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Bronzi di Riace

47 anni fa la scoperta dei Bronzi di Riace. Il racconto del “tesoro del MArRC”

Sono passati 47 anni dal quel memorabile 16 agosto, giorno in cui il sub romano Stefano Mariottini avvistò i due capolavori a poche centinaia di metri dalla spiaggia ionica. Venerdì 16 al MArRC il racconto di quella magnifica giornata.

«I Bronzi di Riace – ha dichiarato Carmelo Malacrino, direttore del Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria – rappresentano i meravigliosi capolavori del Museo archeologico nazionale di Reggio Calabria e attraggono ogni giorno centinaia di visitatori da ogni parte del mondo». 

«Tutti i maggiori studiosi dell’arte antica – ha proseguito il direttore Malacrino – si sono cimentati alla scoperta dei loro vari aspetti, dall’artista che li ha prodotti e alle figure che rappresentano. Ma loro ancora conservano e riservano i tanti misteri della loro bellezza. Il MArRC non è solo Bronzi di Riace. I nostri ospiti giungono al museo immaginando di trovarvi solo le due magnifiche statue e invece, attraverso migliaia di reperti esposti, scoprono una storia straordinaria, che è quella della Calabria antica».

La giornata di venerdì 16 sarà, appunto, dedicata interamente ai Bronzi di Riace, per celebrare il momento della loro scoperta. Si inizierà al mattino, quando il direttore Malacrino accoglierà lo scopritore Stefano Mariottini nella suggestiva cornice della Sala Bronzi per un collegamento in diretta con Rai Uno

Nel pomeriggio, gli appuntamenti proseguiranno alle 18.00, in Piazza Paolo Orsi, con l’incontro I Bronzi di Riace. Capolavori dell’arte greca, insieme al direttore Malacrino e a Daniele Castrizio, membro del Comitato Scientifico del Museo ed grande studioso dei Bronzi di Riace.

I Bronzi di Riace sono due statue di bronzo di provenienza greca o magnogreca o siceliota, databili al V secolo a.C., pervenute in eccezionale stato di conservazione. Considerate tra i capolavori scultorei più significativi dell’arte greca, le statue sono diventate uno dei simboli della città di Reggio Calabria.

Le due statue, indicate come Statua A (che raffigura un oplita) e Statua B (che rappresenta un re guerriero), furono portate in superficie in 21 e il 22 agosto, furono sottoposte a interventi di restauro – prima a Reggio e poi in Toscana, al Centro di Restauro della Soprintendenza della Toscana – che durarono per ben cinque anni.

In foto i Bronzi di Riace, il cui nome scientifico è Polinice (Statua A) ed Eteocle (Statua B)

Le ipotesi sulla provenienza, sulla datazione e sugli autori delle statue sono diverse. Risalenti probabilmente alla metà del V sec. a.C., si è supposto che i Bronzi fossero stati gettati in mare durante una burrasca per alleggerire la nave che li trasportava o che l’imbarcazione stessa fosse affondata con le statue.

Nonostante le ipotesi e le incognite, è certo che la somiglianza tra loro è talmente evidente da rendere sicura la loro ideazione e realizzazione da parte di un medesimo Maestro, e che il loro stile rimanda a stilemi dorici, propri del Peloponneso e dell’Occidente greco.

Come si legge sul sito del Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria, infatti, «le due statue sono state certamente eseguite ad Argo, nel Peloponneso, come ha dimostrato l’esame delle terre di fusione eseguito dall’Istituto Centrale del Restauro di Roma» e, «trattandosi di un gruppo statuario posto ad Argo, come testimoniano le terre di fusione, esso abbia a che fare con il mito dei Sette a Tebe, narrato da molti poeti e tragediografi antichi, che si pone come il “mito nazionale” argivo, mentre altrove i sette condottieri non ricevettero mai un culto pubblico come eroi». (rrc)