Bruni (PD): Discutere in sede istituzionale su criticità rilevate da Corte dei Conti su sanità e Pnrr

La consigliera regionale del Pd, Amalia Bruni, ha ribadito di discutere, in sede istituzionale, delle criticità rilevate dalla Corte dei Conti sulle «ben note criticità che interessano la nostra Regione soprattutto in materia di sanità, di lavori pubblici, e di attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza».

«Nella relazione illustrata venerdì 23 febbraio – ha spiegato – il procuratore generale della Corte dei Conti, Ermenegildo Palma, richiamata l’attenzione sul fatto che impiegare in modo consapevole le ingenti disponibilità finanziarie di cui è destinatario il territorio regionale presuppone sia una visione lungimirante e realista nel programmare, sia la disponibilità di competenze tecniche nella realizzazione».

«Cose in cui l’Amministrazione regionale non brilla – ha aggiunto – tanto che, spiega il procuratore, le citazioni rispetto all’anno scorso sono rimaste invariate. Da professionista del settore, mi viene immediato mettere in luce le problematiche nella gestione sanitaria, evidenziando la presenza di una costante precarietà e di una confusione generata prima di tutto dalla presenza di numerosi commissari all’interno delle aziende sanitarie regionali. Oltre che dalla mancanza di controllo e di direttive chiare, che hanno generato un caos tra Dipartimento e Azienda Zero. Nonostante siano trascorsi tre anni, la situazione non è stata risolta».

«E dopo tanta enfasi, i bilanci consuntivi 2022 adottati a giugno 2023 a tutt’oggi – ha ricordato – non sono stati approvati. Doppi pagamenti, mancate opposizioni a decreti ingiuntivi per liquidazioni già effettuate, cattiva gestione della farmacia, impianti solari e termici che non funzionano nonostante i milioni buttati, mancato rispetto delle politiche di risparmio su fitti e gestioni immobiliari, proroghe continue dei servizi essenziali. Del resto proprio nella relazione si parla di diffusa omissione da parte della dirigenza responsabile del funzionamento delle strutture aziendali di iniziative invece obbligatorie».

«Il quadro delle criticità si completa con il ritardo nell’approvazione dei bilanci e nella progettazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr), con particolare attenzione all’asse 6 relativo proprio alla sanità», ha affermato ancora Bruni richiamando anche «le responsabilità del governo per la confusione tra le responsabilità nazionali e regionali riguardo al Pnrr».

«C’è l’urgenza di completare la progettazione e rendicontare le opere entro giugno 2026. E visti i gravi ritardi nell’attuazione dei progetti e le innumerevoli criticità – ha concluso la consigliera Bruni – sarebbe il caso di spostare il confronto nelle sedi istituzionali, a partire da un confronto in Consiglio regionale per richiamare la Giunta e il presidente Occhiuto alle proprie responsabilità». (rcz)

I consiglieri Bevacqua, Tavernise e Lo Schiavo: Preoccupano dati su Pnrr della Corte dei Conti

I consiglieri regionali Mimmo Bevacqua (PD), Davide Tavernise (M5S) e Antonio Lo Schiavo (Misto) hanno espresso preoccupazione per i dati resi noti dalla Corte dei Conti calabrese in occasione dell’apertura dell’anno giudiziario, alla presenza del presidente nazionale Guido Carlino.

Dai dati dei magistrati è emerso come «sui cinque miliardi di investimenti del Pnrr per i trasporti, la Calabria non ha speso nemmeno un euro’», hanno riferito i consiglieri d’opposizione, «mettendo il dito all’interno di una piaga che, da molti mesi, segnaliamo invano al governo regionale».

«La relazione della Corte dei Conti si è concentrata anche sul nodo sanità dove viene evidenziato ‘un caos amministrativo’ che diventa totale nelle Asp – hanno proseguito i tre consiglieri di opposizione – come abbiamo comunicato più volte all’Ufficio del commissario che continua a fare orecchie da mercante e a trincerarsi dietro la sua narrazione social di una Calabria che funziona e che, purtroppo, si scontra con una realtà diametralmente opposta».

«Invitiamo, pertanto – hanno proseguito – il governo regionale a prendere atto dello stato dei fatti e ai rilievi della Corte dei Conti e venire a confrontarsi, finalmente, in maniera chiara e trasparente in Consiglio regionale sullo stato di avanzamento degli investimenti del Pnrr. Così come va fatta chiarezza sulle interlocuzioni in atto con il governo nazionale del quale la Calabria non può continuare a fare lo zerbino».

«Dopo i tagli ai fondi operati in maniera scriteriata e le somme stornate per finanziare il Ponte sullo Stretto e pagare cambiali elettorali a Salvini – hanno concluso – adesso è il momento di dire basta e fare partire un’operazione verità. Ancora più indispensabile alla vigilia dell’approvazione dell’autonomia differenziata che colpirà il Sud e la Calabria come una mannaia azionata dal governo più antimeridionalista della storia italiana». (rrc)

 

La Corte dei Conti approva piano di riequilibrio del Come di Bova Marina

La Corte dei Conti approvato il piano di riequilibrio proposto dal Comune di Bova Marina e, in corso di attuazione, «smentendo chi scommetteva sulla bocciatura e sulla dichiarazione di dissesto». Lo ha reso noto il sindaco, Saverio Zavettieri, sottolineando come «tale pronunciamento dimostra la solidità delle risorse, delle finanze comunali, la piena solvibilità dell’Ente nonostante l’ingente mole di debiti ereditati».

«La Corte dei Conti attesta l’inesistenza di un deficit strutturale pur in presenza di una scarsa capacità di riscossione a fronte di una notevole evasione che lascia ben sperare per il futuro – ha continuato il sindaco –. Questa buona notizia che arriva dalla Corte dei Conti ci consentirà di vivere più serenamente le festività natalizie godendo dei vari eventi programmati».
Procede in modo più che soddisfacente grazie al supporto dell’assessore comunale Francesco Plutino, la realizzazione del progetto “Natale Insieme 2023” che si articola in alcuni eventi di grande richiamo identitario e culturale quali il concerto di Cosimo Papandrea la sera del 23 dicembre in Piazza Stazione all’interno del progetto “Alica Festival” finanziato dalla Regione, in collaborazione col Comitato giovanile, che ripropone contenuti e percorsi storico- culturali comuni all’area grecanica al fine di renderla più unita e coesa.
E ancora, il Presepe Vivente organizzato per il pomeriggio del 27 prossimo nella Zona del Borgo, il rione più antico e originario della comunità di Bova Marina accompagnato dalle Note di Natale del Maestro Aldo Iacopino a cura dell’Associazione culturale “Il Castello” su incarico della Città Metropolitana; la notte del Bergamotto a cura della Pro-loco di Bova Marina nella serata del 30 dicembre con la presenza di numerosi stand di artigiani tipici della zona, l’esposizione e la degustazione di prodotti locali, l’esibizione di artisti da strada e l’apertura straordinaria di locali e pubblici esercizi della comunità bovese.
Per la Santa festa di Natale sarà allestita una illuminazione artistica di notevole impatto resa possibile dal patrocinio e da un contributo adeguato del Consiglio regionale al cui Presidente va il ringraziamento della Comunità bovese. (rrc)

Il Pd Calabria: La Corte dei Conti conferma le criticità che avevamo rilevato

Il Pd Calabria ha evidenziato come «eravamo stati facili profeti a rilevare le criticità delle operazioni portate avanti dalla giunta regionale. Adesso l’operato della Regione, in entrambi i casi fortemente anomalo, è stato certificato anche dalla Procura della Corte dei Conti».

Il gruppo del Pd in Consiglio regionale ha invitato a stemperare i toni trionfalistici del centrodestra, che continua a non vedere i gravi problemi che affliggono la Calabria.

«Per quanto riguarda Sorical – proseguono i consiglieri dem – è evidente che non tornano svariate decine di milioni di euro. Per l’esattezza, come sostiene la Corte dei Conti, sussiste un disallineamento contabile di più di 45 milioni relativamente ai crediti della Regione nei confronti di questa società, poi scomparsa di scena come per magia. Che ne è di questi debiti quindi anche in considerazione delle esposizioni che Sorical aveva anche nei confronti di Istituti di credito? Come verranno pagati?». 

«Ancora più complesso poi il quadro che emerge dalla relazione della Corte dei Conti per quanto riguarda il Consorzio unico di bonifica – sostengono i dem –. I magistrati contabili rilevano come assolutamente discutibile e non privo di rischi l’azzardo con cui ha proceduto la Regione. Come si può non considerare ad esempio che i Consorzi di bonifica sono soggetti delegati per legge al funzionamento di servizi strategici per l’economia regionale? Secondo la Regione i debiti accumulati fin qui, circa 40 milioni, dovrebbero onorarli i vecchi e ormai dissolti Consorzi di bonifica».

«Solo così, nell’intento della riforma della Cittadella, può nascere ed è nato il Consorzio unico di bonifica – continuano –. Al “fuoco” i vecchi debiti e si riparte con una unica e nuova società. Ma sarà mai possibile portare avanti una siffatta e spregiudicata operazione? Chi pagherà mai i 40 milioni di debiti dei vecchi Consorzi? Certamente prima o poi, di diritto o di rovescio finiranno sul conto della Regione. Così come i debiti Sorical. Riformare il sistema è sempre un bene per i calabresi. Onorare i debiti lo sarebbe ancora di più».

«Se a questo quadro – conclude il gruppo del Pd – si aggiungono i rilievi della Corte dei Conti in materia di sanità e i rischi evidenziati se si dovesse davvero attuare la proposta di autonomia differenziata voluta dal governo nazionale, c’è poco da stare allegri. E la maggioranza di centrodestra farebbe meglio a mettersi al lavoro per superare le criticità piuttosto che festeggiare sulla stampa». (rcz)

Corte dei Conti sulla Città Unica, le motivazioni che hanno portato alla nascita dell’idea

di FRANCO BARTUCCILa nascita dell’UniCal non ha portato ad una reale sinergia di collaborazione tra le istituzioni comunali e la stessa. In questi cinquantadue anni le Amministrazioni comunali interessate come la stessa Università, salvo il periodo iniziale del primo ventennio in cui esisteva un insistente continuo scambio di vedute e riunioni in ambito comunale, come pure da parte dell’Amministrazione Provinciale, non hanno dialogato e costruito quanto la legge istitutiva dell’Università ed il suo primo Statuto prevedevano in materia di rapporti collaborativi per lo sviluppo dell’Università e per la creazione della nuova grande e unica città.

Basta ricordare la Commissione di collegamento con gli Enti esterni prevista dallo Statuto, istituita nel 1987 dal Rettore prof. Rosario Aiello, ma mai entrata in funzione.

Eppure chiare erano le idee e i programmi che avevano i padri fondatori nell’impostare il tipo d’insediamento strutturale del Campus universitario nell’area a Nord di Cosenza ed in particolare tra contrada Arcavacata (Rende) e Settimo di Montalto Uffugo, scaturito da un concorso internazionale, con commissione di valutazione internazionale, indetto nel 1973 ch’ebbe il placet risolutivo, dopo un periodo di ricorsi giudiziari presso il Tar Calabria ad opera di studi tecnici esclusi dal gruppo dei vincitori, nel mese di luglio del 1974.

Le raccomandazioni della commissione giudicatrice internazionale per lo sviluppo dell’UniCal 

La commissione internazionale dopo aver fatto un attento esame sugli elaborati dei 67 progetti presentati nel mese di dicembre 1973 ne individuava cinque degni di una ulteriore valutazione  tramite una nuova fase concorsuale per la scelta definitiva, suscitando non poche polemiche e ricorsi giudiziari per come sopra specificato.

Nel prendere questa decisione la Commissione giudicatrice del concorso, nel proprio verbale, approvato dal Consiglio di amministrazione nella seduta del 17 gennaio 1974, presieduto dal Rettore, prof. Beniamino Andreatta, focalizzava delle raccomandazioni  per l’insediamento urbanistico dell’Università nel contesto di un territorio già urbanizzato ed in una fase di ulteriore sviluppo.

Se ne riportano a seguire le più importanti: 1) In considerazione del fatto che l’Università attirerà nella zona una numerosa popolazione di studenti, docenti, ricercatori, personale tecnico e amministrativo e relative famiglie, e che questi a loro volta attireranno un ulteriore numero di addetti ai servizi, per cui l’Università potrà diventare uno dei principali datori di lavoro della zona, le attuali proposte di piano regolatore di Cosenza, Rende e della Regione vengano modificate in modo da tener presente tali fatti e che tali piani regolatori vengano concordati con l’Università; 2) che si elaborino piani particolareggiati dei trasporti in vista del numero di persone interessate e i mezzi di trasporto di cui potrà disporre e che tali piani siano concordati fra le varie collettività e l’Università; 3) che in considerazione delle necessità di alloggio dei vari membri dell’Università e delle generali necessità dell’Università di spazi di vario tipo, si esamini la possibilità di utilizzare a tal fine edifici esistenti, soprattutto a Cosenza e che questa venga considerata un’occasione per ridar vita ad alcune zone della città e di restaurare alcuni dei suoi vecchi edifici.

L’UniCal e il Centro Storico di Cosenza

Il Consiglio di amministrazione nella seduta del 9 febbraio 1974 nomina una commissione di studio per l’insediamento di residenze nel centro storico di Cosenza; lo stesso Consiglio nella seduta del 5 giugno 1974 approva il verdetto della commissione giudicatrice del concorso internazionale che premia il progetto Gregotti per la parte delle strutture didattiche-scientifiche ed il progetto Martensson per quanto riguarda il complesso residenziale.

Ma il giorno che segna la svolta per dare inizio ai lavori di realizzazione del progetto strutturale dell’UniCal, dopo la bufera dei ricorsi giudiziari presso il Tar Calabria, è il 16 luglio 1974 quando il Rettore Beniamino Andreatta comunica al Consiglio di amministrazione che il Tar ha rigettato i ricorsi invalidanti e le istanze di sospensione del Concorso internazionale presentati da vari soggetti concorrenti e interessati al programma. La definizione delle controversie in maniera favorevole all’Università permette l’avvio della stesura della convenzione con il gruppo Gregotti e con il gruppo Martensson. 

La rivista La Nuova Città nel numero del mese di luglio 1974 pubblica un articolo con il titolo È piaciuto ad Andreatta il ponte sulle colline, nel quale lo stesso Rettore dice: «La futura Università della Calabria avrà la forma di un lungo ponte sospeso sulle colline di Arcavacata, da Nord verso la città. La grande Università è sul punto di partire. Messi da parte i dissensi, che sono stati spesso abbastanza aspri, il disegno di questo centro culturale legato al processo di sviluppo della Calabria e del Mezzogiorno deve essere ora coerentemente e fermamente realizzato».

«L’Università della Calabria è chiamata a dare prova della sua presenza dinamica, per poter superare le insidie che sono già dietro la sua porta. L’asse di Vittorio Gregotti sembra scongiurare il pericolo dell’isola culturale. Se esso parte verso la città, da Cosenza e da Rende parte un grande asse attrezzato che sembra proteso ad un incontro costruttivo con l’Università. Ancora meglio ora si delinea il disegno della nuova città, per la quale continuiamo a batterci carichi di fiducia. Il ponte del progetto vincente ci consente, pur avendone ancora una conoscenza piuttosto approssimativa, di guardare, anche in questa direzione, abbastanza lontano». (fb)

La Corte dei Conti della Calabria contraria alla fusione di Cosenza, Rende e Castrolibero?

di FRANCO BARTUCCILa Corte dei Conti calabrese ha mostrato scetticismo sulla proposta di legge regionale della fusione di Cosenza, Rende e Castrolibero in “città unica” e nell’urbe bruzia i politici contrari come quelli favorevoli si scatenano nell’esprimere giudizi di apprezzamento quanto di prudenza su quanto i giudici contabili hanno espresso nella loro relazione. Un atto che non appare vincolante per le amministrazioni comunali nell’accettare o meno la valutazione della Corte dei Conti.

Resta comunque il fatto che i giudici nella loro relazione scrivono quanto segue: “Tuttavia, è da considerare  al riguardo che oltre una certa soglia dimensionale la complessità dei processi può rendere meno agevole la gestione, soprattutto se la dimensione non corrisponde a un processo identitario consolidato, ma è dettata da logiche contingenti”.

Qui casca l’asino in quanto i giudici contabili dimostrano di non avere contezza e conoscenza (lo stesso vale per molti amministratori e politici locali) del come è nata la necessità di costituire tra i tre Comuni con l’aggiunta di Montalto Uffugo un’unica area urbana, o meglio la grande e unica nuova città della media valle del Crati. Probabilmente per mancate giuste e motivate informazioni che vale sia per i primi che per i secondi.

Si potrebbe definire un intervento astruso e fuori dal tempo dal momento che sono finora 52 anni, con l’istituzione dell’Università della Calabria, da quando tale materia è venuta alla luce, in considerazione del fatto che il Comitato Tecnico Amministrativo dell’Ateneo, presieduto dal Rettore, prof. Beniamino Andreatta, per dare seguito ad una legge dello Stato (12 marzo 1968, n. 442) deliberò di insediare la prima Università statale calabrese sui territori dei Comuni di Rende e Montalto Uffugo.

A proposito della legge istitutiva appare a questo punto importante fare un inciso sui “diritti negati” alle componenti docenti e non docenti per quanto riguarda il diritto alla residenzialità e che avrebbe consentito, se rispettata, di avere oggi un grande e non parziale campus universitario. Il riferimento è ai vari ricorsi che diversi dipendenti dell’Università hanno presentato nei primi anni agli organi giudiziari della città e della regione per avere il riconoscimento di tale diritto e che al contrario ci sono state delle sentenze definite da alcuni alla “Ponzio Pilato”, nel senso che anziché guardare al valore della “Giustizia” ci si è espressi in modo accomodante trovando soluzioni piuttosto “burocratici”,  non consentendo al personale di poter godere del diritto alla residenzialità come la legge stabiliva, creando così un danno enorme alla stessa università che ad oggi vediamo non completata nelle sue strutture.

Per ritornare alla questione della città unica è il caso di sottolineare che la decisione presa dal Comitato Tecnico Amministrativo dell’UniCal imponeva, quindi, la creazione di un’unica area urbana tra i due Comuni di Rende e Montalto Uffugo  per favorire, una volta realizzate le strutture, i vari servizi logistici e gestionali. Questo comportava, comunque, un collegamento e legame con la città capoluogo per varie ragioni storiche quanto amministrative e di supporto iniziale.

Sono esattamente 52 anni che mediaticamente e politicamente con cadenza periodica questo progetto, nei rispettivi territori e relativa società, è frutto di discussioni portandolo quindi ad essere considerato come un “processo identitario consolidato” in corso, che aspetta finalmente di trovare lo sbocco giusto con la immediata realizzazione.

Peraltro bene ha scritto e detto il prof. Walter Greco, docente di sociologia politica all’UniCal nel suo intervento pubblicato dal Quotidiano di Calabria mercoledì 9 agosto, affermando che i movimenti della popolazione hanno da tempo dato vita negli anni a un hinterland omogeneo, precisando che la città unica esiste ormai nei fatti a seguito di uno sviluppo edilizio esteso sui territori di Rende, Castrolibero, Settimo di Montalto Uffugo, creatosi in virtù proprio dell’insediamento universitario che ad oggi ha una popolazione di circa 25.000 studenti e oltre 1.600 tra docenti e non docenti tecnici-amministrativi con rispettive famiglie. È l’Università, quindi, che costituisce l’asse portante nella nascita della nuova città e nell’identificazione di un’area urbana più ampia adeguata ai suoi bisogni. (fb)

La sindaca di Vibo Limardo illustra gli esiti della sentenza della Corte dei Conti: Comune non va in dissesto

«Siamo davanti ad una situazione inedita a livello nazionale, certificata dalla stessa Corte nel passaggio finale in cui rimarca proprio l’aspetto di novità. Innanzitutto è bene ribadire come venga sancito un dato imprescindibile: l’ente non va in dissesto, e per la prima volta succede che la non omologazione di un Piano di riequilibrio non comporta automaticamente un dissesto». È quanto ha detto la sindaca di Vibo Valentia, Maria Limardo, in conferenza stampa per illustrare gli esiti della sentenza della Corte dei Conti – Sezioni riunite.

Alla conferenza hanno preso parte, oltre ai giornalisti, anche i cittadini, invitati proprio dal sindaco per diventare parte attiva di quello che vuole essere un processo di coinvolgimento totale della cittadinanza alla vita attiva dell’amministrazione comunale.

«Questo ci fa comprendere quanto delicata sia la materia e quanto invece, in questi giorni – ha detto – molti si siano lanciati in interpretazioni varie e stravaganti al solo fine di strumentalizzare un qualcosa che evidentemente non hanno letto e disconoscono. A conferma di ciò, posso anticipare che giorno 1 giugno siamo stati convocati al ministero dell’Interno, al tavolo che si occuperà appunto del caso Vibo. Un tavolo al quale noi andremo preparati, con le idee chiare ed una nostra proposta ben precisa. Successivamente intendo riconvocare la stampa ed i cittadini per informare tutti puntualmente sull’esito dell’incontro. Ritengo inoltre doveroso sottolineare, per rispondere ad attacchi strumentali, che il Comune non ha addossato ad altri colpe o responsabilità, ma ci siamo limitati, e qui lo ribadisco, ad evidenziare dati di fatto, che nella sentenza vengono messi nero su bianco».

«Eccoli: ha sbagliato il commissario che c’era prima di noi – ha evidenziato – ad avviare la procedura di riequilibrio oggi dichiarata inammissibile; ha sbagliato il Comune nel proseguire (anche se non poteva fare diversamente, pena un nuovo automatico dissesto), ha sbagliato il ministero nell’invitare il Comune a proseguire col Piano, ha sbagliato addirittura la sezione regionale della Corte dei conti nel non ravvisare l’inesistenza dei presupposti per l’avvio della procedura di riequilibrio».

«È questa la situazione con cui dobbiamo fare i conti. Fino all’incontro di Roma, però – ha continuato – è bene chiarire alcuni punti fondamentali: In questi anni il Comune ha avuto una parte attiva nelle materie del risanamento finanziario dell’ente (abbiamo sollecitato provvedimenti legislativi; attivato confronti con ministero dell’Interno e Mef; interloquito con Anci e Ifel; ottenuto contributi straordinari per quasi 16 milioni di euro; siglato il Patto per la Città con la presidenza del Consiglio), non siamo stati semplici spettatori».

«Sempre in questi anni – ha aggiunto il primo cittadino – sono stati conseguiti i seguenti risultati: da una massa passiva che la Corte dei conti ci quantificava in 65 milioni ci ritroviamo oggi con un disavanzo di 31 milioni; ricostituite totalmente le somme vincolate; abbattuti i tempi medi di pagamento dei debiti commerciali; realizzato una giacenza di cassa positiva, basti ricordare che nel 2013, anno del dissesto, avevamo in cassa 700mila euro ed oggi sono 40 milioni; finanziati gli espropri financo degli anni ’80; corretto gli errori gius-contabili precedenti al 2018 (contabilizzazione anticipazione di liquidità, riaccertamento straordinario dei residui, calcolo fondo crediti dubbia esigibilità, fondo contenzioso e passività potenziali)».

«Nel corso della procedura – ha detto ancora – abbiamo segnalato alla finanza locale che probabilmente il Piano di riequilibrio non era la soluzione giusta ai nostri problemi finanziari, chiedendo un intervento straordinario. Lo stesso ministero, invece, ci ha invitato a proseguire sulla strada del Piano, che oggi le Sezioni riunite hanno dichiarato essere sbagliata. Al suo insediamento nel giugno 2019, l’amministrazione non ha avuto i 90 giorni per approfondire la problematica. È salita su un treno già in corsa. Anche in questo caso era stata avanzata richiesta al ministero per avere i 90 giorni minimi, che ci è stata negata. A distanza di qualche mese la Corte costituzionale ha statuito l’illegittimità della norma del Tuel che non riconosce alle neo amministrazioni insediatesi dopo un avvio della procedura di riequilibrio i 90 giorni minimi per elaborare un Piano».

«La sentenza è innovativa – ha specificato – come dice lo stesso dispositivo, allorquando compensa le spese. Quindi ci troviamo di fronte ad un cambio di rotta giurisprudenziale, tant’è vero che per la prima volta la non omologazione del piano non comporta ipso iure una dichiarazione di dissesto. Il Mef ha certificato che gli indicatori socio-economici della nostra città sono tali da non garantire i Lep, cioè i Livelli essenziali di prestazione dei servizi pubblici che un ente locale deve erogare. È anche per questo che noi chiediamo lo stesso trattamento riconosciuto a città in difficoltà finanziaria come Roma, Napoli, Torino, Reggio Calabria, Palermo, Catania e Potenza».

«Per queste e per mille altre ragioni noi siamo assolutamente orgogliosi del percorso fatto fin qui e del contenuto di questa pronuncia – ha concluso – anche perché andremo a Roma con questa sentenza in mano, che ci dice che in queste condizioni non siamo in grado di garantire i Lep, ed un capoluogo di provincia non si può abbandonare a se stesso dopo un lavoro immane che è stato compiuto e dopo gli enormi sacrifici fatti dai cittadini. Andremo a rivendicare quanto di buono fatto e ad invocare a gran voce pari dignità per Vibo Valentia». (rvv)

VIBO – Il Comune: Scongiurata l’ipotesi di dissesto finanziario

È stata scongiurata l’ipotesi di dissesto finanziario per il Comune di Vibo Valentia. È quanto ha stabilito la Corte dei Conti – Sezioni Riunite, nel corso dell’udienza, ritenendo non valutabile il Piano di riequilibrio in quanto non vi erano i presupposti per ricorrere alla procedura avviata dall’allora Commissario Straordinario alla guida di Palazzo Luigi Razza.

Un caso unico nel suo genere, in quanto ha ribaltato le decisioni fino ad oggi assunte dalla magistratura contabile della regionale e dal ministero dell’Interno sul caso di Vibo.

Secondo la magistratura contabile non si poteva ricorrere alla procedura di riequilibrio e dunque il Piano non poteva essere adottato e quindi valutato, così come non potevano essere adottate le istruttorie successive del Ministero dell’Interno e della sezione regionale Calabria della Corte dei Conti. La decisione delle sezioni Riunite è dunque indipendente dal termine del 31 dicembre 2022 considerato nell’udienza del 18 gennaio 2023 perentorio per la rimodulazione e comunque con il Milleproroghe posticipato al 31 marzo 2023.

Non più una questione di termini ma la decisione è altra. Il Comune di Vibo Valentia non può andare in dissesto non perché sia stato bocciato il Piano, ma perché  il piano non poteva e non può essere valutato. La procedura di riequilibrio, come richiamato nella delibera n. 24 del 28 dicembre 2022 della Corte dei conti sezioni Riunite, è stata avviata prima dell’insediamento dell’amministrazione Limardo, per l’esattezza con delibera numero 18 del Commissario Straordinario adottata un mese prima delle elezioni.

Il Piano non si valuta e non si riformula e pertanto non ci sono i presupposti per dichiararlo bocciato e avviare il dissesto. Si dovrà ora lavorare per inquadrare insieme al Governo e al Ministero dell’Interno il nuovo scenario. 

Si porta a conoscenza di tutta la collettività del dispositivo letto al termine dell’udienza odierna con il quale il Collegio ha accertato la mancata produzione degli effetti di cui all’art. 243-quater comma 7 TUEL (dichiarazione del dissesto). Dispositivo in cui trovano invece applicazione gli art. 268 e 268 bis che rimandano, per l’adozione delle misure necessarie per il risanamento, all’intesa tra il Ministero dell’Interno e il sindaco. 

«Prendiamo atto – ha dichiarato il sindaco Maria Limardo, presente all’udienza – di una situazione nuova ed oggettivamente inaspettata, come delineata dalle sezioni unite, che se da un lato scongiura il possibile dissesto dell’Ente, dall’altro prospetta l’attuazione di nuovi strumenti che comunque non inficiano i risultati contabili, di alleggerimento del deficit strutturale, fin qui perseguiti anche per effetto di entrate derivate dall’attività intrapresa negli anni da questa amministrazione».

«Siamo altresì consapevoli – ha continuato – della complessità di una situazione che stiamo affrontando con tutti gli strumenti a nostra disposizione, con l’obiettivo che mai verrà meno che è quello di perseguire un’azione di risanamento che possa portare il nostro Comune nelle condizioni che merita». (rvv)

SANITÀ CALABRIA, PER LA CORTE DEI CONTI
NON È CHIARO L’UTILIZZO DELLE RISORSE

di GIACINTO NANCILa sezione Corte dei Conti della regione Calabria nella seduta del 01 dicembre 2022 ha messo in evidenza le gravi criticità della sanità calabrese evidenziate sia dal suo ultimo posto nella graduatoria nazionale nell’applicazione dei Lea (Livelli Assistenziali di Assistenza) con miseri 125 punti ed anche  in regressione rispetto all’anno precedente, sia per la mancata approvazione del documento contabile che non pone alcuna certezza in ordine alla modalità di impiego delle risorse e sia per la stratosferica spesa di 242 milioni di euro per le cure dei calabresi fuori regione.

Ma come è possibile che possa accadere una cosa simile visto che la sanità calabrese è sotto piano di rientro dal 2009 e commissariata dal 2010 e visto che la regione Calabria da circa 4 anni ha commissariate sia tutte e 5 le sue aziende sanitarie che i tre più grandi ospedali regionali?

L’applicazione del piano di rientro sanitario e tutti gli altri commissariamenti sono stati imposti alla regione Calabria per un presunto deficit della sua spesa sanitaria causata dalla presunta cattiva amministrazione degli amministratori calabresi. Ma se dopo tredici anni di piano di rientro e di un totale commissariamento della sua sanità la Corte dei Conti registra l’ulteriore peggioramento dei Lea, l’ulteriore aumento della spesa sanitaria dei calabresi fuori regione e la mancanza di un documento contabile dobbiamo allora pensare che la causa di tutto ciò non sono stati ne i “cattivi” amministratori calabresi e neanche il fatto che siano stati mandati, dai governi nazionali, in Calabria in questi 13 anni dei commissari tutti incapaci, ma qualcos’altro.

Ed in effetti il vero problema del presunto deficit sanitario, dei Lea in caduta e della disastrosa situazione della sanità calabrese sta nel fatto che da più di 20 anni a questa parte alla Calabria vengono assegnati in assoluto, in confronto con le altre regioni,  meno fondi per la sua sanità nonostante la necessità di una maggiore sua spesa sanitaria per i molti malati cronici in più rispetto alla media nazionale per come è stato certificato perfino dal commissario al piano di rientro Scura già nel lontano 30/09/2015 con il dca N. 103 vidimato, per come prevede il piano di rientro, prima dal Ministero dell’Economia e poi da quello della Salute.

Quindi dal governo in giù tutti sanno che la Calabria riceve meno fondi pro capite in assoluto per la sua sanità nonostante abbia tra i suoi residenti moltissimi malati cronici in più (circa 300.000 per come è facile conteggiarli dalle dettagliate tabelle del Dca n. 103 del commissario Scura) e tutti sanno che è proprio questa la vera causa di quanto denunciato dalla Corte dei Conti. Anche un bambino sa che i pochi fondi arrivati in Calabria non hanno permesso che i suoi molti malati cronici si potessero curare bene e un malato cronico che non si cura peggiora e poi per potersi curare costa molto di più e peggiora a tal punto che poi per curarsi deve recarsi nei costosissimi centri di eccellenza fuori regione con ulteriore peggioramento della spesa sanitaria e del presunto deficit.

Ed è proprio ciò che è accaduto in Calabria, ed è per questo che 13 anni di piano di rientro e quattro di totale commissariamento hanno portato ad un ulteriore peggioramento dei livelli di assistenza e dei conti sanitari della Calabria. Allora si può perfino perseverare con il piano di rientro e i commissariamenti, nonostante che siano essi stessi a far peggiorare la sanità calabrese, ma bisogna assolutamente modificare il criterio di riparto dei fondi sanitari alle regioni basandolo sulla presenza della numerosità dei malati cronici che è il vero indicatore dei reali bisogni delle sanità regionali.

L’ultima conferenza delle regioni ha posto le basi per una modifica del riparto dei fondi per il prossimo anno basato sulla mortalità sotto i 75 anni e sulla “deprivazione” e ciò configura sicuramente  una prima presa di coscienza del problema di un corretto riparto, ma che sicuramente è poca cosa perché questa modifica di riparto dei fondi porta una variazione di pochissime decine di milioni di euro mentre con il criterio della differente numerosità delle malattie croniche nelle  varie regioni la modifica del riparto è dell’ordine di centinaia di milioni di euro. Ed è questa l’unica e vera soluzione per un corretto riparto dei fondi sanitari alle regioni.

Una ultima considerazione che denuncia l’aberrazione del piano di rientro sanitario è il fatto che, a causa di esso è stato imposto dal governo alla Calabria un prestito forzoso ed usuraio di 424 milioni euro per il quale noi calabresi restituiremo ben 924 milioni in 30 anni dal 2011. Stiamo pagando ben 30.7 milioni di euro all’anno invece di 16 perché su quel prestito forzoso ci è stato applicato dal governo un tasso quasi usuraio del 5.89% (tasso usuraio per le anticipazioni di cassa è del 6,3%).

Quindi ci è stato imposto non solo un ingiusto piano di rientro che ha ulteriormente ridotto gli insufficienti fondi alla sanità calabrese ma anche un altrettanto prestito usuraio e come se tutto ciò non bastasse noi calabresi stiamo pagando, sempre a causa del piano di rientro, più tasse degli altri italiani. Infatti per ripagare il presunto deficit sanitario un lavoratore calabrese con un imponibile di 20.000 euro paga da ormai 12 anni a questa parte ben 406 euro in piu’ di Irpef di ogni altro lavoratore italiano ( e lo dovrà continuare a farlo per i prossimi 28 anni) e un imprenditore calabrese con un imponibile di un milione di euro paga ben 10.700 euro in più di Irap degli altri imprenditori italiani così il piano di rientro oltre a far peggiorare la salute dei calabresi mette in rovina anche la sua economia.

Allora per porre fine alle ingiustizie verso i malati calabresi e la Calabria tutta: 1) fine del piano di rientro, 2) fine dei commissariamenti, 3) riparto dei fondi sanitari alle regioni basato sulla numerosità delle malattie presenti, 4) fine della super tassazione e 5) restituzione dei soldi sottratti con il prestito usuraio. (gn)

[Scritto insieme ai medici dell’Associazione Mediass – Medici di Famiglia Catanzaro, Fabiano Esterina, dott.ssa Greco Antonietta, dott. Muscolo Andrea e dott. Rossi Carmelo]

SANITÀ BOCCIATA DALLA CORTE DEI CONTI
IN CALABRIA LIVELLI DI ASSISTENZA A ZERO

di ANTONIETTA MARIA STRATI – In Calabria i servizi sanitari sono inadeguati. Un fatto molto ben conosciuto, ma che diventa ancora più tangibile – e che dovrebbe far riflettere di più – se a metterlo in nero su bianco è la sezione di controllo della Corte dei Conti della Calabria, nella relazione per il giudizio di parifica del Rendiconto 2021 della Regione, che boccia, completamente, la sanità calabrese.

Quello che emerge dal report, infatti, è sconfortante: nell’ultimo monitoraggio i Lea – Livelli Essenziali di assistenza del maggio 2021 in Calabria si sono posizionati all’ultimo posto, totalizzando un punteggio pari a 125 contro il minimo che è di 160. Un trend in negativo, se si considera che, rispetto al 2020, il punteggio ottenuto era di 162.

«La Giunta regionale della Calabria – si legge nel report – negli anni non ha mai approvato il bilancio di esercizio consolidato del servizio sanitario regionale in aperta violazione della legge. La mancata approvazione del documento contabile non pone alcuna certezza in ordine alle modalità di impiego delle risorse e dei risultati conseguiti dal servizio sanitario».

Nella relazione orale della consigliera Ida Contino, è stato evidenziato come «la Giunta regionale della Calabria, negli anni, non ha mai approvato il bilancio di esercizio consolidato del SSR in aperta violazione dell’art. 32 del d.lgs 118/2011. La mancata approvazione del documento contabile non pone alcuna certezza in ordine alla modalità di impiego delle risorse e dei risultati conseguiti dal servizio sanitario, e viola, tra gli altri, il principio di accountability in ragione del quale gli amministratori che impieghino risorse pubbliche hanno il dovere di rendicontarne l’uso sia sul piano della regolarità dei conti che dell’efficacia della gestione».

In assenza di bilancio, la sezione ha svolto l’analisi della gestione sanitaria avendo come riferimento i dati del IV trimestre 2021 che «come è noto, sono in continua evoluzione e, soprattutto, non sono attestati come veritieri da alcun organo che se ne assuma la responsabilità» è stato evidenziato nella relazione, in cui viene spiegato che «nell’esercizio 2021, la “Missione 13 – tutela della salute“ del bilancio regionale ha visto l’assunzione di impegni per circa 4,098 miliardi di euro cui sono seguiti pagamenti di competenza per 3,214 miliardi di euro. Anche il rendiconto 2021 della regione Calabria conferma che la spesa corrente sanitaria (€ 3.939.587.413,70) costituisce la componente principale di quella regionale (€ 4.954.832.616,90) con una incidenza pari al 79,51%».

«Nel riparto delle disponibilità finanziarie per l’anno 2021 – si legge – la Regione ha ricevuto a titolo di fondo sanitario indistinto la somma di oltre 3,650 miliardi di euro con un incremento, in termini percentuali, del 2,8% rispetto al 2019. Ha ottenuto altresì oltre 70,605 milioni di euro quale quota del Fondo sanitario regionale vincolato e oltre 31,118 milioni di euro quale quota premiale. Le somme testè indicate sono tutte comprensive delle risorse finanziarie ottenute per il contrasto all’emergenza covid-19».

Inoltre, è stato rilevato come «oltre ai flussi finanziari provenienti dal SSN, la Sanità regionale è stata finanziata dalle entrate extra-fondo (€ 192.252.446,00) e dalle entrate proprie; queste ultime, invero, in riduzione negli ultimi due esercizi. I dati evidenziano, infatti, che in Calabria la compartecipazione dei cittadini al servizio sanitario (attraverso il pagamento dei tickets) si è ridotta, dal 2019 al 2021, del 13,2%», come si è ridotto il saldo derivante dalle attività svolte in regime libero-professionale (intramoenia) che ha subìto un decremento consistente passando da 1,921 mln di euro del 2019 a 1,579 milioni di euro del 2021, con una riduzione pari al 17,81 %».

La sezione di Controllo, invece, ha rilevato come la Regione dimostri uno «scarso indice di attrattività sanitaria, fronte di una elevatissima mobilità passiva di chiaro stampo patologico. Circa il 20% dei ricoveri dei residenti calabresi risulta effettuato presso strutture collocate al di fuori del territorio regionale, a fronte di una media nazionale della mobilita’ passiva pari all’83%. Nel 2021 il saldo della mobilità interregionale è pari a -242 milioni di euro».

«Tuttavia – viene evidenziato – il fenomeno della mobilità incide sui cittadini calabresi molto più di quanto rilevato dal saldo finanziario. Una valutazione complessiva dell’impatto economico della emigrazione sanitaria richiederebbe, infatti, anche la quantificazione dei costi sostenuti dai pazienti e dai familiari per gli spostamenti nonché i costi indiretti per assenza dal lavoro dei familiari, permessi retribuiti ecc».

Rilevato, poi, un sottodimensionamento dei posti letto e personale: «i posti letto del servizio sanitario regionale – viene evidenziato – sono complessivamente, tra strutture pubbliche e private accreditate, n. 5.850, di cui n. 1.967 presso le quattro aziende ospedaliere, n. 1.988 (quindi un numero superiore) presso le case di cura accreditate, n. 1.836 presso gli ospedali a gestione diretta e n. 59 presso gli istituti di ricovero a carattere scientifico. I posti letto, dunque, sono sottodimensionati (di n .654) rispetto a quanto previsto nel Programma operativo 2019-2021, ove ne erano stati programmati n. 6.504, in ragione del DCA 64/2016».

«È stato accertato, negli ultimi cinque anni, infatti – si legge nel rapporto – un sensibile decremento della consistenza del personale di ruolo: nel 2017, il numero complessivo delle unità lavorative era di 20.315 e nel 2021, invece, il numero è di 18.121 al netto delle unità assunte per il contrasto al covid, pari a 1.150 unità. Nell’ambito del comparto, poi, il decremento maggiore riguarda il personale medico che passa da 4.361 a 3.951; nonché del personale assunto a tempo indeterminato».

Un altro problema rilevato riguarda il fatto che la Calabria è tra le regioni che presentano maggiori difficoltà di accesso alla diagnostica strumentale: «Dalle tipologie considerate (acceleratori lineari, angiografi, gamma camera computerizzati, mammografi, risonanze magnetiche) sul territorio calabrese – è stato evidenziato – ne sono presenti 213 di cui 120 in uso presso le strutture pubbliche e 93 in uso nelle strutture private».

«I valori che destano più sospetto – si legge – sono quelli relativi alle risonanze magnetiche, soprattutto ove si rilevi che su un totale di 55 apparecchi, 36 sono in uso a strutture private e 19 in strutture pubbliche. Tra queste ultime ci sono voluti più di nove anni tra l’acquisto e il collaudo di una risonanza magnetica alla azienda universitaria di Catanzaro e più di sei anni e mezzo tra l’acquisto e il collaudo alla azienda ospedaliera di Cosenza e più di cinque anni tra l’acquisto e il collaudo di due risonanze magnetiche all’Asp di Cosenza e tre alla’Asp di Reggio Calabria».

Quelle che emerge, dunque, che è «solo il 19% delle grandi attrezzature in uso in Calabria, dunque, non è obsoleto se si considera che un apparecchio complesso è tale già dopo cinque anni di anzianità».

Inoltre, «la regione Calabria, nel conto economico consolidato al IV trimestre 2021, presenta un risultato di gestione pari ad 26,596 milioni di euro. Con il conferimento di € 119 mln di euro (a titolo di aliquote fiscali, di “quota sociale” delle prestazioni socio-sanitarie presente sul Bilancio regionale 2021 e aggiornamento delle stime fiscali sulle manovre pregresse) il risultato di gestione al 31.12.2021 è pari a +146,001 mln di euro». In poche parole, significa che, considerando «le perdite pregresse al 31.12.2020, pari a -77,443 mln di euro, al 31.12.2021 residua un avanzo di gestione pari a 68,558 mln di euro. Questa sembrerebbe una buona notizia e tuttavia è necessario svolgere alcune considerazioni per leggere correttamente il dato», sottolinea la Corte dei Conti.

Questo perché la copertura del disavanzo «pregresso è stata possibile grazie a una maggiore disponibilità di risorse ottenute per la gestione della pandemia (oltre 251,911 milioni di euro); ma, soprattutto, è stata possibile grazie al ritardo degli interventi che avrebbero dovuto essere messi in atto per l’erogazione dell’assistenza sanitaria».

In sostanza, la Regione i soldi li ha, ma continua a fare debito inutilmente, con conseguente incremento dei costi finanziari.

Inoltre, è importante sottolineare come, per la prima volta, è stata svolta una indagine conoscitiva dalla sezione della Corte dei Conti sugli immobili rientranti nel patrimonio delle aziende sanitarie calabresi, ritenendo che un’attenta valorizzazione dell’ingente patrimonio immobiliare possa rappresentare un passo idoneo per avviare un corretto programma di risanamento.

Infatti, in base ai dati forniti dagli Enti, ci sono 363 apprezzamenti di terreno, o (per un’estensione pari a 4.888,62 are) con un valore di mercato pari a circa 10 milioni di euro; e di 69 fabbricati (per un totale di mq 22.322,00), con un valore di mercato pari a oltre € 11.000.000. Ciò è stato rilevato sono evidenti criticità nella gestione del patrimonio, per il cui esame dettagliato si rinvia alla relazione annessa al giudizio di parificazione. In questa sede sinteticamente si evidenzia che vi sono molti terreni già usucapiti o in corso di giudizio, immobili non accatastati, occupazioni abusive da parte di terzi, inutilizzo di immobili, mancati rinnovi contrattuali, e una non corretta iscrizione del valore dei canoni dei fitti attivi nel conto economico.

Per quanto riguarda, poi, la gestione dell’emergenza covid, la Corte dei Conti ha parlato di «un risultato sconfortante»: «Nonostante la Regione abbia ricevuto, negli anni 2020 e 2021, risorse finanziarie per oltre 251,911 milioni di euro, ad oggi – rileva la Corte dei Conti della Calabria – il 67% della somma (pari a euro 170,227 milioni di euro) non e’ stata ancora trasferita agli enti sanitari».

«Tale dato deve essere letto unitamente – si legge nel rapporto – allo stato degli interventi del piano operativo covid realizzati in Calabria, al 31 dicembre 2021: 12 posti letto in Ti rispetto ai 134 programmati e finanziati; 11 posti letto in Tsi rispetto ai 136 programmati e finanziati; 3 ambulanze rispetto alle 9 programmate e finanziate; nessuna area movimentabile, rispetto alle finanziate; nessun intervento di riorganizzazione e ristrutturazione dei Ps, rispetto ai 18 programmati e finanziati; nessuna rendicontazione da parte delle cinque aziende provinciali del Ssr in merito alle azioni intraprese per l’implementazione dei servizi di assistenza domiciliare integrata».

«La conclusione è evidente – si legge – anche nella gestione della pandemia, nonostante la presenza di cospicue risorse in cassa, il servizio sanitario ha prodotto debiti. Tale anomalia, per come chiarito anche dal Dipartimento della salute, scaturisce da altra ancora più grave: le spese sostenute dagli Enti sanitari per il contrasto del covid non sono state ancora dai medesimi Enti puntualmente rendicontate».

La Corte dei Conti, poi, ha preso atto delle dichiarazioni rilasciate dal commissario ad acta, Roberto Occhiuto,  in merito al quadro delle azioni per affrontare le criticità rilevate, spiegando che «sono stati istituiti gruppi di lavoro con l’ausilio della Guardia di Finanza per la ricognizione del debito; che è stato avviato il processo di circolarizzazione delle posizioni debitorie con l’apertura di una piattaforma e l’invio di 20.000 pec a tutti i fornitori del Ssr per poter concludere la ricognizione della massa debitoria 34 entro il 31 dicembre;; che sono state previste, nella manovra d’autunno, una serie di interventi per rendere più attrattivo il lavoro nel sistema sanitario calabrese; che sono stati avviati importanti investimenti del Pnrr; che è stato predisposto un piano per la dotazione delle tecnologie per ospedali».

Per quanto riguarda i Fondi Comunitari, la sezione «dà evidenza di un preoccupante ritardo nell’attuazione del Programma, che pone a rischio obiettivi di sviluppo e crescita, con conseguente potenziale perdita di risorse comunitarie. È necessario, perciò, dare impulso ed accelerare tutto il processo di spesa per scongiurare la perdita di importanti e significative risorse (rischio calcolato nella misura presunta del 9%),rilevanti per tutto il sistema economico calabrese. Occorre infine, intercettare tempestivamente le economie di progetto maturate o maturabili per riorientare risorse su Assi/azioni più performanti».

Quello che è emerso è un quadro preoccupante, che fa comprendere, ancora di più, quanto sia urgente intervenire sulla sanità calabrese a 360 gradi. Criticità e problemi che sono stati riconosciuti dal presidente della Corte dei Conti, Guido Carlino, intervenuto al giudizio di parificazione della Regione Calabria. Carlino ha assicurato che «l’attenzione della Corte dei Conti è notevole, ovviamente noi faremo la nostra parte per venire incontro alle esigenze degli uffici calabresi».

Anche il presidente del Consiglio regionale, Filippo Mancuso, ha assicurato che «laddove sono state rilevate incongruenze e disfunzioni, si agirà per porvi rimedio».

«Il Consiglio regionale – ha detto – non mancherà di riservare, nell’amministrazione delle risorse pubbliche, un supplemento di responsabilità. L’intenzione è di continuare ad avere con la corte dei Conti un dialogo di costante e leale collaborazione in ossequio ai principi di trasparenza, controllo e risparmio».

«Sono rilievi importanti – ha dichiarato Occhiuto – perché la Corte dei Conti dà contezza di quello che va fatto per migliorare i conti e la qualità dei servizi. Per cui, sono molto soddisfatto dell’esito del giudizio di parifica che per fortuna non produce conseguenze sui documenti contabili che abbiamo approvato, essendoci correzioni nell’ordine di 4 milioni di euro».

«Sono molto soddisfatto – ha proseguito Occhiuto – dell’esito del giudizio di parificazione, che per fortuna non produce conseguenze sui documenti contabili che abbiamo già approvato: ci sono delle piccole correzioni nell’ordine dei 4 milioni di euro, è andata molto meglio dell’anno scorso a esempio. Soprattutto abbiamo raccolto molte osservazioni che diventano una traccia di lavoro per il futuro. Il Rendiconto 2021 contiene in qualche modo la somma di tutte le questioni che si sono cristallizzate e stratificate nella Regione e che piano piano, attraverso risorse coraggiose e strutturali, dovremo affrontare e risolvere».

«Sono impegnato a rifondare un sistema sanitario che ho raccolto in macerie. Non sarà semplice – ha aggiunto Occhiuto – non sarà un’attività che concluderemo nell’arco di qualche settimana o di qualche mese ma sarà un’attività che concluderemo dimostrando che anche la sanità in Calabria può essere governata».

«Nei livelli essenziali di assistenza – ha rilevato – siamo ultimi. Ho detto che il fatto che oggi siamo in avanzo di amministrazione e che questo avanzo è dovuto al fatto che abbiamo riconciliato i conti degli anni precedenti con i ministeri vigilanti non è una buona notizia, perché significa che nelle casse delle aziende sanitarie e del sistema sanitario regionale ci sono le risorse e queste risorse non vengono spese, per cui credo che già dai prossimi giorni approfondiremo anche le questioni legate al governo delle aziende sanitarie e ospedaliere della nostra regione». (ams)