AUTONOMIA, NON È ANCORA TUTTO PERSO
QUALE VIA PER IL MERIDIONE PER REAGIRE?

di PIETRO MASSIMO BUSETTACome quando presero Gesù nell’orto  degli ulivi del Getsemani, anche l’approvazione del disegno di legge sull’Autonomia Differenziata è avvenuta con il favore della notte, in realtà nella prima mattina, dopo una seduta fiume, con una forzatura nei tempi.   In questo caso quella  che viene portata al patibolo è l’unità del Paese, viene crocifissa la volontà di rendere i meridionali   uguali nei diritti di cittadinanza. 

In molti chiedono di conoscere i nomi dei rappresentanti meridionali della maggioranza in Parlamento che hanno votato a favore, per decretare nei loro confronti una forma di ostracismo, come fossero i traditori del Sud. 

A parte che conoscere tali nomi è estremamente semplice perché, tranne tre deputati della Calabria, vicini a Occhiuto, nessuno si è sottratto, si rischia in tal modo, invece che guardare ai processi nella loro parte iniziale, di guardare solo agli effetti. 

Nel senso che con la legge elettorale esistente, che non prevede le preferenze, e che fa dipendere l’elezione dal posto in lista che il Partito di appartenenza  assegna, andare contro le indicazioni di voto indicate avrebbe significato, con molta probabilità, non essere più candidati in una posizione utile ad essere eletti alle elezioni successive. 

Quindi si poneva ai Parlamentari della maggioranza meridionali la scelta tra continuare l’attività politica o interromperla e, ovviamente,  si sono ritrovati solo pochi eroi disposti a rischiare. I loro nomi Francesco Cannizzaro, Giuseppe Mangialavori e Giovanni Arruzzolo. Onore al merito di chi ha voluto dimostrare  la propria opposizione alla legge. 

«Questa norma andava maggiormente approfondita e la discussione doveva svolgersi in modo sereno. Comprendo le ragioni dei deputati calabresi di Forza Italia che hanno deciso di non votare questa legge». Sono le parole nette di Roberto Occhiuto, governatore della Calabria e vicesegretario nazionale di Forza Italia, dopo l’approvazione definitiva alla Camera  del provvedimento. 

«Temo che il Centrodestra nazionale abbia commesso un errore, del quale presto si renderà conto», dice Occhiuto, che aggiunge di avere dei dubbi «che i minimi vantaggi elettorali che avrà al Nord compenseranno la contrarietà e le preoccupazioni che gli elettori di Centro Destra hanno al Sud». 

Giudizio tombale sia sul contenuto della legge che sul metodo con cui si è arrivata all’approvazione. 

Posizione alla quale, nella stessa Forza Italia, fa il controcanto Renato Schifani che invece applaude. Lui che è Presidente di una Regione che l’Autonomia in teoria l’ha sempre avuta e che l’ha utilizzata talmente male che continua ad essere una di quelle Regioni in cui il rapporto tra popolazione e occupati é tra i più bassi del Mezzogiorno: su 5 milioni di abitanti lavorano poco più di un milione e trecentomila compresi i sommersi, una persona su quattro; che ha avuto  circa 500.000 richieste per il reddito di cittadinanza, quando era in vigore; che ha un incidenza della povertà tra le più elevate in Italia, e che grazie alla cattiva gestione consolidata nel tempo oggi soffre dei problemi della siccità che stanno mettendo in ginocchio l’agricoltura, mentre ogni anno 25.000 persone formate vanno via con un costo per le casse regionali di oltre 5 miliardi,  applaude al provvedimento. 

«Il Sud deve smettere di continuare a piangere». Pino Aprile risponde in genere a questa contestazione che «se smetti di picchiarmi forse smetto di piangere». Lo dice il Ministro per la Protezione civile, Nello Musumeci, ex Presidente della Regione Siciliana, «noi abbiamo bisogno di competere con il Nord, sapendo che i nostri obiettivi sono diversi da quelli delle Regioni settentrionali. Ma per fare questo dobbiamo liberarci dalla teoria della questione meridionale», ha insistito Musumeci con parole belle e incomprensibili. 

Mentre Stefano Bonaccini non fa alcun passo indietro rispetto alle sue richieste precedenti, che lo avevano accumulato a Luca Zaia e Attilio Fontana in un Partito Unico del Nord, pronto a mettersi insieme quando c’è da mantenere i privilegi della spesa storica, dopo che il PD aveva avuto la responsabilità della modifica del titolo V, cavallo di Troia per soddisfare le esigenze della Lega di una secessione morbida senza i contraccolpi  che essa poteva creare.

Un Sud battuto, suonato e messo all’angolo cerca di capire quali possano essere le vie percorribili di una reazione ad una legge che potrebbe essere definita “prendi il malloppo e scappa“. 

Una via è quella di ricorrere al referendum abrogativo, che però in molti ritengono non sia percorribile. La  raccolta delle firme non sarà estremamente  complicata. L’indignazione parolaia del Sud è al suo massimo storico. Che possa raggiungere poi l’obiettivo non è così scontato.  Come voteranno gli emiliano- romagnoli di sinistra  che in questo modo salvaguardano la loro spesa storica e i loro privilegi non é scontato sapere. 

Una seconda strada prevede che i Presidenti di Regione possano fare ricorso alla Consulta. Il capofila dell’operazione potrebbe essere  il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca. L’idea è quella di un ricorso a più mani. Michele Emiliano, presidente della Puglia è d’accordo. Meno scontato il sì delle regioni non meridionali a guida centrosinistra. Ma sarà della partita Eugenio Giani (Toscana), che ha detto: «Zero dialogo e testo sbagliato».

Una terza via é quella che vede in una macroregione del Sud la risposta a quella che presto si costituirà al Nord, che potrebbe essere prodromica alla divisione in due Paesi.

Ma vi é una quarta altrettanto pericolosa. Un cinguettio su X di un certo Franco Graziano dice «non voglio far parte di uno Stato che mi considera cittadino di serie B, ed essere considerato un questuante se reclama i propri diritti o peggio ancora che è colpa mia se la situazione è questa». 

La sensazione di frustrazione del popolo meridionale comincia a montare pericolosamente. C’è chi non vuole andare più in cordata con chi  ti vuole tagliare la corda.  Il pensiero dominante sarebbe che l’unità é un grande valore se è vera, altrimenti è un totem che si può anche abbattere. (pmb)

[Courtesy il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia]

 

L’OPINIONE / Roberto Occhiuto: Il centrodestra ha commesso un errore forzando tappe autonomia

di ROBERTO OCCHIUTO  – Il testo del disegno di legge sull’autonomia differenziata approvato dalla Camera è certamente migliorato – grazie soprattutto al lavoro dei ministri di Forza Italia e del segretario nazionale, Antonio Tajani – rispetto a quello proposto mesi fa dal ministro Calderoli.

Per le materie più importanti non si potranno ratificare intese tra Stato e Regioni senza prima aver quantificato e finanziato i livelli essenziali delle prestazioni.

Ma proprio per questa ragione è poco comprensibile il metodo usato per votare a tappe forzate – rifiutando possibili ulteriori migliorie – questo provvedimento: così facendo il ddl è sembrato una bandierina di una singola forza politica, in un clima che ha rappresentato questa norma come divisiva in Parlamento e nel Paese.

Non so se i minimi vantaggi elettorali che il centrodestra avrà al Nord, dove presumibilmente i cittadini prima dell’autonomia avrebbero preferito avere meno tasse e meno burocrazia, compenseranno la contrarietà e le preoccupazioni che gli elettori di centrodestra hanno al Sud.

Questa norma andava maggiormente approfondita e la discussione doveva svolgersi in modo sereno: avremmo così avuto l’opportunità di spiegarla meglio nelle Regioni meridionali.

Comprendo le ragioni dei deputati calabresi di Forza Italia – Francesco Cannizzaro, Giuseppe Mangialavori e Giovanni Arruzzolo – che hanno deciso di non votare questa legge. È stata una loro scelta, che ho condiviso. Temo che il centrodestra nazionale abbia commesso un errore, del quale presto se ne renderà conto. (ro)

[Roberto Occhiuto è presidente della Regione]

L’Autonomia è legge: Il via libera della Camera con 172 voti

L’Autonomia differenziata è legge. Alla Camera dei Deputati il ddl Calderoli è stato approvato con 172 sì, 99 voti contrari e un astenuto.

La legge, strutturata su 11 articoli, punta ad attuare la riforma del 2001 del Titolo V della Carta. Serve a definire le modalità e i contenuti delle intese che possono intercorrere tra lo Stato e le Regioni che chiedono l’attribuzione di maggiori forme di autonomia nelle 23 materie espressamente previste.

Per 14 materie è prevista la necessità della previa determinazione dei Livelli Essenziali di Prestazione, che stabiliscono i criteri con cui si determina il livello di servizio minimo da garantire in modo uniforme sull’intero territorio nazionale, attraverso la definizione dei costi e dei fabbisogni standard.

Sarà il Governo, entro 24 mesi dall’entrata in vigore della legge, a dover varare i necessari decreti legislativi per la determinazione dei livelli e dei relativi importi.

«Più autonomia, più coesione, più sussidiarietà. Ecco i tre cardini del disegno di legge sull’autonomia differenziata approvato alla Camera. Un passo avanti per costruire un’Italia più forte e più giusta, superare le differenze che esistono oggi tra i diversi territori della nazione e garantire gli stessi livelli qualitativi e quantitativi delle prestazioni sull’intero territorio. Avanti così, nel rispetto degli impegni presi con i cittadini», ha scritto la presidente del Consiglio dei ministri, Giorgia Meloni.

«A dirlo mi tremano le gambe per l’emozione… c’è il via libero definitivo della Camera all’Autonomia differenziata!», ha scritto su Facebook il ministro Roberto Calderoli.

«L’approvazione di oggi è il coronamento di anni e anni di battaglie politiche della Lega – ha detto –, all’interno delle istituzioni e nelle piazze insieme ai militanti, con un voto che scrive una pagina di storia per tutto il Paese. Un percorso che mi rende particolarmente orgoglioso, quando penso al mio caro nonno Guido e al suo progetto del Movimento Autonomista Bergamasco. Nel mio cuore scorre un sangue autonomista fin da prima che io nascessi, è bello pensare di aver coronato anche il suo sogno».

«Da questo momento in avanti – ha proseguito – c’è un iter tracciato e ben definito, che permetterà alle Regioni di valorizzare le proprie eccellenze e garantire servizi sempre migliori ai cittadini, nel segno della responsabilità e della trasparenza. Sbaglia chi dice che questo provvedimento spaccherà l’Italia, perché farà l’esatto contrario. L’obiettivo è permettere a tutte le Regioni di correre sempre più veloce, riducendo i divari territoriali e realizzando quell’unità che c’è solo sulla carta».
«L’orizzonte è davanti a noi e la via da intraprendere è definita – ha concluso – ora non resta che avere il coraggio di percorrerla. Si apre una fase nuova, il Governo sarà al fianco di chi vorrà cogliere questa storica sfida».
«Per un’Italia più efficiente e più moderna, con meno sprechi e più servizi a tutti i cittadini, da Nord a Sud: dopo tanti anni di battaglie e di impegno, nonostante le bugie e gli attacchi della sinistra, grazie alla Lega ed al governo l’Autonomia richiesta da milioni di Italiani è stata approvata questa mattina anche alla Camera ed è finalmente legge. Una vittoria di tutti gli italiani: grazie a tutti!», ha scritto il ministro Matteo Salvini, definendola «una giornata storica».
«Sono le 7.39: da ieri – ha scritto su Facebook Giuseppe Conte, leader del M5S – e per tutta questa notte stiamo contrastando la maggioranza decisa ad approvare, in questa seduta fiume alla Camera, il disegno di legge Spacca-Italia, che condanna il Sud e le aree più in difficoltà del Paese al peggioramento delle proprie condizioni riguardanti la sanità, l’istruzione, i trasporti. Continueremo a contrastarli in tutti i modi: in Parlamento e nelle piazze».
«Abbiamo appena finito una lunga nottata in Parlamento – ha scritto Maria Elena Boschi, deputata di Italia Viva – per approvare l’autonomia differenziata. Noi ovviamente ci siamo opposti in tutti i modi: un’autonomia differenziata che divide il Paese. Ci saranno più burocrazia e più diseguaglianze”, scrive a sua volta in un post su Facebook e aggiunge: “La maggioranza ha approvato questo testo di notte con un atteggiamento da caterpillar: più dimostravamo che le cose non avevano senso, più andavano avanti. Peccato, un’occasione persa. Buongiorno a tutti voi. Buona notte alle istituzioni».
«La destra alle 7.45 del mattino festeggia per aver approvato lo spacca Italia e la Lega espone le bandiere dell’indipendentismo del Nord ! Lo fanno di notte, all’alba perché si vergognano.. Meloni ha venduto il Sud alla Lega di Salvini: non sono patrioti ma disertori dell’unità d’Italia. Un oltraggio alla Costituzione», ha scritto su Facebook Angelo Bonelli, deputato di Verdi e Sinistra.
«Ci hanno tenuto tutta la notte in Parlamento pur di approvare l’Autonomia Differenziata e brandire lo scalpo del Sud prima dei ballottaggi. E così Fratelli d’Italia si piega all’antico sogno secessionista della Lega», ha scritto la segretaria del PD, Elly Schlein.
«Suggerirei che a questo punto – ha concluso – cambiassero il nome in Brandelli d’Italia. O Fratelli di mezza Italia, visto che la stanno spaccando in due. Continueremo a batterci contro l’autonomia differenziata e il premierato insieme alle altre opposizioni, come abbiamo fatto ieri sera in una piazza unitaria e pienissima». (rrm)

Pd Calabria: Il Governo Meloni sta facendo sulla pelle del Sud

I consiglieri regionali del Pd Calabria hanno evidenziato come «altro che “no money no party”. La festa sulle spalle delle Regioni del Sud il governo nazionale l’ha fatta iniziare, con tanto di rissa, indifferente anche alle proteste di Forza Italia e del governatore Occhiuto che solo adesso si rende conto che l’autonomia differenziata genera disparità inaccettabili tra le Regioni italiane».

«Da due anni sosteniamo – hanno detto i dem – sia nelle sedi istituzionali che sui territori, la necessità che la Calabria attraverso il suo presidente Occhiuto esprima una posizione chiara e netta su questo tema, preoccupati fin dall’inizio per la posizione assunta da Occhiuto in sede di Conferenza Stato-Regioni dove ha dato il suo assenso alla riforma, mentre altri presidenti del Sud si erano opposti».

«Nonostante questi appelli – hanno proseguito – il presidente Occhiuto, convinto di avere il dono dell’ubiquità, ha cercato di giocare su più tavoli, arrivando soltanto oggi alla conclusione che questa riforma affossa definitivamente il Sud. Le sue dichiarazioni sulla stampa nazionale di questi ultimi giorni sono la testimonianza più eclatante di questo suo atteggiamento»

«Perché il centrodestra – hanno continuato i consiglieri dem – ha rifiutato di aderire alla mozione che, come opposizione, avevamo presentato in Consiglio per impegnare il governo regionale a bloccare la riforma, preferendo l’approvazione di una mozione edulcorata che serviva in quelle ore al presidente della giunta come slogan elettorale da esibire in Basilicata?».

«Evidentemente Occhiuto era convinto – hanno detto ancora – che il governo nazionale non arrivasse all’approvazione del testo di legge, salvo adesso essere costretto a svegliarsi e rendersi conto che la Lega faceva sul serio. Nel commentare quanto avvenuto Occhiuto si è poi soffermato sul dato raccolto dal Pd alle europee, dichiarando che lo stesso sarebbe il frutto dell’opposizione alla riforma targata Calderoli e dimostrando, anche in questo caso, un’enorme superficialità. Il contrasto all’autonomia differenziata e l’impegno a difesa dell’unità del Paese non sono temi da campagna elettorale. Si tratta, invece, di battaglie doverose, come evidenziato anche dal documento dei Vescovi calabresi, a tutela dei diritti dei calabresi che ci hanno eletto».

«Non si perda dunque altro tempo a fare melina e ad arrampicarsi sugli specchi, magari per tutelare equilibri interni a Forza Italia – hanno concluso i dem –. Occhiuto agisca in maniera coerente con quello che pensa. Se è contrario all’autonomia differenziata compia i passi che deve e faccia quello che gli chiedono i calabresi che hanno sonoramente bocciato la Lega alle urne, dimostrando chiaramente quale sia la loro opinione sulla cosiddetta secessione dei ricchi». (rrc) 

Il presidente Occhiuto: Non c’è serenità necessaria per discutere dell’autonomia

«In questo momento non c’è la serenità necessaria per discutere questa riforma». È quanto ha dichiarato il presidente della Regione, Roberto Occhiuto, in una intervista al Corriere della Sera, sottolineando come «hanno dato una brusca accelerazione alla legge. Così gli italiani la vivono come fortemente divisiva».

«Se generasse questa disparità non sarebbe una buona legge. Il testo licenziato dal Senato è un buon testo, ma deve essere migliorato», ha detto Occhiuto e, per quanto riguarda la questione dei Lep, che il segretario di Forza Italia, Antonio Tajani, ha definito fondamentale, il Governatore ha detto di pensarla come lui.

«Secondo Tajani è fondamentale anche che la legge sostenga le regioni del Sud», ha confermato, ribadendo la necessità di « rivedere la questione che riguarda proprio le materie dove non sono previsti i Lep. È un aspetto che in Calabria in Consiglio regionale è stato sollevato da tutti, anche dalla Lega. Il testo dice che per le materie dove sono previsti i Lep, prima di fare un’intesa, è necessario definirli e finanziarli, ma i soldi ancora non ci sono».

E questo non vale per le materie dove i Lep non ci sono, che per Occhiuto «è questo il problema. Perché un istante dopo l’intesa, alcune regioni potrebbero chiedere di stipulare intese per essere autonome su alcune materie. Il commercio estero, ad esempio. Cosa succederebbe per gli agricoltori di Campania e Calabria che esportano le loro merci? All’estero potrebbero scoprire che il Paese è diviso a metà».

«Propedeutica all’intesa – ha aggiunto – ci deve essere una valutazione sull’impatto dell’intesa stessa. Penso che sia necessario.
L’Autonomia a cui penso io è una legge che dà la possibilità alle regioni di fare di più senza che questo leda i diritti dei cittadini di altre regioni».

Spazio, poi, alle elezioni: «In Calabria abbiamo avuto il 18% e siamo stati il secondo partito a due punti di distacco da Fratelli d’Italia.
Nel resto del Sud non è andata così bene. Colpa dell’Autonomia differenziata», ha detto Occhiuto e, se la riforma dell’autonomia non è ancora legge, «la colpa è nostra. Abbiamo lasciato al Pd questo tema. Al Sud è stato il loro unico argomento di contestazione».

Occhiuto, tuttavia, non contesta la legge di Calderoli, ma «deve essere discussa. Non voglio mettere in dubbio gli impegni presi con il governo sulle tre riforme. Ma non devono essere bandierine delle singole forze politiche. Sulla riforma della Giustizia, che è quella a cui Forza Italia tiene di più, non abbiamo posto nessun ultimatum. Sarebbe opportuno che questo succedesse anche per altre riforme». (rrm)

L’OPINIONE / Michele Conia: Perché il SSN rischia il collasso se l’autonomia fosse approvata

di MICHELE CONIA – Nella mia audizione del 14 marzo scorso in Commissione Affari costituzionali della Camera, nell’ambito dell’esame del Ddl Calderoli, ho ribadito con coerenza e profonda convinzione le motivazioni per cui vada portata avanti la lotta iniziata nel 2018, rimarcando con fermezza la contrarietà al disegno di legge sull’Autonomia differenziata. Inoltre ho illustrato in che modo questo progetto possa approfondire il solco delle diseguaglianze territoriali già esistenti, prendendo in esame l’aumento della mobilità sanitaria, le liste di attesa sempre più lunghe, la carenza di personale medico e paramedico che, in quest’ultimi anni, è andato in pensione.

Incrociando i dati della Fondazione Gimbe e del rapporto Svimez – Save the children si evince che è la Calabria ad avere il triste primato della migrazione sanitaria con una mobilità oncologica che raggiunge il 43%. Considerando il fenomeno dei cosiddetti “viaggi della speranza”, ovvero dei flussi di pazienti che si spostano fuori regione per curarsi, si scopre che nei primi quattro posti per saldo positivo si trovano le 3 Regioni che hanno richiesto le maggiori autonomie Emila Romagna, Lombardia, Veneto (+ 10,7 miliardi) mentre 13 Regioni, quasi tutte del Centro-Sud, hanno accumulato un saldo negativo pari a 14 miliardi di euro.

La Calabria è anche maglia nera per le cure palliative e risulta sotto la media per l’assistenza degli anziani nelle rsa. È inaccettabile, che nel 2022, il 7,2% dei calabresi abbia rinunciato a curarsi dichiarando di non disporre di soldi per far fronte alle spese mediche presso le strutture private per ridurre i tempi di attesa, con una diminuzione della spesa annuale delle famiglie calabresi calata del 15% in un anno. Critico anche l’aumento della migrazione sanitaria dei pazienti in età pediatrica con punte del 23,6% in Calabria che è ultima anche per le prevenzione oncologica dove solamente il 42,5% delle donne tra i 50 e i 69 anni si è sottoposta ai controlli.

Tra un bambino nato nel 2021 in provincia di Bolzano, che ha un’aspettativa di vita in buona salute di 67,2 anni, e uno nato in Calabria, con un’aspettativa di vita di 54,2 anni, esiste un gap di ben 12 anni che si approfondisce a 15 se ci si riferisce alle bambine, stando alle rilevazioni della XIII edizione dell’Atlante dell’Infanzia (a rischio) 2022, dal titolo Come stai? di Save the Children.

Insostenibile, protesta il sindaco, la situazione dei piccoli pazienti per i quali i posti letto di terapia intensiva pediatrica sono pochi e mal distribuiti: si oscilla dai 6 posti in Calabria ai 46 della Lombardia e un bambino su 4 è ricoverato in reparti per adulti. Da recentissimi dati si apprende che in Calabria nel 2026 ci saranno 135 medici di medicina generale in meno e da gennaio 2023 mancano 24 pediatri di libera scelta.

È appena il caso di ricordare che, avendo intuito i gravi rischi per la democrazia e la vita economica e sociale del Paese, Cinquefrondi è stato il primo comune in Italia che, nel dicembre 2018, ha adottato una delibera contro l’attuazione del federalismo fiscale e nell’aprile successivo ha avviato il ricorso contro il sistema di perequazione del Fondo di solidarietà comunale, invitando gli altri comuni a fare altrettanto e raccogliendo 600 adesioni.

A pagarne le conseguenze non solo chi non vedrà rispettato il proprio diritto alla salute costituzionalmente garantito, ma anche medici e personale che rischiano di veder indeboliti i propri diritti di lavoratori e lavoratrici.

L’idea di autonomia regionale differenziata rischia di compromettere in modo irreparabile il principio di universalità dei diritti soprattutto in ambiti particolarmente delicati quale quello sanitario e non tiene conto delle enormi differenze oggi esistenti nelle diverse aree del Paese e soprattutto del divario in termini di ricchezza, infrastrutture e servizi. L’impegno dei sindaci, conclude Conìa, su questa partita è essenziale: non bisogna dimenticare che, una volta ratificate dal Parlamento, le intese governo-regione avranno durata decennale e non sono reversibili, se non per un recesso da parte delle regioni stesse. (mc)

[Michele Conia è sindaco di Cinquefrondi]

IL SUD TRADITO DAI SUOI PARLAMENTARI
PER L’AUTONOMIA LA LOTTA SARÀ LUNGA

di PINO APRILE – La trappola in cui il Paese si è messo da solo, il progetto scellerato dell’Autonomia differenziata, è approdato alla Camera dei deputati, dopo aver incassato l’approvazione del Senato, grazie alla quinta colonna terrona nella maggioranza di governo, che ha votato contro il Sud. Non uno di loro ha avuto un residuo conato di dignità che gli permettesse di ricordare in nome e per conto di chi siede su quei banchi (e se poi il partito lo punisce non ricandidandolo, chi glieli ridà ventimila euro al mese?). Se dei parlamentari del Sud dovessero sostenere (ce ne sono) di aver votato contro la loro gente “secondo coscienza”, stessero attenti, che se uno speleologo riuscisse a rintracciarla, la coscienza, potrebbe denunciarli per diffamazione.

E non c’è da aspettarsi sorprese positive dai deputati meridionali di maggioranza. Né avveniva qualcosa di diverso, quando la maggioranza era un’altra: il più acceso pro Autonomia differenziata era il presidente dell’Emilia Romagna, Stefano Bonaccini e, nel suo Pd, chi azzardava distinguo, era di fatto messo a tacere; l’allora segretario nazionale Letta prometteva ai veneti più Autonomia differenziata della Lega.

Cchiù pila (‘a pila, in Calabria, sono i soldi) p’ tutti! E poi Fassino, e tanti altri. In tutti i partiti (pure qualcuno nella Lega) c’è la consapevolezza che l’Autonomia differenziata sfascerà definitivamente il Paese, creerà tali e tanti scontri, che sarà impossibile continuare a tenerlo unito, sia pur così fintamente e malamente come è stato finora. Il folle disegno di legge di Calderoli (noto produttore di porcate, come lui stesso ammise, per la riforma elettorale; esternatore di bordate razziste contro i meridionali; autore di gesti clowneschi, come il falò delle leggi inutili a cui furono costretti, perché lui ministro, incolpevoli vigili del fuoco), quel folle disegno, dicevo, porterà alle stelle, nel nostro Paese, le disuguaglianze. Gli studiosi di questa branca dell’economia mostrano che, non importa con quali regimi, quando il livello delle disuguaglianze supera quota 40 nella scala del coefficiente di Gini (che le misura), è la violenza a ridurle: terrorismo, sommosse, colpi di stato, rivolte, guerre civili, rivoluzioni. Esagero? Il terrorismo lo abbiamo già avuto e stagioni di grandi disordini (vedi la lunga battaglia per le terre usurpate) pure.

E l’Italia è già il Paese, con Stati Uniti, Gran Bretagna, in cima alla classifica per disuguaglianze (ci ho scritto un libro su: Tu non sai quanto è ingiusto questo Paese). L’Autonomia differenziata porterà le disuguaglianze fuori controllo. E cosa avverrà dopo è immaginabile. Chiudere gli occhi, liquidare il rischio con un giudizio di timori eccessivi sventolati da chi non vuole la delittuosa riforma (perché clamorosamente incostituzionale), è gettarsi la questione alle spalle, per non affrontarla. Ma pur di imbarcare i voti tossici della Lega (dai cinquestelle a Draghi, con dentro pure il Pd, e ora Meloni), le si è consentito di portare avanti questo scempio, con il retropensiero di farlo arenare prima o poi (lo stesso Salvini sospettato di questo, nel partito) e adesso ci si rende conto che si è superato il punto di non ritorno e ci si trova con una bomba con la miccia accesa fra gambe. Persino molti dei peggiori sostenitori di questa porcheria sanno che sarà un disastro o, nella migliore delle ipotesi, un salto nel buio. Ma hanno promesso troppo, per troppo tempo, e non possono tornare indietro, devono tenere il piede sull’acceleratore, pur sapendo che si va contro un muro.

L’Autonomia differenziata è una mossa disperata del Nord: si sono venduti tutto, pure le squadre di calcio e reggono il livello di vita saccheggiando le casse statali con ogni scusa, Expo, Olimpiadi invernali, autostrade inutili o dannose (dalla Brebemi alle Pedemontane lombarda e veneta) e opere pubbliche che hanno il solo compito di continuare a succhiare soldi (vedi il Mose), pure le avversità atmosferiche, dalla siccità, se non piove per tre giorni, all’alluvione, se piove per tre giorni. Ora fanno pure pagare il biglietto per entrare a Venezia, dove l’acqua alta porta indennizzi milionari (le inondazioni a Sud, solo danni). Il gioco di far rimbalzare a Nord i soldi nazionali ed europei destinati al Mezzogiorno, non regge più, perché è stato così esasperato, che i terroni hanno mangiato la foglia della “spesa storica” e ora si vuol rendere il furto “costituzionale”. Come legalizzare le rapine, se i rapinatori sono scoperti. La fregatura è incartata bene con la parola “Autonomia”, tanto da far dimenticare quella che segue: “differenziata”. Che tradotto è: ognuno fa i cavoli suoi, ma non alla pari, a me sempre più, quasi tutto, e a te sempre meno, quasi niente.

I colonizzati mentali del Sud, persino qualcuno in buona fede (il che spiace), dicono che il Sud, con l’Autonomia, potrà giocare la sua partita. Ma “differenziata”, vuol dire che le Regioni più ricche (con i soldi di tutti) scendono in campo in 33 contro 11 (forse), l’arbitro e i segnalinee comprati, e poi “Vinca il migliore”. La posta in gioco però resta quella: la cassa comune. Le Regioni più ricche vi infileranno le mani prima, con l’Autonomia differenziata, e porteranno via gran parte del malloppo “legalmente” (oggi, per fotterne meno, devono ricorrere a trucchi vari). E non lasceranno manco gli occhi per piangere. I complici meridionali in Parlamento (fatti salvi pochi in buona fede, ma la fede par di capire sia l’unica cosa buona, se ci credono) ripetono a pappagallo le puttanate che la Lega spaccia da decenni: “Così anche il Sud dovrà darsi una classe dirigente più responsabile”.

Sì, e sarà tre volte Natale. Da dove spunterebbero ‘sti dirigenti miracolosamente pronti grazie a un ulteriore furto di risorse meridionali? E come sarebbero: come Roberto Formigoni o Giancarlo Galan e quindi vedremo pure loro in galera? O come i dirigenti leghisti che mirano al Guiness dei primati di condannati e inquisiti e hanno fatto sparire 49 milioni persino dalla cassa del partito? O come il presidente della Lombardia, Attilio Fontana, e il suo ex assessore alla Sanità che hanno gestito così bene la pandemia, da fare della loro regione la peggiore al mondo, nella circostanza? Ma di che parlano? “Gestiremo le nostre risorse”, si illudono.

Già, perché fanno tutto ‘sto casino per rubartele e poi te le lasciano? Succederà come già avviene per l’energia, il petrolio: quello che è del Sud diventerà “nazionale” (magari pure le spiagge, i beni archeologici, la mozzarella di bufala se la sono quasi presa e così via sino alle orecchiette e cime di rapa) e quello che è del Nord, è del Nord. Contrattare con questi razzisti e loro complici, per poi vantarci di aver ottenuto che la catena che ci mettono al collo è più lunga e quindi siamo più liberi? E farci dire, quando la bestialità di un apartheid all’italiana mostrerà i suoi effetti: “Ma c’eravate anche voi, lo abbiamo deciso insieme!”.

Sullo scempio di questa legge hanno lanciato i loro allarmi l’Unione europea, la Corte dei Conti, i maggiori costituzionalisti, la Banca d’Italia, l’Ufficio parlamentare del Bilancio, Confindustria, Ordini professionali come quello dei medici, sindacati e dirigenti della scuola, l’Associazione dei sindaci del Sud, la Svimez, le maggiori università, la Conferenza episcopale… Eh, ma Calderoli dice… Ah, be’, allora, se l’ha detto lui, sotto processo per razzismo, esponente del partito che ha il segretario nazionale condannato per razzismo contro i napoletani, che invia “governatori” leghisti a tenere per le redini i pur proni dirigenti terroni e quando dei giovani leghisti lucani (Padre perdona loro. O falli neri, ch’è meglio) osarono obiettare qualcosa, il gauleiter padano in terra infidelorum minacciò: «Vi piscio in faccia». Contenti loro: “la pioggia dorata”.

Ricordate il detto: “E gli alberi votarono per l’ascia, perché aveva il manico di legno”? Da lunedì 29, alla Camera, è cominciata la discussione sull’Autonomia differenziata. Ci si aspetta che l’opposizione si opponga. Sotto osservazione, quindi, ci saranno i parlamentari meridionali della maggioranza. Racconteremo ai loro elettori cosa faranno (hanno già votato un ordine del giorno per far pagare meno gli insegnanti al Sud). Se volete fare le porcherie, metteteci la faccia. E se non lo fate voi, lo faremo noi del Movimento Equità Territoriale (Met), perché chi vi ha eletto, sappia. Dovreste esser contenti che si sappia, se convinti di aver fatto bene. In caso contrario, perché non vorreste: ve ne vergognate? Magari!, sarebbe un bel segno. Pur se molti di voi sembrano aver perso, da mo’!, la capacità di farlo. (pa)

Pd Calabria: Le parole di Mattarella su Mezzogiorno servano per riflettere su autonomia

Il consigliere regionale del Pd Calabria, Mimmo Bevacqua, ha evidenziato come «le parole del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, sul Mezzogiorno servano per riflettere e per bloccare l’iter del ddl Calderoli».

Per Bevacqua, infatti, «la presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella in Calabria rappresenta un grande segnale di vicinanza delle Istituzioni alla nostra Regione e alla nostra Comunità».

«Ho preso parte con profondo interesse e emozione alla visita del Presidente Mattarella in Calabria – ha proseguito Bevacqua – e condiviso pienamente il suo intervento, nonché le sue idee specialmente in tema di lavoro e di autonomia differenziata. Mattarella, alla vigilia della Festa del Lavoro, ha insistito sull’importanza dell’occupazione come sinonimo di libertà dell’individuo e lanciato l’ennesimo appello contro lo sfruttamento dei migranti soprattutto in settori come l’agricoltura».

«Di grande rilievo e importanza – ha detto ancora il capogruppo dei dem a palazzo Campanella – le parole che il presidente ha riservato al Sud. ‘Lo sviluppo della Repubblica – ha specificato Mattarella – ha bisogno del rilancio del Mezzogiorno. È appena il caso di sottolineare come una crescita equilibrata e di qualità del Sud d’Italia assicuri grande beneficio all’intero territorio nazionale. E una separazione delle strade tra territori del Nord e territori del Meridione – ha aggiunto – recherebbe gravi danni agli uni e agli altri’».

«Un vero e proprio monito per chi ha la responsabilità del governo –ha spiegato Bevacqua – proprio nel momento in cui in Parlamento si è al rush finale per l’approvazione dell’autonomia differenziata che va nella direzione esattamente contraria rispetto alle idee espresse da Mattarella».

«La speranza è che questo ennesimo appello, che viene dopo il grido d’allarme lanciato appena qualche settimana fa dai Vescovi calabresi – ha concluso – possa far riflettere il governo e stoppare un progetto di riforma che finirebbe soltanto con il dividere il Paese e aumentare le differenze sociali». (rrc)

L’INSPIEGABILE INSISTENZA SU AUTONOMIA
CHE NON FARÀ BENE AL PAESE E ALLA LEGA

di PIETRO MASSIMO BUSETTAMa è questione di vita o di morte l’approvazione dell’autonomia differenziata prima del voto per le europee dell’8 e 9 giugno? Pare proprio di sì. E in realtà i motivi che portano Calderoli ad andare a marce forzate sono molti. 

Perché per La lega è ormai diventato uno scalpo da mostrare alle prossime elezioni. Non solo ma per lo stesso Matteo Salvini è probabilmente un salvacondotto per la sopravvivenza. 

Ma anche per Calderoli l’esigenza di salvare la faccia, dopo gli impegni sbandierati e le carte false fatte, con commissioni improbabili  bipartisan, dimissioni eccellenti, violazioni di regolamenti e minacce più o meno larvate di far saltare il banco del Governo, é imprescindibile.      

Infine Fontana e Zaia diventerebbero delle belve se saltasse l’accordo all’interno della maggioranza di far andare contemporaneamente avanti autonomia e premierato. E la Lega avrebbe difficoltà con le frange più estremiste esterne  ormai esistenti, capeggiati da Bossi, che vogliono tornare alla Lega delle ampolle e di Alberto da Giussano.

Ovviamente gli interessi di Forza Italia, diretta competitrice nella corsa ad essere il secondo partito per percentuale di consenso all’interno della coalizione di centrodestra, sono opposti.

La paura di perdere consenso, in conseguenza di tale legge, soprattutto nel Mezzogiorno è grande. Conseguentemente anche le posizioni espresse da alcuni Presidenti di Regione, appartenenti al Partito fondato da Berlusconi, in particolare Roberto Occhiuto, peraltro vicepresidente del Partito, ma adesso si è aggiunto anche Renato Schifani, sono chiare e certamente non a favore dell’autonomia, se prima non si è nelle condizioni di finanziare i Lep, cioè i servizi essenziali delle prestazioni in tutto il Paese, in particolare al Sud dove le carenze sono evidenti e gridano vendetta nei confronti di una Nazione sempre più duale. 

Ma è noto che per avere i livelli essenziali, nemmeno parliamo di quelli uniformi, sarebbero necessari annualmente 100 miliardi di euro da destinare al Sud,  come é stato detto da più centri studi nazionali, a cominciare dalla Svimez.

Risorse che il Paese non ha certamente. E allora si assiste a un gioco delle tre carte, per cui invece di parlare di finanziamento dei Lep si parla di individuazione di essi, si cerca di far passare le autonomie per le materie cosiddette non “leppizzate”, come per esempio l’energia.      

Insomma un gioco poco serio che mette in discussione oltre che l’unità della coalizione, che alla fine però si compatterà come sempre, e farà passare il “capriccio” della Lega, chiamato “spacca Paese”, anche la sua credibilità.     

Infatti tale riforma comporta non solo danni prevedibili di carattere economico per il bilancio dello Stato, ma anche alimenta una contrapposizione tra le due realtà del Paese duale, pericolosissima e che può  mettere in discussione l’Unità raggiunta nel 1860. 

Purtroppo si sta portando avanti una esigenza legittima in un momento sbagliato. È comprensibile che le realtà a sviluppo compiuto vogliano maggiore autonomie di gestione. Avendo raggiunto livelli adeguati di capacità amministrative, e contemporaneamente una classe dirigente che si occupa del bene comune, vogliono che alcune prerogative siano gestite  in periferia, che in genere é vero che conosce meglio le esigenze dei cittadini e dei territori. 

Anche se nella richiesta di autonomia il vero tema è quello di trattenere il cosiddetto residuo fiscale, cosa naturale in un paese sviluppato in modo equilibrato, ma che diventa dirompente in uno che ha le disuguaglianze dell’Italia. 

E allora quello che chiede la Lega è di mettere il carro davanti ai buoi, cioè di procedere con forme accelerate di federalismo e di trattenuta di risorse, teoricamente prodotte nelle realtà regionali che le incassano, in una realtà che ha invece bisogno di diminuire le disuguaglianze, di dare gli stessi servizi a tutti i cittadini, di equiparare i diritti di cittadinanza, di mettere in funzione quel secondo motore di sviluppo, che può dare risultati eccellenti, se solo viene aiutato in modo corretto e non solo a parole. 

Quella seconda locomotiva sempre tenuta nei depositi e mai partita veramente, che ancora ha capitale umano da utilizzare, siti da usare senza quell’affollamento ormai intollerabile che si registra nella pianura padana, una localizzazione felice estremamente vicina all’Africa, in un momento così importante per quel Continente e in una situazione in cui l’Europa vuole sempre più avvicinarsi ad esso. 

Quando tutto questo dovesse accadere e il reddito pro capite delle realtà meridionali si dovesse avvicinare a quello delle aree più sviluppate allora il tema di mantenere le risorse nelle realtà che le  producono potrebbe trovare un normale accoglimento, perché ognuno potrebbe gestire autonomamente, al di là ovviamente delle esigenze che alcune materie rimangano a livello centrale, come la sanità, la formazione, l’energia, l’infrastrutturazione, i porti e molte delle materie che sono state chieste che vengano delegate alle regioni con l’autonomia in approvazione.  

Tale esigenza per non perdere quell’unità funzionale che serve ad avere una catena di comando breve ed efficiente. 

In un momento in cui la Lega e Matteo Salvini in particolare si spendono in un modo assolutamente imprevisto per collegare con il ponte sullo stretto di Messina a Hong Kong e Singapore, Berlino e Stoccolma, dimostrando una visione delle esigenze del Paese non comune, insistere sull’autonomia fa perdere a tale partito quel carattere di forza nazionale che le sta facendo diminuire il consenso, soprattutto nel Sud. 

Forse uno stop in questo momento diventa inconcepibile e impraticabile, ma trovare un modo per evitare l’accelerazione voluta e avere più tempo per considerare molti aspetti trascurati, una via di fuga che contemperi l’esigenze di tutti, potrebbe far capire al Paese che la Lega è diventata una forza adulta, non più esclusivamente territoriale, spendibile anche oltre il lombardo veneto, e acquisire una credibilità che stenta ad avere nelle regioni del Sud.  (pmb)

[Courtesy Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia]

L’AUTONOMIA DIFFERENZIATA, A SCUOLA
SI RIVELERÀ UN VERO E PROPRIO DISASTRO

di SERGIO DRAGONE – A subire in Calabria gli effetti devastanti dal progetto di autonomia differenziata sarebbe, più di altri, il sistema scolastico. Se passasse nell’attuale stesura il progetto Calderoli, la nostra regione non potrebbe, per via di una spesa storica molto elevata in materia di istruzione, chiedere ulteriori risorse e dovrebbe perfino pensare di ridurre quelle esistenti per adeguarsi alla media nazionale. All’orizzonte ci sarebbero tagli, accorpamenti ulteriori e inevitabili chiusure di istituti ritenuti poco “produttivi”. Un disastro, insomma.

Un freddo ragionamento tecnico porterà a dire che il sistema scolastico calabrese costa già troppo, ci sono troppe scuole e pochi alunni, ci sono troppi docenti e peraltro con anzianità di servizio che determina maggiori costi in fatto di stipendi. Mentre, ad esempio in Lombardia, con una spesa storica pro capite inferiore alla media nazionale e con una maggiore efficienza del sistema (un numero maggiore di studenti per classe, docenti più giovani e meno costosi) il sistema potrebbe essere ulteriormente potenziato con un allineamento delle risorse.

La comparazione sugli effetti che l’autonomia differenziata potrebbe avere in Calabria e Lombardia in materia di istruzione è contenuta nell’interessante tesi di laurea brillantemente discussa all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza dal catanzarese Giuseppe Tallini, dal titolo “Autonomia differenziata: evoluzione normativa, implicazioni pratiche e focus sull’istruzione”, nell’ambito del corso di laurea in Gestione d’Azienda.

Si parte da un dato fondamentale, la spesa storica in materia di istruzione che in Calabria è di 949,07 euro per abitante, mentre in Lombardia è di 653,70 euro/abitante. Ecco come lo spiega Giuseppe Tallini.

Potrebbe ravvisarsi quale primaria motivazione la diversa conformazione orografica dei due territori che, in Calabria, è tale per cui maggiore è la dispersione geografica degli abitanti residenti sul territorio. Riprendendo qualche concetto già espresso in precedenza, infatti, un già basso valore di densità della popolazione della Calabria, contro quello della Lombardia, più di tre volte alto rispetto a quest’ultima, promuove seppur non da solo la crescita della spesa storica; stante la necessità di garantire un adeguato accesso all’istruzione in una regione dove non sempre ampie distanze sono colmate da un servizio di trasporto adeguato, è necessario accrescere le scuole esistenti che, quindi, per quanto troppo numerose rispetto alla popolazione studentesca e, per tale motivo di minori dimensioni, comunque impatteranno sul fabbisogno finanziario della Regione in materia di istruzione.

Nello studio si evidenzia che il numero medio di studenti per scuola è 999,48 in Lombardia, mentre in Calabria è di 708,41, più basso della media nazionale che è di 889,45. Il numero di studenti per classe è di 21 per la Lombardia, mentre in Calabria è di 17 a fronte di una media nazionale di 20. Sintomi di scarsa efficienza, dunque.

Una considerazione che è possibile trarre dalle risultanze di cui sopra è che, avendo la Calabria un numero medio di studenti per scuola inferiore rispetto alla Lombardia, il cui KPI è maggiore alla media nazionale, per garantire alla popolazione studentesca calabrese l’accesso all’istruzione sarebbero sufficienti in Calabria un minor numero di scuole rispetto a quelle esistenti ove, però, venissero raggiunti maggiori livelli di efficienza che alla luce delle caratteristiche orografiche del territorio sarebbe possibile perseguire adottando misure quali, per esempio, accorpamenti e miglioramento del servizio di trasporto.

A conferma delle considerazioni alle quali si è giunti, conseguono in Calabria, dunque, rispetto alla Regione Lombardia, ma anche alla media nazionale italiana, un maggior numero di scuole con un esiguo numero di iscritti e, conseguentemente classi numerose nella quantità ma non nel numero di frequentanti, come dimostra anche il numero medio di classi per istituto che in Calabria è nettamente inferiore alla Lombardia e alla media nazionale. Tale frammentazione, laddove maggiore, implica necessariamente, sebbene con una minore incidenza, un aggravio di spese strutturali per la manutenzione e, non solo, di ciascun edificio e di costi strettamente correlati al personale scolastico, docente e non docente, necessario al funzionamento di ciascuna scuola, come accade per la Calabria. Se, dunque, preponderante è la spesa per il personale sul complessivo fabbisogno finanziario in materia di istruzione è evidente come, un “obbligata” numerosità delle strutture scolastiche, a cui corrisponde, prima di ogni altra cosa, un maggior fabbisogno di risorse umane, contribuisca ad una sostenuta spesa storica rispetto alla Lombardia.”

Un altro elemento che emerge dalla ricerca è l’impatto sugli stipendi del personale.

Oltre quanto appena concluso, non può essere tralasciato un altro aspetto che impatta sulla spesa storica, ovvero l’età anagrafica dei docenti. A tal proposito giova attenzionare la situazione economica e sociale attuale che vede i giovani emigrare per ragioni professionali verso il nord e, i lavoratori più anziani a rimanere al sud; se, dunque, l’anzianità di servizio implica un maggior stipendio per i docenti è evidente come inevitabile sia, anche a parità di personale, una maggiore spesa per le regioni meridionali e, quindi, anche per la Calabria.

Esiste anche un notevole divario dal punto di vista qualitativo e dei risultati in questa comparazione Calabria-Lombardia.

Se, dal punto di vista quantitativo quindi, si rileva in Lombardia un minor fabbisogno necessario a finanziare la funzione istruzione, ovvero una minore spesa storica pro capite, dal punto di vista qualitativo una minore dotazione di risorse non preclude migliori risultati rispetto alla Calabria in cui, da una valutazione dei risultati scolastici perseguiti dagli studenti si è rilevata una minore qualità dell’istruzione. Il divario, se poco significativo, emerge nei primi anni di scuola e, dunque, nella scuola dell’infanzia, segue un trend crescente man mano che gli studenti avanzano nel grado e ordine di scuola, divenendo particolarmente significativo negli ultimi anni del percorso scolastico. Tra le motivazioni sottostanti, pertanto, rilevano senz’altro le diverse dotazioni strutturali delle scuole a beneficio degli studenti (in Calabria, per esempio, solo il 20% delle scuole ha in dotazione una mensa e, addirittura, solo il 17% una palestra) oltre che un contesto economico e sociale differente e fenomeni diffusi quali la dispersione scolastica e una minore offerta di attività extra scolastiche da parte delle istituzioni.

E dunque cosa potrebbe accadere se l’impianto di Calderoli restasse immutato?

Ritornando all’istruzione, a parità di età i ragazzi del sud sono di qualche anno indietro rispetto a quelli del nord, il che rappresenta una seria problematica nell’ambito di una stessa comunità nazionale; si pensi, a tal proposito, a cosa potrebbe accadere se ogni Regione potesse gestire autonomamente e, sulla base del proprio gettito, l’ordinamento scolastico e, più in generale, l’intero comparto. Ne conviene, dunque, un problema non solo economico e finanziario; sebbene le Regioni che ad oggi detengono nella spesa storica di alcune funzioni un trend maggiormente crescente rispetto ad altre, alla luce dell’autonomia differenziata potrebbero subire tagli nella dotazione di risorse tali da peggiorare ulteriormente la qualità e quantità dei servizi offerti, a scapito della popolazione in essa residente. La questione diviene, per tale ragione, anche e soprattutto sociale al punto da suscitare l’interesse della Chiesa che, fin dalla fine degli anni novanta sostiene un’idea di sviluppo che metta al centro le persone, le risorse e le peculiarità dei territori e non solo indicatori economici.”

L’analisi di Tallini arriva a giudicare “insostenibile” il progetto di autonomia differenziata nell’attuale stesura.

Viene ritenuto insostenibile il progetto di autonomia differenziata attualmente proposto poiché nella sostanza distante da una crescita unitaria coerente con i principi di solidarietà, sussidiarietà e coesione sociale stante una serie di peculiarità che, piuttosto, promuovono l’individualismo e una crescita difforme; basti pensare alla volontà di procedere alla determinazione dei costi e fabbisogni standard che rendono impossibile la valorizzazione delle potenzialità di un territorio o, ancora, all’impossibilità di sovraccaricare il bilancio dello Stato di ulteriori costi e oneri che, implicitamente, rende impossibile il perseguimento dei livelli essenziali delle prestazione. A distanza di anni, quindi, dall’introduzione di una tale riforma sarebbe, dunque, opportuno pensare ad interventi che, prima di ogni cosa, possano colmare le differenze attualmente esistenti tra le regioni, tra nord e sud in particolare e, poi, coerentemente con quanto sancito dalla Costituzione della Repubblica italiana, riconoscere maggiori e ulteriori forme di autonomia alle Regioni. Se opportunamente applicato e gestito, infatti, tale progetto potrebbe rivelarsi un adeguato volano ad una maggiore crescita e sviluppo, uniformi, del paese tutto”. (sda)