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Giustizia è fatta! di Luigi Mazzei

Giustizia è fatta! di Luigi Mazzei

di FRANCESCO KOSTNER – Luigi Mazzei, con la collaborazione della giornalista Velia Iacovino, racconta la drammatica vicenda giudiziaria in cui è rimasto coinvolto e rispetto alla quale, dopo quattordici anni di indicibili sofferenze personali e familiari, è stato assolto con formula piena.

Il titolo del libro, in prima battuta, e come sommaria ma significativa rappresentazione del suo contenuto, dovrebbe essere sufficiente ad evidenziare che le gravissime accuse mosse nel 2007 dalla procura della Repubblica di Lamezia a carico dell’imprenditore Luigi Mazzei (truffa ai danni dello Stato, falso ideologico, evasione fiscale, esportazione di capitali all’estero, bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale e false fatturazioni), alla fine di una storia assurda e per molti aspetti inquietante, si sono rivelate infondate.

In secondo luogo, le poco più di centoquaranta pagine (presentate dal giornalista Piero Sansonetti), attraverso cui si sviluppa il racconto di questa incredibile vicenda, dovrebbero riuscire a dar conto di ciò che è accaduto fino al 22 giugno 2021, quando la seconda Sezione penale della Corte d’Appello di Catanzaro ha posto fine all’odissea giudiziaria di Mazzei, assolvendolo perché il fatto non sussiste.

Vorremmo, a questo punto, proporre una breve riflessione, che potrebbe arricchire il confronto, sia su quanto accaduto, sia, più in generale, sul tema della Giustizia. Il punto di partenza riguarda il titolo del volume. O, per meglio dire, il segno di interpunzione che lo completa. Con una domanda di fondo: va bene il punto esclamativo in copertina, o sarebbe stato più efficace, e giusto, di fronte a questa ennesima storia di ordinaria ingiustizia, un punto di domanda?

La questione non è di secondaria importanza. Il punto interrogativo, a nostro parere, avrebbe consentito di mettere a fuoco un aspetto rilevante. Mazzei, come si diceva, è stato assolto da ogni addebito. E ha dovuto aspettare un tempo infinito, fuori da ogni logica in linea con i nostri principi costituzionali, prima di poter ascoltare il verdetto che lo ha riabilitato agli occhi della Giustizia, visto che l’opinione pubblica non ha mai smesso di considerarlo come era conosciuto prima dei fatti. Cioè, una persona perbene oltre che un bravo imprenditore.

L’interrogativo cui stiamo facendo riferimento, riguarda le conseguenze legate all’assoluzione di Mazzei. E cioè: visto che, secondo la Corte d’Appello di Catanzaro, non avrebbe dovuto subire quel che è stato, il riconoscimento della sua innocenza fino a che punto può essere considerato espressione di una condizione – appunto la Giustizia fatta! – tanto importante quanto insacrificabile? Può bastare, non solo all’imputato, ma alla società, alla comunità, ai cittadini?

Il nostro parere è no!!! E i tre segni di interpunzione, questa volta, sono senza alcuna incertezza collocati al termine della frase. Non può soddisfare Mazzei, e nemmeno un Paese che si aspetta e deve pretendere un esercizio equilibrato, puntuale, responsabile (a questo punto verrebbe da dire anche non cervellotico) della Giustizia. Perché, di fatto – ed è la questione che più ci preme – non può parlarsi di una condizione con siffatte caratteristiche. Un punto rilevante, in quel che è accaduto, risalta nel libro. Casi giudiziari come quello di Luigi Mazzei, che fa la sua apparizione sulla scena come imputato di reati gravissimi e, solo dopo quattordici anni, con la famiglia e l’attività imprenditoriale a pezzi, scende dal palcoscenico tritacarne sul quale, suo malgrado, è stato costretto ad esibirsi, mettono in luce una Giustizia che (almeno in questo caso) non funziona. Una Giustizia, come si dice, ingiusta. Anche, con ogni probabilità, inadeguata. Il che comporta la negazione di una fondamentale funzione del nostro sistema democratico, e il venir meno di un presupposto basilare dello Stato di diritto.

Per dirla in modo ancora più chiaro, e conclusivamente: se Mazzei ha avuto quel che gli spettava e attendeva, cioè l’assoluzione perché il fatto non sussiste, lo stesso non può dirsi per chi parrebbe aver clamorosamente sbagliato nell’esercizio della propria attività. E, dunque: il punto esclamativo da cui siamo partiti è corretto? O sarebbe stato preferibile un bel punto di domanda, che avrebbe lasciato sul campo i dubbi, le preoccupazioni, gli inquietanti interrogativi di una vicenda assurda e inquietante?

La nostra idea dovrebbe essere chiara. La vostra, cari lettori?

GIUSTIZIA È FATTA!
di Luigi Mazzei
Luigi Pellegrini Editore