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Pasquale Tridico: «Da 125 anni Inps al servizio del Paese»

Pasquale Tridico: «Da 125 anni Inps al servizio del Paese»

Di PINO NANOC’è il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella alla cerimonia di apertura delle celebrazioni per i 125 anni dalla fondazione dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale. Il Presidente dell’Inps, Pasquale Tridico tiene una vera e propria lezione magistrale di Welfare.

Alla cerimonia sono presenti fra gli altri la Presidente della Corte Costituzionale Silvana Sciarra, il Vice Presidente del Senato Gian Marco Centinaio, in rappresentanza del Parlamento il  Questore della Camera dei deputati Filippo Scerra, e il Ministro del Lavoro e delle Politiche Social Marina Elvira Calderone.

Manifestazione solenne come nella migliore tradizione Inps, e a cui quest’anno il Presidente Prof. Pasquale Tridico ha voluto riconoscere un valore simbolico aggiuntivo e molto speciale, sottolineando nel suo intervento il ruolo storico che da 125 anni svolge l’istituto che dirige.

«La storia dell’Inps – spiega il professor Tridico – coincide con la storia dello Stato sociale in Italia. È una storia che ha accompagnato le più importanti trasformazioni del mondo del lavoro, del fare impresa e delle famiglie. È una storia che conferma l’indissolubile legame tra welfare e lavoro. E che scandisce l’espansione delle scelte di solidarietà del Paese».

Per nulla rituale la relazione del Presidente, anzi un intervento condito di storia e di dati economici che trasformano la sua relazione di rito in una vera e propria lezione accademica, da economista raffinato ed educato ai consessi internazionali più esclusivi.

«Veniamo da lontano – esordisce il Presidente Tridico – eravamo in piena rivoluzione industriale quando nasce anche in Italia, nel 1898, la previdenza sociale, con l’istituzione di una assicurazione privata obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e con la fondazione della Cassa Nazionale di previdenza per l’invalidità e per la vecchiaia degli operai, secondo il principio di una «previdenza libera sussidiata e facoltativa».

«Nel 1919, l’assicurazione diventa obbligatoria per i dipendenti dell’industria e gli agricoltori e vi si aggiunge una assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria. Così come qualche anno prima, nel 1910, si era avuta l’introduzione dell’assicurazione obbligatoria della maternità».

Il grande economista diventa per un momento anche costituzionalista, e spiega che nasce così il moderno Stato Sociale italiano che avrebbe accompagnato i cittadini in quei successivi trent’anni di straordinario sviluppo industriale del Paese, trent’anni caratterizzati dall’aumento demografico e da una forte espansione economica.

«L’Italia decise di abbracciare un’idea di stato sociale che permettesse a tutti migliori condizioni di vita, costruendo progressivamente una sanità pubblica, un reddito assicurato per malati e indigenti, istruzione pubblica gratuita, servizi per l’impiego e servizi abitativi».

Il “Professore” va ancora oltre: «La missione dell’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale – ripete – si inserisce in questo solco valoriale, scandito chiaramente negli articoli 1, 3, 4 e 38 della Costituzione, che mira a principi di welfare universalistico e alla promozione del “lavoro buono”, capace di garantire le giuste tutele e lo sviluppo umano». 

Poi, dagli anni ’90 in poi, la globalizzazione e il calo demografico impongono una riflessione e ha inizio un lungo processo di riforma che riguarda sia il mercato del lavoro che l’ambito delle pensioni, dell’assistenza e del sostegno al reddito. Anche questo processo ha visto INPS al centro di cambiamenti importanti e di una profonda modernizzazione.

«Da una parte – spiega Pasquale Tridico –, l’aumento delle disuguaglianze, e la crescente flessibilità del lavoro, che troppo spesso è diventata precarietà, hanno portato a aumentare le prestazioni a sostegno del reddito. Dall’altra, la crisi demografica ha spinto verso maggiori sostegni alla famiglia e per i figli. Infine, le due grandi crisi del nuovo secolo, quella finanziaria del 2008 e la pandemia, hanno generato un welfare sempre più universale e meno categoriale, rivolto a tutti i lavoratori e non solo ai lavoratori subordinati, con l’estensione dell’indennità di disoccupazione e con l’introduzione del reddito minimo, in linea con gli indirizzi comunitari».

Non ha nessun dubbio il Professore: “L’Inps è una grande azienda pubblica efficiente al servizio del Paese e del suo cambiamento. Solo 20 anni fa, l’Istituto offriva prestazioni e servizi nell’ordine di qualche decina. Oggi ne gestisce oltre 400. Per volontà dei Governi e Parlamenti che si sono succeduti, Inps ha incrementato il numero e la varietà delle prestazioni sociali e accorpato a sé altri enti previdenziali, diventando una vera e propria “Agenzia Nazionale del Welfare” con missioni e obiettivi sempre più ampi per rispondere alle crescenti esigenze della società italiana».

Il Presidente Tridico tratta l’Inps come se fosse il fiore all’occhiello del sistema-Paese, forse ha anche ragione lui, ma ci sono pezzi della sua lezione davanti al Capo dello Stato da cui viene fuori un senso di fierezza e di appartenenza che difficilmente di solito l’uomo tradisce in pubblico.

Circa 42 milioni di utenti, tra lavoratori, pensionati, famiglie e aziende, l’Istituto gestisce 386 miliardi di euro di entrate, di cui 145 miliardi di trasferimenti pubblici, e 384 miliardi di euro di uscite, assicurando la sostenibilità del sistema e agendo come snodo per la coesione sociale.

«Tutto questo – conclude Tridico – rappresenta l’Inps, un “motore” sempre acceso, l’ente di welfare più grande d’Europa».

Ma a questo il Professore aggiunge anche quello che è ormai diventato il suo mantra preferito: «Solo se nessuno viene lasciato indietro, lo sguardo di tutti può volgersi in avanti».

E chiude con un monito al Paese, ma è anche un riconoscimento formale alla missione che il Presidente Mattarella ha appena vissuto in prima persona in Calabria, che è la terra di origine del Presidente Tridico: «La mancanza di prospettive e di solidarietà è la più grande sconfitta che un popolo possa affrontare».

«È ciò che costringe i giovani ed intere famiglie ad allontanarsi dalla propria terra di origine e ad affrontare gravi incertezze, con conseguenze anche tragiche. Negli occhi e nei pensieri oggi portiamo il peso del terribile naufragio di Crotone. Sta a noi, con ogni tipo di strumento che scegliamo di porre in campo, mantenere la promessa che abbiamo sottoscritto attraverso la Costituzione: di crescere come collettività attraverso il lavoro e il sostegno al pieno sviluppo di ogni individuo, a partire dagli ultimi e dai più fragili». 

Chi vuole intendere intenda, please. (pn)