L’OPINIONE / Giacomo Saccomanno: Si parla di libertà di stampa e poi manca la pluralità di notizie

di GIACOMO SACCOMANNONon è polemica, ma solo una presa d’atto. Quando si parla di problemi seri e di interventi precisi qualche testata fa finta di non vedere. Con l’evidente conseguenza che viene ad essere violata la corretta informazione. Certamente, ognuno pubblica quello che ritiene più conveniente, ma questa non è, sicuramente, consona a quella libertà di stampa che dovrebbe consentire una partecipazione collettiva. Sulla autonomia differenziata pochi hanno letto il testo di legge approvato al Senato e che, ancora, deve fare un percorso molto lungo. Ma, a sparare nel mucchio fa sempre clamore!

Lo schiamazzo mediatico, però, non è una corretta informazione e tende a depistare la verità. Il Sud e l’Italia intera hanno necessità di migliorare e di utilizzare al massimo le poche risorse esistenti per cercare di eliminare quel divario sussistente tra il Nord ed il Sud. La cosiddetta “Questione meridionale” che non è stata mai correttamente affrontata e risolta, pur essendo decorsi decenni che hanno solo peggiorato la situazione.

Il Sud e la Calabria, in particolare, sono agli ultimi posti in tutte le classifiche attuali. Senza aggiungere la incapacità di utilizzare adeguatamente i fondi comunitari e la continua restituzione degli stessi. Circostanze queste innegabili e che dimostrano di come il Sud e la Calabria siano state gestite malamente e che questo andazzo non è stato mai corretto: tante dichiarazioni di intenti, ma nessuna misura reale ed incisiva.

Si è già detto, ma si deve ribadire per amore di verità: «Nel 2001 la sinistra decide di approvare una riforma per applicare il dettato costituzionale e dopo oltre 20 anni il Parlamento approva al Senato il disegno di legge presentato dal Governo (A.S. 615), che costituisce l’attuazione dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione, in tema di c.d. regionalismo differenziato. Da tempo, infatti, si è ritenuto (e questo Governo ha confermato questa posizione fin dal suo insediamento) che la disposizione costituzionale abbia bisogno di una attuazione da parte di una fonte legislativa. E, comunque, il testo originario di legge è stato ampiamente modificato dal Senato, che ha recepito numerosi emendamenti anche delle opposizioni».

«E, invero, l’obiettivo principale del disegno di legge è la definizione della procedura che porta all’adozione della legge rinforzata di approvazione dell’intesa fra Stato e Regione interessata concernente ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia. Il disegno di legge, poi, detta norme per il trasferimento delle funzioni (art. 4), per l’attribuzione di risorse finanziarie, umane e strumentali (art. 5), per l’attribuzione di funzioni agli enti locali (art. 6), per la durata nel tempo delle intese (art. 7) e per il monitoraggio (art. 8). Infine, il disegno di legge persegue finalità più ampie, di attuazione complessiva del Titolo V della Costituzione, a riprova del fatto che l’art. 116, terzo comma, Costituzione è, in realtà, il “motore” per il completamento di alcuni istituti costituzionali di primaria importanza. È di indispensabile importanza, al contrario di quello che viene affermato dalla sinistra e, dispiace, anche dalla Chiesa, l’articolo 2, che attribuisce al Governo una delega legislativa, da esercitarsi entro ventiquattro mesi, per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali (Lep) nelle materie interessate dall’autonomia differenziata».

«Finalmente, dopo oltre 22 anni, si potrà iniziare un percorso serio e concreto per cercare di eliminare il divario esistente, con individuazione delle risorse necessarie. Il problema sarà avere degli amministratori capaci, poi, di utilizzare le risorse e mettere in atto quel piano straordinario per colmare l’attuale deficit esistente. E qui che si misurerà la capacità della Calabria e del Sud di riuscire, finalmente, ad essere concreti e adeguati. La Lega è pronta a confrontarsi con tutti per dimostrare la bontà dell’iniziato percorso, purché gli interlocutori studino e possano, con un dialogo corretto, apportare anche miglioramenti al disegno di legge. Il resto è solo una “menzogna” gridata per interessi partitici e non, invece, per la crescita economica e sociale del Mezzogiorno».

Ebbene, pochi conoscono il testo di legge e, comunque, non si può accettare che il presidente dell’Anci Calabria, possa affermare una posizione negativa senza aver affrontato seriamente il problema. Comprendiamo che la maggioranza dei sindaci, per ignoranza o tendenziosità, contrasta l’autonomia differenziata, ma questo non può accettarsi da chi è stata eletta nel Cd. Ci dispiace che la Succurro non si renda conto di quello che ha detto e della evidente poca conoscenza della materia. Come già ribadito la Lega è disponibile a qualsiasi confronto serio per far comprendere di cosa si sta parlando. E la Succurro sa come incontraci per un confronto serio e sereno nell’interesse esclusivo della comunità calabrese e del Sud. (gs)

[Giacomo Saccomanno è commissario regionale della Lega]

QUEL DIVARIO NEL DIRITTO ALLA SALUTE
DALLA CALABRIA È FUGA PER CURARSI

di LIA ROMAGNO – Nel Mezzogiorno peggiori condizioni sanitarie, meno prevenzione e più alta mortalità oncologica.

Due donne, una emiliana, l’altra calabrese, hanno la stessa patologia oncologica ma una diversa possibilità di futuro che riflette il gap tra Nord e Sud nella sanità, e si traduce in un divario nel diritto alla salute. Sono le protagoniste del video che ha fatto da prologo alla presentazione del rapporto Un Paese, due cure. I divari Nord – Sud nel diritto alla salute, realizzato da Svimez in collaborazione con Save The Children.

I numeri messi nero su bianco mostrano come la loro possibilità di futuro dipenda dalla disponibilità di cure – che è non pari sul territorio – che si declina su tanti fronti: dagli screening periodici nell’ambito della prevenzione alle apparecchiature necessarie, dalla qualità delle strutture sanitarie alla loro prossimità, tutti elementi che sono alla base di quel turismo sanitario verso le regioni centro-settentrionali che fa ancora grandi numeri e che comunque non è alla portata di tutti, alimentando il fenomeno dell’impoverimento sanitario, ovvero il peggioramento delle condizioni economiche familiari, se non la rinuncia alle cure. È su questa Italia già drammaticamente “spaccata”, l’innestarsi di forme di autonomia differenziata non potrà che approfondire il solco, mettendo ulteriormente a rischio il principio dell’equità orizzontale della sanità.

I numeri offrono una fotografia allarmante, che il pacchetto di prerogative che la riforma Calderoli “consegna” alle Regioni, non potrà che aggravare. Senza considerare il fatto che «quelle del Mezzogiorno, tra piani di rientro e commissariamento, hanno le ganasce e non possono prendere nessuna autonomia regionalistica», sottolinea il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta, intervenuto alla tavola rotonda, insieme al direttore della Svimez, Luca Bianchi, Raffaella Milano, direttrice dei programmi Italia-Europa di Save the children, e Anna Lisa Mandorino, segretaria generale di Cittadinanzattiva.

I numeri, illustrati da Serenella Caravella, ricercatrice della Svimez, mettono a fuoco un aumento dei divari territoriali in un contesto di debolezza generalizzata del sistema sanitario nazionale, che il confronto con gli altri Paesi europei mette ancora di più in evidenza: le risorse pubbliche stanziate sono in media pari al 6,6% del Pil, contro il 9,4% della Germania e l’8,9% della Francia, a fronte di un contributo. La spesa sanitaria pubblica reale pro-capite è calata sul suolo tricolore del 2% tra il 2010 e il 2022, mentre è aumentata del 38% in Germania e del 32% in Francia.

L’incidenza della spesa sanitaria privata, pari al 24% della spesa sanitaria complessiva, è invece quasi doppia rispetto a quella di Francia e Germania, rispettivamente al 15,2% e al 13,5%.

I dati relativi alla spesa sanitaria pro capite nelle singole regioni spiegano il divario: per la spesa corrente la media italiana è di 2.140 euro, che in Calabria scende a 1.748 euro, in fondo a un’ideale classifica anche Campania (1.818 euro), Basilicata (1.941 euro) e Puglia (1.978 euro). Guardando al Nord, giusto per fare qualche esempio, è pari a 2.583 euro in Friuli, a 2.495 euro in Emilia Romagna.

Per la parte di spesa in conto capitale, i valori più bassi si registrano in Campania (18 euro), Lazio (24 euro) e Calabria (27 euro), a fronte di una media nazionale di 41 euro. Mentre risalendo la Penisola, il Friuli si attesta sui 60 euro, 63 il Veneto, 85 euro la Valle d’Aosta.

Sulla qualità delle prestazioni e dei servizi offerti è “illuminante” il monitoraggio Lea, i Livelli essenziali di assistenza (prestazioni, distrettuale, ospedaliera), in cui spiccano i deludenti risultati del Mezzogiorno, dove 5 regioni risultano inadempienti (non raggiungono il punteggio minimo, ovvero 60 su una scala da 0 a 100).

Nella fotografia scattata nel rapporto Svimez emergono altri dati drammatici: su 1,6 milioni di famiglie italiane in povertà sanitaria – perché hanno avuto difficoltà nel sostenere le spese sanitarie, o hanno rinunciato alle cure – 700 mila vivono al Sud. Qui la povertà sanitaria riguarda l’8% dei nuclei familiari, una percentuale doppia rispetto al 4% del Nord-Est (5,9% al Nord-Ovest, 5% al Centro).

Un altro primato negativo è sulla speranza di vita alla nascita che è 81,7 anni (dato 2022) per i cittadini meridionali, in media 1,5 anni inferiore a quella dei settentrionali.

Ma il divario si riscontra già nelle culle: secondo gli ultimi dati Istat disponibili, il tasso di mortalità infantile (entro il primo anno di vita) era di 1,8 decessi ogni 1000 nati vivi in Toscana, ma era quasi doppio in Sicilia (3,3) e più che doppio in Calabria (3,9).

E nel Mezzogiorno è più alta anche la mortalità per tumore che è pari al 9,6 per 10 mila abitanti per gli uomini rispetto a circa l’8 del Nord; per le donne è rispettivamente a 8,2 e inferiore a 7 al Nord: nel 2010, si rileva nel rapporto, i due dati erano allineati. E su questo fronte “la partita” si gioca soprattutto sul campo della prevenzione: tra il 2021 e il 2022 circa il 70% delle donne tra i 50 e i 69 anni si sono sottoposte ai controlli, due su tre aderendo ai programmi di screening gratuiti messi in campo dalle Regioni. Anche qui la copertura è diversa sul territorio: si va dall’80% nel Nord al 76% nel Centro, fino ad appena il 58% nel Mezzogiorno. Prima in classifica il Friuli-Venezia Giulia (87,8%), fanalino di coda la Calabria, dove solamente il 42,5% delle donne di 50-69 anni si è sottoposto ai controlli.

Per quando riguarda la possibilità di fruire degli screening organizzati, la percentuale delle donne oscilla tra il 63 e il 76% in Veneto, Toscana, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, P.A. di Trento, Umbria e Liguria e circa il 31% in Abruzzo e Molise. Le quote più basse si registrano in Campania (20,4%) e in Calabria, dove le donne che hanno effettuato screening promossi dal Servizio Sanitario sono appena l’11,8%, il dato più basso in Italia: numeri che in queste regioni hanno molto a che fare, oltre che nelle difficoltà sull’organizzazione delle campagne di prevenzione, spiega Caravella, con la carenza di personale, l’obsolescenza dei macchinari, tutti fattori che giustificano una scarsa fiducia nella qualità dei servizi.

La “fuga” dal Mezzogiorno verso le strutture sanitarie del Centro e del Nord ha numeri importanti: nel 2022, dei 629 mila migranti sanitari, il 44% era residente in una regione meridionale.

Per le patologie oncologiche, 12.401 pazienti meridionali (il 22% del totale) si sono spostati per ricevere cure negli ospedali del Centro e del Nord. In direzione opposta hanno viaggiato solo 811 pazienti del Centro-Nord (lo 0,1% del totale). Ed ancora la Calabria a detenere il primato del “turismo sanitario”: il 43% dei pazienti si rivolge a strutture sanitarie di regioni non confinanti. Seguono Basilicata (25%) e Sicilia (16,5%).

Per i pazienti pediatrici “l’indice di fuga” nel 2020 si è attestato in media all’8,7% a livello nazionale, con differenze territoriali che vanno dal 3,4% del Lazio al 43,4% del Molise, il 30,8% della Basilicata, il 26,8% dell’Umbria e il 23,6% della Calabria. Nel complesso, «la fuga per farsi curare vale 4,25 miliardi», è la stima fornita da Cartebellotta.

L’attuazione dell’autonomia differenziata, si sostiene nel report, rischia di aggravare ulteriormente il divario, creando una maggiore sperequazione finanziaria e, di conseguenza, ampliando le diseguaglianze nel diritto alla salute e il fenomeno della mobilità sanitaria (che porta altri soldi nelle casse delle regioni di destinazione).

«La concessione di ulteriori forme di autonomia – si sostiene – potrebbe determinare ulteriori capacità di spesa nelle Regioni ad autonomia rafforzata finanziate dalle compartecipazioni legate al trasferimento di funzioni e, soprattutto, dall’eventuale extra-gettito derivante dalla maggiore crescita economica».

Senza contare che la discrezionalità nella gestione e retribuzione del personale, la regolamentazione dell’attività libero-professionale, l’accesso alle scuole di specializzazione, le politiche tariffarie rafforzano la competitività del sistema sul fronte dell’attrazione di fondi e risorse umane – quest’ultime già carenti sull’intero territorio – e della possibilità di garantire servizi più efficienti.

«Chi afferma che dall’autonomia trarranno vantaggio le regioni del Sud dice una balla spaziale», la chiosa di Cartabellotta.

Per Bianchi la possibilità di un riequilibrio della situazione passa «dall’aggiornamento del metodo di riparto delle risorse del fondo sanitario nazionale con gli indicatori socio-economici: i criteri di deprivazione sono al momento considerati solo marginalmente, sottostimando il bisogno di cura e prevenzione nel Sud». (lr)

[Courtesy Il Quotidiano del Sud –L’Altravoce dell’Italia]

L’OPINIONE / DAVIDE TAVERNISE (M5S): «Svimez certifica il rischio di questa Autonomia differenziata»

di DAVIDE TAVERNISE – L’autonomia differenziata, così com’è stata licenziata al Senato, rappresenta l’ultimo tassello per la completa perdita del diritto alla salute in Calabria. Lo spiega bene il rapporto Svimez “Un Paese due cure” che pone l’attenzione sul divario già esistente fra nord e sud e sulle prospettive future, non proprio consolatorie.

Un allarme, quello lanciato dall’Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno, che si basa su dati tristemente noti riletti sotto una nuova luce: quella dell’autonomia differenziata. Ciò che esce fuori è una fotografica in bianco e nero, dove i punti luce non riguardano quelle regioni, come la Calabria, che risultano inadempienti anche rispetto al raggiungimento dei Lea.

Il rischio che il testo di Calderoli possa realmente ampliare le disuguaglianze tra le regioni nelle condizioni di accesso al diritto alla salute è concreto, non una presa di posizione ideologica né una sterile opposizione partitica. Necessario a questo punto fare marcia indietro o apportare profondi correttivi al testo, al fine di garantire in maniera uniforme il diritto alla salute su tutto il territorio nazionale. Per far questo il nodo da sciogliere è sempre lo stesso: si deve tornare ad investire in Sanità, prevedendo una quota maggiore di quel 6,6% del Pil che oggi viene destinato alla spesa sanitaria, molto più basso rispetto ad altri Paesi europei.

Non è più possibile accettare che oltre il 43% dei malati calabresi preferisca curarsi fuori regione, per ricevere cure adeguate che l’organizzazione sanitaria regionale non riesce ad erogare, un fenomeno che coinvolge anche il 23,6% di pazienti pediatrici. O ancora non sembra possibile che il 42,5% delle donne calabresi tra i 50 e i 69 anni non si sia mai sottoposta a programmi di screening oncologici gratuiti, offerta che dovrebbe essere garantita in tutta Italia in maniera uniforme perché compresa tra i Lea. Tutto ciò è dovuto sempre al mancato investimento, che trova compimento nel dato più sconfortante di tuttti che riguarda lo stanziamento di risorse pubbliche destinate alla sanità: a fronte di una media nazionale che è pari a 2,140 euro, la spesa corrente più bassa si registra in Calabria con 1,748 euro.

L’autonomia differenziata, per come è stata pensata, non riuscirà a colmare questi divari che oggi sono evidenti e preoccupanti ma che non trovano risposte adeguate da parte del governo centrale e da quello regionale. (dt)

(Davide Tavernise è consigliere regionale e capogruppo del Movimento 5 stelle)

Pd Calabria: Occhiuto dica se sta con Succurro o Loizzo

Il Pd Calabria, dopo lo scontro durissimo andato in scena a mezzo stampa tra Rosaria Succurro, che si schiera contro l’autonomia differenziata, e Simona Loizzo che le consiglia il tennis considerando le sue scarse attitudini alla politica, ha chiesto al presidente della Regione, Roberto Occhiuto, di indicare da che parte sta.

«Lo scontro di basso profilo tra Succurro, presidente Anci e esponente di Forza Italia, e la deputata leghista Loizzo sull’autonomia differenziata regala un’altra deprecabile fotografia dell’attuale maggioranza di governo che, purtroppo, guida la Calabria e l’Italia», hanno detto i dem, sottolineando come «la verità è che Succurro nelle vesti istituzionali di presidente Anci non ha potuto fare altro che schierarsi dalla parte dei sindaci e dei Comuni contro un provvedimento iniquo che spaccherà in due l’Italia e lascerà sprofondare le Regioni e le Città del Meridione. Dimenticandosi anche che Forza Italia, pur turandosi il naso, ha dovuto obbedire al governo Meloni, trainato dalla Lega, e votare sì a una riforma scellerata e chiaramente antimeridionalista».

«Ulteriore dimostrazione delle spaccature e dei dubbi azzurri, già ben rappresentanti dalle incertezze del governatore Occhiuto che, dietro lo slogan “no money no party” – hanno proseguito – ha provato a giustificare una posizione indifendibile che di fatto ha svenduto la Calabria. Così come urlato dal Pd in occasione dell’ultima direzione regionale alla quale ha partecipato anche il capogruppo a palazzo Madama Francesco Boccia. Per la Lega di Salvini evidentemente la misura è colma, e non sono accettate insubordinazioni o distinguo di qualsiasi genere e, dunque, Loizzo è subito scesa in campo contro la collega di centrodestra in maniera dura, e anche offensiva, dimostrando in pieno l’intenzione e l’idea del Carroccio che pensa di poter disporre della Calabria come meglio crede».

«È opportuno adesso che il centrodestra – hanno concluso i dem – si chiarisca le idee sull’autonomia differenziata e assuma l’unica posizione possibile e cioè quella contraria e a difesa della Comunità dei calabresi che dovrebbero rappresentare dopo avere vinto le elezioni. Così come è fondamentale che Occhiuto adesso si esponga e dica da che parte sta: se con la sua collega di partito Succurro o con la leghista Loizzo». (rrc)

Il sindaco di Catanzaro Fiorita: Da Succurro parole sincere e convinte

Il sindaco di Catanzaro, Nicola Fiorita, ha evidenziato come la ferma presa di posizione da Rosaria Succurro, presidente di Anci Calabria, sull’autonomia differenziata «non lasciano dubbi sulla loro sincerità e convinzione, mi fa ricredere sulla sua etero-dipendenza dai partiti del centrodestra. Ancora più significativo il fatto che questa posizione si diversifichi clamorosamente da molte voci di deputati e senatori calabresi, supinamente appiattiti  sugli ordini di scuderia provenienti dal governo nazionale».

«Non ho votato Rosaria Succurro come presidente dell’Anci perché la sua elezione fu utilizzata in quella fase dal centrodestra calabrese per compiere una prova di forza, preferendo all’unità della associazione il ridimensionamento di alcune voci autorevoli mediante l’esclusione dalla trattativa dei sindaci delle grandi e delle medie città della regione», ha spiegato Fiorita, tuttavia la presa di posizione contro il ddl Calderoli è significativa, soprattutto perché « si diversifica clamorosamente da molte voci di deputati e senatori calabresi, supinamente appiattiti  sugli ordini di scuderia provenienti dal governo nazionale».

«È per questi motivo – ha concluso – sicuro che la posizione del presidente Anci non sia una semplice tattica per uscire dall’angolo, ho deciso di partecipare martedì prossimo al sit in davanti alla prefettura per ribadire il no dei sindaci calabresi al grande inganno dell’autonomia differenziata, la riforma che potrebbe spezzare per sempre in due il nostro Paese». (rcz)

Minasi (Lega): Chi contrasta ddl su autonomia non lo ha compreso

La senatrice della Lega, Tilde Minasi, risponde alla Presidente dell’Anci Calabria, Rosaria Succurro, promotrice di un’iniziativa con la quale si  intende esprimere dissenso sulla riforma relativa all’autonomia differenziata appena approvata in Senato, invitandola «a capire meglio il disegno di legge contro il quale si sta schierando, in contrapposizione anche al suo stesso partito, e per questo la invito a incontrarci per discuterne».

«Le barricate, nella sua posizione, sono davvero inconcepibili e non vorrei nascondessero altri intenti, di propaganda elettorale, più che di reale interesse per i cittadini», ha aggiunto la parlamentare, sottolineando come «quello che si fa finta di non voler capire è che si tratta, intanto, di una legge quadro, che dunque va riempita di contenuti, su cui chiaramente tutti siamo chiamati a esprimerci e a vigilare».

«Il ddl, cioè, segna un percorso che, come ho più volte avuto modo di spiegare – ha ricordato –, era stato già deciso venti anni fa dalla sinistra, dall’attuale Pd, allora con D’Alema, che ha modificato la Costituzione inserendo la norma sull’autonomia differenziata. Il Parlamento e il Governo non stanno, dunque, che attuando la Costituzione stessa, così com’è necessario fare, tanto più che l’iter di richiesta dell’autonomia è già stato attivato da alcune Regioni del centro-Nord, dunque è un percorso segnato, da cui non si può rimanere tagliati fuori».

«Detto questo – ha proseguito – ribadisco che abbiamo tutti la possibilità di conformare questo percorso sulle nostre esigenze e peculiarità e che è davvero sciocco continuare ad agitare lo spauracchio di una parte politica, la Lega, che vorrebbe avvantaggiare il Settentrione a danno del Meridione d’Italia. È falso, ed è sotto gli occhi di tutti che sia così».

«La Lega – ha detto ancora Minasi – non è più quella di tanti anni fa, è un partito che guarda ai territori e li amministra benissimo. Anche quelli del Sud, che sono anzi al centro dell’attenzione del partito, a cominciare dal leader Matteo Salvini, che da Ministro sta impegnando svariati miliardi di euro per le Infrastrutture meridionali, in primis della Calabria. Autonomia differenziata vuol dire, dunque, opportunità e non danno. Vuol dire occasione di crescita e di sviluppo, puntando sui propri punti di forza e responsabilizzandosi sui punti deboli».

«Credo che chi si contrappone a questo percorso, nella veste di Amministratore, lo faccia solo per paura, dell’ignoto o di non essere all’altezza del compito. Ecco perché invito Rosaria Succurro e chiunque dissenta dal progetto – ha concluso la senatrice – a confrontarci per chiarire ogni dubbio ed esitazione». (rrm)

Bloise (Uil Fp Calabria): Aprire dibattito serio sull’autonomia differenziata

Il segretario generale di Uil Fp CalabriaWalter Bloise, ha chiesto di aprire un dibattito serio «per fermare la riforma incostituzionale dell’autonomia differenziata».

«Già il 10 2023 a Cosenza erano sfilate, nel corso di un’ampia e partecipata manifestazione, le bandiere della Uil per dire no al disegno di legge Calderoli. Sull’approvazione in Senato le stesse parole dell’Arcivescovo della diocesi Cosenza Bisignano, Giovanni Checchinato – ha aggiunto – avevano avuto grande eco nazionale, così come di recente quelle del Vescovo di Cassano Savino che ha esortato i Calabresi a reagire. E adesso prende posizione l’Anci Calabria, mentre in Calabria si avvertono i primi scricchiolii su una riforma incostituzionale che non convince per il suo portato antistorico e secessionista».

«Riteniamo corretto, come Uil Fpl – ha ribadito – che si apra un dibattito, al di là dell’appartenenza politica, per evitare ricadute drammatiche in termini sociali e territoriali legati all’applicazione dell’autonomia differenziata. Un provvedimento che, come affermato già da altri, rischia di creare una frattura insanabile tra il Nord e il Sud, aumentando le diseguaglianze già esistenti tra le due aree, impoverendo il Mezzogiorno e riducendo in misura irrecuperabile molti diritti».

«La Uil Fpl ribadisce la convinzione della necessità di un’azione sinergica con le istituzioni – ha evidenziato – già espressa nei giorni scorsi su un altro tema dirimente quale è quello del Pnrr e dei ritardi nella progettazione e nella realizzazione delle opere programmate, al fine di evitare che si acuiscano le distanze tra la Calabria e il resto del Paese. Siamo convinti che sia necessario e non più rinviabile l’avvio di un confronto costruttivo che coinvolga la Regione, le Province, l’Anci e gli enti locali per stimolare tematiche importanti per il paese quali quelle dell’autonomia differenziata nonché del Pnrr».

«Come Uil Fpl, poi – ha concluso Bloise –, ribadiamo che l’autonomia differenziata senza definire contestualmente i livelli essenziali delle prestazioni (Lep) rischia di ledere i diritti e le tutele dei cittadini in termini di diritto alla salute e prestazioni sociali. In conclusione, siamo disposti ad un confronto costruttivo in particolare sul tema che ci sta più a cuore: la Sanità. Si apra subito un dibattito». (rcz)

L’OPINIONE / Giacomo Saccomanno: Tutti tuonano contro l’autonomia, ma forse non hanno letto il testo

di GIACOMO SACCOMANNO – Il Sud e l’Italia intera hanno necessità di migliorare e di utilizzare al massimo le poche risorse esistenti per cercare di eliminare quel divario sussistente tra il nord ed il sud. La cosiddetta “Questione meridionale” che non è stata mai correttamente affrontata e risolta, pur essendo decorsi decenni che hanno solo peggiorato la situazione.

Il Sud e la Calabria, in particolare, sono agli ultimi posti in tutte le classifiche attuali. Non esiste settore nel quale il sud primeggia o si trovi in posizione utile. Ogni programma di sviluppo per la Calabria è fallito e non vi è stato alcun miglioramento. Decenni di amministrazione del tutto negativa, che non ha portato nulla di buono e che ha costretti i meridionali ad espatriare per trovare lavoro, per potersi curare, per poter inserirsi positivamente nel settore industriale o altro. In sostanza, un fallimento di una classe dirigente e della loro capacità di apportare elementi concreti e positivi allo sviluppo del sud. Senza aggiungere la incapacità di utilizzare adeguatamente i fondi comunitari e la continua restituzione degli stessi.

Circostanze queste innegabili e che dimostrano di come il sud e la Calabria siano state gestite malamente e che questo andazzo non è stato mai corretto: tante dichiarazioni di intenti, ma nessuna misura reale ed incisiva. Nel 2001 la sinistra decide di approvare una riforma per applicare il dettato costituzionale e dopo oltre 20 anni il Parlamento approva al Senato il disegno di legge presentato dal Governo (A.S. 615), che costituisce l’attuazione dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione, in tema di c.d. regionalismo differenziato. Da tempo, infatti, si è ritenuto (e questo Governo ha confermato questa posizione fin dal suo insediamento) che la disposizione costituzionale abbia bisogno di una attuazione da parte di una fonte legislativa.

E, comunque, il testo originario di legge è stato ampiamente modificato dal Senato, che ha recepito numerosi emendamenti anche delle opposizioni. E, invero, l’obiettivo principale del disegno di legge è la definizione della procedura che porta all’adozione della legge rinforzata di approvazione dell’intesa fra Stato e Regione interessata concernente ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia. Il disegno di legge, poi, detta norme per il trasferimento delle funzioni (art. 4), per l’attribuzione di risorse finanziarie, umane e strumentali (art. 5), per l’attribuzione di funzioni agli enti locali (art. 6), per la durata nel tempo delle intese (art. 7) e per il monitoraggio (art. 8). Infine, il disegno di legge persegue finalità più ampie, di attuazione complessiva del Titolo V della Costituzione, a riprova del fatto che l’art. 116, terzo comma, Costituzione è, in realtà, il “motore” per il completamento di alcuni istituti costituzionali di primaria importanza.

È di indispensabile importanza, al contrario di quello che viene affermato dalla sinistra e, dispiace, anche dalla Chiesa, l’articolo 2, che attribuisce al Governo una delega legislativa, da esercitarsi entro ventiquattro mesi, per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali (Lep) nelle materie interessate dall’autonomia differenziata. Finalmente, dopo oltre 22 anni, si potrà iniziare un percorso serio e concreto per cercare di eliminare il divario esistente, con individuazione delle risorse necessarie.

Il problema sarà avere degli amministratori capaci, poi, di utilizzare le risorse e mettere in atto quel piano straordinario per colmare l’attuale deficit esistente. E qui che si misurerà la capacità della Calabria e del Sud di riuscire, finalmente, ad essere concreti e adeguati. La Lega è pronta a confrontarsi con tutti per dimostrare la bontà dell’iniziato percorso, purché gli interlocutori studino e possano, con un dialogo corretto, apportare anche miglioramenti al disegno di legge.

Il resto è solo una “menzogna” gridata per interessi partitici e non, invece, per la crescita economica e sociale del Mezzogiorno. (gs)

[Giacomo Saccomanno è commissario regionale della Lega]

Biondo (Uil): Ribadiamo il nostro no all’autonomia

«Davanti ai partecipanti dell’assemblea regionale del Pd, abbiamo ribadito la nostra contrarietà all’autonomia differenziata», ha dichiarato il segretario generale di Uil Calabria, Santo Biondo.

«Abbiamo ricordato ai parlamentari – ha detto – la necessità di frenare il progetto anticostituzionale dell’autonomia differenziata, devono farlo senza guardare all’appartenenza politica, perché mentre questa scellerata riforma va avanti in Parlamento non sono stati definiti i Livelli essenziali delle prestazioni».

«Il ministro Calderoli e il Governo – ha ricordato – vogliono sviare il problema di fondo e confondere l’opinione pubblica perché, sino ad oggi, non ci hanno detto quale sarà il costo del regionalismo differenziato e dove si andranno a prendere le risorse in conto capitale per realizzarlo e, soprattutto, evitano di dire come verranno finanziati i Lep per le regioni che non sceglieranno di aderire all’autonomia differenziata e che hanno una ridotta capacità fiscale».

«La perequazione delle risorse, proprie mentre assistiamo alla pesante riduzione del Fondo perequativo infrastrutturale – ha continuato –, è il tema fondamentale da approfondire e rendere chiaro agli italiani. Le modifiche prodotte, in questo anno di discussione, al Ddl Calderoli non vanno al cuore del problema, mentre in maniera subdola e colpevole, con il sostegno di parlamentari incapaci di opporsi a questa sfrenata secessione, si porta avanti un progetto che spaccherà in due l’Italia».

«È sulla partita economica che, nell’indifferenza di buona parte del ceto politico nazionale e locale, si giocherà il destino di una norma di bandiera che rischia di spaccare il Paese definitivamente in due, di allargare quei divari di cittadinanza già insopportabili allo stato dei fatti», ha detto Biondo, ribadendo come «prima di parlare di autonomia differenziata nei termini pretestuosi imposti dal ministro, sia di fondamentale importanza correggere e dare attuazione alla 42/09 che è la legge che contiene i criteri per dare attuazione al regionalismo differenziato per come è disegnato dalla Costituzione. Invece, non si vuole mettere sul tavolo il tema del residuo fiscale, tanto caro ad alcuni presidenti di regione del nord Italia, e della sua regolazione attraverso il fondo perequativo».

«Insieme al capitolo residuo fiscale, poi, vanno definiti fabbisogno e costi standard, al fine di determinare quanto serve a ogni regione per poter finanziarie i propri Lep», ha detto ancora, sottolineando come «se non si fa questa operazione, il divario si amplierà sempre di più, perché regioni che hanno le potenzialità di attrarre investimenti privati andranno ad ampliare le proprie entrate fiscali e, quindi, anche i propri fabbisogni e i propri servizi, e avranno la possibilità, per esempio, di aprire nuovi asili nido o di migliorare ancora di più le proprie politiche sociali ed occupazionali».
«Questo a discapito di quelle regioni che, come la Calabria – ha concluso –, sono svantaggiate per una questione di contesto e non riusciranno ad attrarre investimenti privati o addirittura perderanno investimenti e dunque perderanno capacità fiscale e, quindi, avranno meno servizi, non potranno far crescere gli interventi per migliorare il sistema scolastico o quello sanitario, e finiranno per vedere sempre più allargarsi il proprio divario rispetto al resto del Paese». (rvv)

Irto (PD) lancia la mobilitazione generale contro l’autonomia differenziata

«Mobilitiamoci contro l’autonomia differenziata e contro le scelte scellerate del governo di centrodestra, che sta spaccando l’Italia, abbandonando il Sud, demolendo lo Stato sociale e calpestando i princìpi di eguaglianza e solidarietà della Costituzione repubblicana». È quanto ha dichiarato il senatore del Pd, Nicola Irto, nel corso dell’assemblea del Pd Calabria di Vibo Valentia.

Secondo Irto, «la mobilitazione è indispensabile, visto che il governo e la sua maggioranza si sono resi sordi e impermeabili rispetto ai nostri ragionamenti in Parlamento, alle istanze delle categorie economiche e sociali e perfino ai moniti sulle terribili diseguaglianze che l’autonomia differenziata determinerebbe, lanciati dal cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato della Santa Sede, e dalla Conferenza episcopale calabrese».

«Il Pd calabrese è pronto, insieme a tutto il Partito democratico, ad affrontare questa battaglia di giustizia sociale e di civiltà, con la mobilitazione generale – conclude il senatore Irto – a difesa dei diritti dei cittadini meridionali e dell’unità del Paese».

Presente, all’assemblea, anche il capogruppo del Pd in Senato, Francesco Boccia, ricordando come «il Pd ha fatto una battaglia durissima in Commissione e in aula al Senato. Abbiamo tenuto per nove mesi, utilizzando le regole democratiche, di tenerle ferme queste follie leghiste e ora con il voto di chi è stato eletto qui – e oggi ho letto delle dichiarazioni surreali del presidente Occhiuto che vanno in quella direzione – questo provvedimento è a Montecitorio».

«Noi a Montecitorio – ha sostenuto Boccia – ci batteremo per fermarlo, ma se anche gli eletti alla Camera del Sud obbediranno – perché non trovo un vocabolo migliore – ai diktat e alla Lega è evidente che ci sarà una sola strada che è quella della raccolta delle firme per un referendum e per una battaglia senza quartiere davanti al popolo». (rvv)