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Peppino De Rose: «Portiamo la Calabria a Bruxelles»

Peppino De Rose: «Portiamo la Calabria a Bruxelles»

di PINO NANOEconomista, Esperto in Politiche e Programmi dell’Unione Europea, Professore Universitario di “Impresa turistica e mercati internazionali” presso l’Università della Calabria, campus nel quale ha conseguito con lode la laurea in “Economia e Commercio con indirizzo in Economia delle Amministrazioni Pubbliche e delle Istituzioni Internazionali”, il prof. Peppino De Rose è l’uomo che per motivi di studio oggi conosce meglio di chiunque altro oggi il mondo dei calabresi sparsi per il mondo.

All’ Università della Calabria, dove oggi insegna, ha ricoperto da studente, la carica di Presidente del Consiglio degli Studenti. Ha conseguito il Dottorato di ricerca in “Formazione della Persona e Mercato del lavoro” presso l’Università di Bergamo e diverse specializzazioni. Tra queste, la specializzazione in “Governo del territorio” presso l’Università Guglielmo Marconi di Roma e in “Management delle imprese non profit” alla Bocconi di Milano. È stato cultore della materia in Diritto Pubblico, Legislazione Scolastica e Pedagogia presso l’Università della Basilicata. 

Da giovanissimo è stato chiamato a svolgere funzioni di consulente e consigliere politico nei Bureaux dei Deputati al Parlamento Europeo, e di esperto presso vari dipartimenti della Regione Calabria, in particolare presso il Dipartimento Programmazione Nazionale e Comunitaria e il Dipartimento Turismo e Beni Culturali. Fra le altre cose che fa è anche direttore scientifico di progetti di ricerca sperimentale sul turismo internazionale e l’internazionalizzazione delle Regioni del Mezzogiorno d’Italia.

Professore, nessuno meglio di lei conosce il mondo dei Calabresi che sono lontani. Da dove vogliamo partire?

Dalla consapevolezza che i calabresi nel mondo rappresentano uno straordinario patrimonio di conoscenza e cultura oltre che un modello vincente di impegno, sacrificio e abnegazione nel mondo del lavoro. 

In che senso Professore?

Essi rappresentano una grande risorsa per le importanti reti di relazioni intessute a livello nazionale ed internazionale che possono tornare utili al sistema Calabria, aiutando ad accrescere la reputazione della regione nei Paesi in cui oramai vivono e lavorano, stimolando anche la domanda di beni e servizi nei mercati ed incoraggiando l’attrazione degli investimenti in Calabria. 

Ha un valore sociale tutto questo?

Non lo dice mai nessuno, ma i Calabresi nel mondo, grazie ai successi ottenuti in tutto il mondo, rappresentano il miglior testimonial della Calabria e rappresentano anche un grande esempio per i giovani calabresi, che oggi, così come nel passato, sono ancora costretti a partire dalla Calabria in cerca di fortuna altrove. 

Mi pare che nella maggior parte dei casi non abbiamo molte altre alternative, non crede?

Mettiamola allora così, la Calabria oggi è una meravigliosa terra che gode di una serie di potenzialità in linea alle esigenze dei mercati internazionali. Una serie di fattori favorevoli, come l’andamento demografico in Europa e le nuove abitudini o aspettative dei turisti, richiamano oramai ad un adeguamento rapido da parte degli attori dello sviluppo dei territori per poter creare un livello di competitività soddisfacente in grado di utilizzare al meglio l’importante patrimonio storico, culturale e naturale disponibile capace di generare posti di lavoro continuativo. 

Cosa c’entra tutto questo con i giovani?

C’entra, e come! I giovani calabresi svolgono un importante ruolo di promotori dello sviluppo. Il problema è che il passaggio, naturale e spesso scontato dal mondo della scuola, della formazione a quello del mercato del lavoro, nell’ultimo decennio si è configurato sempre più difficoltoso ed all’insegna di una strada incerta e tortuosa da percorrere, tanto da spingere le istituzioni europee e nazionali a considerare nuovi strumenti per garantire ai giovani l’accesso alla vita attiva. 

Sembra una cosa facile?

È un passaggio quanto mai delicato, che implica l’incontro tra più attori quali giovani, istituzioni scolastiche, università e mercato del lavoro, poiché non sono ancora ben chiari i legami e le corrispondenze tra formazione, sostegno all’occupazione e conseguente sviluppo economico della Calabria. Nonostante il ritardo di sviluppo della Calabria rispetto alle altre regioni d’Italia e d’Europa, di cui tutti siamo consapevoli per come emerge anche dai documenti report della Commissione europea, si stanno verificando una serie di condizioni favorevoli che possono generare un cambiamento ed una rinascita della nostra Regione.  

Nel senso che ci sono ancora spazi di movimento importanti?

Ne sono certo. La Calabria, nonostante tutto, rimane ancora una regione attrattiva ed a forte potenziale di crescita, oltre per le oggettive bellezze e patrimonio culturale e turistico, ma anche per tutta una serie di mutamenti a livello globale.

Da economista, ci aiuta a immaginare il futuro?

Entro il 2030 la maggior parte dei Paesi mondiali avranno a disposizione una popolazione identificabile in maggioranza come “middle class’’. Ci sarà una maggiore richiesta di beni e servizi di qualità ed una crescente urbanizzazione: ogni anno entreranno a far parte della popolazione urbana di 65 milioni di persone. La dimensione della “classe media globale’’ crescerà sino a un valore di 4,9 miliardi di persone nel 2030, ci saranno popolazioni sempre meno giovani ed i trend settoriali nel turismo sono quelli del turismo lento, naturalistico, esperienziale e culturale. Infine, c’è una grande attenzione da parte delle persone a livello mondiale sull’alimentazione di qualità, e la Calabria è la patria della Dieta Mediterranea, questa antica pratica alimentare supportata da studi scientifici che incide positivamente sulla longevità delle persone. 

Tradotto in valore reale cosa significa tutto questo?

Vede, queste nuove esigenze, impongono un significativo cambiamento nei processi per offrire ai mercati internazionali prodotti eccellenti ed innovativi con un forte orientamento al cliente globale soprattutto per il turismo e l’agricoltura. L’export della Calabria vale purtroppo ancora lo 0,1 % sul dato nazionale, ma ci sono segnali incoraggianti che la strada è quella di sostenere la creazione di reti commerciali con l’estero. 

Che ruolo gioca in questo la comunità di quelli che vivono fuori dalla Calabria?

Sono convinto che i calabresi all’estero, accumunati da un forte attaccamento alle radici, rientrano tra quel target di turisti internazionali, a cui soprattutto i piccoli Comuni, possono orientare la loro strategia di marketing internazionale, poiché viaggiatori animati dalla forte motivazione della riscoperta delle proprie origini e della propria storia familiare oltre che dalla voglia di esplorare e visitare nuovi luoghi. Chi emigra non dimentica mai la sua terra natale da cui è nata e prende forma la propria storia personale. A emigrare non è solo un corpo, è errata una visione in cui nell’ emigrazione si vede e si percepisce un semplice spostamento di persone. A emigrare con le persone è la cultura di quel paese. Paradossalmente più si è lontani da “casa” e maggiore diventa l’esigenza di tutelare altrove le tradizioni e la cultura che sono elemento caratterizzante della persona. Per salvaguardare e tramandare tra gli emigrati questo aspetto culturale, sono nate all’estero diverse associazioni. 

Esistono dei numeri reali relativi a questo mondo?

Assolutamente si. Le associazioni italiane all’ estero sono distribuite nel seguente modo: in Europa 3.319 unità, 2.865 unità tra America settentrionale e meridionale, Oceania 755, Asia 702 ed infine 15 unità in Asia. Il maggior numero di associazioni italiane si trova in Svizzera con le sue 1.438 unità e in Germania con 645 gruppi, come risulta dai dati provenienti dal sito del Ministero degli Affari esteri, Direzione Generale dell’Emigrazione e degli Affari esteri. 

Sono tante, e che ruolo hanno a suo giudizio?

Le associazioni cercano di preservare e rafforzare l’identità di provenienza, creando dei momenti di socializzazione senza operare con l’idea di contrapporsi a quella che è la società che li ospita. L’ obiettivo è quello di creare una posizione intermedia tra la comunità di partenza e i luoghi che ospitano gli emigrati. Anche le associazioni calabresi sono nate con questo spirito ed assumevamo la forma di società di mutuo soccorso. 

Può darci un’idea di quante siano oggi le associazioni dei calabresi all’estero?

Attualmente le associazioni calabresi all’ estero che sono iscritte ai registri sono un totale di 178 unità. 

Abbastanza per dare il senso della nostra presenza nel mondo?

Sa cosa succede? Che i processi che si innescano con questo tipo di azioni sono più che positivi perché abbattono qualsiasi confine nazionalistico, aprono gli occhi ad un mondo multiculturale dove chi prima era percepito come uno “straniero” possa essere invece oggi una risorsa che permette di aprire una finestra su delle realtà diverse rispetto a quelle che siamo abituati a vivere quotidianamente. 

Esiste sulla carta un minimo di regolamentazione ufficiale?

Il testo normativo più recente ed articolato che regolamenta i rapporti tra la Regione Calabria e i calabresi all’ estero è la “Legge organica in materia di relazioni tra Regione Calabria, i calabresi nel mondo e le loro comunità” o anche semplicemente detta come legge n.8 del 26 Aprile 2018. 

È una legge sufficiente a garantire questo mondo?

Nell’art. 2 sono state evidenziate quelle che sono le finalità da conseguire, nell’ambito delle finalità fissate dallo Statuto e in ordine agli obiettivi economici e sociali e nei limiti stabiliti dalla Costituzione. La Regione Calabria opera per incrementare e valorizzare le relazioni con i calabresi nel mondo ed interviene a favore dei calabresi nel mondo che intendono rientrare definitivamente in Calabria, agevolandone il reinserimento sociale. 

E questo secondo lei è sufficiente?

La verità è che gli strumenti legislativi vanno ripresi con forza e vigore, perché vanno nella direzione di considerare la stessa emigrazione come opportunità di sviluppo per l’attivazione dei processi di internazionalizzazione dei territori e dei Comuni. Un approccio mirato a un nuovo posizionamento della Calabria nella “gerarchia” delle destinazioni turistiche nel Mediterraneo.  

Perché secondo lei serve una maggiore integrazione tra politica e mondo dell’emigrazione?

Solo una vera sinergia tra calabresi all’ estero e le autorità regionali può far nascere una nuova progettualità per la Calabria quale terra dalla quale non si scappa più, ma si ritorna per creare nuovi scenari, prospettive, sviluppo e benessere. I canali web adesso più che mai, permettono di lanciare messaggi diretti ai calabresi che vivono lontani in modo immediato e che possono essere condivisi facilmente con il resto della collettività. La competizione globale e le nuove necessità del mercato hanno reso obsoleto il modello classico di turismo e in uno scenario di sviluppo del settore dei servizi, l’ambiente competitivo nei prossimi anni sarà ancora sensibilmente diverso da quello del presente. La definizione di piani e programmi ben definiti nelle policy di settore, non può prescindere da questo palese interesse per la Calabria e dall’opportunità che i calabresi all’estero offrono alla loro terra anche per l ‘attrazione degli investimenti soprattutto nelle aree in ritardo di sviluppo, capaci di esprimere un potenziale per la creazione di posti di lavoro, specialmente per i giovani. 

Esistono insomma dei margini di ripresa di questo rapporto tra chi è partito e chi invece è rimasto?

Io credo che l’innovazione e la diversificazione dei prodotti turistici, una formazione mirata per il potenziamento delle conoscenze e delle competenze ad ogni livello, possono essere una via per dare prova di resilienza ai tanti Comuni e innescare finalmente la crescita sperata e prova di resilienza persino durante i periodi di emergenza sanitaria ed economica. Se questo sforzo si fa complessivamente, sono sicuro che possiamo raccogliere questa sfida con tutti i nostri ritardi ma anche con tutte le nostre grandi capacità. (pn)