PONTE: I VERI TEMPI DI PERCORRENZA
DEI TRAGHETTI PER PASSARE LO STRETTO

di ROBERTO DI MARIA – In un recente intervento sul Quotidiano di Sicilia i professori Massimo Di Gangi, dell’ateneo di Messina, e Francesco Russo, di Reggio Calabria hanno spiegato come ottenere drastiche riduzione dei tempi di percorrenza negli spostamenti in treno tra la Sicilia ed il Continente, senza realizzare il Ponte sullo Stretto. Il tutto si realizzerebbe semplicemente riducendo i tempi di traghettamento, considerando che Il tempo minimo per portare a bordo dei traghetti un treno e farlo ripartire da Villa San Giovanni è, secondo gli orari attuali, di 1 ora e 55 minuti, ma si può arrivare a superare le tre ore.

Come hanno dichiarato i docenti universitari «L’adozione di materiale rotabile della serie ETR400 … in composizione a 4 carrozze … permette di poter circolare sia sulla rete tradizionale che su quella riservata all’alta velocità e presenta una lunghezza compatibile per essere trasportato per intero su un binario delle navi traghetto attualmente in servizio».

Con questa soluzione, quindi, si userebbero treni “a composizione bloccata” e non sarebbe necessario smontarli per poter effettuare il viaggio in traghetto e rimontarli a terra, dove occorre effettuare le relative verifiche di frenatura; secondo i docenti il tempo di attraversamento dello Stretto si ridurrebbe in tal modo a 55 minuti.

Ammettendo che l’idea venga realizzata e comporti le riduzioni, in termini di tempo stimate dai professori, i tempi di percorrenza tra la Sicilia ed il continente sarebbero i seguenti:

  • Palermo-Roma: 7 ore e 56 minuti (a fronte delle attuali 11h 38’).
  • Catania-Roma: 6 ore e 21 minuti  (a fronte delle attuali 9h 53’)
  • Messina-Roma: 5 ore e 26 minuti(contro le attuali 8h 24’).

Riduzioni dei tempi di percorrenza indubbiamente rilevanti, ma molto meno decisive per la mobilità passeggeri di quanto si vorrebbe far credere. Il rilancio del vettore ferroviario, infatti, non deve essere considerato come un obiettivo fine a se stesso, ma inserito in un contesto di riequilibrio dei vettori in concorrenza sulla relazione Sicilia-Continente. E, in tal senso, occorre renderlo competitivo con l’altro vettore che il mercato mette a disposizione dell’utente siciliano: l’aereo.

In tal modo si risolverebbero due problemi:

  • L’attuale condizione di sostanziale monopolio del trasporto aereo dei passeggeri tra la Sicilia ed il continente che costringe i siciliani ad accettare le tariffe imposte dalle poche compagnie operanti su queste tratte.
  • Le emissioni di gas climalteranti, che nel caso del vettore aereo, sono le più alte prodotte per passeggero trasportato, peraltro ad alta quota.

In un articolo che abbiamo scritto qualche tempo fa sul sito www.siciliainprogress.com (nel novembre 2019), considerando anche le perdite di tempo tipiche del viaggio aereo, avevamo stimato i tempi reali di viaggio da centro città a centro città per le relazioni aeree Palermo-Roma e Catania-Roma: rispettivamente 4 h 38’e 4h13’.

Tempi ancora troppo più bassi rispetto alle ipotesi dei proff. Di Gangi e Russo per rendere il trasporto ferroviario una valida alternativa al trasporto aereo.

Nello stesso articolo, sostenevamo che questo sarebbe potuto avvenire soltanto con la realizzazione del Ponte sullo Stretto. Infatti, per quanto concerne il viaggio in treno, ipotizzando la realizzazione del Ponte, e considerando gli interventi di velocizzazione della linea costiera previsti al tempo, eravamo riusciti a stimare tempi del viaggio in treno più che competitivi, con due sole fermate intermedie, Messina e Napoli: 3h40’ sulla Messina-Roma,  5h 30’ sulla Palermo-Roma,  4h20’ sulla Catania-Roma

In quest’ultimo caso, un treno dalla città etnea alla capitale impiegherebbe praticamente lo stesso tempo del corrispondente spostamento in aereo, a meno di 7 minuti soltanto.

Da Palermo alla capitale e viceversa, i tempi in treno Av sarebbero più lunghi di 52 minuti esatti. Neanche un’ora in più, ma rimanendo sempre sullo stesso mezzo di trasporto per tutto il tragitto, senza lo stress delle code e dei continui spostamenti, bagagli al seguito, che caratterizzano ogni spostamento in aereo.

In sintesi, la realizzazione del Ponte sullo Stretto, insieme ad alcuni, indispensabili interventi sulla rete esistente, realizzabili nello stesso tempo di esecuzione dei lavori alla struttura di collegamento stabile, comporterebbe benefici ben più alti rispetto al semplice riammodernamento delle modalità di traghettamento.

Perché insieme alla rottura del monopolio dell’aereo, ed alla riduzione dell’impatto dei trasporti sull’ambiente, a cui accennavamo prima, si porrebbero le basi per concretizzare, anche nel profondo sud, gli effetti dell’introduzione dell’Alta Velocitàsull’asse Napoli-Roma-Milano-Torino: maggiore interconnessione tra le aree servite con conseguente, più che accertato, rilancio dell’economia in questi territori.

Qualcosa che consentirebbe di limitare, quanto meno, il sempre crescente divario nord-sud.  Impossibile da ottenere con una percorrenza ferroviaria, ad esempio tra Palermo e Roma, che, ancorché ridotta, si attesterebbe intorno alle 8 ore: quasi il doppio dello spostamento in aereo, perditempo compresi. (rdm)

VILLA SAN GIOVANNI – I ragazzi del Nautico e la Vespucci nello Stretto

Nella mattinata di sabato 22 ottobre gli alunni delle classi quinte dell’Istituto Tecnico Trasporti e Logistica di Villa San Giovanni, sede staccata dell’IIS “E. Fermi” di Bagnara Calabra, hanno svolto un’attività didattica presso la sede nautica della Società “Marina dello Stretto” in collaborazione con la Lega Navale Italiana di Villa San Giovanni. 

La manifestazione ha avuto il patrocinio del Comune di Villa San Giovanni e i ragazzi sono stati accolti dal primo cittadino, il sindaco dott.ssa Giusy Caminiti, e dall’amministrazione che ha preso parte all’attività. L’iniziativa, voluta fortemente dalla Dirigente Scolastica, prof.ssa Graziella Ramondino, nasce dall’esigenza di ridare slancio al ruolo degli Istituti Tecnici per il Trasporto e la Logistica, quali scuole di formazione esclusiva nel settore marittimo. 

I ragazzi in una prima fase sono stati coinvolti in quelle che sono le principali attività marinaresche, lezioni pratiche sui nodi, vita di gruppo a bordo, regole e compiti dell’equipaggio; in una seconda fase, invece, sono stati impegnati in una vera e propria uscita in barca a vela. Mentre si solcavano le onde dello Stretto di Messina c’è stato l’incontro con la nave scuola Amerigo Vespucci, pietra miliare della formazione degli allievi ufficiali. È stata un’emozione intensa e inaspettata per gli alunni del Fermi, i quali al passaggio della nave più bella del mondo si sono messi sull’attenti salutando via radio l’equipaggio della Marina Militare che ha ricambiato il saluto suonando tre colpi di sirena. 

I ragazzi hanno potuto così vivere e praticare l’esperienza di un’uscita in mare in tutte le sue fasi, dal distacco dalla banchina all’uscita dal porto, dallo spiegamento delle vele alla navigazione, dal ritorno in porto all’attracco in banchina. 

Alla fine dell’escursione i ragazzi hanno manifestato il loro entusiasmo per l’iniziativa e la volontà di continuare a vivere queste avventure indimenticabili in mare. Il progetto voluto dalla Dirigente Scolastica Ramondino ha integrato in un unico percorso lezioni teoriche e pratiche, queste ultime svolte durante la navigazione in barca a vela. 

Durante l’anno scolastico saranno previste altre uscite in mare per gli studenti del Fermi; l’esperienza in mare, soprattutto in questo caso, svolge un ruolo importante per la loro formazione e permetterà ai giovani studenti del Nautico Fermi di migliorare la propensione al lavoro di squadra e acquisire conoscenze decisive per la loro futura professione. (rrc)

PONTE: CON UN PAIO D’ORE RISPARMIATE
SICILIA, CALABRIA E ITALIA PIÙ “VICINE”

di ROBERTO DI MARIA – Del Ponte sullo Stretto, in campagna elettorale, è giusto che si parli, data l’importanza che esso assume per l’intero Mezzogiorno. L’opinione pubblica italiana lo vede come l’infrastruttura più complessa mai costruita, che stabilirà una serie di record tra i quali spicca la campata sospesa più lunga del mondo (3300 m). Una dimensione che finisce per nascondere l’importanza trasportistica, sociale e perfino politica dell’opera stessa.

Nel 2022 è inutile ripetere che l’aspetto trasportistico, con la logistica ad esso strettamente connessa, ha ormai un’importanza fondamentale ai fini dello sviluppo dei territori: l’intero pianeta si va ridisegnando in base ai nuovi parametri che fanno della connettività uno strumento di crescita ancora più importante della geografia (Parag Khanna). A negarlo sono rimasti solo i pochi irriducibili sostenitori della “decrescita felice” di Latouche, in quotidiano arretramento a causa di crisi energetiche, alimentari, delle materie prime e, purtroppo, anche dei conflitti in atto.

Peraltro, guardando ai tanti problemi del trasporto viaggiatori su ferro in Sicilia, anche l’osservatore più sprovveduto deve ammettere che gli interventi in corso e quelli previsti si riveleranno pressoché ininfluenti, se dovesse permanere l’attuale condizione di isolamento della nostra Regione.

 Il Ponte sullo Stretto, da solo, consentirebbe una riduzione dei tempi di viaggio nella relazione Sicilia-Continente quantificabile almeno in un paio d’ore: tanto è il tempo che passa tra l’arrivo di un treno Intercity a Villa S. Giovanni e la sua partenza da Messina, o viceversa. Una penale da pagare per pochi km di mare che gli orari attualmente in vigore ci rivelano variabile tra 1 h: 50’ e 2 h: 15’: quanto basta per raggiungere almeno Bologna da Roma: 400 km con treni ad Alta Velocità.

 Nel caso della Sicilia, di AV è meglio non parlarne: senza Ponte, essa continuerà a fermarsi a Salerno, lasciando inattuato il corridoio TEN-T Scandinavo-Mediterraneo, che dovrebbe arrivare fino a Palermo. Il motivo è semplice: i collegamenti AV comportano costi di costruzione molto elevati, e devono garantire benefici economici di entità ancora maggiore per superare la fiera opposizione di chi vuole riservare tali risorse al di sopra di Roma. Dove i vantaggi immediati sono molto più evidenti.

 Di fronte a questa mentalità – che è contemporaneamente neo liberista e bottegaia – non serve parlare di benefici sociali e di sviluppo a medio-lungo termine in quanto ciò che conta è solo l’immediato utile economico locale, non la crescita equilibrata del Paese. E i risultati di tale politica economica sono sotto gli occhi di tutti.

Realizzare qualche tratta ed AV per un paio di centinaia di km, lasciandole separate dalla rete europea non serve a nulla. Le differenze nei tempi di percorrenza non giustificano l’investimento, ovvero “il gioco non vale la candela”. Non avrebbe senso, quindi, realizzare una AV limitata al solo territorio siciliano, dove le distanze tra le città principali sono inferiori alla metà del limite dei 500km generalmente considerato lo spartiacque tra i collegamenti da rendere veramente “veloci” e quelli che si possono lasciare “lenti”. Perché il loro sviluppo non interessa ai decisori politici. Ergo, le città della Sicilia saranno servite da treni ad AV soltanto qualora la rete ferroviaria siciliana fosse messa in continuità con la rete continentale.

Inutile, poi, perdere tempo a esaminare il tanto celebrato “traghettamento veloce” ottenuto realizzando elettrotreni ad alta velocità su misura (non potendo essere scomposti come gli attuali Intercity) per entrare nelle navi traghetto: le manovre per entrare ed uscire dal traghetto, seppur semplificate, sarebbero comunque necessarie, e il risparmio di tempo limitato a un paio di decine di minuti a fronte delle attuali due ore ed oltre. Con costi assolutamente non giustificabili.

 In queste condizioni, non potrebbe mai verificarsi quella svolta che comporterebbe per l’estremo Meridione i benefici registrati dall’AV che, dovunque è stata realizzata, ha portato incrementi di PIL che raggiungono il 10% e riducono drasticamente l’uso dell’aereo, con tangibili riduzioni dell’inquinamento.

 Un nostro studio, pubblicato nel Novembre 2019 confronta i tempi di percorrenza in treno dalla Sicilia al continente con quelli dell’aereo, considerando anche i tempi necessari agli spostamenti dalla città all’aeroporto e viceversa, nonché i tempi di imbarco e di sbarco. Si scopre che sulla relazione Catania-Roma i tempi del viaggio sarebbero praticamente identici: circa quattro ore e mezza.. Sulla Palermo-Roma la differenza sarebbe meno di un’ora a favore del vettore aereo (5h30’ contro 4h38’).

Non è un cambiamento da poco: secondo le leggi dell’economia la concorrenza fra gli operatori abbassa il prezzo del prodotto. I viaggiatori siciliani non dovrebbero più sobbarcarsi i salassi a cui sono sistematicamente sottoposti dalle compagnie aeree per rientrare in Sicilia dopo le vacanze. A prezzi improvvisamente raddoppiati.

Naturalmente per gli spostamenti su gomma vale lo stesso discorso, ma trasferito al rapporto di concorrenza che si verrebbe ad instaurare tra traghettamento e Ponte. Il primo, che oggi opera praticamente in monopolio, ha costi altissimi per l’utente e la presenza dei traghetti RFI, in affiancamento al gestore privato, non ha mai determinato una vera concorrenza. Come avviene con le compagnie aeree.

 Il Ponte non solo ridurrebbe di oltre un’ora i tempi di attraversamento, ma il pedaggio sarebbe molto più basso, considerato l’orientamento consolidato di un finanziamento della costruzione interamente pubblico.

Tutto fingendo di non vedere l’incredibile mancata risposta delle massime Istituzioni (inclusi i Presidenti Mattarella e Draghi) alla richiesta, avanzata nell’Aprile 2021, del rispetto delle Norme di Sicurezza in Mare durante il traghettamento dei treni passeggeri. Stendiamo un velo pietoso su questa omissione.

In sintesi, pochi, comprensibili ragionamenti mostrano i benefici che consentirebbero ai siciliani di recuperare una buona fetta dei sei miliardi di costi aggiuntivi che, secondo l’istituto Prometeia, soffocano l’economia e la vita dei siciliani. Ma pare che non importi a nessuno. (rdm)

(Roberto Di Maria è un ingegnere dei Trasporti)

Su Radio 1 Rai in onda i fenomeni naturali nello Stretto tra Scilla e Cariddi

Domani mattina, dalle 11.05, nella trasmissione di Radio1 Rai “Radio di bordo, il mare e le sue storie”, si parlerà dei fenomeni naturali nell’Area dello Stretto.

La puntata, condotta da Germana Brizzolari, metterà a fuoco la proposta dall’Associazione parchi culturali di Reggio Calabria, presieduta dalla dottoressa Tripodi, tendente a far riconoscere il braccio di mare tra Scilla e Cariddi come patrimonio dell’umanità, per la valorizzazione di un ambiente che rimane unico per la sua storia millenaria e la sua affascinante biodiversità.

Sarà Salvatore Timpano, direttore del dipartimento arte dell’associazione, a illustrare i particolari del progetto. Partendo dalla leggenda omerica, che descriveva lo stretto come una trappola mortale per i naviganti, si passerà alla descrizione delle correnti alternate che determinano, grazie alle acque fredde e limpide, un particolare idrodinamismo. Dal quale hanno origine la ricchezza di larve, di plancton nei fondali e la presenza di una eterogenea fauna abissale, soprattutto nel tratto di costa tra Punta Pezzo e Cannitello.

E tra i fenomeni ottici verrà illustrato anche quello della Fata Morgana, che in alcune giornate, grazie alla inclinazione dei raggi solari, permette di osservare gli abitati delle due sponde magicamente riflessi sulle acque. (rrc)

PONTE ORA MAGICAMENTE IN PRIMO PIANO
PER IMMANCABILI PROMESSE ELETTORALI

di SANTO STRATI – Ogni qualvolta si avvicinano le elezioni, l’argomento Ponte sullo Stretto diventa “centrale” e magicamente appare in tutte le immancabili promesse elettorali. Ma da quel poco che si è letto in questi giorni, al di là delle generiche dichiarazioni sulla «necessità dell’opera»,  non si ravvisano elementi di novità sull’infinita (e, permetteteci, inutile e strumentale) diatriba «sì, no, forse». 

L’ultima sceneggiata che porta la regia del ministro (grazie a Dio, uscente) Enrico Giovannini riguarda l’esigenza di buttare 50 milioni per nuovi studi di fattibilità con tre “buste” da scegliere: ponte a una campata, a due campate, nessun ponte. Peccato che non siamo in un telequiz alla Mike Bongiorno, ma in una realtà territoriale trascurata, dimenticata, abbandonata e vittima predestinata di un’idea di “autonomia differenziata” che allargherà il divario Nord-Sud. Con buona pace degli auspici dell’Europa che, a tal proposito, ha praticamente raddoppiato la disponibilità dei fondi PNRR: qualcuno, facilmente, finge di dimenticare che le risorse finanziarie destinate all’Italia (la dotazione più alta tra i Paesi europei) sono arrivate alla cifra stratosferica di 190,5 miliardi di euro grazie al “disagio” del Meridione. 

Il PNRR, nelle intenzioni, dovrebbe servire a colmare il divario che risulta intollerabile per l’Europa del terzo millennio. Invece, complice l’inadeguatezza di comuni ed enti locali, molti dei progetti destinati al welfare e a migliorare la qualità della vita con infrastrutture e iniziative di carattere sociale, culturale e, soprattutto, territoriale, non arriveranno nemmeno alla fase di pre-valutazione.

Torniamo al Ponte: le promesse non sono una novità delle campagne elettorali, ma questa si preannuncia aspra e cattiva. Tutti promettono tutto, del tipo “il mio bianco è più bianco del tuo” (neanche si vendessero detersivi…), ma un programma che si ponga obiettivi realizzabili (non solo annunciati) ancora non si è visto, Dichiarazioni di intenti, come se la nostra classe politica (e stendiamo un velo pietoso su buona parte di essa) non sapesse che un programma serio deve indicare obiettivi, ma anche dove si trovano le risorse e come andranno spese. A parole sono tutti bravi a promettere (vedere il refrain stile 1994 dell’ex cav), ma nei fatti ci si ferma a suggestioni. Il potere mediatico, soprattutto dei social, in questo caso, gioca un ruolo determinante. Anche se nessuno ha messo in evidenza che per la prima volta i diciottenni voteranno anche per il Senato (se qualcuno li convince a recarsi alle urne). Non c’è alcuna attenzione per questo nuovo bacino che conta quasi 4 milioni di elettori: prima della riforma dell’art. 58 della Costituzione dello scorso 18 ottobre, bisognava avere compiuto 25 anni per votare per il Senato. Ma non abbiamo visto iniziative per coinvolgere in qualche modo le classi giovanili. Come mancherà il voto a distanza che  il Circolo Valarioti (Voto sano da lontano) ha cercato in tutti i modi di mandare avanti nonostante l’opposizione del ministero dell’Interno: la proposta di legge con primo firmatario il presidente della Commissione Affari costituzionali della Camera Giuseppe Brescia si è arenata, nonostante la commissione proposta dal ministro per i Rapporti con il Parlamento Federico D’Incà per analizzare i dati del cosiddetto “astensionismo involontario”. Tant’è che il 25 settembre si profila una massiccia astensione a livello nazionale, in gran parte dettata dalla conclamata sfiducia nella politica. In Calabria, però, – è il caso di sottolinearlo – sul 55% di astensionismo cronico andrebbe considerato che una buona metà riguarda elettori, che vivono e lavorano fuori della regione,  che per varie ragioni (soprattutto economiche) non tornano a votare in Calabria.

A votare per chi? La sinistra (aspirante suicida) gioca la carta del referendum o noi o il ritorno al fascio (e già qui su tale rischio ci sarebbe da obiettare che il nostro Paese è solidamente democratico e sufficientemente in grado di autoproteggersi da qualsiasi revanscismo), al posto di presentare un programma serio e articolato. Invece si appalesa come “partito delle tasse”, pur proponendo una patrimoniale destinata a colpire soltanto i grandi patrimoni oltre i 5 milioni di euro. Gli elettori, quando sentono parlare di patrimoniale sembra siano stati toccati da una medusa: anche quello che campa (legalmente) di reddito di cittadinanza sente un brutto prurito e cerca vie di fuga. Ma questo, dalle parti del partito democratico, evidentemente non l’hanno ancora capito. 

Dall’altro lato, la “gioiosa macchina da guerra” (copyright Achille Occhetto, 1994) di Letta e company che alla destra che già fa pregustare una vittoria pesante (sempre che i dissidi e le discordanze presenti nella coalizione non si trasformino in pericolose e fatali liti), non fa cogliere l’opportunità di presentare un programma chiaro su come sarà l’Italia della prossima legislatura. 

Le dichiarazioni sul Ponte sono generiche, di maniera, e pressoché inutili: della serie “fa fine e non impegna”. Quando, invece, sarebbe questa l’occasione per il centrodestra, ancestralmente favorevole al collegamento stabile nello Stretto, per presentare un obiettivo strategico e risolutivo per eliminare qualunque imbarazzo. Un ruolo importante, sia chiaro, lo devono giocare le due regioni interessate: ai calabresi e ai siciliani il Ponte serve perché rappresenta un’idea concreta di sviluppo e di crescita del territorio non più rinviabile. Se non ci fosse stato lo stop (esecrabile, non finiremo mai di ripeterlo) di Mario Monti e del suo Governo a quest’ora il Ponte sarebbe stato una realtà, senza scusanti per l’Alta Velocità ferroviaria che si ferma a Villa San Giovanni e Messina e poi s’ingorga nel traghettamento. Da questo punto di vista appare suggestiva, ma di grande valenza la lettera aperta che l’ing. Giovanni Mollica e l’avv. Fernando Rizzo da Messina, mandano al Presidente Occhiuto. Caro Governatore, la legga e ne faccia tesoro con il futuro governo che verrà. È l’occasione per mostrare che non è soltanto il Presidente dei calabresi, ma un illuminato politico di cui il Sud, tutto il Sud, avrà di che essere orgoglioso. (s)


vedi lettera aperta al Presidente Occhiuto

 

A Roma il convegno “Mediterranei invisibili”: lo Stretto di Messina come “omphalos”

Domani mattina, alle 11, a Roma, nella sede di Palazzo Macuto, nella Sala del Refettorio, è in programma il convegno ” Lo Stretto di Messina «omphalos» della civilità mediterranea verso una dimensione internazionale. Progettualità e proposte per una Biennale dello Stretto”.

Ospitato dall’on. Vittorio Sgarbi che introduce i lavori, il convegno vedrà i saluti del ministro del Turismo, Massimo garavaglia.

Intervengono Alfonso Femia, che ha ideato e sviluppato il progetto Mediterranei Invisibili, Francesca Moraci, ordinario all’Università Mediterranea di Reggio Calabria, Francesco Miceli, Presidente del Consiglio Nazionale degli Architetti, Carmelo Malacrino, direttore del Museo Archeologico di Reggio Calabria, Maria Fedele, assessore alla Cultura del Comune di Taurianova e co-fondatrice «Network Mediterraneo», Patrizia Giancotti, docente dell’Accademia di Belle Arti di Reggio Calabria. Modera i lavori Francesca Agostino, collaboratrice di Eurocomunicazione e ideatrice di Network Mediterraneo.

Il concept di Mediterranei Invisibili è stato pensato e sviluppato da Alfonso Femia, architetto che opera in contesto internazionale, nato a Taurianova, genovese dalla primissima infanzia, che ha conservato un profondo senso di appartenenza e di identità con la sua terra d’origine. Un team di portavoce sul territorio individua i percorsi di esplorazione e le narrazioni più autentiche e significative: Francesco Messina e Gaetano Scarcella per il versante siciliano e Michelangelo Pugliese e Salvatore Greco per quello calabrese. Mediterranei Invisibili – Viaggio nello Stretto – è prodotto da 500×100 con Marco Predari, Giorgio Tartaro, Simonetta Cenci.

Mediterranei Invisibili è una ricerca sul Mediterraneo italiano, con una focalizzazione per step successivi, sui differenti territori. Lo Stretto, paradigmatico, quasi archetipo di molti altri luoghi del Mediterraneo, è la prima tappa dell’indagine, in corso dal 2018. 

Il suo approccio è unico che vede, ogni anno, un team di architetti, giornalisti, artisti, fotografi, coordinato da Alfonso Femia, esplora i luoghi e gli aspetti più invisibili. Il dialogo con le persone che li abitano è propedeutico all’individuazione del percorso per un rilancio bottom up, fuori dall’inquadramento stereotipato della “questione meridionale”.

Attraverso le direttrici geografiche, individuate per ogni viaggio, si costruisce una mappa con riferimenti essenziali – infrastrutture, paesaggio, ambiente urbanizzato, funzioni sociali pubbliche – con l’ulteriore obiettivo di orientare le risorse e sviluppare in termini progettuali l’innesto degli interventi. La mappatura rende leggibili bisogni e carenze, punti deboli e punti di forza del territorio e pone le basi per la loro trasformazione. 

Le esplorazioni hanno toccato, tra Calabria e Sicilia, tantissime città e borghi: nel 2018 Reggio Calabria, l’area Grecanica con Amendolea e Gallicianò, Filanda Cogliandro, Costa Viola; nel 2019 Rosarno in Calabria, Scilla, Gerace e Messina, con le sue fortificazioni e la fondazione Horcinus in Sicilia; nel 2020, la Valle del Nisi, la città di Roccalumera, le antiche Terme Granata-Cassibile, la batteria militare Margottini, il borgo di Alì; l’antica città di Fiumedinisi; il Castello Belvedere; il Parco La Rocca di Buticari, in Sicilia e il Parco dei Taureani, la Tonnara di Palmi, lo Scoglio dell’Ulivo e le Grotte di Trachina, Tracciolino e sant’Elia in Calabria; nel 2021, la Masseria Acton a Rizziconi, il Museo della Ceramica a Seminara, la Diga del Menta, Ecolandia in Calabria, a Messina la Rada di San Francesco, l’area del porto Tremestieri e la passeggiata a mare-Batteria Masotto.

«Durante i viaggi nello Stretto – ha spiegato Femia – abbiamo incontrato persone che osservano e raccontano, provando a rendere comprensibile e a trasformare in un bene comune il territorio in cui siamo ospiti. L’ambizione e insieme l’obiettivo mio e del team di Mediterranei Invisibili, promosso dalla piattaforma di comunicazione 500×100, è quello di dimostrare concretamente come arte, architettura e politica possano cooperare per una crescita collettiva e dei luoghi».

«La Biennale – ha concluso – chiama a raccolta l’immaginazione, la progettualità, la ricchezza intellettuale del territorio. È il primo passo nella direzione di sinergie e collaborazioni tra i cittadini, le istituzioni e le amministrazioni. Mutando lo sguardo, lo Stretto, storicamente letto come divisivo tra Messina e Reggio, tra Calabria e Sicilia, diventa connessione che unisce i territori». (rrm)

A Roma il convegno su Stretto e Mediterraneo

Venerdì mattina 15 aprile, alle 11, a Roma, in programma a Palazzo San Macuto il convegno dal titolo Lo Stretto di Messina «omphalos» della civilità mediterranea verso una dimensione internazionale. Progettualità e proposte per una Biennale dello Stretto.

Introduce Vittorio Sgarbi, che ospita l’evento, mentre il ministro del Turismo, Massimo Garavaglia, porterà i saluti istituzionali. Seguiranno gli interventi di Alfonso Femia, che ha ideato e sviluppato il progetto Mediterranei Invisibili, Francesca Moraci, ordinario all’Università Mediterranea di Reggio Calabria, Francesco Miceli, Presidente del Consiglio Nazionale degli Architetti, Carmelo Malacrino, direttore del Museo Archeologico di Reggio Calabria, Maria Fedele, assessore alla Cultura del Comune di Taurianova e co-fondatrice «Network Mediterraneo», Patrizia Giancotti, docente dell’Accademia di Belle Arti di Reggio Calabria. Modererà i lavori Francesca Agostino, collaboratrice di Eurocomunicazione e ideatrice di «Network Mediterraneo».

Mediterranei Invisibili è una ricerca sul Mediterraneo italiano, con una focalizzazione per step successivi, sui differenti territori. Lo Stretto, paradigmatico, quasi archetipo di molti altri luoghi del Mediterraneo, è la prima tappa dell’indagine, in corso dal 2018. L’approccio di Mediterranei invisibili è unico: ogni anno, un team di architetti, giornalisti, artisti, fotografi, coordinato da Alfonso Femia, esplora i luoghi e gli aspetti più invisibili. Il dialogo con le persone che li abitano è propedeutico all’individuazione del percorso per un rilancio bottom up, fuori dall’inquadramento stereotipato della “questione meridionale”.

Attraverso le direttrici geografiche, individuate per ogni viaggio, si costruisce una mappa con riferimenti essenziali – infrastrutture, paesaggio, ambiente urbanizzato, funzioni sociali pubbliche – con l’ulteriore obiettivo di orientare le risorse e sviluppare in termini progettuali l’innesto degli interventi.

La mappatura rende leggibili bisogni e carenze, punti deboli e punti di forza del territorio e pone le basi per la loro trasformazione. (rrm)

PNRR: PROGETTI DA MEZZO MILIARDO PER
RIFARE PORTI E STAZIONI DELLO STRETTO

dalla REDAZIONE ROMANA – Quali sono i progetti della Regione Calabria per utilizzare i fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza? Non si sa nemmeno se è già stato presentato qualcosa, al contrario, la Sicilia sta lavorando sodo e l’Authority dello Stretto, guidata da Mario Mega, ha già predisposto insieme con il Ministero della Mobilità e RFI (Reti Ferroviarie Italiane) una serie di progetti per 490 milioni di euro finalizzati a rifare le stazioni marittime di Messina, Villa San Giovanni e Reggio (i tre porti dell’Authority) e finanziare l’acquisto di nuovi treni. Non si parla di attraversamento stabile dello Stretto, ma di potenziare trasporti e mobilità, sfruttando i quattrini del PNRR.

Naturalmente c’è una evidente paternità politica in tutto ciò, targata CinqueStelle, che può contare sul sottosegretario Giancarlo Cancelleri (che al contrario dei suoi compagni di partito è invece favorevole al Ponte) e sui deputati Francesco D’Uva e Valentina Zafarana che in Sicilia stanno tenendo argine al crollo verticale di consenso che ha colpito il MoVimento. L’insieme dei progetti dell’Authority dello Stretto serve anche a ridare smalto a un’iniziativa politica che sembrava destinata al tramonto e, non a caso, i grillini ne stanno rivendicando il merito per fini elettorali. Una lezione di efficienza che, però, dall’altra parte dello Stretto nessuno minimamente ha pensato di prendere ad esempio.

Non si tratta solo di ridare vita alle stazioni marittime ormai veri cimeli di un tempo andato, ma addirittura di pianificare l’utilizzo in Sicilia dei Frecciarossa che possano collegare più rapidamente (anche se con velocità limitata rispetto alle potenzialità delle motrici) l’isola con Roma e Milano e altri centri del Nord, attraverso il tradizionale traghettamento delle Ferrovie dello Stato. Si parla dell’acquisto di ben 12 Frecciarossa che da Villa San Giovanni proseguirebbero, via traghetto, in Sicilia per arrivare a Siracusa e Palermo. Naturalmente i tempi di imbarco e sbarco andrebbero completamente rivisti  e dimezzati se si vorrà trarre qualche vantaggio dall’utilizzo di treni superveloci.

Secondo quanto ha dichiarato il sottosegretario alle Infrastrutture Cancelleri, «La configurazione con le doppie motrici, lo sgancio rapido in punta e il fatto che sono treni più piccoli permetterà di dimezzare i tempi di imbarco e sbarco: i treni entreranno direttamente nelle navi traghetto e, una volta sbarcati a Messina, prenderanno le due direzioni – Palermo e Siracusa – senza necessità di montare e smontare le carrozze: non è l’alta velocità, la rete ferroviaria resta quella che è, inSicilia, ma il fatto che siano treni nuovi consentirà comunque di raggiungere i 200 km orari».

Resta da capire come faranno a entrare sui traghetti i Frecciarossa (che abitualmente viaggiano in due sezioni da 4 vagoni ciascuna – con 200 posti per ogni sezione) se non segmentando le due sezioni, per occupare i due binari centrali, come avviene attualmente con gli intercity. Dove starebbe il dimezzamento dei tempi, visto che tutte le operazioni di imbarco e sbarco avverrebbero con il solito locomotore diesel che oggi fa, con grande dispendio di tempo, il suo onesto lavoro di aggancio e sgancio? Che l’annuncio abbia molto sapore elettorale risulta evidente, ciò non toglie, però, che almeno, in Sicilia, i progetti ci sono. Il risultato finale non sarà, probabilmente, quello tratteggiato dai grillini, ma l’insieme merita la giusta attenzione.

Si consideri, inoltre, che accanto ai 490 milioni del PNRR bisognerà prevedere anche l’afflusso di altri 60 milioni aggiuntivi destinati a investimenti pubblici per progettare un immenso deposito di GNL (gas naturale liquefatto) che servirà come carburante per le navi e il trasporto su gomma. Insomma c’è, quanto meno, un’idea di programmazione e di pianificazione che i governanti calabresi dovrebbero tentare di imitare, senza lasciarsi affogare dalla becera burocrazia di Germaneto che ha il triste merito di affossare tutto e far rispedire indietro (com’è successo fino ad oggi) i soldi dell’Europa per incapacità di pianificazione e utilizzo degli stessi.

Come saranno destinate le risorse già impegnate? RFI utilizzerà 60 milioni per l’acquisto di tre nuove navi passeggeri per l’attraversamento dello Stretto. Si tratterà di navi ad alimentazione GNL o elettrica. 20 milioni sono destinati, invece, per le navi che traghetteranno i treni. Per le flotte private sono, inoltre, disponibili 35 milioni per rinnovare i mezzi. Per quanto riguarda i traghetti per trasporto ferroviario è prevista l’implementazione della flotta con una nuova nave pronta entro il 2025 ad alimentazione ibrida. La stessa nuova nave Iginia, pronta già a gennaio di quest’anno, subirà interventi di ibridizzazione per un costo di 3 milioni di euro.

Il pacchetto dei progetti è molto articolato: andrà realizzato a Tremestieri, sulla sponda sicula, il terzo approdo, mentre è prevista l’intera rimodulazione delle stazioni marittime di Messina e Villa San Giovanni in modo da offrire un percorso più agevole ai passeggeri in arrivo e in partenza, collegato anche con i mezzi del traghettamento privato. Secondo il presidente dell’Authority dello Stretto Mario Mega la previsione di un deposito costiero di GNL risponde a una logica avveniristica: «Il Gnl è il futuro immediato delle navi merci e di quelle da crociera, che così avrebbero un impianto di rifornimento in sud Italia. Inizialmente sarà rifornito via nave, ma l’obiettivo è che arrivi all’autoalimentazione. Attraverso l’impianto di microliquefazione lo si potrà poi distribuire a terra, per il rifornimento dei mezzi. Sicilia e Sardegna sono le uniche regioni dove non esiste una rete di Gnl, il che non consente ai tir di completare la transizione ecologica. Così, invece, avremmo il primo punto per sviluppare le reti di distribuzione a terra».

I grillini sono ottimisti sui tempi di esecuzione, visto l’obbligo di rispettare la scadenza del 2026. «Abbiamo superato – ha detto il sottosegretario Cancelleri – anche il modello Genova, lavorando ad un pacchetto di norme che consente l’attuazione di questi progetti riconoscendo agli enti attuatori ampi poteri di deroga. Il Tar non potrà più sospendere la gara in presenza di ricorsi, ad esempio: i progetti andranno avanti così come da aggiudicazione e, qualora un’impresa si ritenesse lesa e dimostri di aver ragione, sarà ammessa al risarcimento ma l’opera andrà avanti così come appaltata». Se così sarà, ci saranno indubbiamente vantaggi evidenti anche per Reggio e Villa San Giovanni. Vedremo. (rrm)

Nucera scrive ai deputati per l’emendamento di IV dei 35 milioni per le navi private dello Stretto

Giuseppe Nucera, leader del movimento La Calabria che vogliamo, ribadendo il suo ‘no’ per l’emendamento presentato da Italia Viva che prevede lo stanziamento di 35 milioni per le navi private dello Stretto, ha scritto una lettera aperta ai deputati, chiedendo che venga stralciato e che la somma sia utilizzata «per andare incontro alle esigenze di chi, come i camionisti e i cittadini, ogni giorno deve affrontare una spesa del tutto ingiustificata per attraversare lo Stretto».

Nel testo della lettera inviata da Giuseppe Nucera ai Deputati della Repubblica, si chiede che l’emendamento di Italia Viva sia stralciato ma che i 35 milioni di euro stanziati rimangano in riva allo Stretto, così da essere utilizzati per andare incontro alle esigenze di chi, come i camionisti e i cittadini, ogni giorno deve affrontare una spesa del tutto ingiustificata per attraversare lo Stretto. Trentasette euro il costo per un biglietto di a\r per automobili se si rientra entro 24 ore, di 42 euro se si rientra entro 3 giorni. Per i furgoni e gli automezzi commerciali invece i prezzi arrivano sino a 320 euro.

«Anche in questa estate 2021 – ha detto Nucera – dovremo assistere a file interminabili nei pressi degli imbarchi a Villa San Giovanni, una situazione che crea enormi disagi ai cittadini e al comune stesso. Il business della società Caronte & Tourist prosegue quindi indisturbato. Al danno si aggiunge la beffa, relativa all’emendamento presentato dal partito di Italia Viva. Nello Stretto vige la politica da ‘Repubblica delle banane’, quella che privilegia gli interessi dei soliti a danno del popolo che per passare da una sponda all’altra deve pagare “dazio”».

«In riferimento – ha aggiunto – alla posizione dominante assunta da Caronte & Tourist nello Stretto di Messina, come denunciato in diverse occasioni dal nostro movimento, ci aspettiamo una presa di posizione chiara e rapida da parte di Antitrust. Per favorire un reale sviluppo dell’area dello Stretto, serve una libera concorrenza e la costruzione del Ponte, infrastruttura di fondamentale importanza per tutto il paese».

«Lo Stato – ha concluso l’ex presidente di Confindustria Reggio Calabria – si accolli il “dazio” che la Caronte&Turist, applica ai camionisti ed automobilisti che attraversano lo Stretto di Messina. Le merci siciliane arrivano sui mercati del nord penalizzate rispetto ai prodotti dei paesi concorrenti. Pensare ad una sorta di contributo per calmierare le tariffe è un qualcosa di certamente più utile e necessario rispetto al favorire chi già il padre-padrone tra la sponda calabrese e quella siciliana». (rrc)

 

STOP PLASTICA, SALVARE IL NOSTRO MARE
UN IMPEGNO SERIO PER LA DEPURAZIONE

La Giornata Nazionale del Mare, celebrata ieri in tutt’Italia, assume un significato particolare per la Calabria: le immagini dei fondali dello Stretto trasformate in un’ignobile discarica sottomarina parlano da sole. Serve – ha detto il segretario generale della Cisl Calabria Tonino Russo – «un impegno serio e determinato per la creazione di un sistema integrato di depurazione delle acque. Perciò la Cisl rilancia la proposta di un Contratto Istituzionale di Sviluppo, un “CIS Mare Pulito” per una programmazione comune, finalizzata a progettare e realizzare una rete di infrastrutture necessarie alla depurazione e al collettamento fognario. In un momento di crisi sanitaria, economica e sociale in cui è come non mai indispensabile operare, nell’immediato e in prospettiva, per il rilancio del turismo e del territorio, appare chiaro che un patto istituzionale che coinvolga il Governo, la Regione e i Sindaci in un percorso condiviso e coordinato nell’affrontare decisamente il problema, è l’unico modo di salvare e valorizzare la grande e preziosa risorsa naturale, ambientale e paesaggistica costituita dal mare e dagli 800 km di coste calabresi».

Certo, le risorse messe a disposizione dal Recovery Fund per un’Europa più verde” lasciano immaginare di essere – ha detto ancora Russo – «davvero ad una svolta possibile, perché l’Unione Europea considera prioritario il tema della tutela delle risorse naturali e dell’ambiente, prevedendo importanti investimenti. Il Quadro Finanziario Pluriennale (cioè il bilancio a lungo termine) 2021-2027 destina infatti a questo obiettivo, per tutta l’Unione, 356,4 miliardi di euro e il piano Next Generation EU ne stanzia 17,5: un totale di 373,9 miliardi».

La Giornata del mare è nata per «sviluppare la cultura del mare, inteso come risorsa di grande valore culturale, scientifico, ricreativo ed economico». È un modo per attrarre l’attenzione, soprattutto die giovani, sulla necessità di porre la massima attenzione al problema inquinamento e alla necessità di preservare non solo il verde ma anche l’ambiente marino.

Su questi temi, sabato, a Catanzaro i Verdi Calabria hanno aperto un dibattito (in streaming) sullo stato del mare della regione. «Salviamo il nostro mare» non è soltanto lo slogan dell’incontro che ha suscitato molto interesse e raccolto importanti adesioni, ma un obiettivo mirato per una specifica sensibilizzazione ambientale che risulta, a questo punto, quanto mai necessaria e non più rinviabile.

La diretta online è stata moderata da Giuseppe Campana, Commissario regionale Verdi, coordinata da Alessia Alboresi, consigliere comunale di Corigliano Rossano e Elisa Romano, dell’esecutivo nazionale Verdi, con «l’intento di accendere i riflettori sulla questione che attanaglia questa regione da tantissimo tempo».

«Ci sono diverse analogie tra la cattiva gestione dei rifiuti solidi e la cattiva depurazione che affligge le nostre acque – ha dichiarato Elisa Romano – e su tutto questo L’UE fa cassa. Non dimentichiamo che l’inquinamento è infatti dovuto non solo al mal funzionamento dei depuratori ma anche all’utilizzo delle plastiche monouso che tra poco prenderanno il sopravvento sulla fauna marina. Nel nostro percorso di sensibilizzazione, ad oggi abbiamo riscontrato molti atteggiamenti di riluttanza. Di ambiente si parla per essere alla moda ma non si attua concretamente nulla di ciò che si promette. Spero che la politica voglia abbandonare la realizzazione di opere inutili che in maniera vergognosa insegue, ad esempio il ponte sullo Stretto, per dedicarsi ad opere concrete e fattive: l’ambiente non è uno spot pubblicitario da utilizzare nelle campagne elettorali, la noncuranza dell’aspetto ambientale prima o poi presenta il suo conto».

Ad avviso di Silvio Greco, direttore della sede romana e calabrese della stazione zoologica “Anton Dohrn” «È tardi per preoccuparsi del pianeta Terra, che ha un tempo ormai finito; il tema vero di cui occuparsi è quello della qualità della vita sul pianeta, per il tempo che ci resta da vivere. Se le persone capissero una volta per tutta che qualunque gesto che crei danno si ritorce contro di noi, diventeremmo tutti ecologisti. Ma si è volutamente abbassato il livello scolastico e stiamo andando verso un’ignoranza generalizzata che favorisce i populismi sia di destra che di sinistra, un’ignoranza che fa paura. La maggioranza politica di questo Paese – ha concluso Greco – non ha alcun interesse verso la sostenibilità, né sociale né dell’ecosistema. Lo sforzo da fare è quello di lavorare sul tema dell’educazione ambientale. Abbiamo bisogno di cultura, di conoscenza.  La politica si deve assumere la sua responsabilità. Un assessore all’ambiente non può parlare senza conoscere, stanno facendo solo del green wash. Si ragiona ancora sulla realizzazione delle discariche quando, invece, la discarica è soltanto la fase terminale di un processo e nella discarica deve arrivare solo il 3% dei rifiuti. Questo è il tempo in cui non si può non essere partigiani nel senso di prendere parte, è troppo importante per la qualità della vita della nostra specie».

Orlando Amodeo, Coordinatore Verdi Crotone, riallacciandosi ai discorsi di Silvio Greco, ha concentrato la propria analisi sulle particelle nocive che inquinano i nostri mari e la relativa fauna. «È vero che abbiamo una grande biodiversità –  ha detto Amodeo – ma in tutti i nostri pesci i tassi di particelle chimiche quali fosforo, mercurio, cominciano ad abbondare pericolosamente; se poi aggiungiamo il fatto che consumiamo pesce di allevamento, che è grave fonte di inquinamento, vediamo purtroppo a che futuro stiamo andando incontro. Il territorio di Crotone per 30 anni è stato patria della Montedison, per cui c’è ancora una striscia di 4km sul mare. Si è poi proceduto con la “bonifica”, ma “bonifica” non deve essere solo coprire con della terra e piantare alberi».

A confermare dei dati preoccupanti, anche Domenico Bova, coordinatore Verdi Reggio Calabria. «Reggio – ha detto – dovrebbe essere un’isola felice, grazie alle correnti ed al ricambio frequente di acque, ma in realtà abbiamo gli stessi problemi degli altri, poiché non abbiamo mai acquisito l’assunto di essere uomini di mare. Reggio Calabria è, infatti, una città sul mare ma non è una città di mare. Reggio celebra la montagna nella sua gastronomia, con centinaia di macellerie, ma non ha pesce. Non ha una flotta di pescherecci, è poco avvezza alla cultura del mare. Andando alla questione inquinamento, la velocità con cui le acque meteoriche arrivano a mare, fa sì che se non c’è un controllo a monte, anche con opere di contenimento di determinati rifiuti, soprattutto i solidi urbani, la velocità con cui queste acque arrivano a mare è troppa e si creano danni. Poi subìamo la mancanza di una corretta depurazione, che produce un’iperfloritura algale per cui tutta una serie di specie ittiche è costretta a spostarsi per cercare condizioni di vivibilità. L’inquinamento del mare ha, quindi, creato una distribuzione diversa della fauna marittima. Non ultimo è, inoltre, il controllo dello sversamento dell’amianto. Abbiamo quattro fiumare che circoscrivono il perimetro di Reggio, in cui molti hanno pensato di sversare gli scarti dei propri lavori, l’amianto, che con le acque torrentizie finiva a mare. Ora col superbonus si prevede una grande mole di lavori edili e, quindi, bisogna esercitare dei controlli importanti. Il mare è fonte inesauribile di energia pulita grazie alle correnti ed alle onde, che consentono la produzione di energia alternativa. Spero che nel breve periodo si possa pensare a questo tipo di attività e risorse che investano il territorio reggino».

Non solo la costa, ma anche l’entroterra fa la sua parte nella tutela dei nostri mari. A parlarne, Mariano Marotta, coordinatore Verdi di Catanzaro. «Non è un problema solo dei comuni costieri. Molti comuni dell’entroterra non vengono tenuti in considerazione nella gestione della problematica. C’è, infatti, la convinzione errata che risolvendo la depurazione sui comuni costieri si risolva più in generale il problema – ha detto Marotta – La Calabria ha bisogno di una progettazione di tipo tecnico scientifico, che invece viene lasciata agli amministratori che spesso non hanno la sensibilità o le capacità. La Regione deve immaginare una progettazione che sia quasi pilota e possa essere replicata sul territorio in modo tale che una buona pratica possa poi fungere da motore per il resto».

Secondo Raffaele Greco (Verdi Vibo), «Il mare è lo specchio fedele di quanto avviene sulla terra ferma. Troviamo nelle nostre acque una contaminazione molto intensa con agenti patogeni, di origine principalmente fecale, perché la combinata azione di torrenti e piogge porta a mare, specie dopo la stagione estiva, un forte inquinamento organico. Io penso che il vero problema su cui oggi interrogarci da un punto di vista politico sia il fatto che la Regione, a distanza di 20 anni dalla direttiva quadro 60/2000 e del d.l. 152/2006, non abbia un piano di tutela delle acque regolarmente approvato dal consiglio regionale. Le politiche delle acque – ha concluso – vanno fatte su scala regionale e su scala distrettuale. Purtroppo, ad oggi, non se ne sente parlare. Neanche nel primo abbozzo di campagna elettorale che c’è stata. Dovremmo farne un cavallo di battaglia della nostra prossima campagna elettorale».

Molto dure le parole di Vincenzo Giordano, Consigliere federale nazionale Verdi, che ha definito «un problema di provenienza politica, inutile additare il privato cittadino che fa sì la sua parte, ma deve essere la politica l’elemento risolutore di queste circostanze».

«Parliamo del mare inquinato da quasi 40 anni, anni in cui si sono succeduti i vari governi regionali, comunali e provinciali – ha detto Giordano –. Parlare di ambiente non ha e non dovrebbe avere un colore politico, dovrebbe nascere spontaneo a chiunque occupi un posto istituzionale. Ma come è possibile che nessuna entità politica se non i Verdi abbiano intrapreso questo cammino? Il resto della politica sfrutta la linea verde per accaparrarsi una fetta di elettorato, per poi disattendere ogni promessa. Si tratta di green washing. Il problema ambientale è complesso e ne è responsabile solo la politica. Non dimentichiamo i grandi danni compiuti negli anni ’80 e ’90, in questo frangente c’è stato un abusivismo incredibile, colpa del privato ma anche della politica che ha condonato. Molti degli immobili condonati hanno gli scarichi a mare. Abbiamo inoltre una ferrovia tra la spiaggia e le statali. Non cadiamo nella trappola del politichese, una mente critica che ha un minimo di sapienza su questa Europa prima denigrata e poi presa a braccetto dai vari politici di turno sa riconoscere gli errori fatti. Le elezioni sono imminenti – ha terminato – spero che la popolazione calabrese sappia fare tesoro e cultura di questa memoria e si esprima a dovere».

Tra gli interventi programmati, anche quello di Angelo Calzone, Delegato WWF Calabria. «La politica deve saper fare tre cose: programmare, farsi portavoce delle istanze delle associazioni ambientaliste che spesso sono anche antesignane per quanto riguarda i valori e le problematiche del territorio e, infine, assumere il valore del capitale naturale come stella polare di ogni azione».

La Alboresi ha evidenziato come sia «necessario fortissimamente insistere su una educazione ambientale dei giovani, dall’età scolastica» ed ha posto un accento sulla «Nuova 106 ad Amendolara, che potrà ancor di più inficiare il medio ambiente, ma il cui mare si è dimostrato più resiliente e più intelligente di noi, riportando in vita nientemeno che il meraviglioso corallo rosso, assente dai mari calabresi da decenni».

Le conclusioni sono state affidate agli interventi di Giuseppe Campana e di Silvio Greco. «Le acque calabresi – ha detto quest’ultimo – la loro flora e fauna sono a rischio inquinamento se le persone capissero una volta per tutte che qualsiasi gesto crea danno all’ecosistema e di conseguenza a noi molto probabilmente diventeremo tutti ecologisti, il problema è che anche nel mondo della scuola i temi ambientali non vengono trattati come si dovrebbe creando poca consapevolezza nei ragazzi. Il lavoro che devono fare i verdi è quello incentrato sulla educazione ambientale, insieme alle associazioni ambientaliste perché c’è bisogno di cultura e conoscenza. La politica si deve assumere delle responsabilità perché un assessore all’ambiente così come un ministro della transizione ecologica non può parlare senza concezione di causa».

«Non bisogna lasciare spazio ai populismi di destra e sinistra – ha concluso Giuseppe Campana – che hanno giocato sui temi ambientali per accaparrarsi voti della gente. La questione ambientale non può essere liquidata in quattro righe da inserire in un programma elettorale. È una questione culturale e di volontà politica, di coraggio nell’assumersi delle responsabilità nelle scelte politiche che tutelano il paesaggio e il territorio. Decisivo ora più che mai l’intervento della politica. Noi ci stiamo mettendo il nostro impegno e anche in questo anno di pandemia, nonostante le difficoltà riscontrate, siamo riusciti a rifondare il partito in tutte le federazioni proprio perché crediamo che ci sia bisogno, ora più che mai, di concretezza ed attuazione pratica delle politiche ambientaliste». (rrm)