di SANTO STRATI – Basterebbero soltanto i numeri di questi ultimi dieci anni a decretare l’agonia irreversibile dell’Aeroporto dello Stretto, il sogno mancato di un’Area strategica che nella ideale conurbazione con Messina poteva esprimere un grande progetto di sviluppo e rilancio del territorio. Da 600mila passeggeri a 200mila (arrotondando) in dieci anni significa non solo il fallimento di un’intrapresa commerciale, ma soprattutto l’incapacità di visione e di pianificazione di una classe politica distratta e assente.
Adesso, come già capitato altre tante volte negli ultimi anni, si svegliano tutti, nuove Cassandre che prefigurano la sciagura di una chiusura (a questo punto davvero inevitabile) e gridano all’abbandono, alle strategie inesistenti, all’indifferenza e s’impegnano, con lodevole – ridicolo – accanimento a indicare responsbailità dall’una e dall’altra parte politica.
La verità, ahimè, è che, in rtealtà, questo dell’Aeroporto di Reggio è semplicemnte un nuovo pretesto politico per accertuare, in maniera aspra, forse cruenta, la lotta politica tra una sinistra al comando (pur con troppi interrogativi) e una destra incapace di esprimere risorse umane e progetti in grado di convincere gli elettori.
È la scusa per attaccare a testa bassa il “nemico” (il fair play inesistente ci impedisce di parlare di “avversario”) caricandolo di responsabilità, che, a nostro modesto avviso, andrebbero equamente divise tra due entità politiche che, al giorno d’oggi, risultano davvero antistoriche: destra e sinistra. C’è ancora chi è convinto di poter muovere i pezzi sulla scacchiera politica solamente sventolando ideali (superati) di presunto riformismo e concrete dimostrazioni di ottuso conservatorismo. La lotta politica, in tal modo, diventa battibecco di vago sapore provinciale, con ritorni campanilistici che, decisamente, appaiono stupidamente datati.
Il problema quindi, è aggirare le chiacchiere e le accuse che in questo momento crescono in quantità industriale, e individuare possibili soluzioni alla crisi dello scalo.
Partiamo da un errore di fondo: è vero che la “vivacità” di un aeroporto si misura anche dalla quantità di rotte gestite, ma non occorre strapparsi le vesti perché le gare indette da Sacal (con il contributo di 13 milioni della Regione per contribuire e compensare la continuità territoriale) per collegare Torino, Venezia e Bologna. A Reggio non serve, adesso, raggiungere (non sappiamo con quale quantità di traffico) le tre città del Nord che pur sono affollate di calabresi e reggini, ma avrebbe molto più senso ampliare l’offerta dei voli da e per Roma e Milano. Già questo rimetterebbe in moto lo scalo se venisse coinvolta l’Area dello Stretto, ovvero se l’Aeroporto diventasse finalmente di Reggio e Messina. La città dirimpettaia ha sì l’Aeroporto di Catania a un’ora di macchina, ma con un collegamento diretto via aliscafo dimezzerebbe i tempi volando da Reggio.
Sappiamo già che in molti grideranno al sacrilegio: ci hanno provato e l’esperimento è naufragato. Forse sarebbe opportuno chiedersi il perché del fallimento di un progetto che trova sicuramente ampia disponibilità dei siciliani a scegliere lo scalo reggino per la propria mobilità aerea. Sempre che vi fossero le condizioni ideali per l’utilizzo. In altri termini, se, per ipotesi, i voli per Roma e Milano diventassero tre o quattro per ciascuna destinazione non ci sarebbero scuse per non viaggiare da Reggio. Roma e Milano sono due hub internazionali e con un’intelligente griglia di orari di volo diventerebbero per i reggini e per i messinesi una soluzione ideale per qualunque destinazione. Invece, continuiamo ad avere orari poco attrattivi e di scarsa funzionalità per i passeggeri dello Stretto.
Quando subentrò la Sacal, nel 2017, dopo il fallimento della precedente società di gestione aeroportuale (Sogas), lo scalo reggino contava su poco più di 380 mila passeggeri, divenuti – dopo la forzata inoperatività per pandemia – appena 159mila. Spiegazione facile della débacle: se non ci sono orari utili e i prezzi continuano a restare alle stelle (600 euro solo andata un Milano-Reggio non si può accettare!) come fa a crescere o a mantenersi un qualsiasi livello di traffico?
Appare evidente che, nonostante le promesse e le premesse del presidente reggino Arturo De Felice, prima, di De Metrio poi, e di Franchini di qualche mese fa, la Sacal non mostra di avere alcun interesse a mantenere in vita gli scali di Crotone e di Reggio. Sono una zavorra fastidiosa per i piani di sviluppo che riguardano Lamezia ed è difficile non pensare che, evidentemente, per la Sacal ogni passeggero in più negli altri due scali probabilmente è un passeggero sottratto a Lamezia. Solo una totale mancanza di visione potrebbe giustificare un ragionamento del genere, perché – a nostro avviso – l’errore che Sacal (e la Regione Calabria) continuano a fare è non guardare alla necessità di fare rete. Facile affermare che per un territorio di un milione e 800mila abitanti tre aeroporti sono troppi, ma significa non ammettere e rifiutarsi di capire lo sviluppo possibile dei voli dell’area dell’alto Jonio né tanto meno il potenziale di traffico dell’area dello Stretto, ove ci fossero soddisfacenti condizioni di mobilità aerea.
Ad agosto del 2019 il Presidente Sacal De Felice fu a Reggio con il deputato Francesco Cannizzaro per annunciare l’utilizzo dei 25 milioni che lo stesso Cannizzaro abilmente aveva fatto mettere a favore dello scalo reggino nella finanziaria. Annunci in pompa magna, slides, orgoglio e niente pregiudizi: sono passati cinque anni e di quei 25 milioni (ai quali se ne sono aggiunti altri tre dai fondi di coesione) non è stato speso un centesimo. E sulle discutibili destinazioni di spesa (quattro milioni solo per rifare il pavimento, probabilmente col linoleum oro 750k) non c’è stata alcuna disputa, visto che i bandi in parte devono ancora partire e gli appalti non sono stati assegnati.
Un imprenditore reggino, già assessore della Giunta Falcomatà (padre), Pino Falduto, un inguaribile innamorato della sua Reggio, ha proposto con un modesto incremento di spesa di evitare gli adeguamenti e fare una nuova aerostazione, mettendo a profitto la rete ferroviaria (c’è una stazione lato mare mai entrata in funzione e potrebbe essere una metropolitana di superficie stazione-aeroporto) e i pontili utilizzati poco e male per il collegamento con Messina.
Al “povero” Falduto mal gliene colse: lo hanno deriso, insultato e sbeffeggiato: ma qualcuno di quelli che ora si strappa le vetsi per lo scalo morente ha mai dato un’occhiata al progetto gratuito messo a disposizione della collettività per rifare completamente l’aeroporto? Vi rispondiamo con certezza: escludendo qualche animoso sostenitore delle ragioni di Reggio (come Massimo Ripepi, di Fratelli d’Italia) non ci risulta che sia stata affrontata la questione in termini tecnici.
Ora è il momento di mostrare i muscoli, senza mettere la polvere sotto il tappeto: ci sono le condizioni del rilancio dello scalo? Si può fare a meno della Sacal? Reggio e Messina possono costituire col placet dell’Enav una società di gestione autonoma per l’Aeroporto dello Stretto? Sono queste le domande alle quali i reggini (e i messinesi) esigono risposte precise e puntuali, con un piano strategico serio e con una visione di futuro finalmente realizzabile. (s)