ALLARME DALLA CONFINDUSTRIA E DALLA CONFCOMMERCIO, OCCORRE CAMBIARE POLITICA PER I NOSTRI RAGAZZI;
Disoccupazione giovanile

Nel Mezzogiorno un giovane su due non lavora. In Calabria situazione ancora più drammatica

di SANTO STRATI – Un nuovo allarme, questa volta scritto a quattro mani da Confindustria e Intesa San Paolo, sulla disoccupazione giovanile nel Mezzogiorno: ha raggiunto il tasso record del 51,9% e in Calabria la situazione è ancora più disperata. Allo studio di metà luglio presentato dalla Confindustria con SRM-Studi e ricerche per il Mezzogiorno, il centro studi della banca milanese, emerge un quadro preoccupante di come le regioni meridionali continuino ad arretrare e l’economia del Mezzogiorno, pur mostrando segni di ripresa rispetto al 2017, è in realtà ferma e rivela la crescita del divario Nord-Sud, con riferimento al Pil, all’occupazione, agli investimenti, alle imprese.

Anche dal Confcommercio arrivano dati non confortanti sulle performance delle aziende del Mezzogiorno: l’export (che nel 2018 era cresciuto del 5,5%) ha subito un drastico stop nel primo trimestre di quest’anno. E il Pil secondo il presidente Carlo Sangalli negli ultimi dieci anni è calato del 10% rispetto all’incremento dell’1,9& del Nord-Est. «Un’economia ferma – ha detto Sangalli – e senza una vera prospettiva di ripresa aggrava i problemi strutturali del Mezzogiorno, allontanandolo sempre più dal resto del Paese».

Dallo studio della Confindustria emerge che ha smesso di crescere il numero delle imprese: nei primi mesi del 2019 quelle attive sono meno di 1, 6 milioni proprio come un anno fa. Ma la cosa più infelice è il record della disoccupazione giovanile che raggiunge il 51,9%. Il che significa che più di 1 giovane su 2 non lavora e questo in un quadro complessivo territoriale che vede un tasso di attività fermo al 54%, un’occupazione che non supera il 43,4% e un vero e proprio esercito, oltre 1,5 milioni. L’emergenza lavoro non si è per niente ridotta, anzi cresce – evidentemente – il lavoro nero, visto che tra i giovani non ha sfondato il reddito di cittadinanza: solo il 25% delle domande presentate si riferisce a persone con meno di 40 anni.

Il lavoro che non c’è, la Pubblica Amministrazione che ha ricominciato a ritardare i pagamenti, riprendono i fallimenti e le liquidazioni volontarie. Le imprese sono strozzate dalle banche che non fanno il proprio mestiere (negando i soldi a chi ne ha bisogno per far crescere la propria azienda) e soffocate da una burocrazia che scoraggia qualsiasi nuova iniziativa. Sul fronte credito, difatti, risultano 14 miliardi di euro in meno erogati a famiglie ed imprese meridionali. E risulta in forte calo anche la spesa pubblica per incentivi alle imprese. E il credito d’imposta per gli investimenti nel Mezzogiorno? Secondo il ministro per il Sud, Barbara Lezzi,  «Sarà rifinanziato ed è allo studio anche una nuova forma di decontribuzione per stare accanto a quelle imprese che vorranno assumere nel prossimo biennio» – ha detto alla presentazione del Rapporto in Confindustria.

In questo quadro, sconsolante, ma non nuovo, c’è un ulteriore elemento che indica quanto sia ampio il divario Nord-Sud: il potere d’acquisto si traduce in minori consumi (circa 800 euro pro capite in meno nelle regioni del Mezzogiorno rispetto a quelle del Centro Nord) e “ristagnano” anche gli investimenti fissi lordi, per i quali sembra attenuarsi di intensità il rimbalzo che aveva caratterizzato gli ultimi anni, con una piccola ma significativa eccezione delle costruzioni. E restano comunque lontanissimi i valori pre-crisi: gli investimenti fissi lordi totali sono inferiori del 36,2% rispetto a quelli del 2007, un dato che si riflette su un Pil che al Sud mette a segno nel 2018 un risultato pari alla metà di quello medio nazionale, +0,4% contro lo 0,9 del paese.

Occorre cambiare al più presto la politica del lavoro per offrire ai nostri ragazzi opportunità di occupazione, stabile, non sottopagata, che consenta di guardare con un pizzico di ottimismo al futuro. Già, il futuro “rubato” ai giovani calabresi da anni di colpevole distrazione da parte delle forza politiche locali, regionali, soprattutto nazionali. L’attuale Governo, poi, per il Sud ha saputo produrre soltanto un ministro che si fa notare più per la sua “assenza” che per le iniziative prese dal suo dicastero. Il MISE, Ministero dello Sviluppo Economico, pare non accorgersi della gravissima situazione di tutto il Mezzogiorno e meno che meno dell’insostenibile inadeguatezza di provvedimenti che offrano la pur minima opportunità di creare lavoro per  giovani calabresi. Continua, difatti, l’emorragia della classe giovanile più capace: i nostri laureati li forma un’università di altissimo livello, ma sono costretti a riservare competenze e capacità a chi – da Roma in su – intuisce il loro potenziale per la crescita delle aziende.

Perché i giovani laureati dovrebbero restare al Sud? Se non ci sono opportunità, ma viene offerto loro un lavoro spesso sottopagato pur in presenza di prestazioni ben oltre l’orario di lavoro, se nessuno valorizza le loro competenze e le mette a frutto per migliorare o avviare aziende ad alta tecnologia? Chiediamolo ai nostri politici, usando l’unica arma che ci rimane, il voto. Castighiamo una classe politica inetta e facciamo capire che è ora di cambiare. Certo, occorre rilevare che non c’è – allo stato – una classe politica di ricambio pronta ad affrontare una politica di rinnovamento necessaria e non più rinviabile, ma in Calabria ci sono centinaia di giovani capaci e competenti che avrebbero voglia di dare un proprio contributo alla propria terra. Si facciano avanti, adesso, con idee e progetti, li facciano conoscere, avviino un confronto con la popolazione. Sarà una battaglia difficile, ma bisognerà pur cominciare. (s)