SOTTO GIOCO DEL DECRETO CALABRIA BIS
I CALABRESI SOGNANO LA SANITÀ FUTURA

di GIACINTO NANCIIl governatore della Calabria, Roberto Occhiuto, nonché commissario al piano di rientro sanitario, chiede e ottiene dal governo la proroga del Decreto Calabria che manterrà i calabresi sotto il giogo del piano di rientro sanitario per altri sei mesi.

Per capire quanto il piano di rientro sanitario e i commissariamenti della sanità calabrese (oltre al commissariamento della sanità regionale la Calabria ha commissariate tutte le 5 Asp e i tre maggiori ospedali regionali) non solo sono inutili ma perfino dannosi per i calabresi, basti dire che esso è stato ideato nel lontano dicembre 2009 e da allora ad oggi per la prima volta nella storia della Calabria le aspettative di vita alla nascita invece di aumentare sono diminuite, ciò vuol dire che un bambino che nasce adesso in Calabria sa che vivrà meno dei suoi genitori. Lo ripetiamo è la prima volta che avviene nella storia della Calabria.

Inoltre dal 2009, anno di inizio del piano di rientro, chi si ammala in Calabria, a parità di patologia, e ancora di più di patologia oncologica, vive di meno che non nel resto dell’Italia. Ancora, dopo 14 anni di piano di rientro la spesa delle cure dei calabresi fuori regione è perfino triplicata, arrivando a circa 300 milioni di euro, spesa che aggrava ulteriormente il disavanzo della spesa sanitaria calabrese, senza contare il disagio di chi deve emigrare per potersi curare. Alla luce di quanto detto ci sembra che se dopo 14 anni di piano di rientro questi sono i risultati, chiedere un ulteriore sua proroga da parte del governatore-commissario Occhiuto ci sembra la peggiore decisione che poteva prendere che è lontanissima dai bisogni dei malati calabresi.

Il piano di rientro è stato imposto alla Calabria nel 2009 perché noi calabresi siamo stati considerarti cattivi amministratori perché spendevamo in sanità più di quanto ricevevamo dalla Conferenza Stato Regioni. Il piano di rientro e i commissariamenti dovevano rimettere i conti in ordine in breve tempo per come si conviene per ogni tipo di commissariamento. Se ciò dopo 14 anni non è avvenuto dovrebbe far sorgere anche nella testa del nostro governatore Occhiuto il dubbio che ci deve essere qualche altro motivo per il disavanzo della spesa sanitaria calabrese. E il motivo c’è, è conosciuto dal Governo e dalla Conferenza Stato-Regioni ed è il fatto che la Calabria è la regione che per la sua sanità riceve meno fondi pro capite rispetto alle altre regioni, specialmente del nord, nonostante che è la regione che ha più malati cronici che non nel resto d’Italia.

Da quasi 30 anni tutti sanno che il criterio di riparto dei fondi sanitari alle regioni è ingiusto e condiziona non soltanto le sanità regionali ma l’intera economia delle regioni in quanto la spesa sanitaria corrisponde al 70% del totale della spesa pubblica regionale. E sempre, da quasi 30 anni, tutti sanno che la Calabria insieme alle altre regioni del sud riceve meno fondi per la sua sanità mentre dovrebbe essere il contrario perché il criterio scelto dalla Conferenza Stato-Regioni in applicazione dell’art.1 comma 34 legge 23/12/1996 n. 662 è stata quella del calcolo della popolazione pesata.

Questo criterio che da pochi fondi pro capite per la giovane età (Sud) e molti più fondi per la popolazione anziana (Nord) ha favorito le regioni del nord che hanno avuto e hanno una popolazione più anziana. La Conferenza Stato-Regioni per ripartire i fondi sanitari alle regioni non ha mai tenuto in conto i criteri epidemiologici (cioè la numerosità delle malattie presenti nelle regioni) pur contenuti nella sopra citata legge. L’epidemiologia ci dice che nelle regioni del sud ci sono molti più malati cronici e che quindi è qui che si dovevano concentrare le maggiori risorse.

Prova di ciò è il Dca n. 103 del lontano 30/09/2015 a firma dell’allora Commissario al piano di rientro sanitario calabrese ing. Scura e vidimato per come prevede lo stesso piano di rientro prima dal Ministero dell’Economia e poi da quello della Salute, (della serie tutti sapevano e sanno) nel quale Dca alla pag. 33 dell’allegato n. 1 si legge: «Si sottolineano valori di prevalenza più elevati (almeno il 10%) rispetto al resto del paese per diverse patologie». E siccome il Dca è fornito di dettagliate tabelle è stato facile calcolare che nei circa due milioni di abitanti calabresi c’erano allora (e oggi ancor di più) ben 287.000 malati cronici in più rispetto ad altri due milioni circa di altri italiani. Nonostante ciò la Calabria è la regione che, da quasi 30 anni a questa parte, riceve in assoluto meno fondi pro capite per la sua sanità. Le altre regioni del Sud sono, anche se con meno criticità, nella stessa situazione della Calabria sia per la maggiore presenza di patologie che per il fatto di essere le regioni che ricevono meno fondi per la loro sanità.

Ma ancora più eloquente è ciò che avvenuto nel 2017 quando per bocca dell’allora presidente della Conferenza Stato-Regioni Bonaccini è stata annunciata una “parziale” (per come dichiarato dallo stesso Bonaccini) modifica dei criteri di riparto dei fondi sanitari non più solo sul calcolo della popolazione pesata che, a detta dello stesso Bonaccini “penalizza alcune regioni” (leggi Sud) bensì su quella della “deprivazione” in rispetto sempre della legge 662. Ebbene nel 2017 grazie a questa parziale modifica alle regioni del sud sono arrivati ben 408 milioni di euro in più rispetto al 2016, ovviamente la modifica fatta non è stata ne ampliata ne riproposta negli anni successivi. Se la modifica invece di parziale fosse stata intera e in rispetto della legge 662 la cifra di 408 milioni di euro si sarebbe dovuta moltiplicare per 4 e ogni anno da 30 anni a questa parte.

Per capire quanto il criterio di riparto fino ad ora seguito è “fuorilegge” basta ricordare che il 10/06/2022 la regione Campania tramite il suo governatore De Luca ha fatto un ricorso al Tar proprio perché ritiene ingiusti i metodi di riparto dei fondi sanitari alle regioni. Ma ancora più significativo è il fatto che il governo aveva promesso che sarebbero stati rivisti i metodi di riparto dei fondi e sarebbe stato applicato il criterio della deprivazione (bisogni reali delle popolazioni) e non quello demografico (popolazione pesata), e lo ha fatto ancor prima della pronuncia (ancora non avvenuta) del Tar immaginando che il ricorso è giusto e il Tar lo accetterà sicuramente.

Le regioni del Sud a questo punto devono far sì che nella prossima Conferenza Stato-Regioni sia applicato il criterio epidemiologico, cioè più fondi alle regioni che hanno più abitanti con patologie croniche e non come è stato fino ad adesso: meno fondi alle regioni con più malati. Allora il nostro governatore per difendere i malati calabresi invece di chiedere la proroga del piano di rientro dovrebbe prima di tutto fare anche Lui ricorso al Tar, attivarsi per riunire i governatore delle regioni del sud e i sindaci (che sono i massimi responsabili della sanità pubblica), delle grandi città meridionali per poter poi battere i pugni sul tavolo della Conferenza Stato-Regioni, che è l’organo che ripartisce i fondi sanitari alle regioni, per imporre che la ripartizione dei fondi sanitari alle regioni sia fatta in base ai reali bisogni dei malati presenti nelle varie regioni. La richiesta della proroga del Decreto Calabria è invece l’esatto contrario dei reali bisogni dei malati calabresi. Di Decreto Calabria e di pluricommissariamento si muore. (gn)

[Giacinto Nanci è medico dell’Associazione Mediass – Medici di Famiglia a Catanzaro]

La sottosegretaria Dalila Nesci: vicina la fine del commissariamento Sanità in Calabria

La sottosegretaria per il Sud e la Coesione Territoriale Dalila Nesci ha annunciato prossima la fine del commissariamento della sanità in Calabria.

«È nelle intenzioni del Governo chiudere definitivamente il Commissariamento della sanità Calabrese, per restituire all’autorità politica regionale la gestione ordinaria della sanità. Anche negli ultimi decreti, per la Calabria abbiamo immesso tante risorse. Abbiamo finalmente gli strumenti per le assunzioni di personale, per andare a chiudere i lavori dei nuovi ospedali e l’ammodernamento di quelli attuali. Inoltre, abbiamo dato un vero supporto alla Regione attraverso l’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali per la ricognizione del debito delle Aziende, a partire dall’ Asp di Reggio Calabria. Il Governo – sostiene la Sottosegretaria al Sud Dalila Nesci – non si tirerà indietro se ci dovesse essere bisogno di immettere ulteriori risorse per la chiusura delle passività, ma soprattutto è tempo che, con la nuova governance regionale, a prescindere da chi vincerà le elezioni, la politica si prenda le responsabilità delle decisioni nella sanità.

La Sottosegretaria Nesci è tornata anche sulla recente sentenza della Consulta sul Commissariamento della sanità Calabrese: «Sappiamo che purtroppo il Dipartimento regionale per la salute della Calabria è stato nel corso del tempo smantellato e che non sempre è riuscito a supportare in maniera adeguata l’attività della Struttura Commissariale. Oggi, ci sono le condizioni affinché l’istituto del Piano di rientro e del Commissariamento venga riformato. Era nato per rispondere alle logiche dell’austerity e dei tagli dei posti letto. Ora, con tutte le risorse che stiamo mettendo in campo anche con il PNRR e l’attenzione del Ministro Speranza e di tutto il Governo Draghi, accompagneremo la Calabria all’uscita dal Commissariamento e la nuova Presidenza gestirà la sanità». (rp)

LA SOLITUDINE DEL “COMMISSARIO SANITÀ”
IL GOVERNO IGNORA IL PREFETTO LONGO

di SANTO STRATI – L’ottimistica affermazione del gen. Figliuolo, nuovo Commissario per l’emergenza, dopo la veloce visita in Calabria “Va tutto bene” purtroppo non solo non rassicura nessuno, ma rischia di buttare benzina sul fuoco delle polemiche scoppiate intorno a questa inaccettabile “passerella” del responsabile anticovid. Questa visita del tipo toccata e fuga (come si usava una volta per i ministri per i quali si preparavano scenografie umane di consenso e le piazze venivano messe a lucido alla bisogna) non è piaciuta a nessuno, o quasi, perché facilmente si presta a una maliziosa interpretazione “politica”. Il generale – è voce comune – è stato malconsigliato e utilizzato (questa volta davvero a sua insaputa) a fare propaganda elettorale alla Lega: due indizi incontrovertibili inducono a pensar male (si fa peccato – diceva Andreotti – ma spesso ci s’azzecca) non foss’altro perché Taurianova, seconda tappa del “sopralluogo” non solo è la città del presidente ff Nino Spirlì ma è anche l’unica città calabrese governata da un sindaco leghista (Roy Biasi). La mancata convocazione del sindaco della Città Metropolitana di Reggio Giuseppe Falcomatà non è soltanto un brutto episodio di maleducazione istituzionale (noi preferiremmo parlare di sgarbo), ma lascia immaginare scenari di complotto che non riescono nemmeno a far sorridere per quanto sono ridicoli. La verità, però, è che la fotografia della Calabria – che da domani – ricordiamolo – precipita in zona rossa) che è stata presentata al generale Figliuolo sembra ritoccata al photoshop, via le rughe, un po’ di ombre sugli zigomi, un ritocchino agli occhi e la racchia di turno (senza offesa per il genere femminile, scusate) riesce a diventare persino bella. La ricognizione “guidata” è sembrata troppo guidata e l’aver snobbato i sindaci e l’area metropolitana, oltre che aver rifiutato qualsiasi contatto diretto con i giornalisti (inclusi alcuni censurabili episodi di identificazione per i cronisti che facevano il loro lavoro) autorizzano un coro di grande insoddisfazione a tutti i livelli: sia tra il personale medico, sia tra gli amministratori locali, sia tra la stampa, sia tra l’opinione pubblica.

E se a tutto ciò si aggiunge la continua solitudine (forse il termine esatto sarebbe sconforto) del prefetto Guido Longo chiamato a gestire in regime commissariale la sanità calabrese s’intuisce che il quadro non è sicuramente brillante. Il commissario Longo, ottimo poliziotto, integerrimo uomo di Stato, ha accettato per spirito di servizio una “rogna” che chiunque avrebbe avuto mille ragioni di rifiutare. La sua fedeltà di servitore dello Stato non ha trovato, però, analoga rispondenza da parte del Governo: gli erano state promesse risorse e collaboratori competenti (25), gliene hanno mandati a malapena quattro (altri due sono in arrivo) e ancora aspetta la nomina dei subcommissari.

Facile comprendere l’amarezza di un funzionario dello Stato che si sente abbandonato dallo stesso Stato. Però, qui, sorge inevitabile la domanda: ma la vastissima esperienza nell’apparato statale non gli ha insegnato che a volte bisogna mettersi a urlare per farsi ascoltare? Bisogna gridare per superare i vincoli di una burocrazia che annienta anche il più robusto dei nuovi eroi del Terzo Millennio. E il prefetto Longo che, per carattere, usa toni pacati, cela la rassegnazione con una speranzosa illusione di rinnovamento. Aspetta, è uno che sa attendere, non strepita, non manda messaggi trasversali. Attende, peggio dei due del beckettiano Godot che non sarebbe arrivato mai. E qui – se ci è permessa una riflessione – sbaglia: dovrebbe lanciare urla che da Germaneto arrivino direttamente a Palazzo Chigi, senza annunciare o minacciare le dimissioni, semplicemente lasciando capire che non c’è trippa per gatti. O gli danno gli strumenti (le risorse, il personale) per operare e fare ciò che gli è stato chiesto, o saluta tutti e se ne va. D’altro canto, chi può risanare una sanità affogata da debiti ultradecennali, quando le risorse a disposizione devono compensare le voci debitorie e, solo in piccola parte, sopperire alle necessità di rinnovamento di strumentazione, di assunzione di personale, di acquisto di materiale sanitario? Nessuno potrà mai risanare la sanità se deve preoccuparsi di tappare i buchi dei debiti che i vari commissari mandati dallo Stato hanno moltiplicato anziché dimezzare. E qui, ritorna il solito refrain dell’azzeramento del debito, adesso cavalcato da Spirlì.

Sbaglia – a nostro modesto avviso – chi reputa immorale già la sola idea di un condono tombale che risani il debito dei calabresi, ma, attenzione, i debiti non li hanno fatti i calabresi che hanno subito una sanità indegna di un Paese civile: sarebbe il giusto risarcimento di uno Stato che non ha saputo controllare i suoi controllori che non hanno controllato un bel niente. Scusate il pasticcio di parole, ma rende appunto l’idea: è un brutto pasticcio dove ci sarebbe persino da ridere – se non fosse così drammatica la situazione – ascoltando la frase detta con assoluta serietà “c’era una contabilità orale”. E undici anni di commissariamento hanno prodotto una media di 300 milioni l’anno di spese mediche per ricoveri fuori della regione (senza contare i costi aggiuntivi sostenuti dai familiari per trasferte, vitto, soggiorni, etc) per l’impossibilità di avere un intervento chirurgico o una diagnostica in tempi “umani” nella propria terra. Una terra dove ci sono eccellenze non solo tra alcuni istituti privati (che sono all’avanguardia come tecnologia) ma anche negli ospedali pubblici: ci sono tante eccellenze tra medici e specialisti in Calabria, è il contorno che non funziona. Manca il personale, la strumentazione non è stata aggiornata, sostituita o quanto meno rinnovata, manca un’idea di sanità dalla parte delle gente comune. Di chi crede di poter avere gli stessi diritti di chi è nato nell’ “altra” Italia, quella che va veloce e sprizza efficienza (salvo le figuracce e la tragedia quotidiana a proposito del covid). Ecco, prefetto Longo, dovrebbe gridare, anche se non è il suo stile e non può annuire al generale Figliuolo che dice che in “Calabria va tutto bene”.

«Se il generale Figliuolo – ha detto il segretario regionale della Cgil Angelo Sposato – avesse incontrato anche qualsiasi categoria sociale o il sindacato invece di farsi accompagnare solo dal facente funzioni avrebbe visto altre realtà e magari qualcuno gli avrebbe ricordato che ci sono in giro per la Calabria 80.000 vaccini che non vengono somministrati perché mancano i punti vaccinali, mancano le terapie intensive e i posti letto Covid, mancano i medici, non si sa come sono stati spesi i fondi anti Covid e le strutture sanitarie hanno le file nei pronto soccorso”. Lo afferma il segretario generale della Cgil Calabria Angelo Sposato. «Dire “tranquilli va tutto bene” – prosegue Sposato – e la sera sentire il governo che annuncia da lunedì la zona rossa ha il sapore della beffa. Se avesse solo chiesto gli avremmo indicato anche la Calabria reale, quella che cammina ogni giorno sulle macerie sotto i bombardamenti».

In Calabria, parliamoci chiaro, non va niente bene: non andava bene la sanità prima, non va adesso con il Covid, nonostante lo straordinario e mai sufficientemente lodato impegno di medici, personale sanitario, tecnici, che passano intere giornate in ospedale per salvare vite umane, per prestare assistenza. Il piano vaccinazioni (che di fatto non c’è) non ha funzionato e va ancora messo a punto. Ma perché con tante professionalità medico-scientifiche disponibili in Calabria, capaci, competenti, aspetta il prefetto Longo che il Governo gli mandi l’equivalente di due squadre di calcio, quando potrebbe imporre le sue determinazioni? Se non è in grado di esprimerle o, peggio, non gli permettono di deciderle, allora sta perdendo tempo e sta facendo danni ai una regione per la quale ha dichiarato, in più occasioni, un sincero amore, come fosse quella che gli ha dato i natali. È antipatico, rude, come discorso, ma è verità. Si abbia il coraggio di riconoscerlo.

E, tornando alla “ricognizione” del Commissario Figliuolo non si possono non far proprie le parole di un incazzato (istituzionalmnte parlando) sindaco Falcomata: «Più che un aspetto istituzionale, questa visita sembra avere avuto un aspetto squisitamente politico. Sarebbe mortificante se la salute dei calabresi venisse messa sul piatto della imminente competizione delle elezioni regionali». Falcomatà ha sparato ad alzo zero: «Al generale Figliuolo  – ha detto Falcomatà – avremmo voluto porre tantissime domande. A che punto è il piano vaccinazione? Le dosi di vaccino arrivate nella nostra Città metropolitana sono mediamente di cinquemila alla settimana. Di questo passo ci vorranno due anni per vaccinare tutta la popolazione. Non possiamo permettercelo, anche in vista della prossima stagione estiva. Questa è una terra che vive di turismo. Dove saranno collocati gli hub per le vaccinazioni? Noi sindaci non lo sappiamo, il sindaco metropolitano non sa qual è l’individuazione del territorio sull’hub». Tutto il resto è fuffa. Come le mancate risposte ai giornalisti, messi ai margini, senza il minimo rispetto – ha scritto l’Unione cronisti calabresi – “per il ruolo delicato e di mediazione che l’informazione calabrese sta effettuando in un contesto preoccupante per i cittadini della regione».

Ahimé, inutile aspettarsi risposte che s’intuiscono facilmente. Le guerre le fanno i generali, ma se manca la truppa e gli ufficiali a guidarla, c’è solo la disfatta. Dovrebbe saperlo bene il generale degli alpini, pluridecorato Francesco Paolo Figliuolo, che dovrà faticare non poco per cancellare questa brutta visita calabrese e la totale caduta di stile che – siamo convinti – non gli appartiene. (s)


Tante le prese di posizione sulla visita-lampo calabrese del generale Figliuolo.

«Non sappiamo – si legge in una nota del Partito Democratico di Cittanova – da chi si sia fatto consigliare il commissario Figliuolo nella sua visita nella provincia reggina, a limitarsi ad una breve toccata e fuga spot al centro di vaccinazione di Largo Buzzurro a Taurianova, concedendosi alle foto opportunity con gli amministratori comunali del luogo, leghisti come l’accompagnatore unico del generale, Spirlì, ma non alle sacrosante domande dei giornalisti presenti, qualcuno dei quali, anzi, è stato inopportunamente sottoposto ad identificazione. La cosa certa è che in questa occasione è stata scritta una brutta pagina, commettendo un forte sgarbo istituzionale sia nei riguardi dei rappresentanti dei sindaci della Piana, del tutto ignorati e non invitati, che degli altri vertici istituzionali della Città Metropolitana. D’altro canto, è proprio dai sindaci pianigiani e del territorio metropolitano, in prima linea nella propria collaborazione alle deficitarie autorità sanitarie per favorire la campagna di vaccinazione, che il commissario Figliuolo avrebbe potuto apprendere il reale stato delle cose nella provincia reggina.
Tutto ciò è avvenuto mentre la pressione sulle strutture ospedaliere, ormai vicine alla soglia del rischio, diventa sempre più preoccupante e la Calabria si trova drammaticamente indietro con la campagna di vaccinazione, accumulando allarmanti ritardi riguardo all’immunizzazione di una categoria particolarmente fragile come gli over 80, vaccinati solo per il 13%, mentre 82 mila dosi di vaccino rimangono fermi nei frigoriferi. Evidenziando l’incapacità e il pressappochismo della Giunta regionale di centro destra che non ha saputo contenere i contagi, con il Presidente facente funzioni Spirlì che, tra una diretta facebook, una comparsata televisiva e dichiarazioni lunari ed autopromozionali, manda la Calabria in zona rossa per almeno due settimane, con un ulteriore colpo al già devastato tessuto economico calabrese.

Tra l’altro, a fronte di un diritto alla salute spesso negato nel nostro territorio, è di pochi giorni fa l’ennesima meritoria operazione delle forze dell’ordine e della Magistratura reggina che ha fatto emergere, ancora una volta, il livello di penetrazione delle organizzazioni della ‘ndrangheta anche nel settore sanitario pubblico, con arresti che hanno riguardato, tra gli altri, funzionari dell’Asp e un medico candidato della Lega alle scorse elezioni regionali, poi nominato da quel partito responsabile provinciale della sanità. Evidenziando con forza la necessità di una profonda azione di bonifica per recidere qualsiasi legame e collusione tra interessi criminali e quanti lucrano sulla pelle della salute dei cittadini, penalizzando anche quanti in questo settore, sia nel pubblico che nel privato, lavorano invece onestamente. Oramai, le parole non bastano più. Il vivo auspicio è che le promesse fatte dal commissario Figliuolo vengano tradotte rapidamente in fatti, cambiando decisamente passo ed accelerando la campagna di vaccinazione, attraverso il funzionamento di molti più punti vaccinali, un sistema di prenotazione adeguato, il potenziamento di personale e sufficienti dosi di vaccino disponibili per tempo, ovviando così alle palesi deficienze messe in mostra dalla Giunta regionale calabrese. Altrimenti la sensazione sarà quella di avere assistito ad una inutile vuota passerella (pro domo Lega?) senza aver fornito le tante attese risposte che i cittadini della Piana e della Calabria si aspettano».

LA SFIDA DI GIOFFRÈ AL MALAFFARE SANITÀ
SCOMODE VERITÀ DEL MEDICO-SCRITTORE

di PINO NANO – Le tante scomode verità del medico-scrittore Santo Gioffrè: una testimonianza in prima persona, che equivale a una grande sfida al malaffare che ha pervaso la sanità calabrese. Arriva in libreria il nuovo libro di Gioffrè, ma non è un romanzo storico, come quelli ai quali ci ha piacevolmente abituato: è il racconto amaro di una sconfitta, quella dello Stato, che forse si poteva evitare. Una coraggiosa, pesantissima, denuncia che farà scalpore. Susciterà amarezza e indignazione tra le persone perbene, tra i tantissimi calabresi onesti che hanno diritto e voglia di essere informati su uno scandalo infinito su cui la giustizia dovrà mettere la parola fine. Non caso s’intitola Ho visto. La grande truffa della sanità calabrese.

Il saggio esce grazie alla Castelvecchi Editore che ha fortemente creduto nel progetto del medico scrittore di Seminara, decidendo di farlo arrivare non solo nei luoghi più sperduti del Paese, ma anche all’estero dove spesso la Calabria che viene raccontata dai media è meno crudele di quella che Santo Gioffrè descrive invece in questo suo racconto, dai toni anche drammatici e fortemente sofferti.

Questo suo nuovo libro è in realtà il diario di bordo di una esperienza di governo e di gestione ai vertici della sanità calabrese, «dove può capitarti di imbatterti in un mafioso senza rendertene conto», tanto simile spesso egli è agli uomini di Stato e ai rappresentanti istituzionali di questa moderna Repubblica del caos.

Un pugno nello stomaco, una confessione a cielo aperto, una sfida al Paese, coraggiosissima e plateale, un dossier analitico e documentatissimo sul malaffare della sanità calabrese davvero senza precedenti, ma anche un racconto diretto immediato senza perifrasi o mediazioni di comodo che ti entra nel cuore e nel corpo con una violenza brutale e inimmaginabile. E di fronte al quale, ogni qualvolta vedi in televisione l’immagine stereotipata dell’arresto di un uomo di ‘ndrangheta, il più delle volte di un boss, ripreso in qualche capanno o vestito da contadino, ti viene solo da sorridere, perché oggi i veri boss della ‘ndrangheta sono forse molto di più quelli che Santo Gioffrè descrive nei minimi dettagli lungo il percorso che affronta in “Ho visto”, e che vestono blazer scuri e scarpe firmate da 2 mila euro al paio.

La domanda a cui nessuno forse potrà, o saprà mai dare una risposta credibile, e che noi ci facciamo da giorni è questa: ma dove avrà mai trovato Santo Gioffrè il coraggio di tanta lucidità nella scrittura e nella forza delle accuse che muove al mondo istituzionale calabrese, e non solo calabrese?

Abbiamo allora provato a conoscerlo meglio questo medico scrittore. Anche perché la sua vita di intellettuale è costellata di altre opere di grande pregio letterario.

Nel 1999 pubblica il primo romanzo storico Gli Spinelli e le Nobili Famiglie di Seminara, nel periodo del terremoto del 1783. Seguiranno Leonzio Pilato, La terra rossa, Il Gran Capitán e il mistero della Madonna nera. Ultimo romanzo prima di Ho visto, Gioffrè scrive L’opera degli ulivi, che segna di fatto il suo grande esordio per la Castelvecchi di Roma.

La copertina del libro "Ho visto" di Santo Gioffrè

Uno scrittore dunque di straordinario coinvolgimento emotivo, che usa un racconto per nulla forbito ma lineare, semplicissimo, e lo stratagemma del romanzo per raccontare gioie dolori ed emozioni della sua terra natale, che è la Piana di Gioia Tauro, «infestata dalla violenza e dal pregiudizio storico che tutto ciò che si muove è solo ndrangheta», lui figlio di un paese come Seminara dove la faida di tanti anni fa ha profondamente segnato la vita di ogni ragazzo di allora, quando durante un funerale arrivarono dei killer e spararono contro il corteo, e i ragazzi videro la bara del defunto rotolare per le scale del sagrato della Chiesa, abbandonata da chi la portava in spalla.

Scene di una violenza inaudita, ma che Santo Gioffrè nei suoi romanzi ha cristallizzato in ricordi e immagini di una suggestione senza pari, dove l’Aspromonte – per lui che ne è figlio più autentico di questa montagna – è meno cupo e meno minaccioso di quanto invece da lontano non si possa immaginare.

Fin qui la vita del romanziere, Santo Gioffrè. Ma c’è anche un rovescio della medaglia che è invece quello di un medico che tra Seminara Palmi e Gioia Tauro fa anche tantissima attività politica, impegno che lo vede eletto più volte consigliere al Comune di Seminara, e dal 1994, per due volte consecutive Consigliere provinciale nel collegio Seminara – Delianuova, ma anche assessore alla cultura della provincia di Reggio Calabria.

Vecchio idealista, uomo esteriormente rude, protagonista indiscusso della sinistra storica in Calabria, Santo Gioffrè – che per mestiere fa il medico ginecologo a Palmi ma che è soprattutto conosciuto in Italia come scrittore e romanziere della grande scuola meridionale – nel 2015 viene nominato dalla giunta regionale in carica Commissario Straordinario dell’ASP di Reggio Calabria, e qui incominciano i suoi «guai terreni».

Subito dopo il suo insediamento, incomincia a mettere mano alle poche carte che trova sul suo tavolo di gestore unico della sanità nella provincia più “discussa” d’Italia, e scopre – quasi per caso – che da quel giorno in poi la sua vita avrà a che fare soprattutto con un deficit di bilancio unico in Italia e con un disastro finanziario impossibile da risanare.

Ma l’uomo ha il carattere forte e la tempra giusta per credere di potercela fare da solo, a rimettere ordine in questo caos di totale confusione. Per giorni e notti lavora sulle cifre che ha davanti, ma intuisce immediatamente che molte cose non vanno. E man mano che va avanti nella conoscenza dei dati contabili dell’Azienda Sanitaria si rende conto che ha di fronte un quadro a dir poco scandaloso e allarmante.

Convoca allora i suoi funzionari più diretti, legge tutti i rapporti redatti dai suoi predecessori, cerca insomma di capire perché l’Asp di Reggio Cal fin dal 2013 è senza bilancio consolidato in quanto, quell’anno, fu bocciato e mai più redatto.  Molte delle spese sostenute dalla sanità reggina sono state fatte infatti sulla “parola”.

Cosa significa? Che non ci sono carte contabili. Non ci sono ricevute di pagamenti effettuati. Non ci sono riscontri finanziari. Non ci sono registri contabili affidabili, ma solo «parole affidate al vento e alla memoria di qualcuno». Molte cose sono state acquistate e saldate sulla base di accordi o promesse verbali, «sulla parola», magari con una semplice stretta di mano. Roba da non crederci. Bastava una stretta di mano, e l’affare si chiudeva in quel modo. Ma così andavano le cose, nella più importante azienda sanitaria calabrese.

Verba volant, scripta manent. Santo Gioffrè la chiama “Contabilità orale”, nel senso di contabilità affidata alla memoria storica di qualcuno, di cui però non ci sarà mai traccia vivente. Parliamo di contabilità di milioni di euro mai regolarizzati, e mai trascritti su carte documenti o anche semplici memorandum. Per anni tutto è avvenuto “sulla parola”. Una stretta di mano, uno sguardo ammiccante, un accordo da chiudere, e soprattutto la certezza poi che qualcuno avrebbe alla fine pagato il conto.

E il primo “conto” che Santo Gioffrè, nella sua veste di neocommissario della sanità reggina deve saldare è una “piccola” fattura di 6 milioni di euro ad una struttura privata convenzionata di Reggio Cal.

Avete letto bene. 6 milioni di euro, mica bruscolini.

Dopo 20 giorni dall’insediamento, Santo Gioffrè riceve la visita di un signore, già curatore legale di quella struttura. Nel suo libro Gioffrè fa nomi e cognomi precisi. Il neo-commissario lo riceve ma viene raggelato dal suo racconto.

Questi riferisce che prima del suo insediamento, l’Asp aveva pubblicato una delibera, con tutti i pareri di rito favorevoli, in cui veniva riconosciuto ad una Casa di Cura privata convenzionata un debito da pagare di 6 milioni di euro.

“Dottore, noi avevamo già incassato, nel 2009, i sei milioni che ci dovevate. Poi, nel 2014, io stesso ho curato, a nome del Consiglio d’Amministrazione, la vendita ad altri della Casa di Cura. Ora, scopriamo che si stanno pagando le stesse fatture che, allora, ci furono pagate…”.

Fine della favola?

Niente affatto. Santo Gioffrè chiede ulteriori verifiche e scopre per bocca dei suoi amministrativi che quel saldo di 6 milioni di euro in realtà, per come riferito, era probabilmente avvenuto “sulla parola”. Nel senso che il debito era stato regolarmente saldato dalla Banca tesoriere dell’Azienda Sanitaria, ma nessuna ricevuta specifica, fattura per fattura pagata, era stata trasmessa all’Ufficio Economico-finanziario dell’Asp affinché la partita debitoria, da quel momento in poi, risultasse estinta.

Da qui, poi, la seconda richiesta di saldo, evidentemente vogliamo pensare per via di fatture precedenti già saldate ma assolutamente inesistenti.

Che fare?

Gioffrè, ricevuti i documenti che accertano il pagamento avvenuto, scrive allora di proprio pugno la delibera di annullamento della precedente delibera, e blocca il saldo di 6 milioni di euro disposto per la nuova società.

Il Medico-Scrittore, proseguendo nel suo lavoro di ricerca, scopre ulteriori fatture pagate due volte, soprattutto a multinazionali del farmaco e intuisce il sistema che ha trasformato l’Asp di Reggio Calabria in bancomat. È facile immaginare, a questo punto, cosa accadde nelle settimane successive.

Santo Gioffrè viene cacciato dal suo incarico.

Lo mandano a casa nel giro di qualche giorno, e lo fanno senza pietà, quasi fosse un appestato. Naturalmente, lo mandano via con una “scusa istituzionale” assolutamente “impeccabile”, e fra l’altro anche giuridicamente incontestabile.

L’Anac, l’Autorità Anticorruzione guidata allora da Raffaele Cantone scopre che la sua nomina di Commissario dell’ASP di Reggio Calabria è incompatibile perché Gioffrè, nel 2013, era stato candidato, sconfitto, alla carica di Sindaco di Seminara, un paesino di 1500 mila anime.

Bene, oggi – grazie a questo libro di grande coraggio ed efficacia mediatica vi assicuro – questa storia della “Contabilità orale” farà ormai il giro del mondo.

Mi permetto solo di darvi un consiglio. Davvero avete voglia di capire come, in storie come queste, di grandi affari milionari, si materializza la Ndrangheta?

Bene! Nelle prime quattro pagine di “Ho visto” troverete il racconto dettagliato, inquietante, drammatico e clamoroso di un incontro tra il medico-scrittore e un signore elegante e dall’atteggiamento sobrio che è un affresco attualissimo del rapporto tra la ‘ndrangheta e le Istituzioni di questo paese, e di fronte al quale lo scrittore confessa: «Quando tutto iniziò ebbi subito la sensazione di trovarmi di fronte all’amore e alla morte… Sentii il gelo di quando muore qualcuno… Quell’uomo aveva lavato e asciugato il mio coraggio. Mi sentivo nudo e avevo freddo, il cuore mi sembrava diventato vegetale, non aveva più un battito. In quei momenti è difficile rimanere lucidi. Rimasi muto. Lo accompagnai con lo sguardo, fin quando non si perse tra la folla».

Santo Gioffrè, dunque, non solo “Premio Letterario Nazionale Cronin 2020” in una terra dove se «alzi per un momento la testa, e lo fai fuori dal coro, rischi di beccare un cecchino pronto a farti fuori».

Oggi Santo Gioffrè è diventato, suo malgrado, icona della legalità in tutto il mondo, ma soprattutto testimonial di grande coraggio individuale, perché da oggi in poi – quando si parlerà della sanità calabrese e della “Contabilità orale” dei bilanci milionari delle Asl calabresi – si parlerà per forza di cose di lui, della sua cocciutaggine, e del suo estremo coraggio.

L’intervista che giorno fa gli ha dedicato BBC News, francamente gli rende merito di tutto quello che lui ha fatto in tutti questi anni al servizio della sua terra.

Ma chissà se la penserà allo stesso modo il ministro Roberto Speranza?

Sappiamo solo che in passato i due erano anche grandi amici, lo erano soprattutto un tempo, quando insieme facevamo politica nello stesso vecchio partito comunista. Ma poi, forse, andando Roberto Speranza al Governo come ministro della Salute – con tutti gli impegni istituzionali del suo dicastero – avrà certamente perso per strada pezzi importanti dei suoi ricordi passati, e quindi forse anche una parte importante dei suoi amici più cari.

«Ma ho imparato a mie spese – sorride il vecchio medico di Seminara – che la politica, da sempre per la verità, riserva amarezze di questo genere. Forse anche peggiori di queste. Importante è non serbare mai rancore per nessuno». (pn)

L’incontro dell’ex Presidente Nisticò con Longo: ritrovare l’orgoglio delle radici

Continuano gli incontri istituzionali e con i rappresentanti del mondo medico-scientifico del nuovo super Commissario alla Sanità Guido Longo. Fiducia e auguri per un proficuo lavoro per Longo sono stati espressi dall’ex presidente della Regione prof. Pino Nisticò, illustre farmacologo di fama internazionale, che da luglio si è trasferito a vivere a Lamezia Terme per realizzare un centro di eccellenza per la produzione di anticorpi monoclonali presso la Fondazione Mediterranea Terina, dove sorgerà il Renato Dulbecco Institute.

Abbiamo chiesto al prof. Nisticò, vista la sua grande esperienza del territorio, essendo stato Presidente della Regione e avendo realizzato infrastrutture di eccellenza come il Policlinico universitario di Germaneto, le due facoltà di Farmacia a Catanzaro e Cosenza, come vede il futuro della Sanità in Calabria con l’arrivo del prefetto Longo.

«Questa mattina – ha dichiarato il prof. Nisticò a Calabria.Live – ho avuto il privilegio di incontrare il nuovo Commissario alla Sanità, prefetto Guido Longo. È un uomo delle istituzioni di grande esperienza  che gode della stima dei più alti vertici della Polizia e della Magistratura per il suo equilibrio, la sua alta efficienza e il suo coraggio. Egli mi ha accolto con un grande senso di ospitalità e mi ha raccontato che per circa 15 anni ha esercitato la sua attività in Calabria, prima come Capo della Mobile e poi Questore a Reggio Calabria e successivamente come prefetto a Vibo Valentia nel periodo in cui il procuratore Elio Costa era il sindaco della Città.

«Abbiamo ricordato numerosi amici comuni e mi è sembrato di conoscerlo da sempre. Quello che più mi ha impressionato è stata la sua grande umiltà, come quella che io ho riscontrato in tanti Premi Nobel che ho frequentato nella mia vita, come Renato Dulbecco, Rita Levi Montalcini, sir John Eccles e sir John Vane. Inoltre, mi ha colpito l’amore che lo lega alla nostra regione e solo per un atto di amore egli ha accettato un ruolo così pesante come quello di commissario alla sanità con un compito così arduo che fa tremare le vene e i polsi. Eppure, con coraggio ha accettato questa sfida, consapevole che ci vuole vicino a lui una grande squadra di esperti nel campo della Sanità, della ricerca scientifica e dell’economia, onde realizzare in Calabria una rete di centri che assicurino un ottimo livello di prestazioni di medicina territoriale e, nel contempo, grandi opere. Cioè una serie di centri di eccellenza che ancora mancano in Calabria, per cui molti pazienti sono costretti a recarsi in altre regioni italiane o all’estero. Ogni anno, infatti, la Calabria spende circa 300 milioni per la migrazione sanitaria e tali risorse, il commissario ha riconosciuto, potrebbero invece essere reinvestite in Calabria per migliorare la qualità delle prestazioni e dei servizi.

«Ho colto l’occasione, durante tale incontro, per esporgli brevemente il progetto Calabria Silicon Valley, di cui il Renato Dulbecco Institute rappresenterà la prima realizzazione a Lamezia Terme grazie al contributo dell’assessore regionale Gianluca Gallo e di tutto il governo regionale ma anche del sindaco di Lamezia Paolo Mascaro che si è innamorato di questo ambizioso progetto che stava molto a cuore alla compianta presidente Santelli

«Il commissario mi ha ascoltato con grande attenzione e sono rimasto sorpreso della sua preparazione su alcune ricerche di avanguardia, quando abbiamo ricordato la figura di Roberto Crea, padre delle biotecnologie nel mondo, come gli anticorpi monoclonali, gli interferons, il Nerve Growth Factor (Ngf) della Rita Levi Montalcini, scoperta per la quale le è stato conferito il Premio Nobel.

«Inoltre. – ha concluso il prof. Nisticò –, il Commissario Longo ha espresso grande interesse per la realizzazione di un istituto di Oncologia sul modello di quello di Veronesi a Milano, dal momento che, come gli avevo illustrato, esiste presso la Facoltà di Medicina di Catanzaro un Dipartimento di Oncologia guidato da due oncologi di fama internazionale che si occupano di leucemie e altre forme di neoplasie ematologiche, il prof. Pierfrancesco Tassone e Pier Sandro Tagliaferri, Dipartimento in cui si esegue la fase 1 di sperimentazione clinica di nuovi prodotti contro il cancro. Tale sperimentazione non esiste ancora né all’Università di Roma La Sapienza né in quella di Tor Vergata né nel Campus Biomedico.

«Sono sicuro che i tempi bui della Sanità in Calabria stiano per finire. È necessario, tuttavia, assicurare al nuovo Commissario il contributo di tutti i protagonisti della sanità in Calabria. Noi calabresi dobbiamo ritrovare l’orgoglio delle nostre radici culturali e scientifiche del periodo della Magna Grecia, ma anche riscoprire i valori dell’etica pitagorica. Soltanto con comportamenti eticamente corretti, ma anche con la dura lotta alle infiltrazioni della criminalità organizzata nel campo della sanità ci saranno risparmi che possono essere reinvestiti per migliorare la qualità delle prestazioni sanitarie nella regione. Lo sforzo che dovremo fare sarà quello di offrire le condizioni per un rientro in Calabria di tanti calabresi uomini di scienza e professionisti nel campo della Sanità che tutto il mondo ci invidia».

– Riusciremo sotto l’autorevole guida del Commissario Longo a vincere questa sfida?

«Noi ce la metteremo tutta» – ha risposto con convinzione il prof. Nisticò. (rcz)

Il neo Commissario alla Sanità Guido Longo da oggi al lavoro Catanzaro

Prende possesso oggi del suo ufficio il neo Commissario ad acta per la sanità calabrese, il prefetto Guido Longo, il superpoliziotto scelto da Palazzo Chigi per rimettere in sesto i disastrati conti delle aziende sanitarie e riavviare un processo di rinnovamento per il benessere di tutti i calabresi. Non sarà una passeggiata, ma le sfide difficili non impensieriscono più di tanto il prefetto catanese che conosce molto bene la Calabria: è stato a Reggio prima capo della Mobile a Reggio e poi Questore, quindi ha concluso la sua attività come prefetto a Vibo Valentia. Un funzionario tutto d’un pezzo che sta incontrando un largo consenso in tutta la regione. I calabresi vogliono esprimere la loro simpatia e fargli sentire la loro piena fiducia che sarà importantissima per portare avanti un progetto così complicato. I sindacati Cgil-Cisl-Uil hanno già chiesto di incontrarlo prima possibile e spingono perché il prefetto Longo prenda immediati contatti con le personalità presenti sul territorio che hanno già espresso piena e appassionata disponibilità a spendersi per la propria terra.

Ci sono eccellenze in campo medico-scientifico, c’è la Facoltà di Medicina di Catanzaro, con in testa il Rettore il farmacologo Giovambattista De Sarro, che ha sformato fior di eccellenze oggi sparse in tutto il mondo, pronta a collaborare, ci sono specialisti come il prof. Franco Romeo (già chiamato come consulente per l’emergenza covid dalla Giunta regionale), l’ex Presidente della Regione Giuseppe Nisticò, che sta realizzando a Lamezia presso la Fondazione Mediterranea Terina il Dulbecco Institute, un centro di ricerca che sarà guidato dal prof. Roberto Crea (un genio delle biotecnologie, da 40 anni a San Francisco, pronto a rientrare in Calabria), e ci sono esperti di management sanitario come il prof. Gianfranco Luzzo e il virologo Rubens Curia. Solo alcuni nomi di una platea vasta e competente: l’importante – diranno i sindacati al Commissario Longo – è che si crei una task force in grado non solo di fronteggiare. il risanamento dei conti, ma anche di pianificare sul territorio in termini di crescita e sviluppo per garantire il diritto alla salute dei calabresi.

E nell’intervista apparsa ieri sul Corriere della Sera (a firma di Fabrizio Caccia) Longo ha dichiarato che «ci sarà molto da lavorare» ricordando che da prefetto di Vibo convocò «un tavolo tecnico per dare il via alla costruzione del nuovo ospedale, di cui la città aveva un gran bisogno. Era un mio pallino, il nuovo ospedale di Vibo». Opera incompiuta gli ha ricordato il giornalista Caccia: «Nel 2018 andai in pensione. Ma ora sono tornato». È evidente che una delle prime azioni che vedrà impegnato il nuovo Commissario riguarderà la riapertura o la riattivazione degli ospedali chiusi, incompleti, o mai entrati in funzione (ce ne sono 18!).

La Repubblica alla Calabria, ieri, ha dedicato un longform di quattro pagine. Uno speciale curato dal vicedirettore Carlo Bonini con contributi di Alessia Candito, Tommaso Ciriaco e Giuliano Foschini e un commento di Giuseppe Smorto, reggino, già vicedirettore del quotidiano romano. È un dossier che sicuramente il dott. Longo terrà da conto: c’è una lunga storia di negligenze, corruzione, complicità e stupida indifferenza dietro dieci anni di commissariamento che non sono serviti a nulla, meno che meno a interrompere le pratiche di malasanità che risalgono alla nascita delle Regioni, ma mai sanate.

Ma tutta stampa nazionale (Il Fatto Quotidiano ricorda la storia delle fatture per 8 miliardi sparite a Cosenza) ha dato grande enfasi alla Calabria, in queste settimane dell’altalena del Commissario. E non sempre con intenti benevoli: la reputazione della Calabria, già in seria crisi, è andata a rotoli, però non dev’essere permesso a nessuno di insultare i calabresi e di infangare chi dà ogni giorno quasi la vita per salvarne altre, con turni spaventosi e impegno lavorativo sopra qualsiasi immaginazione. Sono i medici, gli specialisti, gli infermieri, i tecnici, una popolazione “invisibile” a cui non si finirà mai di tributare un grazie grande quanto il mondo. Sono queste le figure di riferimento per il nuovo commissario: servono assunzioni, ampliamento di reparti, attrezzature, dispositivi e quant’altro necessario per il diritto alla vita.

Un grosso fardello, non sfugge a nessuno. Ma la sfida di Longo è sostenuta dalla voglia di mostrare quanto lui vuole bene a questa terra. Trova la sua determinazione in una forza straordinaria e incredibile, quella che accomuna tantissime persone perbene, soprattutto quelle che sono andate via o dovute andare via: l’amore per la Calabria. Il prefetto Longo ci crede e i calabresi – lo sappia da subito – credono in lui. La delibera-fiume di nomina, che riportiamo di seguito, illustra cosa aspetta il nuovo Commissario. Bentornato in Calabria, dottor Longo. (s)


Per rendersi conto della “pesantezza” dell’incarico ecco, il testo integrale del provvedimento di nomina.

… il Consiglio dei Ministri delibera:

a) di nominare il dott. Guido Longo quale Commissario ad acta per l’attuazione del vigente Piano di rientro dai disavanzi del Servizio sanitario della Regione Calabria, secondo i Programmi operativi di cui all’articolo 2, comma 88, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 e ss.mm.ii..

b) di affidare al Commissario ad acta per l’attuazione del Piano di rientro della Regione Calabria l’incarico prioritario di attuare i Programmi operativi 2019-2021 di prosecuzione del Piano di rientro nonché di tutti gli interventi necessari a garantire, in maniera uniforme sul territorio regionale, l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza in condizioni di efficienza, appropriatezza, sicurezza e qualità, nei termini indicati dai Tavoli tecnici di verifica, ivi compresa l’attuazione del decreto legge 10 novembre 2020 n. 150.
In particolare, nell’ambito della cornice normativa vigente, si affidano al Commissario ad acta le seguenti azioni ed interventi prioritari:

1) adozione di ogni necessaria iniziativa al fine di ricondurre il livello di erogazione dei livelli essenziali di assistenza agli standard di riferimento, in particolare con riguardo all’adesione agli screening oncologici, all’assistenza territoriale ed alla qualità e sicurezza dell’assistenza ospedaliera;

2) completamento ed attuazione del piano di riorganizzazione della rete ospedaliera, della rete di emergenza-urgenza e delle reti tempo dipendenti, in coerenza con il fabbisogno assistenziale, in attuazione del regolamento adottato con decreto del Ministero della salute del 2 aprile 2015 n. 70, ed in coerenza con le indicazioni dei Tavoli tecnici di verifica;

3) definizione ed attuazione delle reti cliniche specialistiche;

4) monitoraggio delle procedure per la realizzazione dei Nuovi Ospedali secondo quanto previsto dalla normativa vigente e dalla programmazione sanitaria regionale;

5) revisione ed attuazione del provvedimento di riassetto della rete di assistenza territoriale, in coerenza con quanto previsto dalla normativa vigente e con le indicazioni dei Tavoli tecnici di verifica;

6) completamento del riassetto della rete laboratoristica e di assistenza specialistica ambulatoriale;

7) completa attuazione delle linee di indirizzo per la promozione ed il miglioramento della qualità, della sicurezza e dell’appropriatezza degli interventi assistenziali nel percorso nascita (Conferenza Unificata Rep. Atti 137/CU del 16/12/2010);

8) gestione ed efficientamento della spesa per il personale in coerenza con l’effettivo fabbisogno, in applicazione della normativa vigente in materia;

9) razionalizzazione ed efficientamento della spesa per l’acquisto di beni e servizi in ottemperanza alla normativa vigente;

10) gestione ed efficientamento della spesa farmaceutica convenzionata ed ospedaliera al fine di garantire il rispetto dei vigenti tetti di spesa previsti dalla normativa nazionale e il corretto utilizzo dei farmaci in coerenza con il fabbisogno assistenziale;

11) definizione dei tetti di spesa e dei conseguenti contratti con gli erogatori privati accreditati per l’acquisto di prestazioni sanitarie in coerenza con il fabbisogno assistenziale, con l’attivazione, in caso di mancata stipula del contratto, di quanto prescritto dall’articolo 8-quinquies, comma 2-quinquies, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e ridefinizione delle tariffe delle prestazioni sanitarie, nel rispetto di quanto previsto dalla normativa vigente;

12) adozione di ogni necessaria iniziativa commissariale al fine di pervenire alla completa implementazione dei flussi informativi del Nuovo Sistema Informativo Sanitario da parte delle aziende in termini di completezza e qualità, ivi inclusa l’implementazione del nuovo sistema informativo contabile regionale, al fine di implementare il sistema di monitoraggio del Servizio Sanitario Regionale per il governo delle azioni previste dal Piano di rientro con riferimento alla garanzia dell’equilibrio economico-finanziario e alla garanzia dell’erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza;

13) sottoscrizione degli accordi interregionali bilaterali in materia di mobilità sanitaria ai sensi dell’articolo 9, comma 3, del Patto per la salute 2014-2016 sancito con Intesa Stato-Regioni del 10 luglio 2014 e dell’articolo 1, comma 576, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 e s.m.i.;

14) attuazione della normativa statale in materia di autorizzazioni e accreditamenti istituzionali, mediante adeguamento della vigente normativa regionale;

15) definizione e stipula del protocollo d’intesa con l’Università degli Studi “Magna Græcia” di Catanzaro in coerenza con la normativa vigente;

16) interventi per la gestione, razionalizzazione ed efficientamento della spesa e delle attività proprie della medicina di base; 17) adozione dei provvedimenti necessari alla regolarizzazione degli interventi di sanità pubblica veterinaria e di sicurezza degli alimenti;

18) rimozione, ai sensi di quanto previsto dall’art. 2, comma 80, della legge n. 191 del 2009, dei provvedimenti, anche legislativi, adottati dagli organi regionali e i provvedimenti aziendali che siano di ostacolo alla piena attuazione del piano di rientro e dei successivi Programmi operativi, nonché in contrasto con la normativa vigente e con i pareri e le valutazioni espressi dai Tavoli tecnici di verifica e dai Ministeri affiancanti;

19) puntuale monitoraggio di quanto previsto dal Titolo II del decreto legislativo 118/2011 con riferimento alle rilevazioni del bilancio regionale riferite alle risorse destinate al Servizio sanitario regionale;

20) puntuale verifica dell’ordinato trasferimento da parte del bilancio regionale al SSR delle risorse ad esso destinate;

21) conclusione della procedura di regolarizzazione delle poste debitorie relative all’ASP di Reggio Calabria e delle ulteriori poste debitorie eventualmente presenti negli altri enti del Servizio Sanitario Regionale;

22) riconduzione dei tempi di pagamento dei fornitori ai tempi della direttiva europea 2011/7/UE del 2011, recepita con decreto legislativo n. 192/2012;

23) ricognizione, quantificazione e gestione del contenzioso attivo e passivo in essere, e verifica dei fondi rischi aziendali e consolidato sanitario regionale;

24) prosecuzione e tempestiva conclusione delle azioni previste per la puntuale attuazione del Percorso attuativo della certificabilità;

25) programmazione degli investimenti per interventi edilizi e/o tecnologici in coerenza con quanto previsto dall’articolo 25, comma 3, del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 e secondo gli indirizzi di programmazione coerenti con il decreto del Ministero della salute del 2 aprile 2015 n. 70 e con le misure di razionalizzazione ed efficientamento del patrimonio immobiliare strumentale e non strumentale, fermo restando quanto disposto dal decreto legge 10 novembre 2020, n. 150;

26) attuazione dei nuovi compiti assegnati al Commissario ad acta dal decreto legge 10 novembre 2020, n. 150. In particolare, il Commissario ad acta:

a. fornisce indicazioni in ordine al supporto tecnico ed operativo da parte di Agenas previsto all’articolo 1, comma 4, del citato decreto legge;

b. attua quanto previsto all’articolo 1, comma 2, del citato decreto legge;

c. nomina i commissari straordinari aziendali ai sensi dell’articolo 1 del citato decreto legge e verifica trimestralmente il relativo operato in relazione al raggiungimento degli obiettivi di cui al Programma operativo 2019-2021, anche ai fini di quanto previsto dall’articolo 2, comma 6, del citato decreto legge;

d. approva gli atti aziendali adottati dai commissari straordinari, al fine di garantire il rispetto dei LEA e di assicurarne la coerenza con il piano di rientro dai disavanzi nel settore sanitario e con i relativi programmi operativi di prosecuzione nonché al fine di ridefinire le procedure di controllo interno;

e. adotta gli atti aziendali in caso di inerzia da parte dei commissari straordinari ai sensi dell’articolo 2 del citato decreto legge;

f. verifica periodicamente, che non sussistano i casi di cui all’articolo 3, comma 1, quinto periodo, del decreto legislativo 4 agosto 2016, n. 171, in relazione all’attività svolta dai direttori amministrativi e sanitari;

g. provvede in via esclusiva all’espletamento delle procedure di approvvigionamento di cui all’articolo 3 del citato decreto legge;

h. valuta l’attivazione del supporto del Corpo della Guardia di finanza in coerenza con l’articolo 5 del citato decreto legge;

i. adotta il Programma operativo per la gestione dell’emergenza Covid-19 previsto dall’articolo 18 del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18;

j. definisce il Piano triennale straordinario di edilizia sanitaria e di adeguamento tecnologico della rete di emergenza, della rete ospedaliera e della rete territoriale della Regione;

k. presenta, adotta e attua i Programmi operativi 2022-2023, anche ai fini di quanto previsto dall’articolo 6 del citato decreto legge; l. coordina le funzioni di supporto alla programmazione sanitaria delle aziende del Servizio sanitario regionale assicurandone l’efficacia;

c) di incaricare il Commissario ad acta a relazionare, con cadenza semestrale, al Presidente del Consiglio dei Ministri ed ai Ministeri affiancanti in merito all’attività svolta, in esecuzione del mandato commissariale, ferme restando le verifiche trimestrali ed annuali previste dalla normativa vigente.

 

Positive reazioni in Calabria per la nomina a Commissario del prefetto Guido Longo

Un uomo delle istituzioni che non dice mai no, se lo Stato chiama: il profilo dell’ex prefetto di Vibo Valentia, il catanese Guido Longo, è perfetto per il difficile ruolo di Commissario ad acta della Sanità calabrese. Positive le prime reazioni sulla sua nomina.

Il presidente ff. della Regione Calabria Nino Spirlì, che ha dato parere positivo, annuncia la massima collaborazione: «Fermo restando – ha dichiarato – che lo strumento del commissariamento resta per noi una offesa alla capacità istituzionale dei calabresi, prendiamo atto della scelta del Governo, a cui abbiamo dato un collaborativo parere positivo, e ci mettiamo subito al lavoro al fine di garantire al nuovo commissario ad acta, il prefetto Guido Longo, la massima collaborazione in un momento di evidente grave emergenza sanitaria, e non solo a causa degli assalti del Covid-19».

«Il neo commissario – continua il presidente ff – dovrà risolvere l’annoso patimento dei calabresi che si ammalano di tumore, a causa del quale indossano gli scomodi panni di viaggiatori disperati. Dei cardiopatici e dei diabetici. Di chi soffre di malattie genetiche. Dei giovani e meno giovani affetti da disturbi della psiche e del corpo. Si dovrà occupare delle macerie di ospedali costruiti e mai battezzati, di ospedali arrivati ormai all’agonia architettonica e strumentale, di ospedali semivuoti e semipieni orfani di personale di ogni ordine e grado. Si dovrà occupare di una medicina di territorio mai nata o nata male, abbandonata a se stessa, senza alcuna attenzione del Palazzo, quando, addirittura, non offesa da silenzi burocratici annichilenti. Si dovrà occupare dell’arrogante arroccamento di responsabili irresponsabili, sordi agli squilli di telefono, ai tocchi sulla porta, alle richieste verbali o affidate alla penna vera e virtuale. Si dovrà occupare di rendere umano ciò che umano, fino a oggi, nell’universo sconquassato della sanità calabrese, non è stato». «Noi – conclude Spirlì – potremo essere al suo fianco, se lo vorrà».

Apprezzamento per la nomina dal ministro della Giustizia Alfonso Bonafede (M5S): «La nomina del prefetto Guido Longo, un uomo che da sempre si è battuto per la legalità e contro la criminalità organizzata, è la scelta giusta per la sanità calabrese. Con questa decisione lo Stato saprà far sentire la sua presenza».

Il commissario regionale del Partito Democratico in Calabria, Stefano Graziano, ha inviato un «sentito in bocca al lupo per il lavoro che dovrà svolgere in Calabria per rimettere in ordine la sanità regionale. Un servitore dello Stato che conosce molto bene i problemi del territorio avendo ricoperto fino al 30 maggio 2018 l’incarico di Prefetto di Vibo Valentia. Da casertano, all’epoca deputato, ho un ottimo ricordo del suo operato da Questore, caratterizzato da brillanti successi contro il clan dei casalesi».

La deputata pentastellata Dalila Nesci che detto che «Il Governo ha nominato un nuovo Commissario per la sanità calabrese nell’ottica di perseguire la legalità e garantire a tutti il diritto alla salute. Massima collaborazione alla Struttura commissariale del Prefetto Guido Longo. Si proceda, presto, anche alla nomina di subcommissari manager della sanità».

Il sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Falcomatà ha espresso la sua soddisfazione per la nomina del prefetto Longo: «Un uomo delle istituzioni, una persona seria e competente, da sempre in prima linea nella lotta alla criminalità organizzata, un servitore dello Stato come ormai ne esistono pochi, che conosce il nostro territorio e che ci ha lavorato con onestà, capacità, professionalità e con tanta passione. Erano questi i requisiti che avevamo chiesto al presidente Conte e al ministro Speranza dopo una lunga attesa quindi la scelta è quella più azzeccata. In bocca al lupo al commissario Longo e speriamo che la sua nomina sia un buon auspicio per il lavoro che ci attende». (rrm)

IL RITORNO IN CALABRIA DI GUIDO LONGO
IL PREFETTO COMMISSARIO DELLA SANITÀ

di SANTO STRATI – Una persona perbene, un funzionario integerrimo, un fedele servitore dello Stato: l’ex prefetto Guido Longo ha accettato la nomina di Commissario ad acta per la sanità calabrese, ponendo fine a un imbarazzante vuoto istituzionale non più sostenibile. È un ritorno: il prefetto Longo conosce molto bene il territorio, quasi da essere considerato calabrese d’adozione. Catanese, è stato Capo della Mobile a Reggio e poi questore, per poi diventare questore a Palermo e chiudere il suo servizio come prefetto a Vibo Valentia, che ha lasciato, per raggiunti limiti d’età, il 1° giugno 2018. Il presidente Giuseppe Conte ha twittato, subito dopo la nomina – fatta «su indicazione del ministro dell’Economia Gualtieri, di concerto con il ministro della Salute Speranza e sentito il parere del ministro per le Regioni Boccia –: «un uomo delle istituzioni».

E dopo 20 giorni di di una desolante telenovela tra licenziamento (Cotticelli) proposte, dimissioni obbligate (Zuccatelli), rifiuti con varie motivazioni, qualcuna persino risibile (Gaudio), s’è trovata la quadra su un nome che nessuno può mettere in discussione. È finito il vergognoso balletto della lottizzazione partitica (avviata da Speranza, proseguita con Zingaretti, apparentemente avversata ma in realtà sostenuta dai Cinque Stelle) e c’è un uomo del fare che da oggi non avrà tempo di pentirsi di aver accettato. Prima di tutto perché, da fedele servitore dello Stato, il prefetto Longo non è abituato a tentennamenti e, se chiamato, risponde senza il minimo indugio; poi perché, per la sua natura di uomo del fare, accetta sempre di buon grado ogni tipo di sfida. Non sarà un Commissario seduto dietro una scrivania e già da stamattina in parecchi cominceranno a tremare sulle metodiche che da superpoliziotto ci ha abituato ad aspettarsi da lui: nessuna esitazione e rispetto assoluto delle istituzioni, con lotta spietata a ‘ndrangheta, malaffare e corruzione (cosa che ha fatto da questore, sempre in prima linea).

L’ultimo candidato a Commissario, Agostino Miozzo, in atto coordinatore del Comitato Tecnico Scientifico antiCovid – incarico che sta svolgendo con competenza e assoluta capacità – aveva chiesto per accettare che gli fossero concessi “poteri straordinari”. In altri termini, aveva – secondo alcune voci – chiesto garanzie sull’azzeramento del debito pregresso o quantomeno su un suo congelamento. Non glieli hanno concessi.

E allora, ci si chiede, il prefetto Longo è destinato a una missione suicida? Visto che dovrà affrontare un debito spaventoso da ripianare e, allo stesso tempo, rilanciare la sanità calabrese, garantendo pari opportunità di accesso alle cure e diritto alla salute ai calabresi, al pari di tutti gli altri italiani? Beh, l’ex prefetto di Vibo non è un incosciente e sa perfettamente quali saranno le criticità più forti e che incontrerà ostacoli a non finire, soprattutto per la sua modesta conoscenza del comparto sanitario. Ma, se a un superpoliziotto si affianca una squadra di tecnici e scienziati, la strada è sicuramente in discesa. È, difatti, fondamentale che il prefetto Longo possa disporre (è nei suoi poteri) delle migliori eccellenze disponibili sul territorio, sia dal punto di vista medico-scientifico che da quello dell’amministrazione sanitaria. I nomi li abbiamo fatti più volte e circolano da diverso tempo, da quando si è entrati nel grottesco di una nomina che sembrava impossibile: il prof. Franco Romeo, cardiologo di fama internazionale e direttore della Cardiologia al Policlinico Tor Vergata (e attualmente consulente scientifico della Giunta regionale calabrese per l’emergenza Covid), il prof. Giuseppe Nisticò, farmacologo di fama internazionale, già presidente della Regione Calabria nel 1995-1998, il Rettore dell’Università Magna Graecia di Catanzaro Giovambattista De Sarro, farmacologo e ricercatore, il prof. Massimo Martelli, chirurgo toracico di elevato spessore al Forlanini di Roma, per la parte medico-scientifica; il dott. Rubens Curia, medico virologo ed esperto di amministrazione sanitaria, il dott. Gianfranco Luzzo, memoria storica della Sanità in Calabria. Tutti e sei hanno due caratteristiche in comune: sono eccellenze nel loro campo e sono calabresi. Il prefetto Longo li convochi, li coinvolga nel progetto di rilancio (oltre che di risanamento) della sanità calabrese, ne faccia una task force invincibile che avrebbe a cuore solo il benessere dei calabresi. L’impegno di queste sei eccellenze sarebbe appassionato, quanto competente, per dare una definitiva svolta al crack della sanità in Calabria. Impegno al pari di quello – siamo certi – che ci metterà il prefetto Longo che è profondamente legato alla Calabria e ha a cuore il benessere dei calabresi.

Un disastro, quello della sanità, che ha origini lontane e, probabilmente, una rete di connivenze e di complicità che dovranno interessare l’autorità giudiziaria. Con il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri il nuovo Commissario ad acta Guido Longo condivide un’antica amicizia e una stima reciproca che sono la garanzia migliore per un ottimo lavoro sul territorio, per fare “pulizia”, far uscire allo scoperto imperdonabili dimenticanze e cancellare l’orripilante abitudine della “contabilità orale” che se non fosse vera potrebbe anche indurre al sorriso. Certo, è difficile rilanciare la sanità se si deve pensare di risanare prima di tutto i debiti. Quindi l’impegno vero del Governo, se vuole veramente dimostrare che l’Italia non è vero che s’è dimenticata della Calabria, dovrebbe essere quello di azzerare o, almeno, congelare il debito pregresso. Debito di cui, peraltro, non si hanno notizie certe: ci sono state fatture pagate più volte, mentre altri (sfortunati) fornitori ancora attendono fino a 800 giorni per vedersi saldate le spettanze, ma soprattutto ci sono i crediti ceduti a società di recupero che hanno costruito una fortuna sul debito della sanità. La cosa più inquietante – e sarà la prima mossa, immaginiamo del Commissario – è che a fronte di decreti ingiuntivi e precetti di pagamento mai nessun avvocato delle varie aziende sanitarie chiamate a pagare si è mai presentato a proporre opposizione alle richieste. Così, è stato facile, soprattutto per le società di collecting avanzare richieste di pagamento attraverso la via giudiziaria, senza mai trovare alcun ostacolo, indipendentemente se il debito fosse vero e accertabile o inesistente.

L’azzeramento del debito della sanità non significa un condono penale per quanti hanno lucrato sui guasti del sistema sanitario calabrese, ma equivale a offrire ai calabresi la possibilità di ricostruire un apparato che offra servizi adeguati ai cittadini. E l’emergenza Covid giustifica e autorizza un’eventuale azione di azzeramento del debito: sarebbe il minimo del risarcimento dovuto da uno Stato incapace – attraverso le sue scelte commissariali durate dieci anni – di rendere la Calabria una regione “normale”, almeno dal punto di vista del diritto alla salute.

Intendiamoci, non farà certo piacere alle regioni del Centro-Nord un vero risanamento del sistema sanitario calabrese: significa dire addio a circa 300 milioni all’anno di ricavi dal cosiddetto “turismo sanitario”, ovvero le prestazioni a tutti quei calabresi che vanno a curarsi o farsi operare fuori dalla regione, per mancanza di strutture e, soprattutto, per l’assenza di un sistema funzionante. Un calabrese per la sanità dispone a malapena di 15 euro, contro gli 89 di un emiliano: come vogliamo chiamarla questa disparità? Divario? Sarebbe un’offesa all’intelligenza: è il risultato dell’atteggiamento furbo di chi ha dragato a fondo le risorse del Mezzogiorno (uomini, quattrini, investimenti mancati) per far crescere il Centro-Nord, dove peraltro i migliori specialisti della medicina (e non solo) hanno tutti l’accento calabrese.

La Calabria ha il triste record dell’export delle eccellenze e delle migliori risorse umane: questo il nuovo commissario ad acta Guido Longo lo sa perfettamente e siamo sicuri che il suo impegno sarà proprio rivolto per invertire – almeno nell’ambito sanitario – questo trend. È un uomo dello Stato: «Il presidente del Consiglio mi ha contattato oggi pomeriggio (ieri per chi legge) proponendomi l’incarico. Quando lo Stato mi ha chiamato non ho mai detto di no. E la cosa non mi spaventa: non ho mai avuto incarichi facili». (s)


I COMPITI DEL COMMISSARIO

Il dott Guido Longo è stato nominato commissario ad acta «per l’attuazione del vigente Piano di rientro dai disavanzi del Servizio sanitario della Regione Calabria”.

Spetta anche al Commissario ad acta «il monitoraggio delle procedure per la realizzazione dei Nuovi Ospedali secondo quanto previsto dalla normativa vigente e dalla programmazione sanitaria regionale», «la definizione dei tetti di spesa e dei conseguenti contratti con gli erogatori privati accreditati per l’acquisto di prestazioni sanitarie in coerenza con il fabbisogno assistenziale, con l’attivazione, in caso di mancata stipula del contratto e ridefinizione delle tariffe delle prestazioni sanitarie, nel rispetto di quanto previsto dalla normativa vigente». È anche prevista l’attuazione «dei nuovi compiti assegnati al Commissario ad acta dal decreto legge 10 novembre 2020, n. 150 e tra questi l’adozione del Programma operativo per la gestione dell’emergenza Covid-19 previsto dall’articolo 18 del decreto legge 17 marzo 2020». (rrm)

 

Il prefetto Guido Longo è il nuovo Commissario della Sanità in Calabria

È L’EX PREFETTO DI VIBO VALENTIA GUIDO LONGO IL NUOVO COMMISSARIO DELLA SANITÀ CALABRESE
Lo ha deciso il Consiglio dei Ministri riunito nel tardo pomeriggio per decidere sulla nomina, che è avvenuta su proposta del ministro dell’Economia di concerto con il ministro della Salute e sentito il parere del ministro per le Regioni. Il nuovo commissario per la sanità calabrese è il prefetto Guido Longo (in pensione dal 1° giugno 2018, quando ha lasciato Vibo Valentia). È stato quetsore a Reggio e Palermo, un «poliziotto di spessore – lo aveva salutato il giorno del commiato a Vibo il prefetto di Reggio Michele Di Bari – e con un singolare fiuto investigativo che ha calpestato in lungo ed in largo il territorio italiano , conseguendo risultati eccezionali e straordinari. È vero, oggi si chiude una fase di una esistenza improntata a sacrifici ed abnegazione e vissuta con passione ed entusiasmo perché grandemente sono stati gli ideali ed i valori costituzionali che hanno accompagnato questo singolare servitore dello Stato. È anche vero però che si schiude un futuro in cui un patrimonio di idee, di competenze, di una forza travolgente per conoscere e contrastare i fenomeni malavitosi è al servizio del Paese».
«Un uomo delle istituzioni, che ha già operato in Calabria, sempre a difesa della legalità» – ha scritto su Twitter il presidente Conte. (rp)

Ancora fumata nera per il commissario della sanità calabrese, l’Anci si mobilita

Fino a tarda sera ancora nessuna notizia da Palazzo Chigi sulla nomina del nuovo commissario ad acta della sanità calabrese. L’ultima voce riguarda il dott. Agostino Miozzo attuale coordinatore del Comitato Tecnico Scientifico antiCovid e la domanda che tutti si pongono è perché, in questa fase di emergenza, togliere da una struttura dove sta lavorando in maniera egregia un professionista come Miozzo? Possibile che il Consiglio dei ministri si sia incartato su una questione così semplice?

Lo stesso procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri, martedì sera ospite di Giovanni Floris, ha ribadito che ci sono ottimi professionisti in Calabria e diverse eccellenze in campo medico-scientifico in grado di supportare adeguatamente l’azione di un commissario alla sanità.

Lo abbiamo scritto più volte ed è opinione diffusa che non serve un medico, ma un manager che abbia competenze specifiche, purché supportato da una squadra di specialisti (locali, o comunque con buona conoscenza del territorio) in modo di attuare un programma non solo di risanamento di tutto il comparto sanitario calabrese, ma anche di rilancio e crescita del settore. Ci sono grandi scienziati, ottimi specialisti, ma i calabresi sono costretti a fare “turismo sanitario” per potersi curare, con un costo per la Regione stimato in oltre 300 milioni l’anno. È da qui che si deve ripartire: serve volontà politica di risolvere il problema della sanità calabrese, azzerando o quantomeno congelando il debito per ripartire.

Intanto è già trascorsa una settimana dall’incontro di giovedì scorso dei sindaci calabresi con il presidente Conte. L’Anci Calabria, per voce del vicepresidente vicario Francesco Candia, segnala che si avvertono «gravi sensi di sconforto e di sfiducia» nei sindaci e in gran parte dei cittadini. L’Associazione dei Comuni calabresi conferma «lo stato di allerta e vigilanza dei sindaci della regione che, nel perdurare di tale situazione, si dichiarano in stato di permanente agitazione e formulano un ennesimo sollecito al Presidente del Consiglio dei ministri affinché si provveda alle attese nomine per assicurare l’indispensabile operatività dei vertici sanitari in Calabria nel mentre incombe l’emergenza epidemica».

L’Anci Calabria preannuncia «una imminente ulteriore iniziativa di lotta con picchettamento di uno o più Palazzi di Governo nella Regione e ciò a oltranza, sino al verificarsi di effettivi e concreti efficaci sviluppi sulle problematiche pendenti le cui iniziali soluzioni sembrano inspiegabilmente e irresponsabilmente sospese». (rrm)