Covid-19 – Chiuso anche il Comune di Torano Castello: troppi i casi di positività

Anche per il Comune di Torano Castello (CS) è stata disposta la chiusura cautelativa a causa dei troppi casi di positività al Covid-19. Si aggiunge alle chiusure dei comuni di Chiaravalle Centrale (CZ); Bocchigliero (CS); Oriolo (CS); Rogliano (CS); Melito Porto Salvo (RC); Montebello Jonico (RC); Fabrizia (VV); Serra San Bruno (VV) e Cutro (KR).

Il presidente della Regione Calabria, Jole Santelli, ha infatti firmato l’ordinanza che dispone la ‘chiusura’ del comune di Torano Castello (CS). Una decisione che si è resa necessaria alla luce dei recenti casi di positività al Cortonavirus verificatisi soprattutto tra il personale sanitario della casa di cura Villa Torano.

L’ordinanza prevede il divieto di ingresso e uscita dal territorio comunale da parte di tutti gli individui presenti e il divieto di accesso fatta eccezione per gli operatori socio-sanitari, del personale impegnato nei controlli e nell’assistenza alle attività riguardanti l’emergenza, alle forze dell’Ordine.

Possono spostarsi gli esercenti delle attività consentite sul territorio ai sensi del DPCM 10 aprile 2020 e quelle strettamente strumentali alle stesse. Sono sospese le attività degli uffici pubblici, fatta salva l’erogazione dei servizi essenziali e di pubblica utilità. È fatto obbligo a tutte le persone che si spostino o giungano all’interno del territorio comunale per attività consentite e autocertificate, di utilizzare la maschertina o, in alternativa, qualunque altro indumento a copertura di naso e bocca per come fissato nell’ordinanza 9/2020. Inoltre, il dipartimento di prevenzione impartisce urgenti e immediate disposizioni per la gestione dei casi all’interno dell’RSA interessata. (rcz)

Allarme del procuratore Gratteri sulle ingerenze della mafia negli aiuti alle imprese

Lancia l’allarme il procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri sulle possibili ingerenze della mafia nella gestione degli aiuti a famiglie e imprese. Lo ha fatto collegato in teleconferenza con l’Università La Sapienza di Roma.

Il procuratore indica i rischi del decreto liquidità che potrà portare vantaggi alle mafie che «sono sempre presenti dove c’è da gestire denaro e potere». Vedo – ha detto Gratteri – «la mafia che oggi si muove su due direttrici. Una riguarda il popolo. I capimafia sentono le responsabilità il peso delle persone che vivono nel loro territorio. Il comune è casa loro, tutto ciò che succede li riguarda: il lavoro nero, per  esempio, è sistematico da generazioni. Ci sono famiglie che campano con 30 euro al giorno ed è grasso che cola quando trovano un imprenditore (a volte pagato da loro) che gli firma tot giornate di lavoro agricolo per poi accedere a mesi malattia o disoccupazione. Oggi questa gente non ha più quei 30 euro perché non può andare a lavorare (in nero) nei campi o nei ristoranti che sono chiusi. A loro il capomafia appare come un benefattore, perché magari dà qualche centinaio di euro o distribuisce pacchi di generi alimentari alle famiglie. E questo è il soggetto che è arrivato prima del sindaco, prima della Regione, prima dello Stato: è a lui che si rivolgeranno, è lui l’interlocutore, e la gente si ricorderà di questo “benefattore” quando sarà l’ora di votare, questa gente voterà per il candidato prescelto dal capomafia.

«Quindi, se questi soldi non arriveranno presto ai comuni indietreggeremo di anni sul piano del consenso popolare, sul piano dell’opinione pubblica, nei confronti dello Stato inteso in senso lato, ma attenzione. Per non fare la fine di quello che è accaduto con il reddito di cittadinanza, io ho proposto all’Anci, l’Associazione nazionale dei Comuni d’Italia: mandate questi elenchi alla prefettura che li divide, li distribuisce a polizia, carabinieri e finanza per fare una selezione, per fare un controllo perché andremmo a premiare gli evasori totali, come è successo col reddito di cittadinanza.

«Abbiamo fatto con l’Anci anche incontri con le prefetture via skype: hanno aderito a questa mia proposta, ma alcuni sindaci no. Perché interagire con il comune sarebbe in violazione con la Costituzione interagire, interferire sul comuni, come se ci fosse una sorta di commissariamento. Io penso che un sindaco perbene e onesto ha tutto l’interesse a che questi soldi, pochi o assai che siano, arrivino nelle mani di persone che hanno veramente bisogno. Poi se vogliamo fare filosofia, se vogliamo fare i soliti discorsi demagogici, facciamoli pure e andiamo avanti con la solita ipocrisia di sempre,

«Poi c’è l’altro aspetto che riguarda l’usura. Secondo le previsioni, le ultime attività che riapriranno e riapriranno in modo parziale e al 50 % sarà la parte che riguarda la ristorazione, alberghi, ristoranti, pizzerie. E quindi in un ristorante di Roma dove prima entravano 60 persone ora ne entreranno trenta, in base al fatto che fino a quando non si troverà il vaccino – si stima tra un anno – dove erano seduti quattro ce ne dovranno stare due. E quindi aumenteranno i costi. Ma siccome si prevede che non prima del 30 maggio si possa cominciare a parlare di una reale, parziale, riapertura, si tratta di tempi lunghi per un’attività commerciale imprenditoriale». Vedere il video:

 

La Pasqua dei calabresi con l’incubo del virus
Distanti ma vicini, pensando a come ripartire

di SANTO STRATI – Rispetto alla drammatica e insopportabile realtà degli oltre diecimila morti in Lombardia, la Calabria affronta con meno ansia la festività di Pasqua, pur piangendo i suoi poveri morti. Senza abbassare la guardia contro l’incubo del coronavirus, la solennità della Resurrezione (per credenti e non) può dunque essere l’occasione per ritrovare tutti insieme il senso di comunità e, soprattutto, non smarrire la speranza.

Imparare dagli errori degli altri è buona pratica per chi ci amministra e la governatrice Jole Santelli ha mostrato di aver affrontato con la giusta determinazione e il rigore necessario l’emergenza, senza fare sconti ad alcuno, battendo i pugni ove necessario, mostrando convintamente la solidità dei provvedimenti adottati.

Certo, la tragedia dei troppi morti della casa di riposo di Chiaravalle non assolve nessuno, ma non è il tempo di cercare responsabilità che, al momento giusto, saranno accertate. Ora semmai bisogna fare tesoro anche dei propri errori e individuare il percorso più adatto per uscire dalla crisi sanitaria, senza trascurare il “dopo”.

Anche qui, è opportuno segnalare che l’esecutivo guidato dalla Santelli si è mosso con tempestività, sia per organizzare posti letti aggiuntivi in terapia intensiva, sia per limitare al massimo il propagarsi del contagio dopo i quasi 13mila rientri in Calabria, mandati subito in quarantena. Ma anche sul piano dell’impatto sociale della crisi, va ascritto a merito degli assessori Fausto Orsomarso e Gianluca Gallo l’essersi mossi con tempestività per rendere subito disponibili risorse a chi ha perso il lavoro, a chi è andato in cassa integrazione, a chi aspettava (i tirocinanti) da tempo immemorabile i pagamenti.

Certamente, i nostri figli avranno da raccontare ai loro figli  di questa strana e tristissima Pasqua di un anno più funesto che bisesto. E nessuno è in grado di prevedere senza ragionevoli dubbi la fine della pandemia, quando torneremo alla vita normale, alla vita di prima. Ma sarà uguale la vita che verrà? Questa asocialità forzata, siamo convinti, lascerà tracce difficilmente cancellabili nel breve periodo. Da un lato c’è chi ha scoperto il calore della vita domestica, famiglie che si incontravano solo per la cena hanno sperimentato (più o meno piacevolmente) lo stare insieme h24. Dall’altro, più d’uno avrà capito che non vale la pena di continuare a correre, come faceva fino all’8 marzo, in cerca di chissà cosa, riscoprendo il senso di unità della famiglia. E i ragazzi, perennemente attaccati al telefonino, avranno intuito che in cambio di una passeggiata, mano nella mano con l’amato/a, restare disconnessi sarebbe stato un prezzo da pagare molto volentieri.

No, non ci sarà più nulla come prima, perché nessuno potrà dimenticarsi le piazze deserte e le strade abbandonate, come in un film catastrofico che purtroppo si è subito rivelato come reale.

E cambieranno anche i rapporti in politica, perché in troppi hanno perduto l’opportunità dell’emergenza per dimenticare la conflittualità permanente – più utile a dare segno di esistenza sulla scena che altro – e tentare un avvicinamento per raggiungere – insieme – un obiettivo comune.

È successo, succede a livello di Parlamento, ma anche in sede regionale continuiamo a registrare banali baruffe verbali tra le varie parti politiche che non portano alcun benessere ai calabresi.

Non intendiamo dire che l’emergenza deve ispirare per forza l’evangelico “vogliamoci bene”, ma un minimo di disponibilità alla comprensione e a un comune sforzo per il raggiungimento di importanti obiettivi per la crescita e lo sviluppo della nostra terra sarebbe quanto meno auspicabile.

Il punto principale è che, per disgrazia di tutti noi, la politica nazionale (e ovviamente quella regionale e locale) ci ha costretti all’abitudine degli annunci.

Si consumano frasi ad effetto, lanciando mirabolanti aspettative, per poi dimenticarsene fino alla prossima occasione.

Così non va proprio e, da questo punto di vista, senza partigianerie, ci piace rilevare che nel primo mese l’esecutivo della Santelli ha cambiato rotta, stupendoci con “effetti speciali”. Avevamo presagito, forse presi da un insanabile ottimismo, che la Jole ci avrebbe sorpreso: ebbene, lo sta facendo. I primi segnali sono positivi e largamente apprezzabili, soprattutto a sostegno delle fasce più deboli, delle categorie sociali più a rischio e delle imprese che rischiano di non riaprire più.

Ben altra cosa rispetto ai continui pronunciamenti di capitan Tentenna (il nostro Presidente Conte) che ha adottato la formula dell’attesa per le sue conferenze stampa e le sue (anche se magari collegiali) decisioni. Se permettete i vari annunci sembrano più “armi di distrazioni di massa”; ovverosia, l’annuncite, chiamiamola così, serve a far dimenticare la realtà che ci circonda. L’ultima sortita che sembra prevedere il trionfo della cultura sull’abituale riluttanza degli italiani a leggere è la prevista riapertura delle librerie.

Ma, scusate, se la gente non può uscire di casa, come fa ad andare nei negozi che ricevono il nulla osta a riaprire? Come fa ad andare dal libraio che – in poco più di 40 mq – dovrebbe ricevere un cliente alla volta, invitandolo a mettersi guanti e mascherina e possibilmente non toccare i libri per evitare di trasmettere l’eventuale contagio? Le librerie, per chi le frequenta, sono dei favolosi punti di aggregazione sociale: si va a guardare i nuovi libri, a cercare qualcosa di cui si è sentito parlare, e con l’occasione scambiare un po’ di opinioni con gli altri frequentatori, spargendo o ricevendo consigli, suggerimenti segnalazioni.

Un tempo, scusate la nostalgia, c’era l’amico libraio (ancora per fortuna qualcuno è rimasto) che conosceva il cliente, lo guidava, gli metteva da parte qualche titolo di suo sicuro interesse e gli annunciava le novità in arrivo. Oggi ci sono impiegati desolati e scontenti che, al massimo, in una grande libreria indicano uno scaffale dove cercare o tutt’al più fanno un’interrogazione al computer per vedere la disponibilità di un titolo. E qualcuno si chiede perché Amazon e le altre librerie online hanno tanto successo? Se devo andare a frugare negli scaffali da solo, faccio prima a ordinare via internet, e il libro arriva il mattino dopo.

Scusate la digressione, ma questa politica delle riaperture parziali non ci convince proprio, se non c’è parvenza (almeno quella) di ritorno alla normalità. Ma vi immaginate la Mondadori su corso Mazzini a Catanzaro o la libreria Ave a Reggio aperte sulle due strade principali dove però non c’è nessuno? Ma che senso ha?

Del resto, cose sensate è difficile pretenderle da questi dilettanti allo sbaraglio che ci sono toccati come governanti. Non riescono a mettersi d’accordo (dem e cinquestelle) sulle cose più stupide, figuriamoci su quelle serie. E sono senza vergogna: quanti lavoratori autonomi stanno ancora aspettando il misero obolo di 600 euro promesso? Non c’è da indignarsi? Con esclusione dei giornalisti freelance (ai quali ha provveduto l’Inpgi, il proprio istituto di previdenza) tutti gli altri stanno ad aspettare.

Come sarà la loro Pasqua e quella di artigiani (parrucchieri, estetiste, ambulanti) che da un mese – un mese! – non vedono un centesimo di incasso? Cosa è stato fatto per loro? Nulla, se non l’annuncio che potranno portare in detrazione come credito d’imposta il 60% dei costi dell’affitto. Roba che le brioches di Maria Antonietta per il popolo che non aveva pane, diventano la bizzarra conferma che sono davvero tanti a non conoscere i veri problemi della gente. Con la differenza che la regina perse la testa (non in senso figurato) mentre i nostri governanti mostrano di non avercela proprio. E quando ce l’hanno è occupata nel mantenimento di privilegi che fanno infuriare la gente comune, quella che lavora e paga le tasse. E che ha servizi da terzo mondo e una pressione fiscale insostenibile

La distanza tra paese reale e paese legale sta, dunque, diventando sempre più incolmabile e ogni iniziativa per aiutare chi è stato colpito dall’emergenza si trasforma, abitualmente, in una beffa insopportabile. Chi ci guadagna, per esempio, dal cosiddetto decreto-liquidità varato appena qualche giorno fa? Ve lo diciamo noi: le banche che, sotto sotto, stanno posticipando prestiti già concessi prima dell’8 aprile, in modo da farli rientrare sotto l’ombrello della garanzia statale e che si faranno pagare “modeste” commissioni per istruire le pratiche di finanziamento. E ci guadagnano i solerti funzionari di finanziarie e pseudo associazioni di categoria che assicurano i propri servizi per aiutare le imprese a richiedere il finanziamento per liquidità. Da 300 euro in su per avviare la pratica e non è detto che poi il finanziamento arrivi (e non esiste, in questo caso, il rimborso dei costi sostenuti). Un vecchio giochetto che ha fatto arricchire tante associazioni per imprenditori: 800 euro o giù di lì per avviare la pratica di finanziamento (pur sapendo che la banca non avrebbe concesso in assenza di garanzie reali). Ci hanno raccontato imprenditori che anche in presenza dell’80% garantito da Confidi o altri consorzi analoghi, le banche hanno chiesto fidejussioni a garanzia dell’importo totale del prestito e non del rimanente 20%). Queste cose le sanno tutti, tranne chi ha scritto le 40 pagine del decreto finito sulla Gazzetta Ufficiale.

Per fortuna, siamo in Calabria e la Regione provvederà con “Riparti Calabria” a ridare fiato alle attività produttive fermate dall’emergenza. Come si fa, da parte del governo centrale, a non capire che la chiusura forzata (pur se pienamente legittimata dalla necessità di fermare il contagio) ha lasciato senza reddito migliaia di piccoli imprenditori, professionisti, artigiani, negozianti? Il diritto alla salute è ovviamente primario e prioritario, ma si pensi anche a chi – improvvisamente – si ritrova senza un euro in tasca.  Servivano soldi veri: sono stati fatti annunci e promessi finanziamenti, che quasi certamente – caso mai arriveranno – dovranno superare le lunghe e assurde procedure inventate dai burocrati di Stato.

Un appello pasquale, dunque, alla presidente Santelli e al suo assessore Orsomarso che affidano alla Fincalabra la gestione dei finanziamenti alle aziende in difficoltà: non lasciatevi incantare dalle sirene della burocrazia, fate in modo che i soldi giungano alle imprese, quelle vere, che hanno chiuso o ridotto l’attività. Sono i piccoli imprenditori la ricchezza di questo Paese, una ricchezza che anche la Calabria deve preservare.

Buona Pasqua a tutti. (s)

La grande beffa del decreto salva-imprese
Vincono i burocrati, i soldi non arriveranno

di SANTO STRATI – Sarebbero bastate una o due paginette al massimo per stabilire le modalità di concessione del credito che serve a ridare liquidità alle aziende. No, il Governo, per mano dei suoi burocrati, è riuscito a partorire un mostro di 44 articoli, quasi ventimila battute (2714 parole, per essere precisi) che di fatto negherà aiuti immediati alle imprese, soprattutto alle più piccole, a quelle dei giovani, a quelle gestite da donne. Le più deboli, quelle che risentono di più della mancanza di incassi e di liquidità.

Neanche il più folle contabile amministrativo avrebbe saputo fare di meglio, a dimostrazione – ove ce ne fosse stato bisogno – che siamo governati da incompetenti che sono lontani mille miglia dal Paese reale. Un Governo che si basa sugli annunci, grandi annunci con cui accendere speranze dei poveri cristi che che da un mese non battono un centesimo nel registratore di cassa e si sono dimenticati persino come si fa una fattura elettronica. Una marea di imprenditori, soprattutto piccoli e medi, che ricevono una bombola di azoto liquido al posto dell’ossigeno.

Se si voleva accelerare il disastro Italia, lo strumento è stato trovato, è un decreto soffoca-imprese (e certo non le salva) che un qualsiasi neodiplomato in ragioneria avrebbe scritto meglio. Con un particolare di non poco conto: soffoca le imprese e avvantaggia le banche, che non solo non rischiano nulla ma sono persino legittimate ad applicare commissioni sull’istruttoria del prestito  però “limitate al recupero dei costi” (punto H dell’art. 1).

C’è solo da augurarsi che la Regione Calabria che per prima in Italia ha accantonato e promesso 150 milioni (di soldi veri) per aiutare le imprese, non si faccia dominare dall’eventuale delirio di onnipotenza dei burocrati di Germaneto e provveda in tempi rapidissimi a rimettere in moto l’economia del territorio.

Già perché i tempi sono la cosa più insopportabile del decreto del Governo: solo a studiarsi il testo pubblicato dalla Gazzetta Ufficiale i funzionari di banca addetti al credito avranno bisogno di qualche settimana, per poi costruire un’ipotesi di credito per l’azienda morente. Sempre che ne abbia diritto e il titolare non abbia mandato (giustamente) a quel paese il direttore dell’istituto di credito e i suoi zelanti addetti che gli hanno sempre negato qualsiasi aiuto (e nel Mezzogiorno questa è storia di tutti i giorni).

Per capire quanta astrusità e cecità abbia potuto guidare il Governo nell’emanazione del decreto saranno utili un paio di esempi.

In Svizzera – riferisce sul Corriere della Sera Gian Antonio Stella – basta una paginetta all’imprenditore che vuole avere un prestito pari a un decimo del suo fatturato dello scorso anno fino a 500mila euro. Non basta, tenetevi stretti sulla sedia per non cadere: i soldi dopo un paio d’ore sono già sul conto corrente dell’impresa. In Germania sono in po’ più lenti, si prendono una mezza giornata. Da noi se tutto dovesse andar bene serviranno dalle tre alle cinque settimane per istruire la pratica. E le banche hanno già avviato il piagnisteo, per voce del presidente dell’Abi, l’Associazione bancaria italiana, Antonio Patuelli,  che due terzi del personale è in smart-working, cioè lavora da casa, e quindi bisogna pensare che ci sarà inevitabilmente qualche ritardo aggiuntivo… Ma perché li contano a mano i pochi spicci che – ammesso e non concesso – la banca “graziosamente” (tanto non rischia nulla) avrà in mente di erogare?

Ci vogliamo prendere in giro?

Qui sono in ballo milioni di posti di lavoro, centinaia di migliaia di aziende che non riusciranno a riaprire né tantomeno a ripartire e si pensa di dare i soldi quando farà comodo agli “esecutori bancari” delle complesse norme del decreto? Patuelli, peraltro, ha detto a Milano Finanza che la liquidità non è immediata: «sarà prima necessario ottenere il via libera Ue allo schema. E poi perché, per le coperture sotto il 100%, le procedure non potranno che essere quelle ordinarie. Non si potrà fare diversamente perché non sembrano previste deroghe al testo unico bancario né alle norme di vigilanza per semplificare le pratiche di fido con garanzie».

Con un altro particolare di non poco conto: se l’azienda fallisce, non solo le famiglie dei lavoratori vanno sul lastrico, ma lo Stato non incassa un centesimo di tasse. Ma che bisogna essere laureati alla Bocconi per capire questa semplicissima regola dell’economia reale?

E veniamo all’improbabilità di concessione del credito. Intanto i sei anni di rimborso (pur con la prima rata posticipata fino a 24 mesi) sono ingestibili con una situazione di crisi che non ha alcun riferimento con il passato e di cui nessuno è in grado di prevederne la durata. Ce la fa un’azienda a riprendersi e ripagare il debito in sei anni? Poi le condizioni di ottenibilità sono fatte apposta per stroncare le aziende più deboli, quelle più colpite dalla crisi dei consumi che ormai pesa da almeno due anni.

Per le piccole e medie imprese si fa riferimento al fatturato e ai costi del personale per il finanziamento che «deve essere destinato a sostenere i costi del personale, investimenti o capitale circolante». E si specifica che l’importo del prestito non è superiore al 25% del fatturato 2019 o al doppio dei costi del personale come si deduce dal bilancio (che nessuna azienda ha ancora approntato né approvato). Facciamo un esempio che magari può accendere qualche lampadina a chi ha vergato il decreto: Pasquale ha una piccola azienda familiare con annesso negozio per la produzione di bigiotteria. Da due anni, complice la contrazione dei consumi dei prodotti di non prima necessità, ha fatturato lo scorso anno malappena 10mila euro.

Bene, il Governo lo aiuta garantendo in pieno il suo prestito che la banca gli darà (quando sarà pronta a farlo) di ben 2.500 euro! Con questa cifra il povero Pasquale dovrebbe pagare i contributi previdenziali, le tasse e l’affitto del negozio, dimenticandosi delle perdite subìte in due (?) mesi di chiusura. Ah, e, naturalmente, dal 2022 deve ricordarsi di mettere da parte 35 euro al mese per rimborsare l’aiuto ricevuto. Ma stiamo scherzando?

Altro esempio: l’industriale Lello lo scorso anno ha fatturato – bontà sua – 10 milioni di euro. Se vuole potrà avere un milione e mezzo di euro, garantiti al 90% dallo Stato), per far ripartire (?) la fabbrica, i cui dipendenti sono stati in cassa integrazione (quindi a carico dei poveri contribuenti italiani) per tutto il periodo della forzata chiusura dello stabilimento.

Questo si chiama equità finanziaria che corrisponde al suicidio economico di uno Stato che soffoca la piccola impresa e protegge la grande industria. E quando verranno a mancare le tasse, i contributi, l’iva delle piccole aziende dove troverà i soldi questo Stato? Bella domanda, peccato che né il presidente Conte né il ministro dell’Economia Gualtieri forse si sono posti, vantandosi solamente di aver dato “400 miliardi per le imprese!”. Non sono soldi reali – ricordiamocelo – sono solo garanzie. Lo Stato non caccia una lira per le aziende, questo risulta chiaro.

E, come se non bastasse, c’è un codicillo in questo decreto-monstre che specifica che l’efficacia dei provvedimenti di aiuto alle imprese è ovviamente «subordinata  all’approvazione della Commissione Europea ai sensi dell’articolo 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea».

Ma non finisce mica qui. Torniamo un attimo indietro nella procedura di assegnazione degli aiuti (ma quali aiuti? ribadiamo che sono garanzie sui prestiti che abitualmente le banche negano agli imprenditori che provano a lavorare e creare occupazione). C’è un bel rimpallo tra la Sace (la società a capitale pubblico che si occupa di garantire le aziende che vengono all’estero) e il Ministero, tra chi dovrà valutare, gestire, assegnare le garanzie sui prestiti.

Insomma, l’invito ad abbassare le serrande è più che esplicito. L’unica consolazione (si fa per dire) è che prima che venga convertito in legge ci sono 60 giorni per le opportune modifiche da parte di Camera e Senato. Sperando che qualche parlamentare coscienzioso sia disposto a sacrificare una buona giornata del suo tempo soltanto per leggere i 44 articoli del decreto. Perché in questo caso ci sarebbe solo un solo emendamento da proporre: questo decreto fa schifo e va immediatamente corretto e modificato.

Prevedendo, in una nuova formulazione, provvidenze a fondo perduto per le aziende, le piccole imprese, i lavoratori autonomi, le partite iva, che hanno perduto due mesi di incasso, pur restando inalterati i famosi costi fissi: affitti, utenze, contributi, imposte locali e tasse nazionali. E prevedere soldi veri, immediatamente, nei conti correnti delle aziende.

Il sottosegretario grillino alle Finanze Alessio Villarosa, aveva preparato una bozza di intervento che prevedeva subito 10mila euro alle famiglie e 100mila alle aziende da rimborsare rispettivamente in 10 e 30 anni. Questa sarebbe stata liquidità vera: per riaccendere i consumi delle famiglie e dare ossigeno alle imprese. No, non se ne parla nemmeno. Come se i grillini non fossero al Governo. Non abbiamo mai patteggiato per alcuna parte politica, ma la nostra simpatia a Villarosa non possiamo questa volta fare a meno di esprimerla. Gli suggeriremmo di formare un nuovo gruppo parlamentare, quello dei “sognatori”, ovviamente a lui andrebbe di diritto la presidenza…

Adesso che sono chiare le intenzioni del Governo sull’affondamento-Italia (ma quale ripartenza?) la palla passa alla regione. L’assessore al lavoro Fausto Orsomarso aveva espresso qualche giorno fa a calabria.live il suo ottimismo sulla tempistica della Fincalabra per distribuire liquidità alle imprese, ma doveva aspettare il decreto governativo per presentare un progetto più definito. Il decreto c’è e provocherà disastri, come se non bastassero l’angoscia sanitaria del virus e l’assurda quantità delle sue vittime. Tocca dunque alla Regione far ripartire la Calabria, aiutare gli imprenditori calabresi e dispensarli dalla carta straccia del decreto  8 aprile 2020 n. 23. Ci hanno impiegato due giorni per farlo uscire sulla Gazzetta Ufficiale. Sarebbe bastata una paginetta: nome dell’azienda e codice fiscale, importo richiesto (25mila euro senza la minima applicazione di formalità burocratiche) o importi superiori (da valutare in mezza giornata dalle Camere di commercio) e allora sì, “riparti Italia”.

Forse gli imprenditori calabresi che hanno avuto subito in dono dalla Giunta il provvedimento Riparti Calabria, una volta tanto, saranno i più fortunati tra gli italiani. Fosse vero. (s)

Il testo completo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale

Covid-19: una nave ospedale per l’emergenza.
Il sindaco di Gioia insiste, la Regione dice no

L’idea del sindaco di Gioia Tauro Aldo Alessio di predisporre un ospedale galleggiante al porto di Gioia non piace alla Regione. Il primo cittadino gioiese aveva lanciato una proposta all’armatore Gianluigi Aponte di MSC/Grandi Navi Veloci che si era detto disponibile a concedere, al costo simbolico di un euro per tutta al durata del noleggio, una nave passeggeri, da trasformare in ospedale d’emergenza per fronteggiare l’epidemia da Covid-19. Ma il suo entusiasmo non ha trovato riscontro a Germaneto: in buona sostanza, la proposta non è stata nemmeno presa in considerazione.

Il sindaco, però, insiste e ha mandato una lettera circostanziata alla presidente Jole Santelli e al prefetto di Reggio  Massimo Mariani.

«Lo sviluppo della Pandemia nella nostra Regione – scrive il sindaco Alessio – e l’allarme generalmente avvertito dai cittadini – ben consapevoli dei rischi in un territorio non adeguatamente assistito sul piano sanitario – mi costringono a ritornare sulla proposta di attrezzare nel Porto di Gioia Tauro, una nave ospedale per il miglior contrasto del Covid-19.

«Voglio precisare, peraltro, che in ciò sono confortato dalle adesioni pubbliche di tanti Sindaci calabresi, consiglieri regionali di maggioranza e di opposizione, esponenti politici prestigiosi come l’on. Angela Napoli, decine di associazioni che meritoriamente operano da tempo nella nostra Piana. Appelli in questo senso sono venuti anche da personalità mediche riconosciute e portatrici di progetti che hanno trovato già adesione – quanto all’intervento medico – di​ tanti ufficiali medici in pensione e di tanti affermati medici di origine calabrese , impegnati con riconosciuta professionalità nel nostro​ Paese e pronti a ritornare in Calabria per dare una mano. Evito di fare specifici riferimenti, atteso che la stampa quotidiana regionale ne ha dato ampio risalto. L’esperienza drammatica di quest’ultimo mese – come Lei ben sa – sta cominciando ad evidenziare errori e sottovalutazioni del rischio che hanno portato​ al collasso sistemi sanitari regionali molto celebrati e​, purtroppo, un numero inaccettabile di morti. La nostra Regione ha avuto, al momento, la fortuna di essere ai margini degli importanti focolai nazionali ma – come ci ricorda giornalmente il Comitato tecnico Scientifico e la Protezione civile – siamo lontanissimi dall’esserne esenti, ed anzi l’acuirsi di situazioni oramai note, ci impone la massima attenzione e prudenza.

«Conosciamo bene l’incertezza e – mi consenta – la confusione finora riscontrata nell’attrezzare adeguati Presidi Ospedalieri in Calabria e nella Piana. È stato, peraltro, già evidenziato il pericolo che i nostri Ospedali, per come organizzati,​ possano diventare pericoloso veicolo per la diffusione del virus, con immediata compromissione del Personale sanitario e parasanitario.​ La scelta della Lombardia di approntare ospedali dedicati (Milano alla Fiera, Bergamo con ospedale degli Alpini..) o della Liguria (nave​ ancorata nel Porto di Genova) fuori dai celebratissimi​ e storici ospedali di quelle città ci deve indurre a considerare anche per​ nostri territori a considerare una soluzione del genere. Purtroppo, al momento, non solo non abbiamo ricevuto alcuna comunicazione in merito all’impraticabilità della nostra proposta di allestire una nave all’interno del Porto di Gioia Tauro, ma non è stata resa nota nessuna altra ipotesi, come, per esempio, la riapertura e la messa in funzione di reparti Covid-19 presso l’Ospedale di Gioia Tauro o altre strutture ospedaliere cadute in disuso.

Il caso Genova e la soluzione data – quindi verificabile nella positività della proposta – non può pertanto essere esclusa senza una adeguata motivazione. Questa, al momento non è stata data né altra similare soluzione – ad esempio presso uno degli Ospedali chiusi – è stata proposta o anche semplicemente rappresentata per ipotesi dall’Autorità Regionale che – con la Protezione civile – è abilitata a darla.

«Sono pertanto – ed ancora una volta – ad insistere perché sia affrontata la questione con la serietà e l’urgenza che il caso comporta».

Fin qui il sindaco di Gioia Tauro che trova il sostegno del consigliere regionale Giacomo Pietro Crinò (Casa della Libertà).

«Non è da abbandonare definitivamente – dice  Crinò – la proposta lanciata nei giorni scorsi dal sindaco di Gioia Tauro, Aldo Alessio, per una nave-ospedale nel porto calabrese, che darebbe la possibilità di liberare posti letto negli ospedali che sono importantissimi in questa fase e potrebbe ospitare tre diverse categorie di pazienti: coloro che, in uscita dall’ospedale e tecnicamente guariti, avessero bisogno di un periodo in più di degenza per ristabilirsi completamente; le persone colpite in modo lieve dal Coronavirus, che potrebbero restare in isolamento nelle proprie abitazioni ma che, non avendo nessuno ad aiutarli per la spesa o l’approvvigionamento dei farmaci o avendo altre persone in casa che potrebbero essere infettate, optassero per questa possibilità. In più, i pazienti godrebbero del vantaggio di trovarsi in mare e poter respirare iodio e aria umida che favorisce la respirazione. Una idea presa subito al volo – aggiunge Crinò-, dall’armatore Gian Luigi Aponte, patron di MSC, che ha dato immediatamente disponibilità di una sua nave per trasformarla in ospedale. Insomma, si tratta né più e né meno del progetto identico che è già divenuto operativo a Genova e che ancora si fa in tempo a replicare anche in Calabria”. Aggiunge Crinò: “La prima risposta della task force sanitaria regionale non è stata favorevole. Ritengo però che ci siano ancora i presupposti per non fare morire del tutto l’idea. Purtroppo, è sotto ai nostri occhi la situazione calabrese riguardo il progredire dei contagi. Le strutture ospedaliere calabresi rischiano di non reggere le necessità, tra quelle ordinarie e quelle dovute al virus. In pochi giorni, l’ospedale galleggiante potrebbe essere adeguatamente attrezzato e consentire a tutti di guardare con un certo ottimismo alla possibilità di nuovi posti letto in caso di bisogno. Non è il momento più di continuare a fare della sanità solo un calcolo aritmetico, soprattutto in momenti come quelli che stiamo vivendo. Se in altre regioni ciò è stato realizzato, ritengo che sia possibile anche in Calabria. Serve l’impegno fattivo di tutti. Auspico che la task force sanitaria della Regione Calabria, la Protezione Civile e altri attori competenti scendano ad un confronto dialettico, aperto e leale, per addivenire a concretizzare in tempo l’idea del sindaco di Gioia Tauro, ringraziando la MSC per la disponibilità manifestata».

Perché la Regione ha detto no già la scorsa settimana? Secondo quanto riferisce il sindaco Alessio la proposta non sarebbe praticabile perché, secondo la Regione, i posti letto in Calabria sarebbero sufficienti. «Ma oltre il danno, – ha detto Alessio – la beffa: infatti, da quello che percepiamo, l’ospedale di Gioia Tauro, individuato come centro Codiv sarà smantellato di tutti i servizi per evitare eventuali contagi».

E al primo rigetto, lo stesso sindaco aveva replicato con durezza parlando dell’Ospedale di Gioia: «In pratica – un vero e proprio ‘lazzaretto’. Ma anche quella trasformazione procede a rallentatore perché mancherebbero gli autorespiratori e quindi, almeno per adesso non si sarebbe in grado di attuare posti di terapia intensiva e sub intensiva. Ma la cosa che ci allarma e ci preoccupa ancora di più è che l’unico pronto soccorso di tutta la fascia tirrenica, secondo le ultime indicazioni prese dai responsabili sanitari, dovrebbe essere smantellato insieme a tutti quei servizi ordinari che sono essenziali e necessari a servire la popolazione sanitaria dell’intera fascia tirrenica, che ha circa 60 mila abitanti. Coloro che stanno gestendo l’emergenza sanitaria regionale e provinciale, oltre a disattendere le loro stesse determine, cambiano continuamente le loro strategie di intervento sanitario sul territorio, senza avere alcun rapporto istituzionale e nessun confronto con i legittimi rappresentanti delle comunità amministrate». (rrm)

A Callipo non piace la Santelli dalla D’Urso in tv: parli direttamente ai calabresi

Al cav. Pippo Callipo, capo dell’opposizione in Regione, non piacciono le apparizioni della presidente Jole Santelli in tv, ospite di Barbara D’Urso. In una nota il capogruppo in Consiglio regionale di Io resto in Calabria chiede «meno collegamenti con la D’Urso e più informazioni ai calabresi». Considerando che le apparizioni della Santelli in tv danno molta visibilità alla Regione, non si capisce il motivo di tale disappunto. È semmai da apprezzare che si riesca a far parlare della Calabria su programmi con larga audience: i problemi trovano eco e rilevanza che possono tornare utili. Le opinioni di Callipo sono da rispettare, ma in questo momento, sembra inutile e privo di efficacia occuparsi del salotto pomeridiano della Barbara nazionale: meglio pensare all’emergenza e alle inadempienze del governo centrale nei confronti della Calabria.

Callipo ha detto: «Prendiamo atto della decisione della Regione di non far divulgare più alle Asp calabresi i dati riguardanti il Coronavirus e condividiamo il fatto che possa essere controproducente avere informazioni frammentate, ma a questo punto pretendiamo che la presidente della Giunta regionale dia un’informazione puntuale e aggiornata su numeri e luoghi del contagio e su cosa la Regione stia facendo per contenerlo. Non un semplice bollettino come quello attuale, ma una videoconferenza stampa da tenere almeno tre volte la settimana, con dati specifici riferiti ai singoli Comuni e, soprattutto, con la possibilità di sottoporsi alle domande dei giornalisti».

E quindi contesta le apparizioni televisive nella seguitissima trasmissione di Canale 5: «Non è possibile che la presidente della Regione intenda comunicare solo attraverso collegamenti con programmi delle tv nazionali come quello condotto da Barbara D’Urso e che, invece, ai cittadini e ai giornalisti calabresi venga negato il diritto all’informazione. Se si vuole che sia solo la Regione a rendere note le informazioni sull’emergenza Covid-19 lo si faccia fornendo un’informazione completa che, nel rispetto della privacy di ognuno, contempli anche dati geografici più precisi di quelli relativi alle aree provinciali e che sia quanto più possibile aggiornata. Se si vuole accentrare tutto, specie in un momento come quello attuale, si deve garantire la massima trasparenza». (rrm)

 

Ancora troppi stupidi irresponsabili in strada
Così è vano il sacrificio di tutti: restate a casa

Ci sono ancora troppi irresponsabili in giro, per strada, magari senza mascherina, a ridere e scherzare in compagnia: ma non bastano le immagini – terribili – che filtrano attraverso la tv dei malati in terapia intensiva? Non basta l’immagine terrificante delle centinaia di bare accatastate e portate via dall’esercito in nordi Italia? Non servono, evidentemente, gli accorati appelli della governatrice Jole Santelli che punta sull’intelligenza dei calabresi per farli stare a casa e impedire che si propaghi il contagio. Sono molti quelli che hanno capito la gravità della situazione e cercano di trasmettere agli altri il messaggio, purtroppo sono ancora troppe le persone in circolazione. Il blocco non è un castigo: è una necessità, serve a limitare al massimo il rischio di contagio. Ci vuole tanto a capirlo?

Non bastano, purtroppo, i divertenti – seppur serissimi – siparietti dialettali del sindaco di Reggio Falcomatà che invita i concittadini a restare a casa. Neanche il timore di una pesante multa trattiene in casa gli irriducibili della passeggiata a tutti i costi.

È un atteggiamento stupido e irresponsabile, che rischia di vanificare il grandissimo sacrificio che è stato chiesto a tutti quanti: fermare il contagio, evitare ogni possibilità di spargere o contrarre il virus. Al momento, l’unica arma a nostra disposizione – lo hanno detto all’unisono fior di specialisti epidemiologi e scienziati: è tenersi a distanza e restare il più possibile a casa. Meno contatti “sociali” ci sono e minori sono i rischi di alimentare il contagio. Non è uno scherzo né un gioco di società: dobbiamo difenderci e difendere i nostri cari. Il virus attacca tutti, indipendentemente dall’età e da eventuali cronicità patologiche che, semmai, aumentano il rischio. Quindi, lo ripetiamo anche da queste pagine: è necessario uscire esclusivamente solo in caso di necessità o per fare la spesa.

E qui si va a toccare la cosiddetta furbizia dei cretini patentati che vanno tre o quattro volte al supermercato comprando ogni volta qualcosa, per avere il pretesto di uscire continuamente di casa. Ma si può essere più stupidi e irresponsabili?

Si sa, la mamma degli imbecilli è sempre incinta, ma non è più tollerabile vedere il passeggio, anche con mascherina, di troppe persone che se ne infischiano delle disposizioni.

Guardiamo a cosa sta succedendo nel mondo: a noi italiani ci avevano preso per matti o esagerati per la “bizzarra” idea di chiudere ogni attività a contatto col pubblico, con esclusione dei generi alimentari. Poi in tutto il mondo sono stati costretti a imitarci. Senza bisogno di prendere a esempio le sfuriate di De Luca (il governatore della Campania che minaccia castighi corporali) cosa bisognerà inventarsi per convincere la gente a non muoversi di casa?

In Calabria, la situazione è tutto sommato contenuta, malgrado la sessantina di morti, cui va un commosso omaggio doppiamente doloroso, se si pensa che i loro cari non li hanno potuti accompagnare al cimitero né piangerli e onorarli con il dovuto funerale.

Per questa ragione occorre alzare il livello di guardia e impedire nuovi contagi che il nostro sistema sanitario non sarebbe in grado di gestire.

Certo, se non fossimo in un drammatico e terribile momento, sarebbe divertente fare una raccolta delle motivazioni più assurde proposte dai “passeggiatori abusivi” alla forza pubblica li quando ferma. Ma non c’è niente da ridere, serve la serietà di tutti e un forte senso di responsabilità se si vuole sconfiggere questa calamità che non risparmia nessuno.

Si può fare la spesa anche stando a casa. Diversi comuni hanno organizzato le consegne a domicilio, come quello di Cosenza che assicura la distribuzione di generi di prima necessità. L’assessore cosentino alle attività produttive Loredana Pastore ha trovato molte adesioni al suo invito a predisporre le consegne a domicilio: «È necessario – ha detto – limitare al massimo gli spostamenti dei cittadini. Ringraziando tutti coloro che hanno offerto la possibilità di consegnare i generi di prima necessità direttamente a domicilio, invitiamo i cittadini ad adottare questa modalità per fare la spesa senza bisogno di uscire da casa per approvvigionarsi».

E c’è il bell’esempio della spesa sospesa del Comune di Reggio – imitato da altri comuni della regione – per chi non ha i soldi per comprare cibo e dar da mangiare alla propria famiglia.

Sergio Abramo
Il sindaco di Catanzaro Sergio Abramo

A Catanzaro il sindaco Sergio Abramo in un videomessaggio su facebook  ha messo in evidenza venerdì scorso che sono ancora troppe le persone per strada.: «Quello che si percepisce – ha detto con tono grave ai cittadini – è un flusso di gente maggiore per le strade rispetto a qualche giorno fa». Il suo appello non è stato che solo in parte raccolto: ci vuole tanto a capire che il rispetto da parte di tutti delle regole oggi ci permetterà di non rendere vani questi sacrifici?

È importante che accanto alla solidarietà e alle generosità verso chi ha davvero bisogno, che quasi dappertutto sta caratterizzando questo triste momento, ci sia la consapevolezza che insieme si vince questa guerra, per adesso c’è solo qualche timido accenno di vittoria, ma bisogna usare cautela.

Qualcuno già pensa ai festeggiamenti di quando tutto sarà finito: scordatevi i caroselli in piazza del tipo vittoria dello scudetto, il ritorno alla normalità dovrà ugualmente seguire un rigido protocollo di sicurezza, per evitare i rischi di un riaccendersi dell’epidemia su larga scala. Non ce la potremmo fare.

In questo momento non va sottovalutato un altro rischio: quello che le voci incontrollate su quando finirà e sarà possibile tornare a una vita “normale” creino aspettative e un abbassamento della guardia. Bisogna essere realisti, non sarà semplice, né si pensi che sia vicino il momento in cui si potrà “ricominciare” a vivere.

Ci aspettano ancora giorni, settimane, forse mesi di sacrificio. Ci vuole un grande cuore per continuare nella generosità, ma serve essere giudiziosi e responsabili per evitare, giorno dopo giorno, qualsiasi possibilità di contagio

L’esempio della Cina dove c’è un contagio di ritorno, non appena hanno allentato il rigore dei blocchi, dovrebbe indicarci che abbiamo a che fare con un nemico insidioso oltre ogni previsione. Non prendiamo per buone le date che circolano perché sono fasulle: i modelli matematici sono ottimi strumenti per fare statistiche più o meno apprezzabili, ma non sono in grado di valutare la pericolosità del coronavirus e del suo livello di contagiosità e persistenza.

Quindi pensiamo di essere in guerra: i nostri nonni l’hanno combattuta in trincea contro un nemico ben individuato, alla nostra generazione è chiesto di difendere il Paese da una terribile pandemia restando sul divano di casa. (dc)

Turismo in ginocchio: un appello alla Regione dai comuni del versante jonico

Un appello urgente sulla grave crisi che sta colpendo in maniera pesantissima il comparto turistico è stata inviata alla Regione Calabria dall’Unione dei Comuni del versante jonico e dalla Gal Serre Calabresi. Il documento è stato trasmesso anche al sottosegretario Anna Laura Orrico e al ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini. Il documento è stato sottoscritto dall’Associazione degli Operatori Turistici “Riviera e Borghi degli Angeli”, dalla GAL “Serre Calabresi” e dall’Unione dei Comuni “Versante Ionico”.

«Di tutti i settori economici – si legge nel documento –, quello turistico, è il più colpito, anzi cancellato, azzerato da questa emergenza sanitaria ed economica scoppiata con la diffusione pandemica del Covid-19. “Cancellato non perché chiuso, – ha dichiarato di recente un economista esperto del settore – ma perché nessuno legalmente oggi può dormire fuori casa. E non si poteva fare diversamente: comanda il virus e finché non sarà battuto continuerà a farlo; noi dobbiamo ragionare con quale piano e qual idee riprendere”.

«Finché sarà in corso l’epidemia è difficile fare un bilancio delle sue conseguenze, anche perché il turismo è il settore più aperto dell’economia, perciò dipende non solo da quello che succede da noi, ma anche e soprattutto da quello che succede negli altri Paesi del Mondo (ricordiamoci che la metà delle presenze arriva dall’estero). La ripresa non sarà meccanica, automatica, come per una impresa industriale, anche perché non siamo sicuri che non appena sarà possibile viaggiare, all’istante le persone perderanno la paura di viaggiare e non possiamo immaginare facilmente quali saranno le psicosi del post-virus, visto che è la prima volta che la sperimentiamo in maniera così imponente ed impattante sul sistema e sull’economia reale.

«La crisi del settore turistico è ormai evidente a tutti e, purtroppo, si prevede che avrà strascichi fino alla fine del 2020. Pare che già l’intero incoming estero per l’anno in corso sia quasi completamente bruciato con grosse ed importanti disdette, e con rinvii (nel migliore dei casi) già definiti per la stagione turistica 2021. Tutto ciò rappresenta sicuramente un grosso problema per una Regione, come la Calabria, che negli ultimi anni aveva cominciato a mostrare chiari segni di incremento dei flussi turistici stranieri e nazionali, dei numeri di arrivi e pernottamenti totali, con relativi segnali positivi anche nel nostro territorio del Basso Ionio Calabrese / Golfo di Squillace.

«Il 2020 sarebbe stato secondo tutti gli indicatori l’anno del boom della nostra Regione ed anche per il nostro territorio che si accingeva e si accinge a candidarsi, grazie anche ad un’attività annuale di animazione territoriale e a partnership pubblico-private, a diventare Distretto Turistico Regionale riconosciuto e destinazione accreditata secondo quanto previsto dalla L.R. 2/2019.

La maggiore visibilità, il lento saturarsi di altre destinazioni e soprattutto il crescente interesse degli operatori di questa regione “vergine” avevano maturato in tutti gli operatori che questa potesse essere l’anno in cui la nostra regione poteva finalmente uscire da un isolamento durato decine di anni.

«La crisi sopraggiunta, il calo dei transiti e dei viaggi soprattutto di carattere internazionale previsti quest’anno, l’immagine di nazione “malata” che siamo riusciti a presentare al Mondo riporta le lancette dello sviluppo turistico di almeno quattro anni e a fare le spese di questo reset rischiano di essere le realtà che non avevano creato ancora collegamenti stabili e consolidati con l’estero.

«Ci troviamo quindi di fronte a due possibilità: ricominciare a tessere lentamente la tela aspettando che si ricreino automaticamente le condizioni che hanno portato la nostra Regione ad essere tra le meno sviluppate turisticamente o affrontare questo evento traumatico come una occasione di restart capace di offrire uno slancio pro-positivo con nuove energie propulsive.

«L’immobilismo in cui ci troviamo da settimane ha infatti convinto tutti dell’esigenza di investire, nonostante ciò le risorse non sono infinite ed è importante farlo senza sprecare energie, tempo ed ovviamente risorse.

«Facendo riferimento all’andamento/evoluzione dell’emergenza sanitaria in atto, con relative restrizioni, il primo effetto di questa crisi sarà sicuramente di vanificare la richiesta turistica pre-estiva (maggio giugno) e di rallentare molto probabilmente quella estiva. Se si vuole evitare che questo metta in crisi le realtà turistiche calabresi che vivono di un turismo prevalentemente stagionale la parola d’ordine deve essere destagionalizzare. Questa parola con cui ci siamo riempiti la bocca tutti noi e tutti gli anni alle fiere del turismo senza una declinazione pratica deve invece in questa occasione diventare un “must” operativo. E noi ci proviamo da molti anni. Abbiamo investito tanto su questa sfida, offrendo formule di turismo lento e sostenibile, responsabile ed eco-culturale, eno-gastronomico e del benessere, religioso e sociale.

«Lo abbiamo fatto puntando ai nostri borghi, all’ospitalità diffusa, alla creazione di sistemi turistico-locali “slow” e sostenibili. Lo vogliamo continuare a fare portando avanti formule di “Turismo da Vivere”, proponendo anche lunghi soggiorni, e dove le nostre destinazioni possano trasformarsi in vere e proprie “Destinazioni Umane” per viaggiatori senior, smart-workers, amanti della natura e del buon cibo, alla ricerca di tradizioni e luoghi autentici da vivere durante le quattro stagione dell’anno in un micro-cosmo multiculturale ospitale ed aperto al Mondo intero per via di processi lenti e graduali di “globalizzazione sostenibile”, di arricchimenti reciproci e si rivitalizzazione dei luoghi in cui si vive e lavora.

«Così come bisognerà, con piani e fondi strategici ad hoc, procedere a costruire un’offerta turistica per la destagionalizzazione con incremento dei già esistenti budget regionali e ministeriali annuali volti a favorire il turismo scolastico montano e nei borghi; incentivare e favorire la realizzazione di giornate di studio ed esperienziali anche per le Scuole Medie Superiori di Primo e Secondo Grado sul turismo responsabile e sostenibile; aumentare e migliorare i servizi ed il numero delle fattorie didattiche; migliorare ed incrementare in maniera organizzata e strutturata, con un processo di internazionalizzazione della loro offerta, gli itinerari relativi a cammini, percorsi naturalistici e culturali.

«L’ultima deliberazione dell’attuale giunta regionale calabrese con iniziativa urgente economica “Riparti Calabria” è e deve essere un primo passo importante in avanti a sostegno e salvaguardia dell’economica regionale. In tal senso bisogna accelerare le procedure e tutte le pratiche affinché si intervenga in maniera concreta e diretta nel salvataggio di tante aziende che hanno avuto notevoli perdite ed importanti mancati guadagni (qui dei dati generali: 70% di prenotazioni in meno calcolate tra il 1 gennaio e il 31 marzo 2019 e lo stesso periodo di quest’anno; 50 % di disdette su pernottamenti, soggiorni e pacchetti vacanza; sul fronte delle richieste e potenziali prenotazioni abbiamo i mesi di marzo, aprile e maggio completamente deficitari; sistema produttivo commerciale in ginocchio con bar, ristoranti e attività con fatturati azzerati e stagione a rischio; agenzie viaggio chiuse con cali drastici ed a rischio chiusura totale per via dei mancati introiti sia sull’incoming che sull’outgoing ecc.).

«Siamo convinti che questo intervento possa esser visto come una sorta di fondo perduto da calcolare in base al fatturato dell’anno precedente o una tantum, per aiutare “hinc et nunc” le aziende a mantenersi e sopravvivere in questo momento d’emergenza. Bisogna però andare oltre e guardare in prospettiva, costruendola concretamente questa prospettiva di lavoro e rinascita possibile. Servono interventi pubblici con misure integrative ed aggiuntive, di carattere nazionale e regionale, complementari a quelle messe in campo in questi giorni.

«Dal nostro punto di vista, dopo aver trovato le formule giuste per immettere liquidità nel sistema con misure utili a sostenere direttamente le aziende/imprese (e quelle statali e regionali non sono al momento sufficienti), sono altresì fondamentali altri interventi straordinari da pianificare e lanciare appena possibile:

• supportare economicamente gli operatori che decidono di intraprendere la via della concreta destagionalizzazione dell’offerta turistica anche a costo di finanziare l’ospitalità delle strutture turistiche che decidano di aprire da ottobre 2020 ad aprile 2021: un vero e proprio piano per offrire ai turisti che decidano di venire in bassa stagione una vacanza a costo zero o quasi. Una occasione per fare un turismo legato al territorio, alla cultura, alle attività del luogo e non solo al mare;

• un piano di finanziamenti di ristrutturazione delle strutture che hanno bisogno di adeguamenti per poter essere competitive nei periodi di bassa stagione rendendo tra l’altro agevoli l’allestimento di strutture mobili, ma chiuse e riscaldabili (giardini d’inverno, tensostrutture, pergolati) che permettano di sfruttare le nostre realtà generalmente molto più adatte al turismo all’aria aperta;

• un piano di comunicazione e promozione internazionale rigoroso con una call che acquisisca dai territori le specificità che desiderano proporre e che si impegnano a rendere usufruibili da parte dei turisti e viaggiatori anche in bassa stagione;

• estendere l’ambito di applicazione degli interventi (di cui all’art. 8 del decreto) a tutte le imprese che operano nella filiera turistico-culturale e che hanno risentito degli effetti negativi dell’emergenza; quindi non solo alle imprese turistico-ricettive, agenzie di viaggio e tour operator già previste, ma anche ai siti museali, storici ed archeologici, a guide turistiche, ristoranti ed esercizi pubblici e commerciali;

• fornire dei voucher alle agenzie viaggio e tour operator che consentiranno di pre-acquistare pacchetti per esperienze in Calabria, tra settembre e dicembre, con cancellazione gratuita fino ad agosto. Una parte del ricavato andrà direttamente in beneficenza per l’acquisto di materiale sanitario.

«Si tratterà anche di mettere in campo azioni vincenti per un gigantesco piano strategico per creare un “Educational Tour Itinerante sui/nei territori calabresi”, creato attraverso una collaborazione dello Stato, della Regione e dei privati e che ci permetterà di preparare al meglio la stagione 2021. E per far ciò siamo convinti che si possa e si debba anche attingere risorse importanti dai fondi strutturali europei, con una potenziale rimodulazione di alcuni fondi & budget che possono esser stornati da opere/iniziative progettate e mai realizzate ed al momento secondarie e non urgenti.

«Urge, inoltre, dal punto di vista regionale, riuscire a sbloccare tutte le procedure burocratiche ed amministrative legati ai famosi bandi regionali sui “Borghi”, sia per le pratiche dei Comuni sia per quelle dei soggetti privati, accelerando sull’assegnazione concreta e diretta delle risorse ai progetti vincenti. Dal nostro punto di vista, bisognerà inoltre che la Regione Calabria acceleri il processo per il riconoscimento dei Distretti Turistici Regionali, di cui alla L.R. 2/2019, e di procedere alla pubblicazione di bandi ad hoc con delega della gestione delle risorse economiche destinate al turismo ed allo sviluppo e gestione diretta dei suddetti Distretti Turistici, a partire da quelli già costituiti ed avviati nei territori con relativo sistema di governance.

Servirà, infine, intervenire su altri livelli:

– avere delle agevolazioni per adeguare le strutture alla luce dei nuovi regolamenti sanitari che ci saranno;
– stipulare convenzioni con Fornitori di Luce/Gas per avere agevolazioni sulle tariffe da pagare;
– trovare un urgente accordo con Banche, Inps e Agenzie delle Entrate per agevolazioni fiscali e bancarie pensate sul medio-lungo periodo;
– rivedere e rimodulare il versamento delle tasse governative;
– aiutare le aziende con i contributi dei dipendenti, facendoli valere come credito di imposta;
– procedere alla temporanea sospensione delle tasse comunali (Tari/Imu/Tasi ecc.)
– sospendere o ridimensionare in maniera temporanea, laddove sia già in vigore, la tassa di soggiorno;
– mettere in piedi piani strategici a supporto dei Comuni e dei servizi pubblici, con un programma generale e con fondi pubblici specifici;
– mettere in campo un tavolo di lavoro permanente con l’Assessorato regionale al Turismo per dare input alla Task Force Economica della Regione Calabria e condividere percorsi e strategie vincenti per uscire al più presto dalla crisi». (rrm)

L’emergenza mal si concilia con la burocrazia.
Sospendere subito il decreto Sanità Calabria

di SANTO STRATI – Era già apparso da subito inutile e dannoso, in condizioni normali, figurarsi ora con l’emergenza coronavirus: il decreto Sanità Calabria, approvato lo scorso giugno, va annullato radicalmente, o quantomeno sospeso. È assolutamente incompatibile con l’emergenza sanitaria in atto e in Calabria non permette una gestione adeguata della Sanità.

Grazie a Dio, in Calabria la situazione è ancora sotto controllo e i numeri fanno sperare che si possa riuscire a contenere il contagio in limiti sostenibili, ma la burocrazia imposta dal decreto Sanità non aiuta ad affrontare nella maniera più opportuna l’emergenza. L’indignazione dei calabresi per il decreto, quando venne approvato con la bocciatura di tutti gli emendamenti presentati, fu molto forte. Il sen. Marco Siclari, uno dei più tenaci sostenitori dell’inopportunità del decreto, aveva stigmatizzato che questo provvedimento «non elimina ‘ndrangheta e tantomeno la politica. Ad essere danneggiate e, in molti casi, eliminate sono le aziende sane che non avranno le possibilità finanziarie di competere con quelle eventualmente infiltrate. Un decreto fatto su misura della politica, per permettere le nomine alla politica. Cotticelli e i commissari chi li ha nominati? Non rendetevi responsabili del colpo mortale inflitto a un sistema sanitario già devastato».

E Il Fatto quotidiano che generalmente è abbastanza tenero con i grillini  aveva titolato un corsivo di Enzo Paolini “La disfatta non è della Calabria, ma dell’intero Paese”.

È il caso di ricordare che lo scorso giugno c’era il governo lega-stellato. Ci fu un Consiglio dei ministri a Reggio, inutile passerella per lanciare un decreto che avrebbe creato disagi e scontenti, senza risolvere neanche la minima parte dei guasti della sanità in Calabria. Poi venne, grazie all’incomprensibile attacco di follia di Salvini, il nuovo governo, a conduzione grillo-dem, e il governatore Mario Oliverio aveva tentato (senza grandi risultati) di ottenere lo scorso ottobre dal ministro Speranza dei correttivi utili a sbloccare la situazione.

Nessuno poteva minimamente immaginare cosa sarebbe successo sei mesi dopo.

Quindi, un decreto che i grillini hanno imposto  con una stupida ottusità, si trova a complicare ulteriormente una emergenza la cui gravità è lampante, anzi è peggio di qualsiasi valutazione.

Siamo in emergenza? Servono misure emergenziali: la sospensione del piano di rientro dal deficit della Sanità è il minimo da pretendere dal Governo, anche se la cosa migliore sarebbe un controdecreto “Sanità Calabria” che annulli gli effetti di quello vigente e permetta una gestione non più commissariale nella regione.

Già, perché dopo dieci anni di commissariamento, la soluzione indicata dal decreto sanità è stato un altro commissariamento, identico se non peggiore dei precedenti.

«Un decreto – aveva detto la deputata Enza Bruno Bossio all’indomani del giuramento del nuovo governo – convertito in legge nonostante i limiti di costituzionalità e che oggi va valutato anche per i pesanti effetti che sta generando per la sua inapplicabilità».

La deputata dem calabrese ne auspicava la cancellazione da parte del nuovo governo: «un decreto concepito solo per espropriare la Regione delle poche e residuali competenze che poteva esercitare», visto che c’era un commissariamento da oltre un decennio. Non è una richiesta da sottovalutare e il viceministro Pierpaolo Sileri che, in un’intervista video a calabria.live, difendeva il decreto, dovrebbe farsi promotore di questo dietrofront: non rinviabile e di immediata esecuzione.

In più occasioni avevamo sottolineato che l’unica strada per uscire dalla crisi della sanità in Calabria era la cancellazione del debito. Ipotesi suggestiva ma non realizzabile prima, viste le limitazioni finanziarie dell’Europa nei confronti dell’Italia: oggi non ci sono ostacoli, si deve e si può spendere, si può registrare l’enesigibilità del debito per incapienza del debitore (la Calabria) e ripartire da zero.

Con quale ruolo e quanta responsabilità per il nuovo presidente della Regione sarebbe da vedere, ma Jole Santelli ha dimostrato di avere capacità e determinazione, anche nella scelta del team di collaboratori che serve ad affrontare l’emergenza. Non per niente ha rafforzato l’unità di crisi della Protezione civile attraverso un gruppo operativo con competenze trasversali ai dipartimenti regionali.

Nelle deleghe che ha trattenuto per sé, la Presidente Santelli ha compreso la sanità, dato che il decreto vigente assegna al commissario ogni potere e delegittimerebbe un eventuale assessore ad hoc. E visto che l’intesa col generale Saverio Cotticelli, commissario ad acta  per la salute, è ottima e, soprattutto, considerato che ha scelto tre luminari (le eccellenze mediche Raffaele Bruno, Paolo Cavalesi e Franco Romeo) il suo impegno nell’ambito della Sanità sarebbe totale, ove venisse cancellato o sospeso il decreto Sanità.

La presidente Santelli ha fatto capire che questa ulteriore responsabilità non la spaventa, anzi la sua disponibilità è pressoché dichiarata, ma occorre appunto un passo decisivo da parte del governo Conte.

Il drammatico viaggio della speranza per migliaia di calabresi verso gli ospedali del Nord (centinaia di milioni di euro buttati via) si è fermato solo per l’emergenza coronavirus, ma non è che non servano cure, purtroppo si muore anche per tumore e per altre gravissime malattie, che i medici calabresi – se messi in condizione di lavorare in maniera adeguata – potrebbero curare  nella regione. Abbiamo fior di specialisti e strutture sanitarie che solo l’insipienza della politica ha mortificato e represso nella crescita: basti vedere cosa hanno fatto e cosa stanno facendo contro il Covid-19 gli specialisti e i medici calabresi, affiancati da personale paramedico che non si risparmia. Una grande folla di “eroi” che – passata la pandemia – finirà probabilmente per essere dimenticata, travolta dalle mille insulse leggi e normative che strangolano la sanità calabrese.

A tutto questo si aggiunga la scoperta che in Regione – già ai tempi di Agazio Loiero presidente – era stato predisposto un piano contro il rischio di epidemie, elaborato per contrastare quella che è passata alla storia come “influenza suina”. Era il 26 ottobre 2009, poco più di dieci anni fa. Peccato che quel piano – come peraltro è capitato anche in altre regioni – sia stato messo da parte, appena passato il pericolo.

Come sempre, stiamo a chiudere le stalle, dopo la fuga dei buoi: in una Regione commissariata ad aeternum, chi si prendeva la briga di mantenere in piedi e aggiornare costantemente un piano operativo pronto a fronteggiare qualsiasi emergenza sanitaria di carattere epidemiologico? Nessuno, ovviamente e le conseguenze si vedono in queste drammatiche, terribili, settimane: ci sono ancora strutture sanitarie (dello Stato) che sono prive di dispositivi di prevenzione per medici e personale sanitario; sono stati chiusi ospedali mai aperti, messe fuori uso strutture che avrebbero potuto offrire, con le adeguate trasformazioni, posti aggiuntivi di terapia intensiva, assistenza  continua, modalità di pronto intervento.

La lezione del coronavirus servirà a far ripartire da zero la sanità in Calabria (ma anche in Italia)? Si sono viste tutte le inadeguezze e si piangono non solo i malati che il virus ha finito per decimare, ma soprattutto i tantissimi medici e operatori sanitari che hanno lavorato a costo della loro vita, fedeli al proprio impegno al servizio della collettività. La loro morte, in grandissima parte, si deve al contagio conseguente alla mancanza di strumenti di prevenzione, all’assoluta insufficienza di dispositivi di sicurezza (mascherine tenute per un’intera giornata, al posto delle tre ore consentite), macchinari obsoleti o in numero troppo modesto per assicurare la respirazione artificiale ai ricoverati in terapia intensiva. Bisognerà, quanto tutto sarà finito – e nessuno è in grado di valutarlo – bisognerà davvero pensare che siamo arrivati all’anno zero. E non solo nella sanità. Andranno ripensati il modello di vita e le prospettive di sviluppo, e ricominciare, ripartire. Con fatica e con la giusta passione. E in Calabria senza più commissariamenti nella sanità. Questo da subito. (s)

In Calabria il viceministro alla Sanità Sileri: «Ottimo lavoro»

Visita non di circostanza del viceministro della Salute Pierpaolo Sileri all’azienda ospedaliera Pugliese-Ciaccio di Catanzaro. Il viceministro, che ha incontrato poi la presidente Jole Santelli, ha detto di «aver trovato un’ottima organizzazione». Il sen. Sileri è stato accompagnato dal commissario straordinario dell’Azienda ospedaliera Pugliese-Ciaccio e quella universitaria Mater Domini Giuseppe Zuccatelli e il direttore sanitario Gianluca Raffaele.

« Sono venuto per ascoltare direttamente quelle che sono le necessità. È chiaro che gran parte del materiale  è stato dirottato al Nord, dove c’è stata un’ontata spaventosa. Qui, nell’immediato, credo – ha detto il viceministro – servano dispositivi di protezione per chi opera in ambito sanitario, servono anche tamponi, i respiratori e tutto il resto».

Sileri ha anche incontrato, accompagnato dal presidente della Commissione Antimafia Nicola Morra, il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri («una visita obbligata» – ha detto) e poi è stato ricevuto in Cittadella dove ha presieduto un vertice con i commissari straordinari delle Asp e delle aziende ospedaliere della regione.

La presidente Santelli ha espresso compiacimento per l’attenzione dedicata alla Calabria: «Ringrazio il viceministro Pierpaolo Sileri – ha dichiarato – per la visita in Calabria in questo delicato momento. Una visita che è servita a fare il punto sull’emergenza sanitaria che la nostra regione sta vivendo».

«“Sileri – ha fatto notare la Santelli – si è detto soddisfatto di quanto si sta facendo al “Pugliese-Ciaccio”, dove si è recato personalmente, e di quanto emerso dall’incontro con i Commissari delle Asp e delle Aziende Ospedaliere. Particolare apprezzamento è stato espresso anche per il clima di collaborazione e di squadra che ha riscontrato in Regione in merito a questo delicato tema».

All’incontro ha partecipato il commissario straordinario alla Sanità gen. Saverio Cotticelli. «Il viceministro Sileri ha poi assicurato vicinanza da parte del Governo al nostro territorio affinché, grazie al contributo di tutte le istituzioni, si possa affrontare al meglio questo momento di emergenza» – ha concluso il presidente della Regione Calabria. (rcz)