L’OPINIONE / Enzo Comerci: Istituire a Vibo una sede Universitaria

di ENZO COMERCIDopo Cosenza, Reggio Calabria e Catanzaro ora anche Crotone avrà la sua università. Dei capoluogo di provincia della Calabria manca solo Vibo Valentia, nonostante la città per la sua storia millenaria, per la sua posizione geografica avrebbe tutti i requisiti per essere sede universitaria quantomeno su alcune tematiche delle quali la Provincia Vibonese eccelle, ovvero: Turismo, con la Costa degli Dei, Alimentazione, con la Dieta Mediterranea di riferimento di Nicotera, Beni Culturali.

Lasciamo stare le gravi responsabilità in capo alla classe dirigente dell’intera provincia, costituita da parlamentari, consiglieri regionali e provinciali, che negli ultimi trent’anni è sembrata avulsa del proprio contesto, per chiedere l’intervento dei sindaci dell’intera provincia i quali, superando sterili campanilisti, attraverso la Conferenza dei sindaci, pongano, con forza, all’attenzione dell’opinione pubblica, ai rappresentati parlamentari e del consiglio  regionale, eletti nella Provincia, al Presidente della Provincia e quindi, tutti insieme, si chieda alla Giunta Regione e al Ministro dell’Università e della Ricerca l’istituzione, a Vibo Valentia, di una sede Universitaria Statale per le facoltà, perlomeno, di Scienze Turistiche, Scienze dell’Alimentazione, Beni Culturali ed Archeologia.

L’università a Vibo Valentia, per la sua ubicazione al centro della Calabria, potrebbe dare risposte agli studenti interessati di un ampio territorio, che va ben oltre ai confini della Provincia Vibonese per interessare anche i giovani del Lametino e della Piana di Gioia Tauro. La massima istituzione negli studi in un territorio, oltre a dare risposte ai giovani in loco senza bisogno di andare in altre località – più o meno lontane – per chi se lo può permettere, innesca dei meccanismi virtuosi con grande ricaduta economica e sociale per tutta la Provincia.

Per questa nobile iniziativa, che da un po’ di tempo se ne parla nella città che fu di Vito Capialbi, di Luigi Razza, di Antonino Murmura, solo per indicare alcuni degli uomini più rappresentativi, il Movimento dell’Indipendenza Nazionale certamente darà il suo sostegno con gli organismi Provinciali, Regionali e Nazionali.  (ec)

Mario Occhiuto nel Comitato ristretto per il ddl “Accesso medicina e chirurgia”

Prestigioso incarico per il senatore calabrese di FI Mario Occhiuto, nominato membro del Comitato ristretto della Commissione Istruzione al Senato per  l’esame del disegno di legge sull’accesso ai corsi di laurea magistrale in medicina e chirurgia.

«È un incarico che svolgerò con impegno e grande senso di responsabilità – ha detto il parlamentare – con la consapevolezza dell’importanza di un provvedimento che riguarda tantissimi giovani che sognano di diventare medici. Quello universitario è un ambito che mi sta particolarmente a cuore, perché, formando professionisti preparati, offre ai nostri ragazzi una vera e concreta speranza per il futuro. Il governo, con il ministro Bernini, e la maggioranza stanno investendo risorse sostanziose nell’università».

«Per l’Ateneo della Calabria, in particolare, con la manovra sono stati stanziati ben 3,5 milioni in tre anni per lo sviluppo di personale esperto in medicina digitale per soluzioni diagnostiche e terapeutiche di avanguardia che siano in grado di elevare il livello di prestazioni del Sistema Sanitario Regionale – ha concluso –. Il nostro obiettivo è quello di rafforzare e sostenere le nostre università che creano professionalità che il mondo ci invidia». (rrm)

PER I GIOVANI CALABRESI STUDIARE FUORI
È UN LUSSO: VIENE LESO UN LORO DIRITTO

di FRANCO CACCIA I calabresi siamo un popolo di migranti. Ben conosciamo l’emigrazione per lavoro e per malattia, ma non meno diffusa è l’emigrazione legata a motivi di studio. Come noto, tanti giovani calabresi frequentano università ubicate nelle città del centro nord, dove il costo della vita, in particolare dei fitti, è diventato proibitivo. I posti disponibili presso gli studentati universitari sono una parte marginale rispetto alla presenza di studenti provenienti da altre regioni.

Una delle principali voci di spesa a cui le famiglie vanno incontro, quando decidono di mandare un figlio a studiare fuori regione, è rappresentata proprio dal costo dell’alloggio presso le principali città universitarie (Roma, Bologna, Milano, Siena). Il costo di una camera varia in base a diverse circostanze tra cui l’ubicazione, le condizioni dello stabile, la qualità dell’arredo, la condivisione della stanza con altri inquilini. In ogni caso parliamo di una cifra che si aggira tra i 500 ed i 1200 euro mensili.

Sostenere le tante spese necessarie per assecondare le legittime aspettative di crescita e di affermazione umana e professionale dei figli, che studiano fuori regione, è diventato un vero salasso per le magre tasche delle famiglie medie di Calabria, al punto da diventare un vero privilegio per famiglie dal reddito medio-alto. Mantenere agli studi un figlio che scegli un percorso di studi non disponibile nella nostra regione, oltre ai costi di vitto, prevede spese per libri, tasse universitarie, trasporti, sport e tempo libero, viaggi per il rientro a casa.

A conti fatti far studiare un/a figlio/a fuori regione comporta, per le famiglie calabresi, un costo annuo che supera abbondantemente i 10mila euro. A sollecitare interventi concreti da parte delle politiche pubbliche in modo da non lasciare sole le famiglie, di fronte a questi ingenti spese, ci ha pensato il Forum delle famiglie della Calabria.

«Molti studenti della nostra regione – ha dichiarato Claudio Venditti, presidente del Forum– studiano fuori e fanno i conti con affitti, che in presenza di una richiesta elevata e in mancanza di alloggi sufficienti da parte delle Università, lievitano in continuazione. Una situazione insostenibile, studenti e famiglie non riescono più a trovare una casa a prezzi abbordabili, e di fatto viene loro negato un diritto fondamentale»

Secondo Venditti ed altri ricercatori sociali, una soluzione immediatamente darebbe tuttavia praticabile in tempi brevissimi. Basterebbe infatti che il governo decidesse di aumentare alle famiglie la detraibilità delle spese da queste sostenute per far studiare i figli fuori regione. Oggi l’importo massimo detraibile è pari a 500 euro, vale a dire il 19% di una spesa complessiva di 2.633 euro l’anno. Una cifra ridicola che non riesce a coprire neanche il costo di una singola mensilità del fitto. Il forum delle famiglie calabresi ha pertanto lanciato un appello a tutti i parlamentari calabresi affinché si facciano carico, con opportuni emendamenti in sede di approvazione della finanziaria, dove come abbiamo notato sono state presentate istanze varie, alcune delle quali volte a riconoscere compensi aggiuntivi ai docenti che insegnano nelle regioni nord.   Sembra logico che di fronte al diritto allo studio, diritto sancito dalla Costituzione, si trovi il modo di dare una risposta concreta ed immediata alle famiglie ed un segnale positivo agli studenti che, per diversi mesi, hanno inscenato la protesta delle tende presso i principali atenei del centro nord.  Ci sono battaglie di civiltà che bisogna saper affrontare e vincere con l’uso del buon senso e liberi da ogni forma di pregiudizio. 

A far studiare i figli fuori sede, a dover sostenere i costi citati, sono le famiglie meridionali e calabresi in particolare e l’eventuale introduzione di facilitazioni di natura fiscale sarebbe da tutti gradita.  Non pare quindi utile alla causa soffermarsi su pretesti o caratterizzare di colorazioni politiche una legittima e condivisa protesta di studenti e famiglie.  Su questo tema anche chi scrive, fin dalla scorsa primavera, ha sollecitato alcuni parlamentari calabresi dell’area di governo ricevendo risposte interlocutorie della serie «vedremo, approfondiremo».

Attendiamo fiduciosi le possibili novità all’interno dell’imminente finanziaria con la consapevolezza che quanti ricoprono cariche pubbliche, specie chi siede al Parlamento della Repubblica, è chiamato a trovare soluzioni concrete ai problemi dei cittadini, specie di quelli residenti nei territori di cui questi sono diretta espressione. Se non si riesce ad essere giusti interpreti del bisogno di riscatto dei calabresi, operare in maniera costante e qualificata per ampliare la sfera dei diritti e delle opportunità delle politiche pubbliche, allora è il caso che questi signori e signore imparino un mestiere e facciano altro. (fc)

Russo (Azione Universitaria): Su diritto allo studio inizia una nuova era

Mario Russo, già senatore accademico all’Unical e oggi capogruppo di Azione Universitaria in Consiglio Nazionale degli studenti universitari, ha evidenziato come «le nostre recriminazioni relative a ritardi o mancanze di vario tipo nell’erogazione delle borse di  studio hanno spesso riempito le righe dei nostri comunicati stampa ma oggi inizia un tempo nuovo, una nuova storia».

«Da anni combattiamo per garantire l’accesso dei giovani calabresi a un diritto sancito dalla  Costituzione in condizione di parità rispetto a tutti gli altri Studenti italiani – ha continuato Russo – ma  spesso la mancanza di risorse o la loro tardiva erogazione non hanno permesso la piena  realizzazione di questo auspicio». 

«Il 23 settembre scorso, durante l’evento di “Italia Vincente”, siamo riusciti a strappare al  Presidente Occhiuto – ha ricordato – la promessa di intavolare una riforma della Legge regionale per il Diritto allo  Studio universitario e, anche grazie alla spinta propulsiva determinante dell’on. Giuseppe Neri,  capogruppo di Fratelli d’Italia in Consiglio Regionale, i lavori preliminari ad opera dei tecnici  regionali sono già in corso».

In una nota dell’On. Neri si legge che questi lavori di riforma gettano le fondamenta proprio in una  proposta di Azione Universitaria, quella di far assumere alla Regione, con Legge, l’impegno di  provvedere alla copertura totale delle borse e di trasferire le risorse necessarie agli Atenei entro  agosto, con l’obiettivo di erogare i contributi agli Studenti entro trenta giorni dall’inizio dell’anno  accademico. 

«È un impegno nobile e una sfida coraggiosa, che non ha simili in Italia – ha continuato – e che si realizza anche  grazie alla sensibilità della Vicepresidente Princi, a cui va, insieme a Occhiuto e Neri, il nostro più  sincero ringraziamento per aver realizzato la ragion d’essere di anni di  impegno al fianco degli universitari calabresi e di una battaglia incessante per creare, anche in  Calabria, le condizioni essenziali per costruire un futuro migliore per intere generazioni». 

«Il nostro impegno, oltre che in CNSU, dove insieme alla Ministra Bernini stiamo dando il nostro  contributo per combattere il caro-affitti e l’emergenza abitativa, con strumenti analoghi a quelli su  cui investe oggi la Regione Calabria – ha concluso il capogruppo di AU – continuerà in termini di  raccordo anche con gli Atenei, al fine di adeguare i bandi e superare i limiti del passato, in una  rinnovata visione di rilancio di tutto il sistema». (rcz)

 

 

L’OPINIONE / Loredana Pilegi: È tempo di ripensare l’offerta universitaria includendo Vibo

di LOREDANA PILEGGILa storia culturale di Vibo è una storia antica e coincide da sempre con l’offerta scolastica che questa città ha saputo offrire nei secoli. Ricordiamo, su tutti, il Convitto nazionale e il Liceo classico Morelli. Grandi personalità si sono formate nei nostri licei, che erano da richiamo per nutrite frotte di studenti che vivacizzavano la città, sia da un punto di vista culturale che economico. Già nel 1968, gli studenti di allora, scendevano in piazza, gridando “Ateneo!”, perché già da allora si sentiva forte l’esigenza di fare quel salto di qualità che non poteva prescindere dall’avere una sede universitaria in città.

Qualcosa sembrò concretizzarsi negli anni novanta, quando si istituirono le Scuole mediche ospedaliere, per Scienze infermieristiche e fisioterapiche, unitamente ad un corso di laurea triennale in Protezione civile, collegato all’università di Cosenza. Nel tempo, però, tutto è scomparso, assorbito (scippato?) dalle università calabresi! Oggi assisto, con piacere, ad un vivace dibattito sull’apertura di nuove sedi universitarie, con facoltà di nuova istituzione come prevede la proposta per Crotone, ma con dispiacere noto che Vibo Valentia è completamente sparita da tale dibattito accademico e politico (l’unica voce che si è levata a livello regionale è quella del consigliere Antonio Lo Schiavo), pur avendo già una tradizione in tal senso.

Ed allora, oggi, che sono caduti i paletti mentali che volevano sedi universitarie concentrate a Cosenza, Catanzaro e Reggio Calabria, penso sia venuto il momento di ripensare ad un’offerta universitaria che includa anche la nostra città. Ridateci, quindi, i corsi infermieristici e paramedici, accanto a corsi che siano aderenti alla vocazione turistica del territorio.

Le professionalità e le strutture del Vibonese, sono in grado di soddisfare le richieste! In un territorio devastato da un punto di vista economico e culturale, avere una sede universitaria rappresenterebbe una linfa vitale e potrebbe fare la differenza anche e soprattutto per lo spopolamento dei giovani. Invito e sollecito, quindi, i nostri rappresentanti istituzionali, regionali e nazionali, affinché mettano in atto tutto il necessario perché questo si concretizzi! Se lo si può sognare, allora lo si può fare! (lp)

[Loredana Pileggi è vicepresidente Ordine dei medici di Vibo Valentia e consigliere comunale Vibo]

Medicina a Crotone, il consigliere Lo Schiavo: Si pensi a nuovi corsi anche a Vibo

Il consigliere regionale Antonio Lo Schiavo, accogliendo favorevolmente la possibilità di istituire una nuova facoltà di Medicina a Crotone, ha sottolineato come «non può e non deve restare fuori nemmeno la provincia di Vibo Valentia che rappresenta, ad oggi, un territorio svantaggiato sul piano della formazione universitaria pubblica, eccezion fatta per la prestigiosa presenza del Conservatorio di musica».

«Bene, dunque, l’iniziativa intrapresa su Crotone ma – ha aggiunto – sia le istituzioni universitarie della regione che il presidente della Giunta regionale Roberto Occhiuto, a questo punto, valutino con attenzione la necessità di non lasciare fuori dal dibattito una realtà che ben si presterebbe quale sede distaccata dei tre atenei calabresi, facendo leva sulle vocazioni del suo territorio».

«Penso a discipline come Scienze turistiche (alla luce dell’elevata concentrazione di strutture ricettive) o a Scienze e tecnologie alimentari, sempre in coerenza con la vocazione territoriale – ha proseguito – oppure (per restare all’ambito sanitario dove si registrano gravi carenze di figure specialistiche) ad una facoltà di Scienze infermieristiche che potrebbe trovare qui una sua opportuna collocazione. Non si tratta di mere rivendicazioni campanilistiche ma delle legittime istanze di un territorio che ha molte opportunità da offrire e che, al tempo stesso, auspica pari condizioni di sviluppo».

«Istituire corsi di laurea nel Vibonese, coerentemente alla natura del suo tessuto economico e produttivo – ha concluso – può rappresentare una spinta decisiva nella creazione di filiere virtuose oltre che un’eccezionale arma di contrasto allo spopolamento e alla fuga di cervelli».  (rvv)

L’OPINIONE / Giusy Iemma: Università e Regione assicurino più borse di studio per fermare carenza di medici

di GIUSY IEMMA – Il ricorso agli specializzandi, per far fronte alla carenza di personale medico nelle corsie calabresi, rappresenta un’opportunità che deve essere colta e sostenuta con maggiore responsabilità nella nostra regione. Pensando alla situazione di Catanzaro e dell’Azienda ospedaliera-universitaria Dulbecco, non si può non evidenziare la necessità di aumentare il numero delle borse di studio in ogni specialità, facendo attenzione anche ai relativi fabbisogni.

È una questione di cui ho discusso pubblicamente nel corso dei tavoli di lavoro alla Festa dell’Unità del Pd, rimarcando l’esigenza che Regione e Università mettano in campo uno sforzo suppletivo in termini di risorse e di programmazione per aumentare il numero delle borse di studio rispetto alle poche unità dello scorso anno. In una regione, come la Calabria, dove il calo del personale medico negli ospedali è in caduta libera e dove è particolarmente alta l’età media dei dottori in servizio, diventa indispensabile investire sui giovani specializzandi per difendere la sanità pubblica.

Si stima attualmente che in Italia sono solo 2500 gli specializzandi assunti davanti ad una platea potenziale di 25.000. Misure adottate a livello nazionale consentono agli stessi di entrare nel sistema sanitario, in anticipo rispetto all’acquisizione del titolo di specializzazione, e costruire così le basi per la loro futura assunzione.
Una soluzione che deve essere, quindi, valorizzata e adoperata con maggiore coraggio, specialmente con riferimento all’imminente nascita del secondo Pronto Soccorso al Policlinico di Germaneto, che potrebbe dare nuova linfa anche per i giovani professionisti della sanità chiamati a prestare servizio e formarsi nei nostri ospedali. Su questo punto, ci si aspetta dal Rettore dell’Umg una presa di posizione decisa per il bene dell’Università e dell’Ospedale, facendo valere nei confronti del commissario alla sanità Roberto Occhiuto le legittime aspettative di una comunità intera che non vuole perdere il diritto alla salute. (gi)
[Giusy Iemma è vicesindaco di Catanzaro]

UNIVERSITÀ, CROLLANO LE ISCRIZIONI
IN CALABRIA CI SONO -20,5% STUDENTI

di FRANCESCO CANGEMI – Le università calabresi non attraggono più e le iscrizioni calano. Secondo i dati Anvur hanno perso poco più del 20% degli iscritti ma il Rettore dell’Unical gongola per numeri in crescita.

Partiamo dal dato Anvur intanto. In Italia, negli ultimi 10 anni, c’è stata una forte variazione a livello regionale degli iscritti all’Università: sono aumentati al Nord, soprattutto in Piemonte (+23,8%), Emilia-Romagna (+21,3%) e Lombardia (+17,9%), mentre al Sud si registra un calo importante, guidato da Abruzzo (-30,3%), Basilicata (-24,6%) e Calabria (-20,5%). Sono proprio questi i dati presentati dall’Anvur, l’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca, alla Camera dei Deputati, che mettono a confronto il biennio 2011-12 con quello 2021-22.

Complessivamente, dunque, il calo delle iscrizioni al Sud arriva a -16,7% e nelle Isole a -17,1%, controbilanciato dall’aumento nel Nord-Ovest del 17,2% e nel Nord-Est del 13,4%. Le Regioni del Centro non registrano invece grandi variazioni, con una lieve diminuzione dello 0,9%.

Il totale degli iscritti, tuttavia, vede una cifra in aumento: +10,3%, per quasi 1 milione e 950mila studenti, con una forte crescita soprattutto delle università telematiche, alle quali oggi sceglie di iscriversi circa 1 universitario su 10. Nelle strutture telematiche, infatti, gli iscritti passano dal 2,5% del biennio 2011-12, all’11,5% del 2021-22.

Scendono dell’1,2%, invece, gli atenei statali. Il numero maggiore sia di corsi che di studenti universitari si concentrano soprattutto in Lombardia, che ospita 683 corsi e oltre 289mila studenti, e nel Lazio, dove ci sono 657 corsi e più di 219mila iscritti. Negli ultimi 10 anni, le immatricolazioni e le iscrizioni hanno visto seguire prima un andamento decrescente, che ha toccato un picco negativo nel 2015-16 con più di 1 milione 675mila studenti, per poi tornare ad aumentare nel periodo successivo.

Si diceva, però, che all’Università della Calabria si sorride per le nuove immatricolazioni. «Studiare all’Unical è un obiettivo per un numero sempre più crescente di studenti – recita un comunicato dell’ateneo di Arcavacata di Rende –. A chiusura del bando di ammissione anticipata le domande fanno segnare un dato davvero straordinario: 31% di studenti in più rispetto all’anno accademico precedente. Dopo oltre un decennio di costante calo degli iscritti fino al 2019/20, dall’insediamento del rettore Nicola Leone l’Unical continua a crescere, lo fa per il quarto anno consecutivo, in assoluta controtendenza rispetto al quadro nazionale».

Lo scorso anno erano arrivate 1.719 domande di ammissione anticipata, correttamente corredate dal certificato ottenuto con il Tolc (Test on line Cisia); mentre quest’anno sono 2.252. Rispetto allo scorso anno l’aumento è di ben 533 studenti, pari al 31%; mentre rispetto al 2019/20, anno di inizio dell’attuale mandato rettorale, le domande sono quasi raddoppiate con un aumento di 1.071 studenti pari al 91% di incremento.

In crescita la quasi totalità dei 37 corsi di laurea triennali e a ciclo unico che prevedono l’ammissione anticipata: tra i più richiesti Ingegneria informatica con 242 domande, Economia aziendale con 170 domande, Ingegneria gestionale con 158 domande, Lettere e beni culturali con 149, Informatica e Biologia con 135 ciascuno. Chi non riuscirà ad entrare in questa prima fase, potrà comunque partecipare all’ammissione standard, il cui bando sarà pubblicato a fine giugno, con accesso previsto in base al solo voto di diploma o all’esito del test Tolc, a seconda dei corsi di laurea.

«L’aumento delle domande di giovani che hanno scelto l’Unical come sede di studio universitaria – spiega il Rettore Leone – mette in luce il cambio di passo che abbiamo impresso sin dall’inizio del mio mandato, ribaltando una tendenza che, tra denatalità e migrazione al Nord, era negativa da più di un decennio».

«Certo, dovremo aspettare i dati delle due successive fasi di ammissione per avere una percentuale definitiva – ha concluso – ma le premesse sono ottime e siamo fiduciosi di poter ottenere un buon numero di iscrizioni. Anche perché a queste domande si andranno a sommare quelle dei corsi ad accesso programmato a livello nazionale, che non hanno potuto partecipare a questa fase, ovvero Medicina e chirurgia TD, Infermieristica, Scienze della formazione primaria, Ingegneria edile-architettura e Conservazione e restauro dei beni culturali». (fc)

Una breve riflessione su città e Università, tra ignoranza e dimenticanza

di FRANCO CIMINO – No, non mi stancherò di ripeterlo, il problema principale della nostra Città è la dimenticanza e l’ignoranza di gran parte della sua classe dirigente. A volte questi due fattori si intrecciano e muovono insieme, nello stesso tempo. È quando “ passano in cavalleria”, come diceva mio padre, due fattori importanti, il Mare e l’Università.

Le Città che hanno o l’una o l’altra stanno, diciamo, bene in salute. Quelle che le possiedono ambedue sono addirittura “felici”. Le prime, certamente, sono più ferventi di civiltà, educazione civica e sensibilità politica. Le seconde, questo e altro ancora. Sono anche ricche, intendendo la ricchezza come l’insieme di risorse economiche e materiali e tanto altro di immateriale pure più importante. Catanzaro, la nostra, occasionalmente e insufficientemente, amata, possiede sia il Mare, sia l’Universita. Ciononostante, scandalo tra gli scandali, resta in coda in tutte le classifiche della buona qualità.

I motivi sono due, per nulla difficili da comprendere. Il primo è appunto, l’ignoranza. Non si conosce affatto il valore incommensurabile del Mare e delle sue ricchezze manifeste. Non ci si ricorda della sua esistenza, e del dono, questo sì autentico e gratuito come il dono, che rappresenta per la Città. Un dono bellissimo, tanto lo è il nostro mare. Non si conosce il peso notevole, con tutti gli indotti che procura, che l’Università esercita sul più vasto territorio che la comprende. Inoltre, non ci si ricorda della sua esistenza qui. Tuttavia, c’è una differenza tra il Mare e l’Università. Riguarda la responsabilità propria di questi due “soggetti” rispetto al Capoluogo. Mentre il Mare non ne ha alcuna di negativo, difendendosi, come sua natura detta, dalle offese che gli abbiamo arrecato, l’Ateneo ne reca disinvoltamente una sua propria, che un provincialismo di maniera, qui, accentua. È l’autoreferenzialità, che da noi invece che esaltare lo spirito di autonomia, che la Legge Fondamentale dello Stato le assegna, si è fatta, sin dalla sua nascita, indipendenza assoluta.

E, da questa, chiusura fortilizia. E, da questa ancora, separazione dal contesto. Pertanto, separatezza. La più pericolosa, perché generatrice di divisioni, incomprensioni, distanziamento. Conflitti, anche se non armati. Ovvero, disarmati di loro stessa incapacità allo scontro. Per mancanza di strategie “ militari” o di coraggio. All’inizio era facile pensare che questo distacco, con le relative conseguenze anzidette, dipendesse dalle ambizioni e dal carattere, diciamo forte e ostinato, per usare due eufemismi generosi, delle due personalità forti poste alla guida dei due “ enti”. Non si amavano e, per il distacco culturale, tra i due, Salvatore Venuta e Sergio Abramo (non riferibile però al grado d’istruzione o ai titoli accademici, ma alla diversità del loro pensare)le due realtà sono rimaste distanti, fino a diventare, anche senza di loro(per il peggioramento, con brevi e poche eccezioni, del livello della rappresentanza) vere e proprie separatezze.

Le due personalità non simpatizzavano, le due realtà pure. Non “si parlavano”. Le due dimensioni, pure. Anche per questo, Università e Città si sono mosse in direzione “ostinata e contraria”. L’una ha negato all’altra ciò che l’una avrebbe potuto, com’è accaduto ovunque, donare ciò che di essa sarebbe servito all’altra. Il territorio non ha ricevuto alcunché dalla ricerca laboratoriale e dagli studi specialistici, l’Ateneo assai poco dal perimetro urbano nel quale è allocata. Un record olimpionico, si potrebbe dire.

Per rendere più attiva, quasi atto volontario, questa separatezza, si è lavorato molto sulla chiusura fisica di ambedue i luoghi, facendo diventare, il primo un non luogo e il secondo un insieme di agglomerati tutti periferici e scarsamente identitari. La distanza fisica si é addirittura materializzata negando i(e ai) giovani allo spazio più delicato e “ romantico” qual è il sempre più intristito Centro Storico. L’affolamento di studenti nella Marina, non è stato altro che una ingannevole attrattiva, in cui il sole, sempre primaverile, e il mare sempre fascinoso, c’entra assai poco. Potremmo, su questa via, continuare a dire a lungo, ma servirebbe a poco, rispetto al fatto più evidente. Anzi, ai due fatti più cogenti. Anche qui l’uno segue l’altro, intrecciandosi nello stesso vecchio punto. L’Università nostra( della Magna Grecia, così detta per concepirla quale interamente calabrese e mediterranea), continua a far da sé senza e, oserei dire, a fronte delle assurdità consumate anche di recente, contro Catanzaro.

L’esempio più eclatante è l’istituzione della Facoltà di Medicina a Cosenza, e a Reggio nel desiderio di questa, e la quasi certa perdita del Cnr, come denunciato coraggiosamente da Antonello Talerico, tema sul quale ritorneremo, turbati anche dal più assurdo silenzio che “mortalmente tace” su di esso. A tutto ciò si aggiunga la totale indifferenza generale, anche intra Ateneo, per uno dei momenti più importanti della vita di quell’alta istituzione culturale, l’elezione del Rettore, vista da lontano non come atto di arroganza “proprietaria” come la si intende da più parti, ma quale fatto tristemente ordinario in un contesto che appare sempre più deprivato di vitalità, anche politica e culturale. E su cui poco potranno incidere intenzioni estemporanee da quel contesto immobile, probabilmente determinate per furbizia da fumo negli occhi o per convenienze d’altro genere.

Il problema che qui si pone non riguarda la qualità degli insegnamenti o altro di valore scientifico acquisito negli anni, ci mancherebbe pure che non ci fossero. Il problema è culturale e politico. Su questo terreno, Città e Università costituiscono due debolezze che si indeboliscono reciprocamente e progressivamente. È tempo che questa tristezza dolorosa e dannosa si interrompa. Un sindaco “universitario” oltre che colto, e perciò politicamente molto sensibile, come il nostro, faccia con un solo passo i due che Università e Città dovrebbero fare insieme per incontrarsi nello spazio più solenne e promettente, quello della Politica.

Lo faccia subito, perché non c’è più tempo da perdere. Approfitti dell’elezione del nuovo Rettore e avvi, anche con la discussione più ampia e coraggiosa del Consiglio Comunale, magari aperto agli organismi statutari dell’Ateneo, la costruzione di un nuovo e fecondo rapporto tra le due autonomie più democratiche che vi siano, unitamente al sistema delle degli enti locali, nella ingegneria costituzionale del nostro Paese. Si parta, per esempio, con la realizzazione di un’idea antica( posso dire la mia?), quella di un “campus all’aperto in pieno Centro Storico” in cui allocare tutte le facoltà definibili genericamente umanistiche, in esse quelle “giurisprudenziali”, così da inventare una Università bellissima, distribuita razionalmente su due spazi straordinari per due ambiti specificamente dedicati, quello scientifico da implementare ancora, al Campus Venuta, e quello umanistico da allargare notevolmente, nel Centro Storico.

Il tutto mentre in contemporanea, anzi prima ancora, cioè oggi, si fondi la Facoltà delle Scienze del Mare, con sede a Marina. Una sede bella, a distanza necessaria ma davanti al nostro Mare, mettendoci vicino magari un moderno Istituto Nautico. Ovvero quello dei maestri d’ascia, di cui il nostro quartiere ne conserva storia e tradizione. E non si guardi con timore a Cosenza per questo, ma piuttosto ai nostri ritardi e alle nostre distrazione di cui la Città Bruzia dalle rinnovate ambizioni di grandezza ha saputo approfittare. (fc)

UNIVERSITÀ, CALABRIA ISOLA FELICE PER
GLI ALLOGGI: LE UNIVERSITÀ SONO PRONTE

di FRANCESCO CANGEMIMentre in tutto il Paese gli studenti universitari lamentano la scarsità di alloggi e i costi esosi degli affitti, in Calabria c’è un’isola felice. Si tratta del Campus dell’Università della Calabria ad Arcavacata di Rende, a Cosenza.

Qui, infatti, viene ospitato il 16% degli iscritti in corso, il triplo della media nazionale che si ferma al 5%. Va sottolineato, inoltre, come l’Unical negli anni abbia investito proprio nelle residenze creando 10 quartieri e 2300 posti letto. In più va specificato come anche i soggetti privati affittino stanze o abitazioni a prezzi decisamente inferiori rispetto alla media nazionale.

Per venire incontro alle esigenze alloggiative degli studenti, l’ateneo di Arcavacata bandisce ogni anno borse di studio che prevedono l’assegnazione di posti letto, l’utilizzo della mensa universitaria ed un contributo in denaro. Gli studenti che aspirano all’assegnazione dell’alloggio devono avere un reddito Isee non superiore ai 24 mila euro l’anno, possedere un determinato numero di crediti formativi e non essere fuori corso.

I posti letto assegnati quest’anno, dislocati in appartamenti costruiti all’interno del grande Campus universitario, sono stati appunto 2300, pari al 16% degli iscritti in corso. Per il prossimo anno sarà completato un ulteriore blocco di 500 posti letto che porterà gli alloggi disponibili ad una quota del 20% degli iscritti.

Nel Campus sono ospitati anche centri ricreativi, un centro sportivo, con campi di calcetto e tennis, alcune palestre, due cinema e tre teatri, tra cui un grande teatro auditorium. Un’organizzazione che consente una qualità di vita, universitaria e sociale, particolarmente elevata.

L’ateneo garantisce inoltre un’importante offerta didattica. I 14 dipartimenti in cui è strutturato, infatti, gestiscono 80 corsi di laurea.

Quest’anno la novità è stata rappresentata dall’avvio del corso di Medicina, Chirurgia e Tecnologie digitali. «“Il nostro ateneo – ha dichiarato all’Ansa ultimamente il rettore, Nicola Leone – è da sempre attento alle esigenze degli studenti, a partire da quelle abitative, ed è impegnato a garantire a tutti il diritto alla formazione universitaria. Alla qualità didattica e di ricerca si somma infatti il valore aggiunto della vita nel nostro bellissimo Campus, che si estende su una superficie verde di oltre duecento ettari ed all’interno del quale si vive un’esperienza di comunità universitaria unica, condividendo con colleghi e docenti momenti formativi, ludici, sportivi e culturali. Il Campus è dotato di aule studio, di un centro sportivo, teatri, anfiteatri, cinema, bar, punti di ristoro e altri spazi aggregativi».

«Una vera cittadella – aggiunge il Rettore Leone – che consente di vivere una straordinaria esperienza umana dal carattere internazionale, oltre che formativo. Non a caso, nell’ultima classifica stilata dal Censis, il nostro ateneo è risultato il primo assoluto a livello nazionale per la qualità dei servizi offerti agli studenti».

Sulla questione alloggi universitari in Calabria è intervenuta anche Giusi Princi, vicepresidente della Regione Calabria con delega all’Istruzione.

«La Calabria è regione virtuosa nelle politiche di sostegno allo studio, tanto è vero che grazie ai fondi ministeriali e regionali – 18 milioni di euro (di cui 13 milioni risorse Por e 5 milioni risorse del bilancio regionale) per gli anni 2022-23 i fondi stanziati dalla Giunta – le tre università Magna Graecia di Catanzaro, Unical di Cosenza-Rende e Mediterranea di Reggio Calabria sono riuscite a soddisfare tutti gli aventi diritto ai contributi per gli alloggi. Con le risorse stanziate sono state inoltre quasi integralmente finanziate tutte le borse, previa rendicontazione dell’importo da parte degli atenei. Le borse di studio sono per legge cofinanziate dalle università (con le tasse e con il Fis), la Regione Calabria in questo caso si è fatta totalmente carico delle borse».

Aggiunge la Princi che «A oggi, dunque, nessun fuorisede – ovvero coloro che risiedono ad oltre 50km dalla sede della propria università e che hanno quindi necessità di affrontare spese per affitto – rientrato nelle graduatorie stilate sulla base di precisi requisiti Isee – parliamo di 11.224 studenti – è rimasto privo del necessario sostegno. Un fiore all’occhiello, risultato di una politica, fortemente voluta del presidente Occhiuto, a favore dei giovani, delle nostre eccellenze, e contro la fuga di cervelli. In un quadro nazionale che vede al centro del dibattito il tema del caro fitti per gli studenti, possiamo senza dubbio asserire che la Calabria rappresenta un modello nella piena affermazione del diritto allo studio, perché non lascia indietro nessuna ragazza e nessun ragazzo, e anzi compie ogni sforzo possibile per farsi carico degli oneri relativi agli alloggi». (fc)