AUSPICABILE UN’INIZIATIVA DEL GOVERNO PER CONSENTIRE UNA GESTIONE PIÚ ADEGUATA DELLA CRISI COVID-19;
Covid-19

L’emergenza mal si concilia con la burocrazia.
Sospendere subito il decreto Sanità Calabria

di SANTO STRATI – Era già apparso da subito inutile e dannoso, in condizioni normali, figurarsi ora con l’emergenza coronavirus: il decreto Sanità Calabria, approvato lo scorso giugno, va annullato radicalmente, o quantomeno sospeso. È assolutamente incompatibile con l’emergenza sanitaria in atto e in Calabria non permette una gestione adeguata della Sanità.

Grazie a Dio, in Calabria la situazione è ancora sotto controllo e i numeri fanno sperare che si possa riuscire a contenere il contagio in limiti sostenibili, ma la burocrazia imposta dal decreto Sanità non aiuta ad affrontare nella maniera più opportuna l’emergenza. L’indignazione dei calabresi per il decreto, quando venne approvato con la bocciatura di tutti gli emendamenti presentati, fu molto forte. Il sen. Marco Siclari, uno dei più tenaci sostenitori dell’inopportunità del decreto, aveva stigmatizzato che questo provvedimento «non elimina ‘ndrangheta e tantomeno la politica. Ad essere danneggiate e, in molti casi, eliminate sono le aziende sane che non avranno le possibilità finanziarie di competere con quelle eventualmente infiltrate. Un decreto fatto su misura della politica, per permettere le nomine alla politica. Cotticelli e i commissari chi li ha nominati? Non rendetevi responsabili del colpo mortale inflitto a un sistema sanitario già devastato».

E Il Fatto quotidiano che generalmente è abbastanza tenero con i grillini  aveva titolato un corsivo di Enzo Paolini “La disfatta non è della Calabria, ma dell’intero Paese”.

È il caso di ricordare che lo scorso giugno c’era il governo lega-stellato. Ci fu un Consiglio dei ministri a Reggio, inutile passerella per lanciare un decreto che avrebbe creato disagi e scontenti, senza risolvere neanche la minima parte dei guasti della sanità in Calabria. Poi venne, grazie all’incomprensibile attacco di follia di Salvini, il nuovo governo, a conduzione grillo-dem, e il governatore Mario Oliverio aveva tentato (senza grandi risultati) di ottenere lo scorso ottobre dal ministro Speranza dei correttivi utili a sbloccare la situazione.

Nessuno poteva minimamente immaginare cosa sarebbe successo sei mesi dopo.

Quindi, un decreto che i grillini hanno imposto  con una stupida ottusità, si trova a complicare ulteriormente una emergenza la cui gravità è lampante, anzi è peggio di qualsiasi valutazione.

Siamo in emergenza? Servono misure emergenziali: la sospensione del piano di rientro dal deficit della Sanità è il minimo da pretendere dal Governo, anche se la cosa migliore sarebbe un controdecreto “Sanità Calabria” che annulli gli effetti di quello vigente e permetta una gestione non più commissariale nella regione.

Già, perché dopo dieci anni di commissariamento, la soluzione indicata dal decreto sanità è stato un altro commissariamento, identico se non peggiore dei precedenti.

«Un decreto – aveva detto la deputata Enza Bruno Bossio all’indomani del giuramento del nuovo governo – convertito in legge nonostante i limiti di costituzionalità e che oggi va valutato anche per i pesanti effetti che sta generando per la sua inapplicabilità».

La deputata dem calabrese ne auspicava la cancellazione da parte del nuovo governo: «un decreto concepito solo per espropriare la Regione delle poche e residuali competenze che poteva esercitare», visto che c’era un commissariamento da oltre un decennio. Non è una richiesta da sottovalutare e il viceministro Pierpaolo Sileri che, in un’intervista video a calabria.live, difendeva il decreto, dovrebbe farsi promotore di questo dietrofront: non rinviabile e di immediata esecuzione.

In più occasioni avevamo sottolineato che l’unica strada per uscire dalla crisi della sanità in Calabria era la cancellazione del debito. Ipotesi suggestiva ma non realizzabile prima, viste le limitazioni finanziarie dell’Europa nei confronti dell’Italia: oggi non ci sono ostacoli, si deve e si può spendere, si può registrare l’enesigibilità del debito per incapienza del debitore (la Calabria) e ripartire da zero.

Con quale ruolo e quanta responsabilità per il nuovo presidente della Regione sarebbe da vedere, ma Jole Santelli ha dimostrato di avere capacità e determinazione, anche nella scelta del team di collaboratori che serve ad affrontare l’emergenza. Non per niente ha rafforzato l’unità di crisi della Protezione civile attraverso un gruppo operativo con competenze trasversali ai dipartimenti regionali.

Nelle deleghe che ha trattenuto per sé, la Presidente Santelli ha compreso la sanità, dato che il decreto vigente assegna al commissario ogni potere e delegittimerebbe un eventuale assessore ad hoc. E visto che l’intesa col generale Saverio Cotticelli, commissario ad acta  per la salute, è ottima e, soprattutto, considerato che ha scelto tre luminari (le eccellenze mediche Raffaele Bruno, Paolo Cavalesi e Franco Romeo) il suo impegno nell’ambito della Sanità sarebbe totale, ove venisse cancellato o sospeso il decreto Sanità.

La presidente Santelli ha fatto capire che questa ulteriore responsabilità non la spaventa, anzi la sua disponibilità è pressoché dichiarata, ma occorre appunto un passo decisivo da parte del governo Conte.

Il drammatico viaggio della speranza per migliaia di calabresi verso gli ospedali del Nord (centinaia di milioni di euro buttati via) si è fermato solo per l’emergenza coronavirus, ma non è che non servano cure, purtroppo si muore anche per tumore e per altre gravissime malattie, che i medici calabresi – se messi in condizione di lavorare in maniera adeguata – potrebbero curare  nella regione. Abbiamo fior di specialisti e strutture sanitarie che solo l’insipienza della politica ha mortificato e represso nella crescita: basti vedere cosa hanno fatto e cosa stanno facendo contro il Covid-19 gli specialisti e i medici calabresi, affiancati da personale paramedico che non si risparmia. Una grande folla di “eroi” che – passata la pandemia – finirà probabilmente per essere dimenticata, travolta dalle mille insulse leggi e normative che strangolano la sanità calabrese.

A tutto questo si aggiunga la scoperta che in Regione – già ai tempi di Agazio Loiero presidente – era stato predisposto un piano contro il rischio di epidemie, elaborato per contrastare quella che è passata alla storia come “influenza suina”. Era il 26 ottobre 2009, poco più di dieci anni fa. Peccato che quel piano – come peraltro è capitato anche in altre regioni – sia stato messo da parte, appena passato il pericolo.

Come sempre, stiamo a chiudere le stalle, dopo la fuga dei buoi: in una Regione commissariata ad aeternum, chi si prendeva la briga di mantenere in piedi e aggiornare costantemente un piano operativo pronto a fronteggiare qualsiasi emergenza sanitaria di carattere epidemiologico? Nessuno, ovviamente e le conseguenze si vedono in queste drammatiche, terribili, settimane: ci sono ancora strutture sanitarie (dello Stato) che sono prive di dispositivi di prevenzione per medici e personale sanitario; sono stati chiusi ospedali mai aperti, messe fuori uso strutture che avrebbero potuto offrire, con le adeguate trasformazioni, posti aggiuntivi di terapia intensiva, assistenza  continua, modalità di pronto intervento.

La lezione del coronavirus servirà a far ripartire da zero la sanità in Calabria (ma anche in Italia)? Si sono viste tutte le inadeguezze e si piangono non solo i malati che il virus ha finito per decimare, ma soprattutto i tantissimi medici e operatori sanitari che hanno lavorato a costo della loro vita, fedeli al proprio impegno al servizio della collettività. La loro morte, in grandissima parte, si deve al contagio conseguente alla mancanza di strumenti di prevenzione, all’assoluta insufficienza di dispositivi di sicurezza (mascherine tenute per un’intera giornata, al posto delle tre ore consentite), macchinari obsoleti o in numero troppo modesto per assicurare la respirazione artificiale ai ricoverati in terapia intensiva. Bisognerà, quanto tutto sarà finito – e nessuno è in grado di valutarlo – bisognerà davvero pensare che siamo arrivati all’anno zero. E non solo nella sanità. Andranno ripensati il modello di vita e le prospettive di sviluppo, e ricominciare, ripartire. Con fatica e con la giusta passione. E in Calabria senza più commissariamenti nella sanità. Questo da subito. (s)