I sindaci del Sud contro l’autonomia differenziata

Centosessanta sindaci del Sud fanno sentire la loro voce contro l’autonomia differenziata. E lo fanno attraverso un documento, dal titolo Recovery Sud, rivolto ai senatori, in cui chiedono ai senatori dei territori di «riflettere sulle loro responsabilità», ha spiegato il sindaco di Catanzaro, Nicola Fiorita, tra i primi firmatari del documento.

«Le difficoltà socio-economiche e le carenze amministrative del Mezzogiorno sono reali e tangibili – ha spiegato –. Ogni sindaco che amministra queste terre conosce la lotta quotidiana per garantire servizi adeguati ai cittadini e un futuro sostenibile per le generazioni future».

«Con il regionalismo spinto non si creerebbe quella maggiore efficienza che il ministro Roberto Calderoli sbandiera per giustificare la sua proposta, il cui unico scopo, in realtà, è ridare peso alla Lega. Si determinerebbe, invece, un peggioramento delle condizioni dei municipi del Sud – hanno spiegato i sindaci – Si calcola che la proposta di revisione del Pnrr ottenuta dal ministro Raffaele Fitto colpirà soprattutto le regioni del Sud, che subiranno un taglio di 7,6 miliardi, la metà dei 15,9 che si prevede di ridurre. Per non parlare dell’eliminazione delle Zes e dei 4,4 miliardi distratti dal fondo perequativo infrastrutturale in una nazione che sul piano delle ferrovie e delle strade è letteralmente tagliata in due, l’alta velocità al Nord, la grande lentezza al Sud». (rrm)

Migrazione sanitaria, Pd Calabria: Serve battaglia nazionale per bloccare autonomia

Il Partito Democratico Calabria ha denunciato come «i dati forniti dall’ultimo report della Fondazione Gimbe in ordine alla migrazione sanitaria per l’anno 2021 destano profondo allarme anche in vista della discussione in Senato sull’autonomia differenziata elaborata dal ministro Roberto Calderoli e dalla Lega».

«Secondo l’analisi di Gimbe – prosegue la nota dei consiglieri dem – la mobilità sanitaria interregionale in Italia nel 2021 ha raggiunto un valore di 4,25 miliardi, cifra nettamente superiore a quella del 2020 ( 3,33 miliardi), con saldi assai variabili tra le Regioni del Nord e quelle del Sud. Il saldo è la differenza tra mobilità attiva, ovvero l’attrazione di pazienti provenienti da altre Regioni, e quella passiva, cioè la “migrazione” dei pazienti dalla Regione di residenza. Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto, Regioni capofila dell’autonomia differenziata, raccolgono il 93,3% del saldo attivo, mentre il 76,9% del saldo passivo si concentra in Calabria, Campania, Sicilia, Lazio, Puglia e Abruzzo».

«Una situazione drammatica che certifica la sperequazione esistente tra il Nord e il Sud del Paese – hanno detto i consiglieri del Pd – e che l’autonomia differenziata finirà con l’aumentare ancora, né alcuna garanzia è stata fornita dal governo nazionale in ordine ai Lep. Altro elemento che contribuisce ad aumentare la preoccupazione e il rischio per cittadini meridionali di vedere calpestato il proprio diritto alla salute. Sono poi le parole di Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, a confermare quanto stiamo dicendo da mesi senza che il governo regionale presti alcuna attenzione alle problematiche da noi sollevate, né alla tutela degli interessi della Comunità che è chiamato a rappresentare. ‘In tal senso – afferma Cartabellotta commentando il report sulla migrazione sanitaria  – risulta ai limiti del grottesco la posizione dei Presidenti delle Regioni meridionali governate dal Centro-Destra, favorevoli all’autonomia differenziata. Una posizione autolesionistica che dimostra come gli accordi di coalizione partitica prevalgano sugli interessi della popolazione’».

«Non si può dunque perdere ulteriore tempo – conclude la nota stampa del gruppo del Pd – e serve avviare una battaglia nazionale per bloccare il progetto di secessione dei ricchi avviato dalla Lega. In tal senso supporteremo con iniziative pubbliche l’azione di contrasto che oggi sarà avviata dai senatori dem e dal segretario regionale Nicola Irto». (rcz)

IN SENATO IL FUNERALE DELLA RAGIONE
SI VOTA SULL’AUTONOMIA DIFFERENZIATA

di PINO APRILE – Parteciperemo a un funerale, oggi a Roma, al Senato: con il varo dell’Autonomia differenziata si celebra l’inizio della fine di questo Paese mai davvero unito e della decenza, dell’equità, della Costituzione che, sia pure solo a chiacchiere, riconosce pari diritti a tutti gli italiani (non avendoli mai avuti, nello stato a parole unitario, i terroni non sono evidentemente ritenuti italiani.

Infatti, all’università, a proposito del cosiddetto Risorgimento, distinguono fra “italiani” e “borbonici”, ovvero gli abitanti dell’ex Regno delle Due Sicilie, la cui lingua ufficiale era l’italiano, mentre Cavour, Vittorio Emanuele II e gli altri parlavano francese). Il capolavoro razzista della Lega, infatti, il disegno di legge sull’Autonomia differenziata per rendere costituzionale il riconoscimento di ulteriori privilegi al Nord (a spese di tutti) e la negazione di diritti fondamentali ai colonizzati del Sud, esordisce martedì 16 al Senato.

I parlamentari meridionali della maggioranza, a quanto si sa, sono pronti a votare questa porcheria, per conservare al proprio culo il pagatissimo seggio, un po’ come i neri che aiutavano i negrieri a fare schiava la propria gente, perché ci guadagnavano, vendendo loro le catene.
C’è poco da sperare dagli onorevoli terroni, considerando che hanno già approvato l’ordine del giorno della Lega, per chiedere una legge in base alla quale pagare di meno gli insegnanti del Sud; hanno fatto passare il furto di quasi quattro miliardi dal fondo di perequazione destinato ai Comuni più poveri del Sud; hanno condiviso lo svuotamento del Pnrr di progetti per il Sud da finanziare con i fondi europei e la proposta di usare le risorse Coesione-e-Sviluppo, che pur essendo all’80 per cento per il Sud, verrebbero dirottate altrove; hanno assistito silenti e complici alla sottrazione, finora, di circa 20 miliardi di euro destinati al Sud e alla cancellazione del Mezzogiorno dall’agenda di governo, sino alla folle idea della Zes (Zona economica speciale) unica per tutto il Sud, misura ingannevole che intanto ha bloccato quelle già esistenti e funzionanti, e che accentra il “sì” per ogni iniziativa nel Mezzogiorno, fosse pure una sorta di B&B, nelle mani di un potere politico centrale, romano: di fatto, la dichiarazione ufficiale dello stato di colonia interna.
Addirittura, uno dei due relatori dell’infame disegno di legge dell’Autonomia differenziata è molisano, Costanzo Della Porta!
Vi ricordo che l’autore dell’immondo disegno di legge è quel Roberto Calderoli che solo astuzie e lungaggini processuali salvano da una probabilissima sentenza definitiva per razzismo, essendo stato condannato già in primo e in secondo grado e, dopo il passaggio in Cassazione, di nuovo in primo grado. Quel Calderoli che vanta di aver avuto dal padre l’educazione umana e politica riassunta nella frase: “Bergamo nazione, tutto il resto è meridione”.

E che, rubando a Goebbles il concetto con cui giustificava lo sterminio degli ebrei (animali, non esseri umani), definì i napoletani “Topi da derattizzare”. E uno così, in Italia, diviene ministro!, e gli danno da stuprare la Costituzione. Ed è lui il parlamentare più influente del partito che ha, come segretario nazionale, un tale che ha dovuto patteggiare una condanna per razzismo contro i napoletani, Matteo Salvini (uno così, Italia, diviene nientemeno che vice capo del governo, con la complicità del partito che si dice “della Nazione”, FdI, e nel 2018, dei cinquestelle). Partito che, incredibilmente, ha parlamentari e dirigenti meridionali. Del resto, ad amministrare le colonie nell’interesse della potenza colonizzatrice, sono dirigenti locali “al servizio”.
Chissà a cosa pensava Fabrizio de André, quando scrisse che “lì ci troverai i ladri, gli assassini e il tipo strano/quello che ha venduto per tremila lire sua madre a un nano”.
Con l’Autonomia differenziata, nel patto indecente siglato il 28 febbraio 2018 da governo Gentiloni (Pd) e Regione Veneto (Zaia, Lega), si prevede che, con il trasferimento di competenze dall’amministrazione centrale a quelle regionali, si consenta a queste di trattenere sino al 90 per cento delle tasse statali (sulla percentuale si discute); si pretende che divengano di proprietà regionale i beni demaniali di Stato e opere pubbliche costruite con soldi di tutti gli italiani (che verrebbero derubati di quanto loro appartiene); si chiede addirittura che se il Paese dovesse sprofondare, a loro, e solo a loro, si dovrebbe garantire un flusso di risorse non inferiore alla spesa storica (quindi, uno Stato fallito dovrebbe svenarsi per mantenere il loro attuale livello di vita). E altre bestialità del genere.
Vi diranno che alcune di queste cose sono state attenuate nelle versioni successive. Fumo negli occhi, visto che quel testo rivela le ragioni e i fini per cui si è dato in via a un tale scempio.
Tutte queste schifezze (su cui la politica nord-centrica, dalla Lega al Pd è sempre stata unanime contro il Sud, vedi l’intesa perfetta fra i presidenti leghisti Fontana, della Lombardia, Zaia, del Veneto e il piddino presidente dell’Emilia Romagna, Bonaccini) son possibili in seguito allo stupro della Costituzione compiuto nel 2001, con la devastazione del Titolo V, da un altro governo di centrosinistra. La foglia di fico per far passare il mostro sono i Lep, i livelli essenziali delle prestazioni da garantire in egual misura e qualità a tutti i cittadini (salute, istruzione, trasporti, eccetera). Di fatto, in 23 anni, i Lep non sono stati varati. Ora, in pochi mesi, la pagliacciata calderoliana con uso di ministero e pletora di alti nomi in acconciata Commissione ai desideri del leghista ordinante, ha buttato giù una indicazione dei Lep.
Ma, per legge, il passaggio di competenze dal governo alle Regioni deve avvenire senza aggravio di spesa e solo per tre di quei poteri (ufficialmente 23, di fatto, quasi 500), sanità, istruzione e trasporti, servirebbero da 80 a 100 miliardi, calcolò il precedente ministro alle Regioni, Francesco Boccia, Pd. Ed ecco che il ministro contro il Mezzogiorno, quel Raffaele (Buio) Fitto, salentino di Maglie, propone di stornare i FSC (fondi per lo sviluppo e la coesione), all’80 per cento del Sud, e usarli per far contenta la Lega.
Molti parlamentari meridionali del centrodestra, per non ammettere la vergogna del sostegno a un’azione contro il Sud di portata storica, forse definitiva (su questo, il Paese può spaccarsi. E chissà se sarebbe davvero un male), ripetono a cantilena le patacche che i loro capibastone spacciano come vere: l’Autonomia servirà anche al Sud, il Sud diventerà più responsabile, le Regioni meridionali potranno sfruttare le loro specificità… Palle, colossali palle: o sono talmente ignoranti da non capirlo o tanto falsi da fingere di crederci.

Le risorse sono quelle che sappiamo e sono in calo, se le Regioni più ricche ne trattengono ancora di più, non resterà nulla nemmeno per il poco che c’è adesso, a Sud.
Ma per finanziare i Lep, anche le Regioni del Sud potrebbero trattenere parte delle tasse statali, obiettano. Vero, ma un conto è trattenere una certa percentuale di molto e un conto trattenere la stessa percentuale, ma di poco, visto che al Sud il reddito medio è circa metà di quello del Nord. Ci prendono in giro. Già adesso, con questo sistema, non ancora portato alle stelle dall’Autonomia differenziata, i Comuni del Mezzogiorno devono imporre, per necessità, tasse locali più alte che al Nord, ma ne ricavano così poco, che non riescono comunque a garantire quello cui i cittadini avrebbero diritto. Gli italiani che pagano di più sono quelli di Reggio Calabria, per avere molto meno di altri.
Altra foglia di fico con cui tanti parlamentari terroni cercano di nascondere la loro cattiva coscienza è dire che ormai “qualcosa bisogna dare”, magari competenze che non prevedono il calcolo dei Lep, così la Lega può gridare alla vittoria prima delle elezioni europee, e di fatto non si cede quasi nulla. Non è vero: una volta aperta la strada, passerebbe tutto. Ma se Fratelli d’Italia non converge sull’Autonomia differenziata (AD), la Lega blocca la riforma del Premierato per dare più forza al capo del governo. Un’altra bestialità: per avere più poteri al centro, Giorgia Meloni trasferisce i poteri dal centro alle Regioni. Ma ci fanno o ci sono? La verità è che hanno trasformato questi temi in bandiere di partito e devono andare avanti anche se sanno che sono incompatibili.
Ovviamente, se passasse questa schifezza dell’Autonomia differenziata (che comunque deve avere l’ok del Senato, poi della Camera dei deputati, poi un nuovo “sì” di entrambe le aule), le disuguaglianze fra Nord e Sud in Italia, già adesso le più grandi del mondo sviluppato, esploderebbero. E il Paese (come dimostrato storicamente, quando il livello di disparità supera una certa quota-limite) potrebbe spezzarsi. Paradossalmente, forse sarebbe la salvezza del Sud, dopo una fase iniziale durissima.
Quasi quasi, riesce difficile scegliere cosa augurarsi, se l’estremo atto di uno Stato razzista con il varo dell’AD o il rinsavimento dell’ultimo minuto di un Paese che ha perso la testa, e finalmente una botta di coraggio e orgoglio dei parlamentari terroni stufi di un blocco politico economico nord-centrico che, superando le distinzioni di partito (vedi proprio l’AD), da oltre un secolo e mezzo concentra risorse e investimenti pubblici solo in una parte del Paese (grandi eventi, autostrade, aeroporti, centri di ricerca, rete ferroviaria, alta velocità, sedi di Authority europee, diritti di scalo portuali…).
Noi oggi staremo al funerale che si terrà al Senato, e con l’elenco dei senatori meridionali. I quali speriamo ci sorprendano felicemente. Altrimenti, non dovrebbero stupirsi se, votando proni ai comandi dei loro partiti-padrone, ricevessero dai propri elettori messaggi tipo: “Ci indica, per favore, l’indirizzo a cui dobbiamo inviarLe i trenta denari che si è guadagnati per averci venduto? Grazie”. (pna)

CATANZARO – Il 16 gennaio una “piazza virtuale” sull’autonomia differenziata

Antifascismo costituzionale. Autonomia differenziata – Premierato è il titolo dell’incontro in programma per martedì 16 gennaio, a Catanzaro, alle 17.30 a Palazzo De Nobili.

L’evento, infatti, è stato promosso dall’Anpi  e organizzato nell’ambito della manifestazione nazionale indetta dai “Comitati per il ritiro di ogni autonomia differenziata, per l’unità della Repubblica e l’uguaglianza dei diritti” per esprimere il più netto dissenso a una proposta che, di fatto, se passasse determinerebbe la sostanziale spaccatura del Paese, con ricadute devastanti sulle aree più deboli a cominciare dal Mezzogiorno.

Il 16 gennaio, infatti, è il giorno in cui il disegno di legge sull’autonomia sarà presentato in Senato.

All’evento sarà presente il presidente dell’Anpi nazionale, Gianfranco Pagliarulo.

«Il nostro auspicio – hanno spiegato Gianmichele Bosco, Gregorio Buccolieri, Daniela Palaia, Danilo Sergi – è che vi sia una partecipazione ampia da parte dei cittadini, affinché la nostra città possa dare un contributo significativo nel lanciare al Parlamento un messaggio preciso: l’autonomia differenziata sarebbe la pietra tombale sul futuro di un’Italia che, oggi, è ben al di là dal potersi definire unita sul piano dell’uguaglianza e della giustizia sociale e che per questo ambisce a essere diversa, migliore. Uno scenario che faremo di tutto per scongiurare perché è proprio un’Italia migliore quella che vogliamo costruire». (rcz)

Il Pd Calabria: Tutte le forze politiche unite contro l’autonomia differenziata

«Senza più ipocrisie uniamo tutte le forze politiche della Calabria per fermare la scellerata riforma di Calderoli e della Lega che metterebbe in discussione diritti fondamentali dei cittadini, finendo con lo spaccare in due il Paese». È quanto ha ribadito il gruppo Pd in Consiglio regionale, invitando il centrodestra a partecipare a un incontro pubblico contro l’autonomia in programma nei prossimi giorni.

Una iniziativa aperta non solo ai partiti, ma anche «alle Associazioni, ai rappresentanti del clero – si legge nella nota – e tutti coloro i quali non vogliono che la Calabria veda cancellata ogni speranza di futuro. Un bambino di Benevento deve avere gli stessi servizi e le stesse possibilità che ha un bambino di Sondrio. I Lep vanno finanziati e vanno finanziati tutti, non solo – come vorrebbe il ministro Calderoli – quelli oggetto delle possibili intese».

«Le parole usate dal presidente della giunta che dovrebbe però chiarire come mai Forza Italia – hanno detto i dem – continua a garantire i voti all’autonomia differenziata che ormai è arrivata alla fase dell’esame finale. Se davvero all’interno dei partiti del centrodestra calabrese è maturata una nuova consapevolezza, è il momento di smetterla con ipocrisie e sloga vuoti e di cominciare ad assumere iniziative concrete per fermare la deriva secessionista attuata dalla Lega di Salvini». (rcz)

Calabria, la svolta dei sindaci uniti

di FILIPPO VELTRINon può passare sotto silenzio o, peggio, messa nel solito bagagliaio delle cose fatte e dimenticate in fretta la riunione di ieri sera a Catanzaro con i sindaci dei capoluoghi della Calabria (tranne Vibo), tutti uniti non solo per contrastare il disegno dell’autonomia differenziata ma per avviare – cosa forse più importante – un percorso di riflessione comune e unitario nel nome supremo della Calabria.

Una assemblea con centinaia di persone, di fortissima valenza simbolica e politica, come non avveniva da decenni e che ha benedetto nientemeno che il presidente nazionale dell’Anci, Antonio De Caro, che è sceso a Catanzaro dalla sua citta’ di Bari per dare il via a questa nuova stagione di unita’ delle realtà amministrative. 

 Non può e non deve sfuggire che una terra disgregata e frammentata, che ha conosciuto il veleno del municipalismo piu’ acceso, delle divisioni esasperate, delle lotte di campanile su piccole e grandi questioni, inizi a capire che non può esserci salvezza per nessuno se in una terra di nemmeno 2 milioni di abitanti non si fa un fronte comune per contare di più e meglio a Roma. Con chiarezza di idee, certamente, contenuti forti e spirito combattivo. Come quello, ad esempio, dell’ autonomia differenziata. 

Ieri sera – nel nome del bellissimo quadro di un secolo fa che rappresentava plasticamente l’unità della regione (Le tre province, capolavoro di Andrea Alfano del 1935 esposto permanentemente al complesso Monumentale del San Giovanni) – ha vinto la caparbietà del sindaco del capoluogo di regione, Nicola Fiorita, che ha voluto attorno a sé Franz Caruso di Cosenza, Vincenzo Voce di Crotone e Giuseppe Falcomatà di Reggio Calabria per un’adunata di popolo che deve dare più forza a tutti i calabresi. 

«Non nasce nessun partito dei sindaci», ha urlato Fiorita. E tutti hanno tuonato contro quello che e’ stato definito un vero e proprio imbroglio rappresentato dal Ddl Calderoli, su cui pero’ da tempo, da troppo tempo, non si vede una reazione di massa, una presa di coscienza chiara e netta dell’opinione pubblica del Sud su quello che può avvenire.

 I sindaci ieri sera ne hanno parlato con cifre, esempi, narrazioni, non tacendo (lo ha fatto con grande coraggio e lucidità Franz Caruso) il grave errore che la sinistra commise nel 2001 con la Riforma del Titolo V della nostra Costituzione. De Caro è stato tranchant, ribadendo pero’ un concetto chiaro e netto: tutti i sindaci d’Italia, di destra e di sinistra, hanno già dato un parere critico sul provvedimento. Eppure questo Governo va avanti, nel nome di un antimeridionalismo che le ultime scelte sul Def confermano del resto ampiamente.

Ma la chiamata a raccolta di Fiorita (decine e decine erano tra l’altro i sindaci o gli ex sindaci di tutta la regione  e i consiglieri regionali presenti) ha avuto un altro merito: dare fiducia a chi l’ha persa, a chi non sa dove stanno le vere coordinate di una lotta per il cambiamento e il rinnovamento. Il valore appunto simbolico di quella foto finale dei sindaci con De Caro, sotto il quadro di Andrea Alfano, pittore di Castrovillari di un secolo fa. Il valore riassunto da un grande intellettuale del mezzogiorno e grande meridionalista, che purtroppo non c’è più, Franco Cassano, che lo compendiò con un meraviglioso «il Sud può pensarsi da sé».

Da ieri sera possiamo iniziare a pensare che la Calabria può davvero pensarsi da sé, anche a partire dai suoi livelli istituzionali più alti. C’è materia per riflettere anche per il presidente della Regione. (fv)

L’OPINIONE / Santo Biondo: Il ministro Salvini fermi il progetto dell’autonomia

di SANTO BIONDO – Il ministro Calderoli parla di operazione verità sul progetto di autonomia differenziata. Anche noi crediamo sia necessario questo sforzo per far capire agli italiani, soprattutto a quelli del Sud, quali saranno le ricadute di questa secessione mascherata.

Per buona pace del ministro, è lungo l’elenco di enti che hanno detto chiaro e tondo quali potrebbero essere i rischi connessi all’applicazione di questa riforma. Al Dipartimento affari legislativi della Presidenza del Consiglio e all’Ufficio parlamentare di bilancio, non più tardi di ieri, si è aggiunta la Svimez che, senza giri di parole e nel solco di quanto già evidenziato dall’Upb e dal Dagl, ha messo nero su bianco che l’autonomia differenziata potrebbe portare alla luce un conflitto tra le richieste di autonomia e il rispetto dei principi di eguaglianza, perequazione e solidarietà nazionale sanciti dal Titolo V della Costituzione.

Se il ministro Salvini ha davvero a cuore le sorti del Paese e del Mezzogiorno, che di certo non sono tutte legate alla costruzione del ponte sullo Stretto, fermi questo progetto anacronistico e senza senso che, se dovesse trovare applicazione, finirà per allargare i divari già esistenti fra il Nord e il Sud e rendere l’Italia meno competitiva sul piano europeo e internazionale.

I divari sociali e di spesa finirebbero nel freezer di una riforma che azzera la coesione e impedisce il riequilibrio territoriale. L’autonomia differenziata finirebbe per paralizzare anche la nostra Carta costituzionale che non potrebbe più dispiegare le previsioni solidaristiche fra i territori più forti e quelli economicamente e produttivamente più deboli.

In ultimo, vorremmo ricordare al ministro Calderoli che per rendere effettivi i Livelli esenzioni delle prestazioni non basta definirli, occorre garantirne il finanziamento. Solo così, infatti, si possono affrontare e superare i divari nell’offerta di servizi ancora presenti nel nostro Paese. Divari fra il Nord e il Sud del Paese che sono stati cristallizzati dall’uso del criterio della spesa storica e che, invece, possono essere superati solo seguendo un percorso di riequilibrio graduale della spesa sostenuto da risorse aggiuntive. (sb)

[Santo Biondo è segretario generale di Uil Calabria]

AUTONOMIA, TRA L’INDIFFERENZA E LA NOIA
I CALABRESI IGNORANO I PROBLEMI FUTURI

di PIETRO MASSIMO BUSETTA – Ormai da oltre due anni il dibattito sull’opportunità di normare, in conseguenza della riforma del Titolo V della Costituzione, voluto colposamente dal Pd, le autonomie differenziate, richieste da alcune Regioni settentrionali,  è stato intenso e continuo.    Soprattutto docenti universitari, politologi, giornalisti, uomini di cultura, centri di ricerca nazionale importanti, hanno scritto  migliaia di pagine di quotidiani, partecipato a tantissimi talkshow, elaborato studi e ricerche molto approfondite ed esaustive,  per affrontare la problematica e capire le conseguenze economiche rispetto alle varie aree territoriali.

Da quando poi la legge è stata incardinata nella Commissione che ha prodotto un testo di  legge da portare in Parlamento, molte Istituzioni, ma anche singoli studiosi e centri di ricerca, sono state auditi portando un contributo alla conoscenza delle conseguenze che l’attuazione di una simile normativa avrebbe potuto portare nelle varie aree del Paese.

In  generale i pronunciamenti sono stati molto cauti ma anche decisi sulla non opportunità che la normativa andasse  avanti, considerata peraltro l’impossibilità finanziaria

Quella che si vuole attuare, meglio quello  che la Lega vuole far diventare legge, ma che è stata inserita nel programma di Governo, sottoscritto da tutte le quattro forze di maggioranza, riguarda una distribuzione diversa delle risorse all’interno del Paese, considerando le singole Regioni piccoli Statarelli, autonomi, con un  un loro bilancio, che  considerano il reddito prodotto dai propri cittadini un bene da gestire ed amministrare senza considerare tutte le interrelazioni che quando si è nazione possano esistere.

Versando solo una piccola parte dei loro introiti come contributo alle Regioni meno sviluppate. In realtà sì considererebbe la spesa storica legittimata, mentre oggi tale distribuzione delle risorse, che non faccia riferimento ad una spesa pro capite uguale per cittadino di qualunque parte del Paese, sarebbe anticostituzionale.

Una nuova “mini Costituente”, un nuovo Comitato tecnico scientifico è stato costituito per occuparsi dei LEP, livelli essenziale delle prestazioni,  per determinare quali materie saranno  di competenza delle singole Regioni italiane. Il nuovo comitato é stato chiamato  CLEP, un acronimo che sta per Comitato per i Livelli essenziale di prestazione, un comitato di “saggi” che doveva  valutare i servizi che la Repubblica italiana si impegna a fornire a tutti i suoi cittadini in cambio delle tasse.

Presieduto  dall’illustre giurista, ex Ministro e Presidente emerito della Consulta, Sabino Cassese, è stato abbandonato quasi subito da alcuni dei più prestigiosi componenti, che  hanno evidenziato con le loro dimissioni l’impossibilità tecnica economica di arrivare all’approvazione  della normativa in contemporanea con l’attuazione dei LEP.

Gli incontri relativi alla legge si sono moltiplicati. Si sono pronunciati anche molti Consigli comunali contro questa normativa ed è stata fatta una raccolta di firme, guidata dal professore emerito costituzionalista Massimo Villone, per un’iniziativa di proposta di legge popolare contro l’autonomia che ha raccolto quasi 100.000 firme, anche se ne sarebbero bastate 50.000.

Bene tutto questo attivismo da parte dell’intellighenzia colta meridionale non ha trovato molto riscontro nelle popolazioni, che rispetto ad un cambiamento così radicale ed al pericolo che le risorse per avere gli stessi diritti di cittadinanza esistenti nelle parti ricche del Paese possano, se non diminuire pesantemente, rimanere a livelli tali da non consentire l’adeguamento e l’aggiustamento al rialzo del diritto alla mobilità, ad una buona sanità alla scuola a tempo pieno e ad una formazione adeguata, é rimasta pressoché indifferente, quasi che si parlasse di problematiche che non la  riguardavano.

Gli stessi quotidiani meridionali o meridionalisti, tranne alcuni meritevoli come il Quotidiano del Sud, hanno dedicato all’argomento articoli assolutamente minori malgrado la normativa, a detta di tutti, tranne poche posizioni direttamente interessate di controparte, peggiori la distribuzione già oggi negativa per il Mezzogiorno della spesa storica.

Perfino le forze politiche di maggioranza, che dovrebbero essere particolarmente preoccupate per i loro territori, hanno aderito in Conferenza Delle Regioni all’ipotesi formulata dal ministro Calderoli, come quei capponi che festeggiano l’arrivo del Natale.

Tale lontananza da parte dell’opinione pubblica meridionale, rispetto alle problematiche di sopravvivenza che le riguarda, dimostra una mancanza di consapevolezza dei diritti collettivi. Forse poiché rifugiati da sempre a cercare soluzioni individuali, che siano quelle della raccomandazione per avere un’occupazione o anche di programmare il proprio trasferimento in modo da far si che visto che la montagna non va a Maometto ci si trasferisca verso la montagna sacra del Nord.

Cioè considerato che i diritti di cittadinanza nel Mezzogiorno sono di scarso livello, invece di lottare perché vengano migliorati, adottare la soluzione che sembra più semplice cioè spostarsi laddove essi sono garantiti a livelli migliori. Soluzione per abbandono potremmo chiamarla. (pmb)

(courtesy Il Quotidiano del Sud / L’Altravoce dell’Italia)

L’AUTONOMIA DIFFERENZIATA IN ARRIVO
ULTIMA CHIAMATA PER I POLITICI DEL SUD

di PIETRO MASSIMO BUSETTA – «Dietro quel Ddl, bocciato ripetutamente da tutti gli esperti che si sono avvicendati nelle audizioni in commissione Affari costituzionali al Senato, c’è una scriteriata architettura leghista partorita dal ministro agli Affari regionali».

Così ieri Claudio Marincola sul Quotidiano del Sud, in modo caustico, definiva la grande esigenza leghista di arrivare, al di là di qualunque logica, all’approvazione del DDL in Commissione. 

 E malgrado le pie intenzioni di Forza Italia e di Antonio Tajani, manifestate all’ombra dell’Etna, si arriverà alla sua approvazione, perché dietro il ricatto di una parte della Lega, quella che fa riferimento a Luca Zaia, vi é una forza parlamentare consistente. 

Sono infatti 95, tra deputati e senatori, i politici del Carroccio eletti in questa legislatura e che li rendono indispensabili per la tenuta della maggioranza. É il motivo per il quale la loro rappresentanza nel Governo, in posizioni fondamentali, é così ampia. 

Infatti oltre ad avere la terza carica dello Stato, con la presidenza della Camera a Lorenzo Fontana, è stata affidata la Vicepresidenza del Consiglio e il Ministero delle Infrastrutture a Matteo Salvini, il Ministero dell’Economia e delle Finanze a Giancarlo Giorgetti, a Roberto Calderoli agli Affari Regionali e le Autonomie e poi ad Alessandra Locatelli, il ministero  per le disabilità, e a Giuseppe Valditara, il ministero dell’Istruzione e del Merito. 

Possiamo dire che oggi la Lega ha in mano molti dei ministeri fondamentali, che hanno competenza per le questioni più importanti riguardanti il nostro prossimo futuro: dal ponte sullo stretto di Messina all’autonomia differenziata. 

Di contro gli altri partiti nazionali devono fare i conti con le sollecitazioni di raggruppamenti interni nei quali sono rappresentati tutti. Infatti il Pd si è ritrovato a portare avanti la modifica del Titolo V per inseguire le esigenze del partito in Lombardia e Veneto, che si vedeva messo all’angolo dalla Lega; Stefano Bonaccini si é ritrovato in passato a sostenere le stesse ragioni di Fontana e Zaia sulle autonomie, perfino Eugenio Giani, Presidente della Toscana, ovviamente rema più a favore di interessi delle regioni più ricche. 

I rappresentanti al Parlamento delle Regioni meridionali sono invece distribuiti nei partiti nazionali, nei quali spesso contano poco, e nei quali  sono costretti ad atteggiamenti e comportamenti ascari per evitare di essere esclusi nelle successive tornate elettorali. 

Per cui si assiste a Presidenti delle regioni meridionali del Centro-destra che votano compatti in conferenza delle Regioni a favore delle autonomie differenziate, nascondendosi dietro il dito dell’attuazione, chiaramente impossibile, dei Lep. Tranne a stranirsi, come ha fatto Roberto Occhiuto, quando le dichiarazioni sulla mancanza di legame temporale tra Autonomia e Lep viene dichiarata in modo inequivoco dal Ministro.

Per cui a difendere le ragioni del Sud non rimangono che pochi gruppi, guidati da intellettuali, come Massimo Villone o la Svimez, che continuano a voler dimostrare che é impossibile che l’agnello sporchi l’acqua al lupo che sta sopra. 

Pensando in molti che il tema sia quello della spiegazione tecnica e cercando di contrastare le dichiarazioni, assolutamente in mala fede, che affermavano non ci sarebbe stata una sottrazione di risorse alle Regioni più povere, sapendo perfettamente di fare riferimento ad una spesa storica che ogni anno sottrae, rispetto a un calcolo fatto con la spesa pro capite uguale, circa 60 miliardi al sud del Paese. 

La verità é che la Lega sta mettendo sulla bilancia la sua spada pesante, pronunciando metaforicamente la frase “Guai ai vinti”. 

La locuzionedi Brenno, capo dei Galli dopo il sacco di Roma, divenuta proverbiale in molte culture e che viene più frequentemente utilizzata come amaro commento dinanzi ad una crudele sopraffazione di chi ha di fronte un avversario non più in grado di difendersi.

D’altra parte é un approccio che va avanti dall’Unita d’Italia. Dimostrazioni palesi? L’autostrada del sole che si ferma a Napoli, l’alta velocità che arriva a Salerno, i mancati diritti di cittadinanza nella sanità, nella formazione, nella mobilità, il processo emigratorio che obbliga 100.000 persone ogni anno a trasferirsi, lo scambio salute lavoro avvenuto nelle raffinerie di Priolo o di Milazzo o all’Ilva di Taranto, lo scippo della Intel recente, la finta alta velocità progettata tra Catania e Palermo, che percorre i 200 chilometri in due ore. 

D’altra parte la presenza di una democrazia incompiuta al Sud, sulla quale una classe dominante estrattiva locale  domina, approfittando della scarsa consapevolezza di un elettorato stanco, assente, spesso comprato  con lusinghe vane, perché spinto dal bisogno, e che  scambia i propri diritti negati con le cortesie dispensate dal potente di turno, fanno permanere una situazione di stallo che ogni tanto cerca il San Gennaro o la Santa Rosalia, o un Deus ex machina, come il Berlusconi del 60 a zero in Sicilia, che lo salvi. 

E che continua a fidarsi malgrado tutto anche di chi non é stato proprio trasparente rispetto ai rapporti con la criminalità organizzata. Per la quale forme di autonomia spinta, invece che servire a conseguire meglio il bene comune, sono strumentalizzate per un assalto alla diligenza sempre più violento. 

Uscire da una situazione talmente complessa con gli strumenti democratici sembra impossibile, mentre il Governo avendo chiaro il problema sta accentrando moltissimi degli interventi, dal Pnrr alla Zes unica, in un processo di commissariamento che spesso diventa una soluzione peggiore del male, come si è visto con la sanità calabra. 

 Mentre un sentimento di scoramento e di rifiuto di questa logica si manifesta sempre più spesso. Nella festa al “Maradona” per il Napoli che ha vinto il titolo non è passato inosservato quel bandierone che aveva l’icona tricolore capovolta, accompagnato da due messaggi: bottino di guerra e campioni in Italia. 

Intanto  movimenti indipendentisti e anti unitari, sotto traccia, arruolano nuovi adepti. Sottovalutare tutto questo sarebbe superficiale. Nulla é per sempre e il nostro Paese unito ha soli 160 anni, mentre l’ombrello europeo può consentire ipotesi in tempi passati non percorribili. Per questo non bisogna tirare troppo la corda, perché potrebbe spezzarsi. (pmb)

[Courtesy Il Quotidiano del Sud  – L’Altravoce dell’Italia]

AUTONOMIA (ED EGOISMO) A TUTTI I COSTI
E IL SUD ASPETTA LA DEFINIZIONE DEI LEP

di PIETRO MASSIMO BUSETTA La domanda che sorge spontanea è come mai una riforma come quella dell’autonomia differenziata, contestata dalla maggioranza degli italiani, dalle parti sociali, dalla Banca d’Italia, dagli organi indipendenti, dai Governatori appartenenti anche alla maggioranza, vista l’ultima presa di posizione di Occhiuto, Governatore della Calabria, oltre che da gruppi organizzati di cittadini che hanno raccolto circa 100 mila firme per una legge di iniziativa popolare che correggesse il grande errore della modifica del titolo V, e perfino, con la sua “moral suasion”, dal Presidente della Repubblica, in tempi velocissimi, sta arrivando in Parlamento? 

Come mai Fratelli d’Italia che è portatrice di una logica opposta, vista la sua storia e il centralismo attuato in molti provvedimenti, compreso quello della Zes unica, e il Fondo Sviluppo e Coesione, che tante lamentele ha provocato in molti Governatori /Presidenti, consente un percorso che, se può essere positivo a breve per le Regioni del Nord, danneggia pesantemente il Sud e quindi tutto il Paese?

La ragione è molto semplice e deriva da una mancanza di rappresentanza parlamentare delle Regioni meridionali e da una sovra rappresentanza, dovuta alla legge elettorale vigente, di un movimento territoriale come la Lega. Tale partito  ha ormai piazzato nei posti chiave del Governo i suoi uomini, che ovviamente perseguono gli obiettivi propri di un movimento territoriale, che parte accusando Roma di essere ladrona, passa da un progetto di indipendenza/secessione e  nel tempo cambia strategia, visto l’insuccesso della prima, puntando all’autonomia differenziata. 

L’obiettivo rimane lo stesso  ma tenendosi  pure i vantaggi  di avere una realtà con il 40% del territorio da utilizzare per le esigenze contingenti. La squadra è di quelle di alto livello: Giorgetti all’economia, che, in passato, da Ministro dello sviluppo economico dirottò l’investimento della Intel a Vigasio, in provincia di Verona, malgrado in tale realtà vi è la piena occupazione e grande difficoltà a trovare ingegneri se non emigrano dal Sud, adesso  ha un ruolo fondamentale nel Governo Meloni. 

Il vice Presidente del Consiglio, Matteo Salvini, ha la stessa provenienza, anche se sembra avere una visione di Paese. In particolare  intestandosi una battaglia importante per valorizzare la posizione logistica dello Stivale con, l’avversata da molti,  costruzione del ponte sullo stretto di Messina. 

E poi Calderoli, noto per la sua preparazione e determinazione, che ha deciso, insieme a Luca Zaia e a tutto il partito, che l’autonomia dovrà essere lo scalpo da portare alle elezioni europee del 2024. Costi quel che costi. Anche una crisi di Governo nel caso in cui ciò non avvenga come ha dichiarato in maniera assolutamente esplicita alla Stampa, il 18 maggio 2023, il Governatore del Veneto Luca Zaia «se non passa la riforma, viene meno la maggioranza».

In parole povere si minaccia la crisi di Governo, e certo le parole sono pietre e vanno valutate adeguatamente. Poco importa al Governatore del servizio di bilancio, che dovrebbe essere un organismo neutrale, e con il solito garbo istituzionale afferma: «Mi piacerebbe sapere chi sia il signor Servizio di Bilancio che ha bocciato la proposta di Calderoli. Si tratta di giudizi politici più che tecnici».  

Anche Calderoli non ci va leggero ed a una precisa domanda di un cronista, il recente l’11 novembre, che sostiene che c’è un patto stretto con Forza Italia e che prima si debbano trovare le risorse per garantire i Lep e poi si può fare l’Autonomia, risponde in modo netto:
«Mi dispiace, ma sbagliano, non è così. Il patto è che la legge venga approvata e che non venga trasferita nessuna funzione prima che siano definiti i Lep e i relativi costi e fabbisogni standard. La garanzia delle risorse per i Lep è nella Costituzione».  

Definiti, notate la sottigliezza, non finanziati. Il finanziamento lo garantisce la Costituzione. Verrebbe da dire che infatti in vigenza di essa i livelli essenziali sono stati completamente diversi nelle due parti del Paese. Ma viene spontanea la domanda che ci si è posti all’inizio: come mai tutto questo può avvenire e non vi è alcuna reazione da parte del Sud che secondo molti sarebbe la vittima sacrificale di tale nuova legislazione? La risposta non è così complessa. In realtà il Sud manca di una sua rappresentanza politica.

Infatti malgrado vengano eletti deputati e senatori al Parlamento italiano in realtà essi fanno riferimento a partiti nazionali che, molte volte, hanno interessi diversi rispetto a quelli territoriali del Sud. E la disciplina di partito è tale per cui chiunque voglia ribellarsi a tale visione, con la legge elettorale esistente, non sarà nemmeno più non solo eletto ma nemmeno candidato.

E quindi la disciplina ferrea viene rispettata da tutti e la classe dominante estrattiva meridionale, spesso ascara rispetto a quella settentrionale, si accontenta dei piccoli vantaggi derivanti dal ruolo ricoperto disinteressandosi totalmente degli interessi dei propri territori.

È una dinamica antica che ha consentito che l’autostrada si fermasse a Napoli come anche che i diritti di cittadinanza fossero diversi nelle varie parti del Paese, come è stato rilevato in modo inoppugnabile dall’esigenza di finanziare i Lep, cosa ovviamente complicata considerata la mancanza permanente di risorse. 

Quindi ci si ritrova con una parte che porta avanti i propri interessi e la parte opposta, quella che dovrebbe difendersi, che   funziona da supporto, come si è visto peraltro in Conferenza Delle Regioni, nella quale i Presidenti  meridionali hanno perfino votato a favore. Tranne qualche pentimento dell’ultima ora forse strumentale a  presentarsi presso gli elettori da vittime piuttosto che da carnefici.

In tutto questo l’opposizione prima ha supportato il percorso, con Bonaccini che ha fatto la stessa richiesta di autonomia, per poi, fulminato sulla via di Damasco, rientrare nei ranghi di un PD che adesso è contro. Lo stesso movimento Cinque Stelle ha sottovalutato molto tale provvedimento è oggi si schiera contro, ma quando i buoi sono scappati. Evidentemente funziona sempre il meccanismo del vaso di coccio vicino  a quello di ferro, qualunque scossone finisce per rompere il coccio. Potrebbe accadere anche questa volta. (pmb)

[Courtesy Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia]