Dal ministero della Cultura in arrivo fondi per riallestire il Museo di Vibo

Sono 1 milione e 500 mila euro la somma che il ministero della Cultura, guidato da Gennaro Sangiuliano, ha destinato per  l’allestimento, la rifunzionalizzazione e il restauro del Museo Archeologico Nazionale Vito Capialbi di Vibo Valentia. Lo ha reso noto Filippo Demma, dirigente della Direzione Regionale Musei Calabria, cui il museo vibonese afferisce.

Ma non solo il Museo di Vibo: sempre alla Calabria il MiC ha destinato, anche, 500.000 euro per i lavori di scavo archeologico e allestimento multimediale nella Cattedrale di Gerace e 1.500.000 euro per il restauro della Basilica Cattedrale di Reggio Calabria.

Il Piano Strategico Grandi progetti Beni Culturali punta al rilancio della competitività territoriale del Paese con interventi e investimenti su beni e siti di notevole interesse e importanza nazionale per i quali si rende necessario e urgente realizzare progetti organici di tutela, riqualificazione, valorizzazione e promozione culturale, anche al fine di incrementarne l’offerta e la domanda di fruizione.

Alla base del Piano c’è una strategia che vede nei settori della cultura e del turismo le componenti essenziali e inscindibili per l’occupazione e lo sviluppo dell’economia nazionale.

«Il nuovo stanziamento – sottolinea ancora Demma – mostra chiaramente come la Calabria sia al centro delle attenzioni del Ministero della Cultura. Prosegue, dunque, il processo di valorizzazione e di rilancio della realtà museale Vibonese e, in generale, Calabrese. Grazie al lavoro fatto in questi anni, al miglioramento degli standard di visita e accoglienza, ad un nuovo impulso ai servizi educativi ed alle relazioni con il territorio, impresso dal direttore dott. Maurizio Cannatà, il Museo archeologico nazionale di Vibo Valentia può essere di nuovo annoverato tra i grandi siti culturali della regione, con un incremento netto dei visitatori superiore all’80% nel 2023 rispetto al 2022 e più che raddoppiando i livelli di frequentazione pre-pandemia: l’obiettivo è continuare in questa direzione». (rvv)

Il calabrese Pierfranco Bruni nominato presidente del Comitato Nazionale Sgalambro

Prestigioso incarico per il calabrese Pierfranco Bruni, scrittore e presidente della Capitale Italiana Città del Libro, che è stato nominato presidente del Comitato nazionale per le celebrazioni del centenario della nascita del filosofo Manlio Sgalambro del Ministero della Cultura.

Sono previste diverse attività come promozione in una dialettica storica e filosofica. La tematica riguarda anche la problematica dei linguaggi affrontati da Sgalambro compresi certamente anche quelli musicali e in particolar modo il suo sodalizio con Franco Battiato. Nei prossimi giorni verranno comunicati i primi interventi culturali e le manifestazioni insieme a tutti gli altri membri del comitato e alle relative informazioni inerenti il sito e alle piattaforme telematiche.

I suoi scritti letterari e filosofici sono alla base di questo prestigioso incarico, con una sua ricca bibliografia anche su temi istituzionali, che svilupperà nel corso di in triennio una vasta attività per valorizzare la filosofia italiana del Novecento mediterraneo con eredità greche. Il filosofo Manlio Sgalambro rientra in queste prospettive. Un ulteriore impegno importante per Pierfranco Bruni che, su Sgalambro e la filosofia, ha pubblicato diversi testi negli ultimi anni. (rrm)

Ministro Sangiuliano, ci aiuti lei per la Biblioteca Civica di Cosenza

di GILDA DE CAROGentile Ministro Sangiuliano, il 28 settembre, per noi di Civica Amica è stata una giornata speciale: godiamo degli spazi della Galleria Nazionale di Cosenza dove è iniziato il quarto laboratorio del Progetto “Leggere qui e là il Centro Storico di Cosenza” sentiamo la necessità e l’urgenza di rivolgerle un appello per la nostra storica Biblioteca Civica. 

Imitiamo giornalisti noti e impegnati come Pino Nano e Franco Abruzzo, così come gli onorevoli Antoniozzi e Loizzo e le perorazioni degli eletti calabresi, così come quelle dell’Accademia Cosentina. Vogliamo unire anche la nostra voce a tutte le altre, non solo per attirare l’attenzione su una tale grave circostanza, spinti soprattutto per le sue dichiarazioni e i suoi interventi più recenti: Lei, solerte, partecipa e chiarisce come dall’alto della sua carica si profonde a tutela e in difesa di un patrimonio, che definisce il più importante al mondo.

La Biblioteca Civica di Cosenza fa parte di questo tesoro dal valore inestimabile. Essa è stata donata alla città dagli Accademici da oltre 120 anni per promuovere l’istruzione e l’educazione dei cosentini; è chiusa da quattro anni, ormai con un dipendente, una sola dei 27 in organico senza retribuzione da molto, molto tempo.

Civica Amica è stata fondata a partire dal 2016 con la finalità di sostegno e supporto per la biblioteca civica, che da quella data ha iniziato un declino e un indebitamento per la mancanza di qualsiasi fonte di finanziamento da parte degli enti che da oltre un secolo erano tenuti al suo sostentamento.

Numerose le iniziative e le mobilitazioni che abbiamo condotto, ne troverà tracce e memoria nelle carte del Ministero, non demordiamo di fronte a nulla: da gennaio 2023 in osservanza del dettato costituzionale è stata lanciata una campagna di raccolta fondi per contribuire con tante piccole gocce al mare debitorio, che affligge la Biblioteca. Abbiamo trovato ascolto in tanti e numerosi cittadini, che aderendo sono divenuti Civici, perché convinti che è insopportabile assistere allo scempio della nostra Biblioteca chiusa, ne sentiamo offesa alla dignità nostra.

Abbiamo deciso di riaprire la campagna di raccolta fondi, la nostra volontà ha trovato una nuova energia nelle sue considerazioni nel corso degli “Stati Generali della Cultura” tra Milano e Torino, in particolare abbiamo apprezzato la definizione del nostro paese come “super potenza culturale” perché il nostro è un patrimonio enorme ed è unico ed è solo qui.

Ebbene le chiediamo con vigore proprio per quello che Lei da ministro autorevole e appassionato sostiene, Le chiediamo di intervenire con rapidità a favore della riapertura della Biblioteca Civica di Cosenza perché conserva e custodisce un patrimonio unico, corali, beni librari antichi e rari, documenti, carte ed emeroteca che sono solo qui: Si, Signor Ministro Si, sono solo qui e come lei sostiene tali beni devono nutrire il territorio! In una epoca remota la biblioteca è stata definita “clinica dell’anima” come è attestato da Diodoro Siculo, noi cosentini senza la Civica non stiamo bene, ancor peggio gli studiosi e i ricercatori deprivati di fondi librari, documenti e carte manoscritte con attività di ricerca dimezzate e impedite.

Accolga il nostro appello, assecondi le richieste dei suoi colleghi giornalisti, ascolti gli eletti del territorio e agisca per la salute di questa città, perché, come scrive Alberto Manguel “le biblioteche ieri e oggi e in futuro sono la nostra speranza per l’immortalità.”

Sicuri del suo intervento, le auguriamo buon lavoro. (gd)

[Gilda De Caro è presidente di Civica Amica]

 

Capitale Italiana della Cultura, la Locride rimane in attesa ma non perde l’entusiasmo

di ARISTIDE BAVANon si hanno ancora notizie della nuova data prevista per la individuazione delle 10 finaliste per concorrere a Capitale della cultura 2025 ( questa data era prevista per il 15 novembre).

Dalla sede del Gal Terre Locride, struttura dalla quale è partita l’iniziativa della candidatura della Locride all’importante titolo, ipotizzano che la data potrebbe slittare a fine dicembre ma di certo non c’è ancora nulla. Lo slittamento di questa data, comunque, non ha intaccato l’entusiasmo che si è creato attorno a Locride Capitale della cultura 2025, sostenuta dalla Città Metropolitana e dalla stessa Regione  Calabria anche perché – lo hanno ribadito il Presidente del Gal Francesco Macrì e gli “esperti”  Guido Mignolli e Antonio Blandi – il vero obiettivo della “sfida” non è la vittoria del titolo ma piuttosto la straordinaria opportunità  che si sta creando  per il territorio dove si sono accesi molti riflettori sulle sue indubbie potenzialità.

Una eventuale qualificazione della Locride tra le dieci finaliste potrebbe essere certamente un fatto di notevole rilevanza, e nessuno nasconde che anche questo è un obiettivo che si vorrebbe raggiungere,  ma in ogni caso resta il fermento che si è creato, e non solo nella Locride, per le opportunità che la candidatura, in ogni caso, si sta portando appresso. Il territorio della Locride  pur forte di grandi potenzialità, è sempre rimasto ai margini dei grandi circuiti nazionali anche a causa delle carenti iniziative unitarie che hanno caratterizzato il recente (e remoto) passato.

La candidatura – e il clamore che si è creato attorno – è servita, intanto, anche a dare stimoli nuovi alle istituzioni locali e intercomunali facendo pure risaltare- ove ce ne fosse stato bisogno –  talune necessità di primaria importanza per garantire  un assetto del  territorio che oggi si trova in condizioni non certamente ottimali soprattutto per una serie di motivi ben noti da tempo. La sinergia che si è creata attorno alla candidatura è stata anche occasione  per concertare un percorso condiviso che consenta alle istituzioni, alle associazioni, ed in generale all’intera comunità della Locride, di remare nella stessa direzione e soprattutto di mettere a fuoco la necessità di cominciare a dare soluzione ai problemi più impellenti tenendo conto del corposo programma che è stato presentato dalla Città Metropolitana, su input del Gar Terre Locridee e dell’Associazione ” Officine delle idee”  a supporto dell’iniziativa.

Legittimamente si può, e si deve, auspicare, nuova attenzione su un territorio  come questo della Locride che – nessuno lo può disconoscere – rappresenta una terra di cultura storica straordinaria, tramandata dai tempi antichi, oltre ad essere terra forte di una grande patrimonio naturalistico e paesaggistico. Una Locride che con questa candidatura vuole offrire “Tutta un’altra storia” rispetto all’immagine deturpata negli ultimi decenni da vicende che ne avevano fatto quasi una marchio di fabbrica senza che si tenesse conto dei tanti altri aspetti positivi che c’erano, e ci sono, al suo interno.

Ecco perché, come ripetono i responsabili del Gal in ogni occasione, comunque vadano le cose, la candidatura della Locride è un importante punto di partenza per una ipotesi progettuale che guarda molto lontano e che si pone l’obiettivo compiuto di “mettere a sistema”  le molteplici  potenzialità  qui esistenti e i luoghi,  affascinanti e ricchi di storia e cultura, che  gravitano in tutto il territorio. Nella sostanza, forse è proprio questa la grande forza che si porta appresso la candidatura: la capacità che ha portato tante comunità, sempre divise da sciocchi campanili, a ritrovarsi in un’unica comunità con la voglia di affrontare insieme un percorso particolare che come afferma Guido Mignolli «è un percorso che indica una storia grande, scolpita nelle stratificazioni del territorio, un patrimonio storico-culturale con unicità significative, un ambiente carico di contraddizioni ma ancora ricco di biodiversità come pochi. Antichissime volte sotterranee, miniere del ferro che entrano nel cuore della montagna dietro porte bellissime, donne che hanno sfidato il mare per costruire città del sole, borghi che sembrano scaturire dalla roccia, centinaia di orchidee “diverse” che colorano la terra».

Non  sono cose di poco conto. E probabilmente molti cittadini della Locride si erano anche scordati di queste grandi potenzialità che, appunto, grazie a questa candidatura stanno nuovamente emergendo e potrebbero, se l’ipotesi progettuale andrà in porto, cambiare il volto  dell’intero territorio.  (ab)

 

Il sottosegretario Sgarbi: Candidiamo la Magna Graecia a patrimonio dell’Unesco

L’obiettivo è uno solo: valorizzare i territori della Magna Graecia. Quindi, perché non candidarli a patrimonio dell’Unesco? È la proposta lanciata dal sottosegretario alla Cultura, Vittorio Sgarbi, a seguito della visita (fatta a sorpresa) al Museo e Parco Archeologico di Sibari.

«Il museo a Sibari – ha detto il Sottosegretario – segna la possibilità di determinare i confini di un vasto territorio che parte dal mondo antico e arriva a quello romano e, quindi, l’idea del sindaco di Cassano secondo cui questa può essere un’area vasta dentro al toponimo di Magna Grecia, consente di mettervi dentro una parte dei musei che Filippo Demma dirige ed una quantità di testimonianze antiche che sono non connesse l’una con l’altra, può essere un’iniziativa importante. È stato utile venire qui, perché questa suggestione può generare da parte del ministero della Cultura una proposta all’Unesco per questo obiettivo».

Sgarbi, infatti, si trovava a Reggio Calabria per il convegno dei 50 anni dei Bronzi di Riace, in rappresentanza del ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano e del presidente del Consiglio dei ministri, Giorgia Meloni e ha fatto questa visita a sorpresa al Museo, ammirando i reperti da Sibari esposti nella mostra “L’età degli eroi”, il sottosegretario ha ricordato di essersi prodigato in prima persona per Sibari nel lontano 2001, quando era stato già Sottosegretario ai Beni culturali.

Ad accompagnarlo al nostro museo proprio il direttore Filippo Demma, e, tra gli altri, alcuni sindaci della Sibaritide, amministratori, il personale del Parco e del Museo.

Il Sottosegretario ha apprezzato il processo di rinnovamento in atto e le idee scelte per il nuovo allestimento “in progress” che ha potuto vedere personalmente. Dopo la visita in tutte le sale, soffermandosi proprio in quella di Francavilla, ha ribadito ai presenti come si debba fare rete per mettere insieme in un grande e unico polo culturale tutta la Magna Grecia al fine di valorizzare questi territori. Un progetto che abbia al centro l’antica Sybaris, la polis per eccellenza. Magari lavorando ad una nuova candidatura, proprio dell’intera Magna Grecia, a sito patrimonio dell’Unesco.

Sgarbi, poi, ha parlato dei Bronzi di Riace che, dal punto di vista turistico, «fanno molto perché innalzano sul piano dell’immagine un territorio che ha avuto minor fortuna e minore assistenza del territorio napoletano o laziale. La Calabria ha un riscatto nei bronzi e questo porta beneficio anche a Sibari, perché chi viene in Calabria può godere di un percorso museale che tocca i siti archeologici come la Locride e Sibari». (rcs)

 

 

 

Il ministro Franceschini: 4 mln al Museo e Parco Archeologico di Scolacium

Sono 4 milioni di euro la somma di cui è beneficiario il Museo e Parco Archeologico di Scolacium, a Roccelletta di Borgia, grazie al Piano Strategico Grandi progetti culturali.

Lo ha reso noto il ministro della Cultura, Dario Franceschini, spiegando all’Ansa che il piano strategico Grandi Progetti culturali «si arricchisce di ventotto nuovi progetti e acquisizioni in tutta Italia, con risorse aggiuntive per ulteriori 106 milioni di euro che verranno destinati al recupero e alla valorizzazione di monumenti e siti archeologici, oltre che all’avvio della digitalizzazione degli archivi audiovisivi della Rai».

In una nota del ministero, viene spiegato che con i 4 milioni stanziati si prevede «la complessiva riorganizzazione dell’accessibilità e dei percorsi di visita interni ed esterni del Parco tramite lavori di recupero, messa in sicurezza e valorizzazione dei resti del Foro, dell’anfiteatro romano e della Basilica normanna, al fine di aumentare gli standard di fruibilità, incrementare il numero di visitatori e migliorare l’esperienza di visita e l’offerta culturale e turistica».

«Con le opere previste di funzionalizzazione l’anfiteatro – continua la nota – diverrà un luogo destinato ad accogliere spettacoli dal vivo. Gli scavi archeologici incrementeranno il livello di conoscenza e la realizzazione di servizi e strumenti per la comunicazione, la promozione e la divulgazione scientifica ne amplificheranno la diffusione». (rrm)

REGGIO – Dal ministero della Cultura finanziamento per l’acquisto di libri

Reggio Calabria è tra i Comuni beneficiari del contributo del ministero della Cultura di quasi 10mila euro per la Biblioteca “Pietro De Nava”. Lo ha reso noto l’assessore alla Cultura Irene Calabrò, sottolineando che il finanziamento costituisce una buona notizia per lo sviluppo del sistema bibliotecario della nostra città».

«Le somme a disposizione – ha spiegato Calabrò – saranno utilizzate per l’acquisto di libri e volumi che andranno ad arricchire le varie sezioni della nostra biblioteca comunale. Un fatto certamente positivo che si unisce alle tante iniziative di carattere culturale messe in campo dalle Amministrazioni comunale e metropolitana, in particolare in questo anno dedicato alle celebrazioni del cinquantesimo anniversario dal ritrovamento dei Bronzi di Riace e che rappresentano un’occasione di sviluppo per il nostro territorio, anche in termini di attrattività turistica». (rrc)

L’Archivio di Stato di Reggio nel volume edito dal Ministero della Cultura

L’Archivio di Stato di Reggio Calabria è nel volume Epidemie e antichi rimedi tra le carte d’archivio, edito dal Ministero della Cultura, un’opera che raccoglie le ricerche di tutti gli Archivi di Stato italiani, presenta una rassegna storica sulle epidemie: la peste, il colera, il vaiolo, l’influenza spagnola del XX secolo, gli ultimi casi di peste bubbonica alla fine della Seconda guerra mondiale e altre epidemie ancora.

Una raccolta di documenti archivistici e bibliografici, conservati negli Archivi di Stato italiani, riguardanti le emergenze epidemiologiche in termini di misure e politiche sanitarie adottate, come la limitazione della circolazione delle merci e delle persone, la chiusura dei mercati e delle scuole, le misure di distanziamento sociale.

Un’efficace testimonianza della pervicacia con cui gli uomini hanno sempre reagito al flagello delle pandemie; un lavoro sul nostro passato che è una guida nel disorientamento del presente, una luce per orientarci nell’immaginare il futuro.

Anche l’Archivio di Stato di Reggio Calabria ha partecipato alla realizzazione dell’opera, con una selezione dei documenti messi in mostra in occasione dell’edizione 2020 della “Domenica di carta’’. Fra questi oltre a quelli selezionati per la pubblicazione, riaffiorano emergenze storiche, documentarie, che testimoniano i provvedimenti della difesa Marittima contro la diffusione di tre malattie considerate tra le più pericolose: febbre gialla, colera e peste, che prevedevano che i bastimenti provenienti da zone a rischio o che erano in condizioni igieniche precarie venissero posti in quarantena per un periodo compreso tra i 3 e i 15 gg.

Il patrimonio archivistico relativo alla salute pubblica, alle epidemie, alle misure di contenimento, ai rimedi sanitari offre documenti che testimoniano che ciò che si presenta di nuovo nella storia è paragonabile a un già vissuto. Un presente che è storia, “corsi e ricorsi storici” che nella drammaticità del momento sono speranza. (rrc)

Innocenza Giannuzzi: Per il prossimo triennio alla Calabria niente fondi della Cultura

Innocenza Giannuzzi, presidente Confartigianato Turismo Catanzaro, ha dichiarato che «La Calabria è vittima dell’ennesimo scippo», in quanto «alla nostra regione non sarà destinato alcun contributo relativo ai fondi ministeriali della Cultura per il prossimo triennio, mentre solo il 9% andrà ad altre aree del Sud Italia. Perché, allora, proclamare Vibo Valentia “Capitale italiana del Libro 2021”, se nella programmazione dei fondi 2021-2023 il governo centrale non stanzia nessun contributo?».

«È possibile – ha aggiunto – che gli enti culturali calabresi non abbiamo alcun requisito che consenta loro di ricevere quelle sovvenzioni destinate a tutte le altre regioni italiane? Nell’atto di indirizzo ministeriale, nella parte dedicata alle priorità politiche, vi è scritto: “Le priorità politiche sono individuate tenendo conto innanzitutto delle principali linee di azione delineate con riferimento ai settori cultura e turismo nell’ambito del Pnrr che copre l’arco temporale 2021-2026″».

«La nostra regione dovrebbe – forse – essere destinataria del Pnrr (piano nazionale di resistenza e resilienza) – ha proseguito Giannuzzi – ma non essere destinataria dei fondi della nuova programmazione. Si tratta di un controsenso o per la Calabria non sono previste azioni del Pnrr sulla cultura e turismo? Sembra il gioco delle scatole cinesi, ma il rischio è che la nostra terra, una volta terminato il gioco, possa rimanere solo con le scatole vuote e null’altro».

«Pare che per il Ministero – ha detto ancora Giannuzzi – la nostra regione non abbia un patrimonio storico, paesaggistico, archeologico e culturale da valorizzare, che non abbia una storia che meriti di essere tutelata e valorizzata, eppure la Calabria è stata la culla della Magna Graecia, è stata colei che ha dato il nome a un grande Nazione che si chiama Italia. È evidente che oggi la nostra storia e la nostra cultura non contino, perché siamo meritevoli di ricevere zero fondi».

«Troppo facili –  ha concluso – i proclami nazionali quando si parla del Sud e della Calabria, troppo facile dare i numeri se poi questi non rimangono neanche tali e confluiscono in altre regioni. L’enorme patrimonio ancora tutto da valorizzare e da scoprire che conserva la nostra terra potrebbe consentirci di essere il nuovo attrattore turistico d’Italia, ma evidentemente qualcuno non vuole che il Sud e la Calabria escano dalla condizione in cui oggi versano, a causa di uno scippo lungo secoli, silenzioso e costante!». (rcz)

REGGIO, DEMOLIZIONE DI PIAZZA DE NAVA
COSÍ SI CANCELLA LA STORIA DELLA CITTÀ

di SANTO STRATI – Potrebbe sembrare una storia di beghe locali, circoscritta alla città di Reggio, invece rappresenta, in maniera univoca, come in tutta la regione prevalgano scelte slegate dal territorio e dalla volontà dei cittadini, ovvero un plateale distacco tra amministrazione e amministrati. Parlare di piazza De Nava, quella prospiciente Palazzo Piacentini (dove c’è il Museo Archeologico Nazionale) da un lato e il Palazzo di Camillo Autore dall’altro, significa – lo sappiamo – attizzare un fuoco che cova sotto la cenere, ma un giornale non può ignorare il malcontento popolare e le assurdità portate avanti a giustificazione di un’operazione di demolizione totale, che avrà un solo risultato, alla fine: la cancellazione della memoria storica cittadina.

Basta leggere l’atto di assenso del Comune alla demolizione della storica piazza intitolata a un grande della città, Giuseppe De Nava, per rendersi conto che il cosiddetto “restauro” (così viene definita la distruzione dell’attuale piazza) si giustifica alla fine con l’esigenza (!) di offrire spazi per “fiere, mercati ed esposizioni”.

Cosa resta – ha evidenziato il presidente della Fondazione Mediterranea, Enzo Vitale, uno dei più strenui difensori del mantenimento strutturale della piazza – dell’ambizioso progetto della Soprintendenza? Praticamente nulla. Attraverso la demolizione dell’esistente, secondo l’arch. Vitetta, si sarebbe dovuti arrivare a un’integrazione del Museo con una piazza completamente pedonalizzata e in connessione pedonale con il Monumento a Corrado Alvaro. Per quanto riguarda l’apertura del museo all’esterno, è stata rifiutata la proposta della Fondazione Mediterranea sulla creazione di teche protette in cui esporre materiale non deperibile contenuto negli scantinati museali. Con il diniego da parte del Comune di pedonalizzare via Vollaro, cadono gli altri due obiettivi: non vi sarà l’allargamento della piazza pedonalizzata sul lato sud e non vi sarà la connessione al Monumento Alvaro. Resta solo la demolizione dell’esistente per la creazione di uno spazio aperto, che avrà sostanzialmente la stessa volumetria dell’attuale piazza, da dedicare a “fiere, mercati ed esposizioni” (testuale dal progetto della Soprintendenza). In sintesi si demolisce un impianto storico, in stile razionalista e probabilmente disegnato dallo stesso Camillo Autore, progettista del palazzo fronteggiante il Museo piacentiniano, per costruirvi uno spazio aperto da dedicare a “fiere, mercati ed esposizioni”. Se è questa l’idea di città che ha in mente la Soprintendenza, che dovrebbe per sua mission tutelare i beni culturali, ovvero una città che in pieno centro storico demolisce piazze storiche per creare spazi aperti da dedicare a “fiere, mercati ed esposizioni”, siamo messi molto male».

«La cosa che lascia quantomeno perplessi – prosegue Vitale –, è la supina sottomissione dell’Amministrazione alle idee demolitive della Soprintendenza: le firme in calce al documento ne sono un inequivocabile segno. L’arch. Alberto DiMare, il dr. Giuseppe Melchini, l’arch. Domenico Macrì, l’ing. Domenico Scalo, l’arch. Domenico Beatino, come giustificano il loro parere positivo? Nel documento non c’è traccia di approfondimenti e analisi ma un semplice, e direi banale, “non si rilevano motivi ostativi”. È questo il modo di gestire i beni culturali di una città? Nessuna discussione, nessun dibattito, nessun approfondimento, nessun coinvolgimento della cittadinanza. Solo un banalissimo “non si rilevano motivi ostativi” alla demolizione di una storica piazza cittadina».

I reggini sono indignati, ma l’Amministrazione comunale guidata dal sindaco Giuseppe Falcomatà pare non essersene accorta e già questo è un problema. Non può bastare la sola giustificazione che si corre il rischio di perdere il finanziamento di 5 milioni di euro destinato al “restauro” (si badi bene, restauro non distruzione!), perché non è vero: un restauro adeguato lasciando al suo posto ogni aspetto identitario della piazza permetterebbe ugualmente di utilizzare i fondi già stanziati. È l’ostinazione del  Segretariato regionale del MIC e della Sovrintendenza a negare l’evidenza “fotografica” della piazza e la necessità di mantenere intatta la sua storia. Sarà la stessa Sovrintendenza che alcuni anni fa ha impedito al Comune di dar luogo ai lavori (indispensabili e necessari) di ristrutturazione del Lido Comunale per preservare la “storicità” (1970) delle cabine balneari? Buttare giù una piazza storica sì, ristrutturare cabine fatiscenti no. C’è una logica che in molti, a Reggio e non solo, non riescono proprio a capire.

Per intenderci è come se a Catanzaro si demolisse piazza Matteotti (a partire dal Picconatore) – che, peraltro, non ha obiettivamente memoria storica: qual è il criterio che muove questo “misfatto” che si sta perpetrando ai danni della Città? Il sindaco Falcomatà avrebbe il potere di revocare l’atto di assenso dei tecnici e di negare gli interventi demolitivi della piazza, ma evidentemente non ha contezza del tipo di intervento distruttivo che sta, in buona sostanza, autorizzando.

Occorrerà, probabilmente, battere i pugni sui tavoli, organizzare flashmob, coinvolgere la parte pigra della città per bloccare (si è ancora in tempo) quest’azione distruttrice della memoria storica cittadina. Dopo l’interpellanza parlamentare e la lettera aperta ricevuta, il ministro Franceschini ha imposto alla Segreteria regionale di rispondere alle contestazioni fatte da Fondazione Mediterranea e Associazione Amici del Museo. I contenuti della risposta, giudicata lacunosa e imprecisa oltre che culturalmente debole, sono stati stigmatizzati con una lettera/denuncia inviata per conoscenza anche al Ministro.

Si legge, tra l’altro nella lettera: «Premesso che a una articolata e coerente e approfondita critica sul progetto (approvata nelle sue linee concettuali dal prof. Salvatore Settis, archeologo e architetto, Presidente del Comitato scientifico del Louvre, e dal prof. Alessandro Bianchi, ingegnere e urbanista, già Rettore dell’Università Mediterranea), proposta nelle giuste sedi e con interpellanza parlamentare oltre che naturalmente in sede di Conferenza di Servizi, si risponde in modo impreciso e lacunoso oltre che culturalmente fragile, comunque si ribatte in maniera puntuale alle considerazioni pervenute. Prima di procedere in maniera chiara e sintetica, occorre comunque evidenziare che in alcuni passi della lettera si va ben oltre l’approssimazione e la superficialità, giungendo a un vero e proprio tentativo di mistificazione: si fornisce una falsa rappresentazione della realtà oggettiva e si nega l’evidenza fotografica dello stato dei luoghi oggetto dell’intervento. In altri termini, pur di non ammettere che l’insieme è un esempio di architettura razionalista italiana del Ventennio, probabilmente ideata così com’è da Camillo Autore, progettista del coevo palazzo che vi si affaccia, quindi oggettivamente da tutelare anche perché ricadente nel centro storico urbano, si citano singolarmente i vari costituenti materici della piazza (“tubi di ferro”, “materiale lapideo”, “pali di illuminazione”, “bordatura delle aiuole”, ecc) affermando essere di nessun valore storico e architettonico. Così si va ben oltre la pur forte lesione della storia cittadina, della memoria collettiva e dell’identità dei luoghi: si arriva alla negazione tout court dell’esistente. Si opera una vera e propria mistificazione della realtà dei luoghi: un fatto grave, molto grave, in architettura e urbanistica come in altri ambiti professionali».

Fondazione Mediterranea e l’Associazione Amici del Museo contestano «l’inconsistenza concettuale e la debolezza culturale: contraddizioni interne al progetto tra “restauro” e “demolizione”; mancanza di identità del “non-luogo” che si va a costruire e mancato suo rapporto con la storia cittadina; destinazione d’uso per “fiere, mercati ed esposizioni”; mancanza di trasparenza amministrativa e di coinvolgimento cittadino; improponibile riferimento a uno schizzo del Piacentini, subito dallo stesso abbandonato perché collidente con la piazza già progettata; falsa questione del “servizio” al Museo; complessiva debolezza e “fragilità” culturale di tutto il progetto».

Nella lettera si azzarda un teorema: «Posto che la stessa struttura amministrativa dello Stato: 1) richiede e acquisisce e gestisce un finanziamento; 2) è artefice del progetto preliminare, riportato poi pedissequamente nel progetto definitivo; 3) è stazione appaltante ed è responsabile del procedimento; 4) indica la direzione dei lavori; 5) sarà beneficiaria di tutti gli emolumenti previsti dalla normativa; sarebbe legittimo pensare che, se in qualche passo si stesse commettendo un errore o un abuso, senz’alcun controllo esterno non vi sarebbe modo di porre riparo? Il persistere da parte della Segreteria Regionale del Ministero della Cultura in un atteggiamento di chiusura alle disinteressate e legittime e valide oltre che culturalmente inattaccabili richieste delle organizzazioni scriventi, spingerebbe queste a convincersi ancor di più di essere in presenza di interessi, singoli o di gruppo, collidenti con un’etica ricerca di soluzioni condivise e operate in un’ottica di bene comune».

Cosa aveva risposto il Segretariato regionale del Ministero della Cultura (MIC) che fa capo a Salvatore Patamia? «L’intervento – ha scritto il dott. Patamia – ha come obiettivo quello dell’integrazione di Piazza De Nava con il Museo Archeologico Nazionale, attraverso un’operazione culturale di riqualificazione del contesto urbano di riferimento. Il Museo in quanto istituzione deputata alla promozione della cultura è chiamato a svolgere un ruolo centrale nella città ed è esso stesso, come la Piazza, luogo pubblico portatore di valori.

«Il progetto – prosegue la lettera di Patamia – realizza un rapporto di connessione dialogica tra i due luoghi e nel contempo riqualifica il contesto urbano restituendo alla piazza la sua originale identità, ovvero la dimensione dell’agorà, come centro dinamico e culturale della città. La progettazione è stata ispirata dalla consapevolezza che piazza De Nava rappresenta un nodo fondamentale dell’impianto urbano consolidato ed è un luogo strategico per l’accoglienza di turisti e visitatori. La progettazione definitiva già conseguita è stata sviluppata sulla base degli indirizzi progettuali definiti nel PFTE dal gruppo di lavoro incaricato, costituito dai funzionari architetti della SABAP RC e W e del Segretariato Regionale, con gli apporti documentali dei Referenti del Comune di Reggio Calabria, dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria, Facoltà di Architettura – Dipartimento PAU e Facoltà di Agraria. In coerenza con le istanze di tutela e con gli indirizzi definiti nel PFTE, la progettazione definitiva interpreta le connotazioni storiche della piazza (monumento a Giuseppe De Nava, fronti edilizi storici e strade che la delimitano) in chiave di miglioramento della fruibilità e dei servizi. La Piazza che ha visto peggiorare nel tempo le proprie condizioni di accessibilità e fruibilità, appare oggi spazio residuale, luogo poco accessibile e non inclusivo, funzionalmente disgiunto dal Museo. Unica emergenza monumentale di rilievo della Piazza è il monumento a Giuseppe De Nava, opera dello scultore Francesco Jerace, che sarà restaurato; le vie adiacenti verranno liberate dall’asfalto per mettere a vista il basolato d’epoca; il verde verrà rimodulato per ristabilire le originarie relazioni visive tra gli edifici monumentali immaginate e volute da Marcello Piacentini (progettista del Museo) nei suoi schizzi preparatori al progetto dell’edificio museale. Le criticità del comparto di riferimento come oggi si appalesa, inducono a ripensare questo luogo in termini di riscoperta di un rinnovato principio di urbanità.

«Le opere di pavimentazione e degli arredi verranno realizzate con materiali tradizionali, così come è avvenuto per le altre piazze storiche della città. Nessun materiale lapideo degno di pregio e testimonianza della storia territoriale sarà demolito, ma verrà smontato, restaurato e recuperato per essere riutilizzato nelle fasi di realizzazione dello stesso progetto. L’intervento prevede esclusivamente la demolizione della pavimentazione in mattonelle di cemento, priva di significato dal punto di vista storico-artistico, delle bordature delle aiuole, dei tubi di ferro, dei pali di illuminazione. Nessun stravolgimento quindi delle connotazioni storiche della Piazza verrà operato dal progetto ma, viceversa, la riqualificazione della Piazza andrà a definire uno spazio più aperto alla comunità locale, ai turisti e ai visitatori del Museo rispettoso di quelle caratteristiche storiche riconosciute e approfondite nel quadro conoscitivo del PFTE».

Queste argomentazioni sono confutate da Fondazione Mediterranea e dall’Associazione degli Amici del Museo:

«1) Si evidenzia l’insanabile contraddizione interna al progetto tra il titolo, che apre con la parola “restauro”, e la prevista “demolizione”, termine usato nel progetto, di tutta la piazza (ad eccezione della statua) e sua sostituzione con un’architettura in stile “non-luogo” (Marc Augé) che non ha alcun rapporto, né culturale né identitario, con quella preesistente degli anni Trenta né con la storia della città.

2) Come si può evidenziare nella documentazione progettuale, anche la statua del Jerace sarà soggetta non solo a restauro ma anche in parte a “snellimento”, con l’eliminazione di alcune parti del basamento/corredo marmoreo, facendo perdere alla stessa la sua conformazione sorgiva.

3) È quantomeno sbagliato affermare, quindi, che la concretizzazione delle idee base progettuali sia “un’operazione culturale”: non può essere considerata tale la demolizione di un esempio di architettura razionalista italiana del primo Novecento.

4) È un’azzardata previsione che la piazza, com’è stata progettata, diventi un “luogo pubblico portatore di valori”: i valori, che sono il portato della nostra storia intellettuale, hanno spesso bisogno anche di riferimenti materici storicizzati, non proprio della demolizione di una piazza storica per costruirci sopra un non-luogo, paradigma dell’assenza di valori.

5) Non ha nessuna base storica affermare che il progetto di demolizione “restituisce alla piazza la sua originale identità, ovvero la dimensione di agorà, come centro dinamico e culturale della città”: la piazza, così com’è, è frutto della ricostruzione dopo il terremoto del 1908 ed è antecedente all’edificazione del Museo piacentiniano. Quale dovrebbe essere questa fantomatica “originale identità” se in tempi precedenti alla sua costruzione era un luogo periferico e non frequentato, quasi extraurbano?

6) Per quanto riguarda l’abusato termine di “agorà”, occorre precisare che Reggio la sua Agorà (se si vuole usare il corretto e condiviso significato del termine) l’ha sempre avuta e continua ad averla: è piazza Italia, al centro dalla città, di cui tre lati sono costituiti dai palazzi rappresentativi (Prefettura, Comune, Provincia). Parlando di “agorà” cittadina a proposito dell’esito progettuale, una spianata senza storia né identità, si dimostra di non conoscere il significato né urbanistico né storico né corrente del termine agorà.

7) Come si può ignorare che, nella relazione che accompagna il progetto definitivo, questa nuova piazza, una volta divenuta “agorà” cittadina, verrà destinata a “fiere, mercati ed esposizioni”? È questo il concetto di identità dei luoghi o di apertura del Museo alla città?

8) Si cita un ipotetico “rinnovato principio di urbanità”, forse facendo riferimento ad alcune presunte cattive frequentazioni dell’attuale piazza. Ma una nuova piazza, che aspira a divenire centro della movida cittadina, si può ipotizzare che divenga immune dal degrado operato da torme di giovani gozzoviglianti nottambuli? Puranche piazza De Nava fosse degradata antropologicamente, cosa tutt’altro che documentata, è sensato affermare che in futuro non lo sarà?

9) Se si ragiona con i piedi per terra, il degrado sarà certamente accentuato per le caratteristiche intrinseche al progetto che, di basso livello culturale e orientato a gusti in stile parco tematico (basti pensare al previsto impianto di illuminotecnica e ai festoni luminescenti incastonati tra i rami del ficus magnoloide), paradigma del concetto di non-luogo di Marc Augé, sembra avere per specifico target i raduni giovanili notturni o essere destinato, come da progetto, a “fiere e mercati”.

10) Si parla di degrado della piazza e si insiste sul tema, dimenticando che in alcuni passi del progetto si descrive piazza De Nava come “in buono stato”.

11) Da notare che un intervento demolitivo di tal genere in centro storico avrebbe dovuto essere oggetto di un democratico dibattito pubblico (mentre la cittadinanza, se non fosse stato per il clamore sollevato dalle nostre critiche, non ne avrebbe saputo nulla), in linea con l’illuminata tradizione cittadina rispettata dai precedenti Soprintendenti (Paolo Orsi, Alfonso De Franciscis, Giuseppe Foti, Elena Lattanzi) che, con grandi iniziative culturali, hanno sempre coinvolto la Civitas in temi di tutela architettonica, saldando il loro rapporto con la città.

12) Da segnalare che non risulta esserci stato alcun coinvolgimento della direzione del Museo in un progetto che si definisce di supporto al Museo, e che nessuna sollecitazione dello stesso progetto è stata mai prodotta dalla citata Direzione.

13) La modalità asincrona della Conferenza dei Servizi ha comportato che le nostre critiche non siano pervenute in maniera completa ed esaustiva e che, tra l’altro, la Commissione Cultura della Regione abbia ascoltato solo la versione dell’arch. Vitetta, convocata ad hoc il 20 aprile, interessata perché ideatrice di tutta l’operazione.

14) Si fanno una serie di considerazioni, elementari e quasi banali, sulla necessità di valorizzazione della statua e del palazzo retrostante, del restauro del basolato lavico, ecc. Non si può che essere pienamente d’accordo. Tutto si potrebbe attuare, con minor spesa (ma forse questo è il problema), restaurando l’esistente storicizzato, piuttosto che raderlo a zero per costruire un non-luogo.

15) Non si parla più di pedonalizzazione dell’area, su cui vi è il parere negativo del Comune riguardo a via Vollaro: cade così uno dei capisaldi dell’impianto teorico del progetto, che prevedeva anche un continuum pedonalizzato tra la piazza e il Monumento Alvaro.

16) È logico porsi una domanda: cosa resta delle linee guida che avevano ispirato il progetto?Praticamente solo la demolizione dell’esistente e sua sostituzione con una nuova piazza delle stesse dimensioni, seppur priva di delimitazioni esterne.

17) Si afferma, tra l’altro, che la nuova piazza sarebbe funzionale a una maggiore fruibilità di Palazzo Piacentini da parte dei turisti e a una sua apertura verso l’esterno. Anche qui si fanno affermazioni nebulose e irrealistiche: storicamente, anche nei periodi di maggiore afflusso turistico (oltre 500.000 visitatori all’anno nei primi anni Ottanta), lo spazio antistante al Museo, caratterizzato da larghi marciapiedi e ampia sede stradale già a traffico limitato, è stato più che sufficiente a una buona accoglienza, esaltata dalla signorilità e compostezza della piazza che si vuole demolire».

La lettera prosegue, ma riteniamo che i punti fin qui evidenziati siano più che sufficienti per permettere ai reggini di rendersi conto dell’assurdità del progetto così come è stato concepito: Il sindaco Falcomatà, che si mostra così attento alla rigenerazione urbana e alla rinascita artistica e culturale della Città, farebbe bene ad ascoltare i cittadini: è ancora in tempo per fermare uno scempio che nessuno gli potrà mai perdonare. (s)