida l’ignoto, rischiando sulla propria pelle, con un’impresa che, in ogni caso, è destinata a restare nella storia. È stata un’occasione unica per Calabrie e Sicilia come visibilità e notorietà, ma temo poco sfruttata dalle due amministrazioni cittadine coinvolte: i due piloni, resti di archeologia industriale, rappresentano nell’immaginario collettivo due giganti che si fronteggiano nell’incanto dello Stretto che Jann ha fatto conoscere al mondo intero. Forse si poteva pubblicizzare con più enfasi l’evento, ma in ogni caso nel mondo ora sanno dov’è lo Stretto. Là dove si vuol costruire il Ponte dei record: il più lungo del mondo, frutto dell’ingegno italico unico al mondo.  (s)

La sfida del secolo: Appeso a un filo sullo Stretto di Messina

di PINO NANOPer Jaan Roose, il funambolo oggi forse più famoso del mondo, finalmente il gran giorno è arrivato. Questa mattina questo ragazzone di origine estone tenterà infatti l’impresa forse più folle che si potesse immaginare di realizzare. L’atleta straniero proverà ad attraversare lo Stretto di Messina camminando su un filo d’acciaio, più esattamente una fettuccia larga non più di due centimetri, sospesa ad un’altezza di 200 metri sul livello del mare. Roba da sballo. 

Un’impresa storica in tutti i sensi, che in queste ore ha già portato sullo stretto di Messina le più importanti reti televisive straniere. Uno spettacolo che sarà possibile godersi tutto in diretta sul Canale 20 di Mediaset e in live streaming sui siti di Tgcom24 e Sportmediaset.it. 

«Sembra che io abbia una sorta di volontà primitiva di fare qualcosa di molto bello. Sarebbe fantastico riuscire a fare qualcosa del genere a livello mondiale Sono preparato a tutto – dichiara alle agenzie di stampa l’atleta della Red Bull –. Sto lavorando duramente da tanto tempo per realizzare questo progetto, ma so anche che su sole e vento non posso avere il controllo. Bisognerà sperare che le condizioni siano ottimali e io cercherò di idratarmi a dovere e proteggermi dal gran caldo».

Sembra quasi la sfida del secolo. Il progetto Messina Crossing – leggiamo sul sito ufficiale della Red Bull – «prevede una camminata in slackline di 3,5 km sullo Stretto di Messina in Italia, una sfida più che altro logistica. L’obiettivo principale di Jaan Roose è quello di completare la camminata, mettendo in mostra non solo le sue capacità ma anche l’abilità tecnica e fisica dell’intero team. Roose ha deciso: partirà da Santa Trada (Villa San Giovanni), da un punto del pilone alto 265 metri – misura superiore al più alto grattacielo italiano – e cercherà di arrivare a Torre Faro (Messina) ad un’altezza di 230 metri». 

«Il sogno di Jaan Roose sarà quello infrangere il record mondiale di slackline, superando di quasi un chilometro il precedente primato, che era di 2,7 km circa, “ma che rappresenterà una sfida senza precedenti – sottolinea il team organizzativo dell’impresa – con una distanza di attraversamento simbolicamente superiore a ben 30 campi da calcio».

Il giovane funambolo è carico di entusiasmo e questo è il messaggio che affida ufficiale al suo team: «Stiamo dimostrando che non si tratta di riunire un gruppo di persone per fare qualcosa di stupido. Stiamo dimostrando che molte persone sono pronte a spingersi oltre per dare vita a questa idea, per fare qualcosa di straordinario e per la prima volta. Sono le persone che fanno parte di questa impresa ad avere la mentalità per fare cose del genere».

Dietro un’impresa come questa ci sono mesi e mesi di preparazione atletica e di prove da sforzo e di equilibrio al limite di ogni immaginazione possibile. Per lui  – autodefinitosi “performer atletico” – la pratica sportiva è da un lato «una forma d’arte e non può prescindere dalla dimensione spettacolare; dall’altro lato, è un qualcosa di profondamente intimo, perché tutte le sfide che raccoglie sono anzitutto contro sé stesso, contro i propri limiti e le proprie paure».

Nato e cresciuto nel villaggio di Matsuri, in Estonia, il suo interesse nei confronti di questa particolare disciplina sportiva – si legge di Jaan Roose sul sito ufficiale della Red Bull – «si è acceso quando si è classificato secondo nel concorso video King of Slackline nel 2010. Poi nel 2018, mentre lavorava al Dubai Circus, durante l’epoca del doppio salto mortale, all’improvviso decise di mollare il suo lavoro di sempre e dedicarsi alla conquista degli spazi infiniti del pianeta». 

Alle spalle Jaan Roose ha anche una esperienza importante come stuntman nel cinema, famosissima la sua apparizione in Assassin’s Creed e Wonder Woman 1984, ma forse ancora di più la partecipazione al tour mondiale di Madonna. 

La notizia di oggi ci riporta a tantissime altre imprese del passato, e a tantissimi altri  “uomini volanti” come lui, Charles Blondin, Maria Spelterini ( la prima donna ad attraversare le cascate del Niagara), Riccardo Giuliano, Arturo Strohschneider, Ivo Aprigliano, Con Colleano, Robert Cadman, Philippe Petit, F.Molodzoff, Adili Wuxiuer, funamboli che in epoca moderna hanno teso funi d’acciaio in scenari spettacolari come le cascate del Niagara, la Cattedrale di Notre-Dame a Parigi o le torri gemelle del World Trade Center.

Ora finalmente anche il mitico stretto di Messina. Qualcuno questa mattina a Scilla sorriderà e penserà che se la traversata di oggi andrà bene alla fine si potrebbe ingaggiare questo supereroe del cavo d’acciaio a controllare dall’alto il passaggio dei pesce spada che in questo periodo dell’anno passano da qui per vivere la loro stagione d’amore. Leggende che si aggiungono a leggende. (pn)

Quando Calabria e Sicilia erano un unico territorio che subì numerosi terremoti

di PINO CINQUEGRANA –  La Calabria è la Sicilia sono sempre stati divisi dallo stretto da attraversare con imbarcazioni? Pare che non sia stato sempre così: Calabria e Sicilia erano unite e che successivamente terremoti hanno reso una sorta di arcipelago con diversi canali tra le isole e durante assestamenti millenarie si è giunti alla situazione attuale. E, comunque, unire queste due terre è sempre stato l’interesse dello Stato Italiano a partire dalla sua unità.

Tutto questo e molto altro è scritto nell’opera di Felicia Lacava Lo stretto di Messina nell’antichità, edizioni Parallelo 1978. In questo lavoro si afferma dalle prime righe che possenti scosse modificarono il promontorio scilleo punto dove secondo la studiosa è avvenuto lo strappo. L’opera è supportata da studi antichissimi (Sallusto, Strabone, Ovidio, Seneca) fino ad autori del primi anni del Novecento come il Geraci, il Cortese che si sono ampiamente soffermati  sulla formazione dello stretto.

Scrive Strabone “Nomen Rhegio esse ait Eschylus ab co quod ist accidit regioni: terrae enim motis Siciliam a continente abrubtam, cum alii, tum is affirmavit: nomen a verbo quod est rumpi, deductum videmur”. A queste testimonianze si uniscono tra gli altri quelle di Valerio Flacco, Pomponio Mela e Diodoro Siculo. Scrive la studiosa «la loro autorevole testimonianza ci porta ad ammettere che tale separazione dovette essere realmente avvenuta, e che la conoscenza dell’evento era largamente diffusa  fra gli studiosi antichi e considerata come certa».

Nell’opera si sostiene la loro certezza soprattutto per le tracce di natura orografica e geologica nelle prime età storiche e che, comunque, segni evidenti della frattura sono documentati anche da altri studi storici, della tradizione, e della ricerca in genere su ciò che separò la Sicilia dal continente italico nelle prime ere geologiche: azoica, paleozoica e mesozoica epoche in cui Calabria e Sicilia dovettero essere unite.

«Ciò lo prova il fatto – continua la studiosa – che nelle creste dei monti Peloritani della Sicilia, che vanno da capo Tindaro, presso Pattì, al Pizzo di Polo e Monte Scuderi e nelle vette dei monti dell’Aspromonte, si trovano terreni identici come per esempio micascisti, gneiss, graniti». Fino al Miocene le due terre erano unite e in quest’epoca dice il Geraci (1908:26) il canale di Messina era già stato originatoe il posto dell’attuale Calabria era rappresentato da cinque isole che ricoprono lo spazio che da Diamante va fino a Capo D’armi. Tali isole erano formate da un ammasso di rocce giganteste  rotte e frastagliate.

Lo studio continua con l’analizzare le faglie che determinarono la costituzione geologica attuale.  Per ridare unità ai due territori a partire dagli anni Venti del Novecento di inizio a pensare ad un eventuale tunnel ma che non giunse a nessuna progettazione mentre prese sempre più consistenza della realizzazione di un ponte che doveva sorgere fra Cannitello e Punta Faro come riportato negli Atti Ufficiali del Convegno Ponte di Messina nel 1953, una idea mai abbandonata che decenni dopo decenni si è giunti ad oggi con molti punti interrogativi. (pc)

NON SI PARLI SOLTANTO DI PONTE: AL SUD
SONO TROPPO POCHE LE INFRASTRUTTURE

di PIETRO MASSIMO BUSETTA Basta parlare di ponte. Riportiamo l’argomento alla sua giusta dimensione. Un modo di attraversare tre chilometri di mare e cancellare la vergogna di utilizzare mezzi da preistoria come i ferry boat.

Ma basta poter attraversare velocemente tre chilometri di mare, con un collegamento stabile,  per risolvere i problemi degli altri 800 che servono per collegarsi all’ultima città in rete dell’Italia unita? Cioè quella Napoli/ Salerno che è diventata la nuova Eboli? Se così fosse sarebbe una nuova presa in giro.

Il Mezzogiorno non è collegato, forse per una volontà se non strutturata certo per comportamenti convergenti. Si potrebbe rappresentare come una realtà con collegamenti point to point, per quanto attiene alle vie aeree, cioè tra le varie città meridionali e al massimo le principali città del Nord, mentre soffre dei collegamenti multipoint, quelli che dovrebbero attraversare, come innervamento o come una rete di capillari, tutto quello che rappresenta il 40% del territorio nazionale. 

Tale approccio si é avuto in parte anche con le strade/ autostrade, mentre per le ferrovie anche il collegamento con il Nord é ancora un pio desiderio. Bene il passaggio di ieri diventa una cesura tra prima e poi. L’interesse nazionale va nel senso di mettere a regime e collegare in modo serio le aree del Sud per farle decollare, perché questo è l’unico modo per recuperare quella dimensione economica che ci spetta all’interno dell’Europa.  Ed è noto che la base per lo sviluppo economico sia una buona infrastrutturazione. 

Anche la Zes unica non attrarrà alcun investimento dall’esterno dell’area se le realtà locali non saranno collegate adeguatamente. Come si può pensare che la nomina di Agrigento capitale della cultura possa diventare da un mero riconoscimento, dovuto ad una città con 2000 anni di storia, manifestazione che possa incrementare, non solo temporaneamente, il flusso turistico, se per raggiungerla oggi da qualunque aeroporto servono tre ore di auto in strade dissestate o tre di treno, con perlomeno due cambi? 

E chi mai organizzerà un convegno internazionale in una città nella quale per presentare un “paper” non ti serve la giornata canonica ma tre giorni di viaggio? 

E pensate che una grande multinazionale localizzerà i suoi impianti all’interno di quella che è una foresta amazzonica, bellissima ma irraggiungibile, quale ancora oggi, senza alta velocità ferroviaria e con autostrada completata solo per finta, rimane la Calabria?  

E a che servirà costruire un ponte avveniristico, il Messina bridge, se non cominciamo a lavorare in maniera seria su quel grande porto naturale che è Augusta, che dovrebbe diventare insieme a Gioia Tauro l’hub portuale più importante del Paese e dovrebbe competere con i grandi porti del Nord a cominciare da Rotterdam? 

Ma quanti sanno che tale porto impiega tra addetti diretti ed indiretti oltre 700.000 persone, un numero sufficiente per risolvere definitivamente tutti i problemi di occupazione della Sicilia? Ma bisogna cominciare a considerare questa zona non come la colonia da sfruttare, ma il nostro West, come quello che fece ricco gli Stati Uniti d’America. 

Anche qui vi è l’oro. Perché cosa sarebbero le spiagge salentine, la costa Messina Trapani, il Cilento, tutta la costa ionica e tirrenica della Calabria se non l’oro da estrarre e sfruttare adeguatamente. E non è oro la posizione geografica di piattaforma logistica del Mediterraneo di fronte a Suez, dove l’energia è facilmente recuperabile dal sole e dal vento, che ha 140 km di distanza dalla Tunisia? 

Non è oro tutto quello che i greci ci hanno lasciato tanto da essere chiamata l’area Magna Grecia, cioè  più grande e più importante della stessa realtà da cui provenivano i migranti dell’Egeo? Così come è oro oggi avere un capitale umano formato, che tutti gli europei ci invidiano e corteggiano e spesso strapagano, e che non riusciamo ad utilizzare nel posto nel quale vorrebbe rimanere, vivere e contribuire al suo sviluppo.

Per questo l’impegno ora va nel senso di puntare ad un programma pluriennale, in parte già partito, ma che non può essere di serie B, come l’alta velocità farlocca della Palermo Catania, che si propone di fare appena 200 km in due ore, né può tollerare che la Messina Palermo in treno  si percorra  ancora in tre ore, e non sia previsto il suo raddoppio. 

Così come è assurdo che per arrivare al tacco dello stivale di Santa Maria di Leuca bisogna programmare giornate di viaggio. Certo nessuno si illuda che basti infrastrutturare per risolvere tutti i problemi. La strada dello sviluppo é come quella del Paradiso lastricata di buone intenzioni e mille  difficoltà, e certo la lotta alla criminalità organizzata deve camminare di pari passo agli investimenti infrastrutturali. 

Così come non basta che un posto sia facilmente raggiungibile perché diventi un sistema turistico interessante quale può essere quello  della costa adriatica di Rimini o il miracolo egiziano di Sharm el-Sheikh, ma è necessario un piano che si ponga il problema di attrarre i grandi players internazionali non solo  del lusso ma anche dei grandi villaggi turistici. 

La parola magica è intervento sistemico. Così come la miscela esplosiva scoppia solo se tutti gli elementi sono nella misura corretta, così le esigenze della crescita hanno bisogno delle infrastrutture, così come del controllo della criminalità organizzata, di un piano che guardi al turismo come un’attività industriale e di una logistica di appoggio, di vantaggi fiscali per l’attrazione di investimenti dall’esterno dell’area, di un cuneo contenuto che renda il corso del lavoro più basso, di grandi eventi sportivi, politici e commerciali, che lancino le aree nel mercato internazionale, di una attenzione della rete pubblica televisiva adeguata.

E di risorse importanti che ritorneranno magari moltiplicate come ha ben capito la Germania riunita.

Con i fichi secchi e senza un progetto complessivo sarà difficile valorizzare l’area che può diventare la nuova frontiera dell’oro, ma può essere anche una palla al piede di un Paese che non comprende. (pmb)

[Courtesy Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia]

Villa S. Giovanni incontra la Stretto di Messina e Rfi

A Roma l’Amministrazione comunale di Villa San Giovanni, guidata dal sindaco Giusi Caminiti, ha incontrato gli ingegneri della Stretto di Messina e con i tecnici dei diversi comparti di Rfi.

Al centro del dibattito il completamento dei lavori di riqualificazione del lungomare e utilizzo delle somme residue del progetto di mascheramento della variante ferroviaria di Cannitello.

Oltre alla sindaca Caminiti, presenti l’assessore all’ urbanistica Albino Rizzuto, il consigliere Franco Scicchitano e, da supporto tecnico, l’architetto Francesco Carpinelli.

Chiare le richieste che l’amministrazione ha messo sul tavolo, coerenti con quanto già annunciato il 25 giugno scorso all’atto della consegna parziale dei lavori dello stesso lungomare: la via Marina dovrà essere ultimata (pavimentazione, arredi, ringhiere e scale di accesso all’arenile) entro l’estate 2024 e dovranno essere messe in campo tutte le azioni necessarie per velocizzare tali lavori.
«A tal fine – viene spiegato in una nota – ci siamo resi disponibili alla consegna di tutta l’area ancora mancante (poco più di un km), atteso che i primi mesi saranno di verifica bellica e mano a mano che si procederà con quest’ultima sarà possibile riprendere materialmente la riqualificazione. Preso atto della richiesta e della necessità della Città anche e soprattutto nei tempi di consegna del nuovo lungomare, Rfi sta effettuando le opportune verifiche per la riapertura in tempi celeri del cantiere.

È nei nostri auspici che i lavori possano ripartire contemporaneamente da nord (Pezzo) e da sud (chiesa di Cannitello)».
«Secondo argomento trattato – si legge ancora – l’utilizzo delle somme che residueranno dalla mascheratura della variante: con la ripresa del progetto ponte, infatti, ci sarà uno stop al mascheramento dell’ecomostro che porterà al risparmio di una consistente cifra sui 7 milioni di euro stanziati».
«L’amministrazione ha chiesto a Rfi e Stretto di Messina – si legge ancora – che tali somme siamo usate dal Comune per completare il progetto del lungomare e farlo  diventare il luogo di attrazione turistica e di servizi che tutti ci siamo sempre immaginati. Questo vorrà dire che la mascheratura della variante avverrà una volta definito tutto l’iter procedurale che riguarda la questione ponte. Un tema che stiamo seguendo con grande attenzione e massima serietà per tutelare gli interessi della nostra comunità».
«La mascheratura non sarà quel minimo di copertura garantito con il progetto attuale – viene spiegato – ma sarà il progetto inizialmente proposto: quel parco attrezzato a terrazze che permetterà di congiungere la nostra via marina con la sovrastante via nazionale, anche con un percorso ciclabile che darà un senso alla realizzanda pista ciclabile sul lungomare di città».
1È ovvio che in questi mesi – si legge ancora – si procederà per step fino ad ottenere le somme per un nuovo progetto di una via marina davvero riqualificata (con impianto di illuminazione, marciapiede lato monte, viabilità completa, vie di accesso alternative, aree di parcheggio) e allo stesso tempo un vero progetto di mascheratura dell’ecomostro che permetta finalmente di ricongiungere una città spaccata in due dalla cortina ferroviaria. La disponibilità già acquisita da Rfi e da stretto di Messina in tal senso apre a un nuovo e sfidante impegno dell’amministrazione».
«Come diciamo da mesi – viene ricordato – un’amministrazione non può sottrarsi al dialogo a tutela della sua città e abbiamo cominciato esattamente da quei progetti che potrebbero essere messi in discussione o, peggio ancora, subire uno stop per effetto dell’iter ponte sullo stretto: isola ecologica, riqualificazione lungomare e mascheratura della variante, forte Beleno. Nelle prossime settimane ci sarà un sopralluogo congiunto dei tecnici della Stretto di Messina con i tecnici comunali e l’amministrazione al fine di arrivare a soluzione anche per il finanziamento Pui». (rrm)

Firmata convenzione per biglietto integrato per mobilità nello Stretto

È stata firmata la convenzione che dà vita al biglietto unico integrato per la mobilità dello Stretto. La firma tra Atam, Atm, le società che gestiscono rispettivamente il trasporto pubblico su terra a Reggio Calabria, Messina e Liberty Lines che gestisce il servizio di trasporto marittimo nello Stretto, apre una pagina nuova e positiva per lo sviluppo delle due aree metropolitane.

La convenzione è stata sottoscritta, a Messina, dai rappresentanti delle tre aziende, al termine del Tavolo tecnico, convocato dall’Ammiraglio Nunzio Martello e riunitosi all’Università degli Studi, che ha fatto il punto sullo stato del progetto di trasporto integrato. L’atto, per la sua importanza e valenza storica, ha registrato la presenza del sindaco facente funzioni della Città metropolitana di Reggio Calabria, Carmelo Versace, del consigliere metropolitano delegato, Giuseppe Giordano. In collegamento online è intervenuto, anche, il ministro delle Infrastrutture e Trasporti, Matteo Salvini.

Le premesse della convenzione sul biglietto unico integrato, partono dal reciproco intendimento di attivare tutte le azioni volte ad incentivare l’utilizzo del mezzo pubblico nelle due città di Reggio Calabria e Messina da parte dei numerosi pendolari, e non solo, che si spostano fra le due città affacciate sullo Stretto. La completa integrazione avviene con il mezzo di trasporto marittimo. Ci sarà quindi un unico biglietto, valevole sia per Atam, Atm e Liberty Lines che al prezzo di 7 euro a tratta, consentirà l’utilizzo dei rispettivi mezzi per spostarsi tra le due sponde dello Stretto.

La convenzione, in questa prima fase sperimentale, avrà una durata di tre mesi, fino al 31 dicembre 2023, con la possibilità di attivare una seconda fase che garantisca all’utenza ulteriori servizi. I biglietti saranno disponibili in formato elettronico ed inviati sia email e/o sms al passeggero. Sarà Liberty Lines, per conto di Atam e Atm, ad occuparsi dell’emissione del biglietto integrato.

Per il consigliere metropolitano Giordano: «con la sottoscrizione della convenzione, si mette a segno un tassello fondamentale per la costruzione del processo di integrazione, tra le due sponde in direzione dell’area dello Stretto, lo sforzo delle ultime settimane compiuto dal tavolo tecnico, con la Città metropolitana che ha fatto da collante tecnico tra le Aziende di trasporto pubblico delle due Città e il vettore marittimo, ha fatto sì che si raggiungesse, nei tempi previsti, questa prima tappa di un processo più ampio».

«Adesso – ha aggiunto – bisognerà lavorare per consolidare questo risultato e per le altre sfide, al fine di agevolare l’attraversamento anche per allargare il bacino di utenza dell’aeroporto dello Stretto anche all’utenza messinese. Per questi primi traguardi raggiunti particolare merito va all’Ammiraglio Martello che sta sapientemente coordinando l’organismo tecnico».

Per Versace «è il raggiungimento di un obiettivo programmato e inseguito da tempo e che ora concludiamo grazie alla nostra caparbietà di mettere attorno ad un tavolo tutti gli Enti coinvolti».

«L’ammiraglio Martello – ha aggiunto – è stato fondamentale sotto questo aspetto, riuscendo a venire incontro a tutte le esigenze dei partner. È un risultato importante sia per il territorio calabrese e reggino che per quello messinese, si tratta di uno dei risultati più tangibili che può concretamente essere toccato con mano dai nostri concittadini dello Stretto».

«Rendere più agevole e funzionale la mobilità tra le due città, ma più in generale nell’area dello Stretto – ha evidenziato Versace – significa anche poter sviluppare maggiormente il flusso passeggeri dell’aeroporto “Tito Minniti” in maniera più semplice e funzionale. Pensando oltre, i reggini e i messinesi avranno la possibilità di poter godere delle rispettive attrattive, dal teatro, allo shopping, al tempo libero, potendo avere a disposizione non solo un biglietto unico di trasporto, ma anche orari più consoni».

«In una stagione nella quale si parla sempre più spesso di attraversamento stabile dello Stretto – ha concluso – le nostre Istituzioni, oggi, hanno dato dimostrazione di poter offrire valide alternative». (rrc)

Manifestazione dei No-Ponte. In tanti dalla Calabria a Messina

Affollata la manifestazione che sabato ha attraversato le strade del centro di Messina per dire No al Ponte e Sì ai tanti interventi vitali per l’area dello Stretto. Tralasciando il trito e stucchevole balletto delle cifre che segue ogni manifestazione, a dar forza a questa affermazione – afferma una nota del Comitato – «non è solo la bella e rumorosa partecipazione al corteo ma anche il clima con cui la cittadinanza ha accolto i manifestanti. Già sulla traghetto i lavoratori marittimi hanno solidarizzato con la nutrita delegazione calabrese, ricordando l’ipocrisia di chi usa le giornate da bollettino rosso, come quella di ieri, e le code agli imbarchi per giustificare l’esigenza del Ponte: si tratta infatti, a loro dire, di poche giornate durante l’anno, facilmente affrontabili implementando le corse anche con l’attuale flotta. E in ogni caso gli investimenti per ammodernare e potenziare la flotta dello Stretto sarebbero nettamente inferiori a quelli stimati per il Ponte, con tempistiche minime e soprattutto dal risultato sicuro».

I numerosi interventi che si sono succeduti durante il corteo hanno ricordato le molteplici ragioni per dire No al Ponte, dalla sismicità dell’area alla unicità di una biodiversità che sarà devastata, dal numero risibile di posti di lavoro reali che si creerebbero rispetto a quelli sbandierati all’incapacità di dare risposte ai problemi di mobilità. I diversi interventi di altre realtà, come No Tav o No Muos, hanno ben evidenziato come «parlare di Ponte non significa parlare di un’infrastruttura né di un progetto realizzabile, ma di un modello che attraversa tutte le grandi – e troppo spesso inutili – opere e che relega la natura, la terra e chiaramente i suoi abitanti al ruolo di merce da spolpare e sacrificare sull’altare del dio denaro».

«Gli oltre 15miliardi di euro previsti per la costruzione del Ponte saranno soldi nostri, e per recuperarli dovranno raschiare sui risicati bilanci pubblici, nazionali ma soprattutto di Calabria e Sicilia, che nella narrazione pontista saranno i territori più “beneficiati”. Soldi tolti quindi alla sanità, alla scuola, ai servizi sociali, alla prevenzione del dissesto idrogeologico e alla cura del territorio, agli investimenti per ammodernare e potenziare il sistema trasportistico. Altro che dare una risposta ai tanti nostri figli e fratelli che vanno a cercare fortuna altrove.

Il movimento No Ponte Calabria – si legge nella nota diffusa a fine manifestazione – rilancia l’appello a rafforzare l’opposizione al Ponte e a questa logica perversa che ha destinato la nostra terra al ruolo di hub energetico e discarica di rifiuti. Lo facciamo rivolgendoci agli artisti, agli intellettuali, alle personalità del mondo della cultura e dello spettacolo affinché sostengano e promuovano le ragioni di questa lotta. Ma anche a tutti i sindaci della Costa Viola, ZPS che sarà fortemente e irrimediabilmente impattata sia dai lavori per le rampe di accesso al Ponte che dalle altre opere connesse (cave, depositi, discariche…), qualora decidessero mai di avviare i cantieri nonostante tutte le criticità del progetto non risolte.

Cantieri che potrebbero rappresentare altre “prime pietre” spot, come fu per la Variante di Cannitello, ferita ancora aperta per la città di Villa San Giovanni. Non possiamo accettare altre prese in giro del genere, per questo dobbiamo mettere in campo tutte le nostre intelligenze, le nostre capacità, i nostri corpi, e costruire una grande mobilitazione che assicuri un futuro ai nostri figli».  (rrc)