Ponte sullo Stretto, Legambiente: Opera inutile e faraonica

«Un’inutile opera faraonica che in tutti questi anni è costata al Paese tra studi, consulenze e stipendi della società stretto di Messina circa un miliardo di euro». È così che Legambiente ha definito il Ponte sullo Stretto, criticando, aspramente, l’approvazione del decreto in Consiglio dei ministri.

Per l’Associazione, infatti, «la vera urgenza da affrontare in un decreto-legge è la partenza di quei cantieri per la transizione ecologica necessari per permettere ai cittadini e alle merci di muoversi in Calabria e Sicilia come in un paese civile e industrializzato e per contribuire alla lotta alla crisi climatica».

«Questo oggi non è garantito né agli uni, né agli altri e non sarà certo il Ponte sullo Stretto a permetterlo – hanno ribadito, in una nota congiunta, Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente, in una nota congiunta con Anna Parretta e Giuseppe Alfieri, rispettivamente presidente di Legambiente Calabria e Sicilia –. Serve una drastica cura del ferro, un potenziamento delle infrastrutture per la mobilità sostenibile, con linee ferroviarie elettrificate e a doppio binario, percorse da treni moderni, frequenti e puntuali, e non una cattedrale nell’evidente ‘deserto della mobilità’ come il Ponte sullo stretto di Messina».

«Chiediamo al ministro delle infrastrutture e dei trasporti Matteo Salvini di fare un esercizio molto più utile ai cittadini meridionali e a chi si sposta in queste due regioni per lavoro o turismo», hanno suggerito, ricordando come il Ponte è uno «sperpero di soldi pubblici che ora rischia di essere ulteriormente aumentato, senza contare che quelle risorse si sarebbero potute investire per la cura del ferro e per il potenziamento delle infrastrutture per la mobilità sostenibile e del trasporto via nave».

«Su questi tre interventi, l’Italia è in netto ritardo rispetto agli altri Paesi europei e agli obiettivi che ci sta chiedendo l’Europa in termini di lotta alla crisi climatica, decarbonizzazione dei trasporti e accelerazione della transizione ecologica del Paese. Le risposte che sono arrivate dal governo Meloni invece – ha detto Ciafani – sono state la riattivazione dello Stretto di Messina Spa, prevista nell’ultima legge di bilancio, e un decreto-legge che oggi approderà in Cdm attraverso lo strumento della decretazione d’urgenza e in cui si dice che i lavori inizieranno del Ponte inizieranno entro il 2024».

«Il Ministro dovrebbe spiegare ai cittadini calabresi e siciliani – ha aggiunto – quali sono questi motivi “straordinari e urgenti” per cui si ricorre alla decretazione d’urgenza e perché l’Italia, dall’altra parte, continua ad essere in ritardo nel realizzare e migliorare quelle infrastrutture di mobilità sostenibile di cui il Paese, e soprattutto il Meridione, ha bisogno».

Legambiente, come ha sottolineato nell’ultimo report Pendolaria 2023, ricorda che sul fronte trasporti nel Mezzogiorno circolano meno treni, i convogli sono più vecchi – con un’età media di 18,5 anni, in calo rispetto a 19,2 del 2020 ma molto più elevata degli 11,9 anni di quelli del nord – e viaggiano su linee in larga parte a binario unico e non elettrificate. Le corse dei treni regionali in Sicilia e in Calabria, ad esempio, sono ogni giorno rispettivamente 506 e 333 contro le 2.173 della Lombardia, quando la popolazione in Lombardia è pari al doppio dei siciliani (rispettivamente 10 e 5 milioni) con un’estensione inferiore a quella dell’isola.

Per l’associazione ambientalista la cura per il sud si traduce con più treni per il Meridione, elettrificazione e collegamenti più veloci e frequenti tra la Sicilia, la Calabria e il resto della Penisola, portando le Frecce nei collegamenti tra Palermo, Catania e Roma, potenziando il trasporto via nave lungo lo Stretto e rafforzando i collegamenti in treno da Reggio Calabria a Taranto e Bari, ripristinando la possibilità di imbarcarsi sulle navi di qualunque vettore con un unico biglietto. (rcz)

Abusivismo edilizio, solidarietà al vicesindaco di Vibo, Legambiente: “È la strada giusta, non possiamo farci intimorire”

Anna Parretta, presidente di Legambiente Calabria, esprimendo solidarietà al vicesindaco di Vibo Valentia, Pasquale Scalamogna, «da parte del proprietario di una struttura abusiva, in località Capannina, durante le operazioni di demolizione», ha evidenziato come «un atto  di violenza che però non può e non deve fermare il percorso di legalità e tutela ambientale che si sta operando nella nostra regione».

«Siamo sulla strada giusta – ha aggiunto – non possiamo farci intimorire. Quello dell’abusivismo edilizio sta diventando un fenomeno sempre più grave e drammatico per effetto degli eventi estremi che in Calabria stanno aumentando la propria frequenza con precipitazioni eccezionali che provocano alluvioni e frane con pesanti ricadute sull’incolumità delle persone e sulla sicurezza del territorio».

La Calabria è una delle regioni con il più alto tasso di reati nel ciclo del cemento e registra migliaia di ordinanze di demolizione emesse e mai eseguite. Nell’ultimo Rapporto ecomafia di Legambiente, la Calabria è al secondo posto nel ciclo illegale del cemento con 1086 reati di cui 373 solo nella provincia di Cosenza, seguita al terzo posto da Reggio Calabria con 249 reati; Crotone 161, Vibo Valentia 56 e Catanzaro 50. Dai dati dell’ultimo dossier “Abbatti l’Abuso” dell’Associazione del Cigno Verde, in Calabria, dal 2004 al 2020, su 1.192 ordinanze di demolizione emesse, solo 133 sono state eseguite, ovvero l’11,2%. Delle restanti ordinanze non ottemperate, 1.059, solo 33 sono state trasmesse al Prefetto.

Legambiente non si ferma e continua il monitoraggio e la raccolta di dati sul territorio per la campagna permanente “Abbatti l‘abuso”, una battaglia aperta contro il cemento abusivo per restituire sicurezza, dignità e bellezza al nostro Paese. Si tratta di un fenomeno che devasta i luoghi più belli del Paese e mette a rischio la vita delle persone.  Manufatti che spesso rimangono allo stato incompiuto di scheletri, villette e alberghi che privatizzano interi pezzi di spiaggia, che sorgono in mezzo ai letti dei fiumi o in aree a rischio idrogeologico. Costruire infischiandosene delle regole provoca pesanti conseguenze sullo sviluppo urbanistico, sulla qualità del paesaggio, sull’economia e sulla sicurezza del territorio. (rcz)

Discarica Scala Coeli, Legambiente presenta esposto ai Carabinieri Noe

Il Circolo “Nica” di Legambiente, guidato da Nicola Abruzzese, ha inviato un esposto al Comando  dei Carabinieri per la tutela dell’ambiente Noe per chiedere un intervento urgente per la discarica di Scala Coeli.

Un esposto presentato per evitare il probabile inquinamento delle falde acquifere con le conseguenti ripercussioni ambientali e sulla salute.

«Alla Regione – ha dichiarato Anna Parretta, presidente di Legambiente Calabria – chiediamo, con urgenza, di effettuare tutti i necessari controlli e di sospendere i conferimenti di rifiuti nella discarica di Scala Coeli e, nell’immediato futuro, maggiore coerenza tra i piani regionali di gestione dei rifiuti e quanto realizzato effettivamente sui territori a partire dall’abbandono della logica delle discariche».

«Chiediamo politiche reali – ha continuato – sia per migliorare gli stili di vita e consumo dei cittadini in un’ottica di economia circolare puntando ad una riduzione dei rifiuti alla fonte, sia indirizzate, ad esempio, ad un deciso incremento della raccolta differenziata per raggiungere gli obiettivi di legge, al potenziamento degli impianti di riciclo esistenti sul territorio ed alla realizzazione di impianti tecnologicamente avanzati per il riciclo e la valorizzazione dei rifiuti». 

«Obiettivi essenziali – ha concluso – ed imprescindibili che devono essere perseguiti con determinazione nell’interesse della collettività calabrese e del rispetto dell’ambiente».

In Calabria la gestione del ciclo dei rifiuti continua a seguire circuiti viziosi ed a non trovare reali soluzioni. Dal recente rapporto Rifiuti Urbani dell’Ispra, pubblicato a dicembre 2022 e giunto alla sua ventiquattresima edizione, la Calabria risulta al 53,05% di raccolta differenziata su una media nazionale del 64%, con una situazione che registra un lieve miglioramento rispetto agli scorsi anni, ma rimane molto difficile soprattutto nelle province di Crotone (35,53%) e di Reggio Calabria (38,38%).

La nostra Regione continua ad essere agli ultimi posti nelle classifiche nazionali e ben lontana dagli obiettivi fissati dalla normativa comunitaria che indica obiettivi di riciclaggio dei rifiuti molto elevati già nei prossimi anni (per i soli rifiuti domestici al 55% entro il 2025, al 60% entro il 2030 e al 65% entro il 2035).

Nonostante le dichiarazioni di principio e gli intenti contenuti nel Piano regionale di gestione dei rifiuti (PRGR) risalente all’anno 2016 recentemente modificato su DGR n. 299/2022, miliardi di euro ed una gestione commissariale durata oltre 15 anni, la Calabria continua a smaltire una quantità enorme di rifiuti in discarica ed a spedirli all’estero con costi enormi.

Da un lato, quindi, le parole ed i tentativi della Regione Calabria, dall’altro i fatti, dissonanti rispetto ai problemi calabresi ed agli obiettivi da raggiungere in base alla normativa in materia di rifiuti e di contrasto alla crisi climatica nel rispetto dei vincoli funzionali alla riduzione delle emissioni climalteranti in atmosfera. In attesa che porti risultati concreti, la «Multiutility» di gestione del ciclo dei rifiuti e dell’acqua, sostitutiva degli Ato provinciali, la realtà della politica calabrese ci parla attualmente di previsioni di incremento del termovalorizzatore di Gioia Tauro- soluzione errata e contraria ai principi dell’economia circolare e dello sviluppo ecosostenibile – e continua a realizzare anacronistiche e paradossali discariche sul territorio.

È il caso emblematico e quasi surreale della discarica di rifiuti speciali non pericolosi di località Pipino nel Comune di Scala Coeli, sulla quale Legambiente, a tutti i livelli associativi, sta portando avanti, da anni, una strenua battaglia. Ad onta della logica, perseguita solo in teoria dalla Regione, di discariche “ zero”,  nella nuova discarica di Scala Coeli, su cui pende anche un ricorso al Consiglio di Stato presentato dall’associazione ambientalista, nel silenzio assordante della politica locale, regionale e nazionale e delle istituzioni deputate al controllo delle prescrizioni del Decreto autorizzativo n. 14284 del 20/11/2019, da fine ottobre 2022 sono già iniziati i conferimenti di rifiuti senza neppure  tener conto del parere della Struttura Tecnica di Valutazione, prot. 29018 del 24/01/2019, allegato 2 al decreto 14284 del 20/11/2019 che prescrive al punto n. 7: “L’effettivo esercizio della discarica dovrà essere condizionato al completamento dei lavori di adeguamento della viabilità comunale e provinciale di accesso”. 

Tali opere sono ben lungi dall’essere completate e la problematica si aggiunge a tutte le altre criticità insuperabili ed irrisolte del sito a partire dall’alta vocazione di agricoltura biologica e di qualità della zona.

Il circolo “Nica” di Legambiente, con il suo presidente Nicola Abruzzese, ha recentemente chiesto formalmente la sospensione dei conferimenti recandosi sui luoghi per effettuare un sopralluogo nel torrente Patia e per verificare, de visu, le condizioni della viabilità. 

Inoltre, a seguito delle tantissime segnalazioni degli agricoltori che hanno le proprie aziende agricole biologiche in località Pipino, nel mese di dicembre 2022 un ulteriore sopralluogo ha constatato che i rifiuti finora abbancati sono sommersi dall’acqua e che allo stato il catino della discarica si è trasformato in un vero e proprio lago.

La gravità della situazione è stata immediatamente segnalata agli uffici competenti con richiesta di controllo e di verifica urgente, rimasta senza esito. (rcz)

ECOMAFIE, IL TRISTE PRIMATO CALABRESE
È QUARTA IN ITALIA E CONSENZA È SECONDA

La Calabria continua a essere maglia nera per gli ecoreati. Secondo il report Ecomafia di Legambiente, la nostra regione si posiziona quarta nella classifica nazionale e, Cosenza, a livello Provinciale, è al secondo posto dopo Roma.

«È desolante continuare a vedere, nel corso degli anni, la Calabria sempre ai primi posti nella classifica nazionale degli ecoreati – ha dichiarato Anna Parretta, presidente Legambiente Calabria. Particolarmente gravi i dati relativi al ciclo illegale del cemento che portano la nostra Regione al secondo posto ed evidenziano la necessità di azioni reali ed incisive contro l’abusivismo edilizio e la cementificazione del territorio e delle coste. Non è più tempo di proclami e perenni promesse inadempiute: servono azioni concrete contro i grandi e piccoli ecomostri calabresi. Ed è essenziale, oltre al ripristino ed alla cura della nostra bellissima terra, consolidare la cultura della legalità in particolare sui temi ambientali».

Un quadro preoccupante, dunque, quello tracciato da Legambiente nel suo report, in cui viene evidenziato come «Campania, Puglia, Calabria e Sicilia sono le quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa che subiscono il maggiore impatto di ecocriminalità e corruzione. Qui si concentra il 43,8% dei reati accertati dalle forze dell’ordine e dalle Capitanerie di porto, il 33,2% degli illeciti amministrativi e il 51,3% delle inchieste per corruzione ambientale sul totale nazionale».

Ma, se andiamo a vedere a livello regionale, la situazione è davvero preoccupante: Nella classifica delle illegalità ambientale 2021, infatti, la Calabria è al quarto posto con 2680 reati, di questi 1060 solo nella provincia di Cosenza, territorio che si classifica al secondo posto per numero di reati tra le province di Italia, dopo Roma. In tutta la regione, sono state 2469 le persone denunciate, 21 arresti , 1009 sequestri, 3407 illeciti amministrativi e 3298 sanzioni amministrative. 

Nel ciclo illegale del cemento la Calabria è al secondo posto con 1086 reati. Anche in questa classifica troviamo la provincia di Cosenza al secondo posto nella classifica nazionale con 373 reati, seguita al terzo posto da Reggio Calabria con 249 reati. 

Nel ciclo illegale dei rifiuti la Calabria è al quinto posto con 509 reati di cui 172 nella provincia di Cosenza e 146 nella provincia di Reggio che nella classifica delle provincie italiane si collocano rispettivamente al settimo ed ottavo posto. 

Sono state 557 le inchieste sull’art. 452 quaterdecies C.P, attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti da febbraio 2002 al 19 luglio 2022. 

Nella classifica sugli incendi negli impianti di trattamento, smaltimento, recupero dei rifiuti, la regione Calabria è all’ottavo posto per numero di reati con 91 incendi ad impianti dall’1 gennaio del 2013 al 31 luglio 2022. In Italia, nello stesso periodo di riferimento, sono stati in tutto 1388.

Nella classifica delle illegalità contro la fauna, la Calabria è al settimo posto con 364 reati. Undicesimo posto tra le province italiane per Reggio Calabria con 137 reati, 126 persone denunciate, un arresto e 196 sequestri.

Infine anche alcuni dati sull’arte rubata nel 2021, la Calabria è al quindicesimo posto con 8 reati, 78 persone denunciate, una persona arrestata, 4 sequestri, 19 illeciti amministrativi e 19 sanzioni amministrative. 

Che fare, dunque? L’Associazione non ci sta e, per questo, avanza dieci proposte «per rendere più efficace l’azione dello Stato, partendo dall’approvazione di quelle riforme che ancora mancano all’appello, anche in vista della nuova direttiva europea sui crimini ambientali».

Approvare anche nella XIX legislatura la costituzione della Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati (la cosiddetta Commissione  Ecomafia) – è la prima proposta, seguita poi dalla richiesta di inserire, con il primo provvedimento utile, i delitti ambientali previsti dal Titolo VI-bis del Codice penale e il delitto di incendio boschivo (423-bis), considerata la loro gravità e complessità, tra quelli per cui non scatta alcun automatismo in materia di improcedibilità.

Chiesto, poi, di approvare il disegno di legge contro le agromafie, che introduce i nuovi delitti a tutela del patrimonio agroalimentare del nostro Paese, del vero “made in Italy” e della salute delle persone, già varato dal governo, durante la scorsa legislatura, nell’aprile del 2020 ma mai votato in Parlamento. Per Legambiente, poi, serve introdurre nel titolo VI-bis del Codice penale sanzioni adeguate ed efficaci nei confronti di chi commette crimini contro gli animali (fino a 6 anni di reclusione e 150.000 euro di multa).

Istituire uno specifico “Fondo nazionale per la prevenzione e la tutela degli animali oggetto di maltrattamento, abbandono, sequestro, confisca o selvatici feriti”, chiede l’Associazione, oltre che «ripristinare, se necessario con una modifica legislativa, la corretta attuazione da parte delle prefetture di quanto previsto dall’art. 10-bis della legge 120/2020, che ne stabilisce il potere sostitutivo in tutti i casi, anche antecedenti all’approvazione della norma, di mancata esecuzione da parte dei Comuni delle ordinanze di demolizione di immobili abusivi».

«Emanare, da parte del ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica i decreti attuativi della legge 132 del 2016 – si legge tra le proposte – che ha istituito il Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (ancora non pubblicati al momento di scrivere questo Rapporto) e prevedere incrementi di organico per il Sistema nell’ambito del reclutamento di nuovo personale a cui affidare i controlli sulle opere da realizzare con il Piano nazionale di ripresa e resilienza».

Sarebbe importante, poi, «rimuovere la clausola dell’invarianza dei costi per la spesa pubblica prevista sia nella legge 68/2015 che in quella che ha istituito il Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente» chiede ancora Legambiente, sottolineando la necessità di «inasprire le sanzioni per il delitto di traffico organizzato di rifiuti, ai sensi dell’art. 452-quaterdecies, innalzando le pene reclusive da 3 a 8 anni (10 nel caso di rifiuti radioattivi) e introdurre nuove e più stringenti sanzioni in materia di smaltimento illecito».

Infine, viene chiesto di «garantire l’accesso gratuito alla giustizia da parte delle associazioni, come Legambiente, iscritte nel registro unico nazionale del Terzo settore e impegnate di fronte a qualsiasi autorità giudiziaria in qualsiasi grado di giudizio nel perseguimento dei propri fini statutari». (rrm)

Legambiente Calabria: Nella lotta all’abusivismo non c’è più tempo per proclami

Legambiente Calabria, accogliendo positivamente la linea dura di Occhiuto contro l’abusivismo edilizio, ha auspicato che, stavolta, «oltre ai proclami, si assumano provvedimenti concreti e risolutivi in tema di ciclo illegale del cemento e di dissesto idrogeologico e non  soluzioni tampone sull’onda dell’ennesima emergenza».

Il governatore, infatti, ha annunciato una linea dura e l’intenzione di accelerare per procedere alla demolizione di 400 edifici abusivi anche con l’ausilio di commissari ad acta e l’istituzione di un apposito Fondo di rotazione per dare la possibilità ai Comuni di superare eventuali ostacoli di ordine finanziario. Nella medesima nota la Regione sottolinea anche di avere approvato un disegno di legge per il riordino del Sistema regionale di protezione civile, attualmente disciplinato da una legge che risale al 1997.

Anna Parretta, presidente di Legambiente Calabria, ha ricordato che «il fragile calabrese, anche in connessione con la crisi climatica in atto, non può più sopportare il peso della cementificazione selvaggia del territorio, del consumo insensato di suolo e delle molteplici illegalità diffuse».

«Legambiente segnala da decenni, nei propri dossier – viene spiegato in una nota – i rischi legati all’abusivismo edilizio ed alle mancate demolizioni così come le anomalie e le problematiche seguite in molti casi alle logiche dei condoni.  Si tratta di una situazione che sta diventando sempre più grave e drammatica per effetto degli eventi estremi che in Calabria stanno aumentando la propria frequenza con precipitazioni eccezionali che provocano alluvioni e frane con pesanti ricadute sull’incolumità di cose e persone».

«La Calabria – viene evidenziato – deve fare ancora tantissimo per la concreta riduzione del rischio idrogeologico sul territorio considerando che sul territorio regionale esistono intere zone edificate su aree considerate franose, come l’esempio simbolico di Gimigliano, in provincia di Catanzaro, in gran parte edificato in zona classificata R4. Nel corso dei decenni, complici normative non aggiornate, ambiguità amministrative ed assenza di controlli sia preventivi che successivi, si è costruito in maniera eccessiva e molto spesso in zone pericolose ed inadatte e si è costruito troppo spesso in maniera abusiva».

«La Calabria – continua la nota – è una delle regioni con il più alto tasso di reati nel ciclo del cemento e registra migliaia di ordinanze di demolizione emesse e mai eseguite. Difatti, dai nostri dati, risulta eseguito circa l’11% delle ordinanze di demolizione esecutive, dato che scende ad appena il 5% nelle aree costiere».

Si tratta di una situazione insostenibile, per questo l’Associazione ha chiesto di procedere «alla demolizione degli immobili abusivi posti in aree a rischio idrogeologico, sismico o lungo le coste. Nelle more della demolizione, ad esempio, auspichiamo l’applicazione concreta  del c.4 dell’art. 31 del d.p.r. n. 380/2001 in base al quale: “L’accertamento dell’inottemperanza alla ingiunzione a demolire, nel termine di cui al comma 3, previa notifica all’interessato, costituisce titolo per l’immissione nel possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari, che deve essere eseguita gratuitamente”».

«Si tratterebbe di un segnale concreto – viene detto nella nota – che toglierebbe agli abusivi la possibilità di continuare ad usufruire dei beni immobili oggetto delle ordinanze di demolizione».

«Tra le altre molteplici proposte concrete, avanzate dalla storica associazione ambientalista – continua la nota – ribadiamo l’appello affinché sia ripristinata l ’efficacia della norma introdotta con la legge n. 120/2020, che attribuiva ai prefetti il potere sostitutivo nelle demolizioni degli abusi edilizi, di fronte all’inerzia dei Comuni che emettono le ordinanze ma non le eseguono. La forte valenza della norma è stata azzerata, di fatto, con una sconcertante circolare interpretativa del Ministero dell’Interno in base alla quale “i poteri delle prefetture riguardano esclusivamente gli abusi accertati successivamente alla entrata in vigore della normativa” così consentendo ancora l’impunità degli abusivi».

«Non è più tempo di proclami – conclude la nota – per il futuro della Calabria è tempo di ripristinare la legalità per rimediare a  decenni di colpevoli ritardi e ribadire il ruolo della Amministrazione pubblica». (rcz)

Allarme clima, Legambiente: Azioni per evitare tragedia come a Ischia

Servono azioni celeri per evitare tragedia come a Ischia. È quanto ha ribadito Legambiente Calabria, ricordando che «la Calabria è tra le regioni in cui gli effetti della crisi climatica stanno diventando sempre più accentuati e si stanno susseguendo, con sempre maggiore frequenza, allerte meteorologiche arancioni o rosse e problematiche sul territorio».

Per come emerge dal dossier di Legambiente “Città Clima” 2022, dal 2010 ad oggi la Calabria è stata colpita da 82 eventi climatici estremi che sono cresciuti in maniera esponenziale nell’ultimo biennio con piogge intense che hanno portato ad allagamenti e danni alle infrastrutture, trombe d’aria ed esondazioni ma anche periodi di siccità prolungata. Temperature elevate e condizioni aride si alternano, anche sul territorio calabrese, a precipitazioni eccezionali che provocano alluvioni e frane con gravi ricadute sulle popolazioni ed impatti enormi anche sul settore agricolo.

«Appare evidente che nella nostra Regione – ha dichiarato Anna Parretta, presidente di Legambiente Calabria – occorra intervenire celermente per mettere in sicurezza le persone, i territori, le attività commerciali e industriali, le scuole, gli ospedali, le infrastrutture». 

«Le scelte che verranno fatte ora a livello istituzionale decideranno il nostro futuro – ha aggiunto –. Bisogna abbandonare la logica dei condoni edilizi e l’ottica dell’emergenza, che non risolve i problemi e prosciuga le risorse, ed agire nella direzione della prevenzione, del controllo e dell’adattamento ai cambiamenti climatici. In caso contrario, si continueranno a verificare conseguenze drammatiche in termini di costi, di riorganizzazione dei territori colpiti e soprattutto di vite umane».

Secondo quanto riportato dal sito del Rendis- Repertorio Nazionale degli interventi per la Difesa del Suolo – a cura di Ispra, dal 1999 al 2022 sono stati 9.961 gli interventi avviati per mitigare il rischio idrogeologico in Italia per un totale di oltre 9,5 miliardi di euro spesi. Tra le regioni che hanno visto il maggior numero d’interventi c’è la Calabria, ma ancora  moltissimo deve essere fatto per la reale riduzione del rischio idrogeologico sul territorio e per prevenire i disastri.

Negli ultimi 9 anni – stando ai dati disponibili da maggio 2013 a maggio 2022 e rielaborati da Legambiente – l’Italia ha speso 13,3 miliardi di euro in fondi assegnati per le emergenze meteoclimatiche con una media di 1,48 miliardi/anno per la gestione delle emergenze, in un rapporto di quasi 1 a 4 tra spese per la prevenzione e quelle per riparare i danni.

n Calabria il 17,1% del territorio regionale è in uno scenario di pericolosità elevata per le alluvioni. Si tratta di fenomeni naturali che sono stati amplificati a dismisura negli ultimi decenni a causa di due fattori specifici: il consumo di suolo e il cambiamento climatico entrambi di origine antropica.

È necessario sottolineare che  si è costruito troppo e troppo spesso in zone pericolose ed inadatte, come le anse dei fiumi, ai piedi delle scarpate,  versanti scoscesi o  aree di pianura alluvionale, coste oltretutto soggette a processi di erosione, troppo spesso in maniera abusiva. I dati dell’abusivismo edilizio, riportati nel rapporto di Legambiente, “Abbatti l’abuso”, ci raccontano che questo grave fenomeno, unito all’incapacità delle Amministrazioni di procedere alle demolizioni,  ha pesantemente compromesso il territorio. A livello nazionale, sulla base delle risposte complete date dai 1.819 comuni (su 7.909) al questionario di Legambiente, in Italia, dal 2004, anno dell’ultimo condono, al 2020, è stato abbattuto solo il 32,9% degli immobili colpiti da un provvedimento amministrativo, un dato “trainato” dall’attività degli enti locali delle regioni del Centro Nord.

In Calabria, una delle regioni con il più alto tasso di reati nel ciclo del cemento, dal 2004 al 2020, per come risulta dall’ultimo report dell’associazione, è stato eseguito solo l’11,2 % su 1.192 ordinanze di demolizione emesse, pari a 133 ordinanze e solo 5 immobili  abusivi sono stati trascritti al patrimonio immobiliare del Comune ( 0,4%) . Delle restanti ordinanze non ottemperate, 1.059, solo 33 sono state trasmesse al Prefetto. Da sottolineare anche l’assenza di trasparenza delle pubbliche amministrazioni: solo 15 sono stati i Comuni che hanno risposto al questionario di Legambiente su 404 con il record della provincia di Crotone che non ha trasmesso alcun dato.

L’amara lezione che ci sta infliggendo la natura deve comportare un’assunzione di responsabilità ed azioni serie e concrete all’insegna della legalità e del rispetto dell’ambiente, come quelle indicate da Legambiente nelle proprie 100 proposte per la transizione ecologica che serve all’Italia e nel rapporto Città-Clima,  a partire dalla demolizione degli immobili abusivi posti in aree a rischio idrogeologico, sismico o lungo le coste. (rcz)

È nata la rete di “Scuole Go Green” supportata da Legambiente Calabria

Importante protocolo d’intesa è stato sottoscritto tra la Rete di Scuole Go Green e Legambiente Calabria, guidata da Anna Parretta e che vedrà protagoniste le scuole calabresi.

L’IC “G.Guzzo” di Tiriolo è scuola capofila della Rete che, attualmente, conta nove istituti comprensivi della provincia di Catanzaro tra cui l’IC Cropani-Simeri Crichi , IC Don Milani- Sala, IC Don Milani Lamezia Terme, IC Perri Pitagora, IC Sellia Marina, IC Taverna, IC Patari/Rodari e IC Borrello/ Fiorentino.

Per l’anno scolastico 2022/2023 le scuole della Rete hanno aderito al progetto “+Scienza”,  presentato da Legambiente Scuola e Formazione ed è stato istituito il “concorso Aula Pulita”, una competizione aperta a tutti gli alunni per sviluppare il senso di attivismo civico e garantire loro di poter vivere il tempo-scuola in un ambiente di cui si sanno prendere cura con rispetto e amore.

I temi che saranno affrontati si tradurranno in materiali, modelli, procedure, unità didattiche che consentiranno a tutti i partner della Rete di poter avviare una riflessione attraverso lo scambio di esperienze e, quindi, la possibilità di garantire agli alunni, appartenenti a realtà territoriali diverse, di poter riflettere insieme sulle esperienze comuni attivate, anche attraverso l’uso delle nuove tecnologie.

La professoressa Maria Rosaria Maiorano, Dirigente Scolastica della scuola capofila, evidenzia come «il vero valore aggiunto della rete sia la possibilità di lavorare in sinergia su obiettivi comuni che ruotano a 360 gradi sui traguardi fissati da Agenda 2030, affinché la nostra impronta ecologica abbia un impatto positivo sul territorio, sotto l’egida di un’organizzazione come Legambiente che è da anni esempio di cittadinanza attiva, non solo per le problematiche ambientali, ma per tutto ciò che riguarda la formazione del cittadino consapevole dei propri doveri e proprio per questo in grado di rivendicare i propri diritti».

«La Rete Go green – ha spiegato la presidente Parretta costituisce un importante supporto per le scuole che vogliono essere soggetti promotori di una cultura della sostenibilità ambientale e sociale sviluppandola con azioni concrete. La vera transizione ecologica, basata sul rispetto per la natura e tutte le specie viventi, così essenziale per il nostro futuro, inizia dal mondo della Scuola». (rcz)

In Calabria si è celebrata la Festa dell’Albero di Legambiente

Nei giorni scorsi, in tutta la Calabria si è celebrata la Festa dell’Albero, storica campagna promossa da Legambiente Calabria e giunta alla 27esima edizione.

Obiettivo dell’iniziativa, è la tutela del verde e del territorio, in collegamento con la ricorrenza nazionale della Giornata Nazionale degli Alberi istituita nella data del 21 novembre con la legge n. 10/2013 che ha anche  reso effettivo l’obbligo per i Comuni di piantare un albero per ogni nuovo nato.

«Piantare alberi significa contribuire, con gesti concreti alla lotta alla crisi climatica – ha dichiarato Anna Parretta, presidente di Legambiente Calabria –. Gli alberi sono essenziali per la vita, forniscono servizi ecosistemici di enorme valore, materiale ed immateriale,   svolgono funzioni di regolazione ambientale  in relazione al clima, assorbendo C02 e restituendo ossigeno, limitano il dissesto idrogeologico e riducono l’incidenza degli agenti patogeni, sostenendo uno sviluppo più sostenibile».

«La perdita di biodiversità e la crisi climatica – ha continuato Parretta – sono strettamente connesse e per raggiungere i livelli di mitigazione necessari ad evitare i disastri ambientali cagionati dall’aumento degli eventi metereologici estremi  è essenziale ripristinare le foreste, avere cura del territorio e delle zone umide e realizzare ed incentivare le aree protette ed i luoghi verdi nelle città».

La campagna di Legambiente prevede la piantumazione di varie tipologie di alberi, adatti al territorio ed al contesto, in particolare nelle aree urbane, nei piazzali delle scuole, in zone da riqualificare o da ampliare. Le iniziative calabresi contribuiscono al raggiungimento degli obiettivi europei del progetto  Life Terra, cofinanziato dal programma LIFE della Commissione Europea, di cui Legambiente è l’unica referente italiana, che mira a piantare entro il 2025 nove milioni di alberi in Italia. Al riguardo la strategia europea punta, complessivamente,  a creare nuove zone protette per il 30% della superficie terrestre oltre al 30% dei mari in Europa, ripristinando gli ecosistemi terrestri e marini degradati e piantando 3 miliardi di alberi entro il 2030.

In questo quadro si collocano le iniziative dell’I.C. di Rossano 3-Scuola Media Roncalli, I.C. Rossano 1 – Scuola per l’infanzia Frasso, I.C. Don Bosco- Scuola primaria Cantinella e quella del ‘Piccolo parco della biodiversità’ realizzate dal circolo Legambiente di Corigliano Rossano con il Comune,  che ha  riguardato un terreno ferito dall’alluvione del 2015 dove  sono state messe a dimora 95 nuove piante e che porterà ad un più articolato intervento di riqualificazione ed alla costruzione di un’area attrezzata per bambini.

Una iniziativa supportata dalla raccolta fondi del progetto “Music For The Planet” attivato dall’artista Elisa insieme a Legambiente, Music Innovation Hub e AWorld. Sempre nell’ambito del  medesimo progetto anche i due appuntamenti organizzati a Reggio Calabria ed  in provincia, curati dal Circolo Legambiente “Città dello Stretto” presso l’Oasi Padre Magro, in via Reggio Campi, in collaborazione con la scuola primaria “G. Pascoli” dell’Istituto comprensivo “Galilei-Pascoli” e a Bagaladi con l’ iniziativa dal titolo “Un seme di oggi per un fiore di domani” presso il Villaggio per crescere.

Ancora, tra gli altri  tantissimi altri eventi ricordiamo quello organizzato dal circolo Legambiente Le Castella ad Isola Capo Rizzuto che ha coinvolto tutti i plessi dell’I.C. Gioacchino da Fiore, quello realizzato dal Circolo Legambiente Airone di Catanzaro con l’I.C. “Guzzo” di Tiriolo e le iniziative realizzate dal circolo Legambiente Serre cosentine con l’ Istituto comprensivo Giovanni Falcone di Quattromiglia, plessi di Arcavacata e Santo Stefano tra riflessioni sulle tematiche ambientali, condivisione di buone pratiche , poesie e canzoni a tema.

I circoli di Legambiente Girifalco e Staletti’, alla presenza del Comune e del Gruppo Carabinieri della Biodiversità di Catanzaro, hanno messo a dimora, presso  l’I.C. “ Sabatini” di Borgia, “ L’albero di Falcone” nell’ambito del progetto nazionale “ Un albero per il futuro” e, in una successiva iniziativa il circolo di Girifalco pianterà alberi di agrumi presso l’I.C. “Scopelliti”.

Il Circolo Legambiente Valle Tacina di Petilia Policastro ha aderito alla Festa dell’Albero con la collaborazione della Scuola Primaria e del Liceo Scientifico –“Scuola Sostenibile -SOS Clima”, del reparto Carabinieri Biodiversità di Catanzaro e della locale Stazione Carabinieri Forestali. Le Scuole hanno anche aderito al progetto triennale nazionale di educazione ambientale “ Un albero per il futuro” per la realizzazione di un bosco diffuso con i Carabinieri della Biodiversità ed al progetto europeo “Life Terra”. Nel corso dell’evento è stato anche presentato il  progetto scolastico avente ad oggetto la realizzazione di laboratori green, sostenibili ed innovativi che prevede l’allestimento di una serra per l’agricoltura 4.0 e la coltivazione idroponica per una agricoltura piu’ attenta alla sostenibilità ed all’ambiente, che eviti gli sprechi a partire dalla risorsa acqua.

Nella tutela dell’ambiente e nell’aumento della sensibilità e consapevolezza la Scuola gioca un ruolo determinante.

Ancora, i locali circoli Legambiente hanno realizzato la Festa dell’albero a Vibo presso la Scuola “Buccarelli” unitamente ai Carabinieri Forestali mentre altre iniziative sono state organizzate nei prossimi giorni a Tropea, Zambrone, Rombiolo e Santa Domenica.

Con questa consapevolezza, nel corso dell’assemblea di Legambiente Calabria, tenutasi a Lamezia Terme il 20 novembre, è stata presentata ai circoli calabresi la Rete di Scuole “Go Green”, coordinata da Stefania Rotella. Una rete che vede l’IC “G. Guzzo” di Tiriolo scuola capofila e conta attualmente 9 IC comprensivi della provincia di Catanzaro tra cui  l’IC Cropani-Simeri Crichi , IC Don Milani- Sala, IC Don Milani Lamezia Terme, IC Perri Pitagora, Ic Sellia Marina, IC Taverna, IC Patari/Rodari e IC Borrello/ Fiorentino e che auspica di crescere nei prossimi anni. La rete, ha firmato un protocollo d’intesa con Legambiente Calabria, nel  comune interesse di progettare  percorsi di educazione civica da sviluppare nell’ambito della sostenibilità ambientale collegate all’agenda 2030 e di sviluppare negli alunni il senso di un attivismo civico che consenta il miglioramento del proprio contesto territoriale e di vita.

Nella giornata dedicata agli alberi è partita anche la terza edizione del concorso “L’Ulivo piu’ bello del territorio” organizzato dal circolo Legambiente “Nicà” di Scala Coeli a cui potranno partecipare i seguenti comuni del basso jonio cosentino e dell’alto crotonese : Scala Coeli, Terravecchia, Cariati, Crucoli, Umbriatico, Campana, Mandatoriccio, Pietrapaola e Calopezzati.

Ed un ulivo, simbolo di pace, donato  da Legambiente Calabria, verrà piantato dal circolo di Lamezia Terme nel corso di un’iniziativa in cui verrà sottolineato lo stretto collegamento tra la crisi climatica e quella energetica e l’importanza delle fonti rinnovabili per un mondo senza guerre, piu’ giusto e piu’ rispettoso della Natura e del Pianeta. (rrm)

Legambiente: Gli interventi contro crisi energetica sono ambientalmente dannosi

Anna Parretta, presidente di Legambiente Calabria ha evidenziato come «sull’onda dell’emergenza, le Amministrazioni, sia centrale che regionale, stanno mettendo in campo interventi economicamente incongrui ed ambientalmente molto dannosi come il rigassificatore di Gioia Tauro, considerandolo una priorità nazionale».

«Le varie crisi in corso, ambientale, energetica e sociale, sono crisi sistemiche – ha spiegato – strettamente connesse, che vanno affrontate insieme con una strategia di medio e lungo periodo affinché possano essere risolte o almeno limitate. Invece ci si muove nella perenne logica dell’emergenza che, in materia di ambiente ed energia, non solo rischia di non risolvere affatto i problemi ma, paradossalmente, li aggrava».

Lo Stato Italiano rilascerà alle società energetiche, su diverse aree del territorio italiano, 12 nuove autorizzazioni per l’estrazione di idrocarburi. Gli impianti di estrazione, oltre all’enorme impatto visivo sul territorio o nello specchio di mare, oggetto dell’installazione, come ben sanno i cittadini di Crotone, hanno conseguenze gravissime sull’ambiente e sugli equilibri dell’ecosistema.

«La Calabria, quasi sicuramente, non sarà interessata dalle nuove concessioni. Per il momento almeno – ha sottolineato Anna Parretta,– perché come altri territorio del Sud Italia, la nostra regione è caratterizzata dalla presenza di numerosi giacimenti gasiferi in particolare sulla sua fascia jonica. Deve essere chiaro che dobbiamo uscire definitivamente dalla tirannia delle fonti fossili».

«Nella nostra Regione – ha rilanciato – serve creare sviluppo ambientalmente sostenibile, puntando ad esempio sulle grandi potenzialità dell’eolico offshore, in grado di portare vantaggi climatici ed occasioni lavorative per i calabresi».

«Se vogliamo fornire realmente soluzioni alla crisi climatica ed energetica nel nostro Paese – ha detto ancora – dobbiamo  uscire dalle fonti fossili ed accelerare, con un deciso cambio di rotta, sulle fonti rinnovabili. Per farlo è necessario realizzare i relativi impianti, sia i grandi impianti industriali che le comunità energetiche, sviluppare l’eolico a terra e offshore (sono almeno 5 i progetti che riguardano la Regione Calabria), installare il fotovoltaico sui tetti e sulle aree compromesse (discariche, cave, etc), e l’agrivoltaico moderno (come quello posizionato ad altezze e geometrie variabili e con pannelli mobili ad inseguimento solare che garantisce l’integrazione delle produzioni agricole con quella energetica senza consumo di suolo) ed ancora incrementare la produzione di biogas e biometano, e supportare l’idrogeno verde e la geotermia a bassa entalpia oltre ad attivare serie e lungimiranti politiche di efficienza energetica».

Per comprendere l’importanza del tema, basti pensare che quanto alle emissioni in atmosfera un solo parco eolico offshore da 675 MW è in grado di evitare 1 milione di tonnellate di CO2 e produrre circa 45.000 tonnellate di idrogeno verde all’anno, creando al contempo occupazione e lavoro di qualità.

«È essenziale, quindi – conclude la nota di Legambiente – che le energie rinnovabili diventino la prima fonte di energia per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione fissati per il 2030 e per i quali l’Unione Europea ha messo in campo strumenti finanziari importanti come il Next Generation Eu, il Piano nazionale di ripresa e resilienza che si aggiungono alla programmazione Comunitaria 2021/2027 ed alle strategie Ue per la Biodiversità al 2030».

Legambiente: Una scelta sbagliata l’impianto di produzione di combustibile a Marcellinara

Legambiente ha definito una «scelta sbagliata, figlia dell’assenza di pianificazione e della mala gestione dei rifiuti», l’impianto di produzione di combustibile solido secondario a Marcellinara.

Proprio nella giornata di domani, si terrà, presso il Dipartimento Territorio e Ambiente della Regione Calabria,  la conferenza dei servizi, finalizzata al rilascio del provvedimento autorizzatorio unico regionale (Paur) in materia ambientale, relativa all’istanza formulata dalla Calme cementi per un impianto di produzione di combustibile solido secondario (CSS), derivato dalla lavorazione dei rifiuti da realizzare nella zona industriale di Marcellinara e da utilizzare successivamente nel forno del cementificio già esistente.

Un progetto avversato dalle amministrazioni del territorio, a partire da Marcellinara e da gruppi spontanei di cittadini che hanno indetto, contestualmente alla conferenza dei servizi, un sit-in di protesta con l’obiettivo di bloccare l’installazione dell’impianto. Una mozione di contrarietà è già stata presentata anche dai limitrofi Comuni di Maida e Tiriolo.

«Oltre i comprensibili allarmi ed alle tentazioni Nimby (“Non nel mio giardino”) – si legge in una nota dell’Associazione – sono opportune una serie di riflessioni, sempre doverose nel parlare di ambiente e di salute, all’insegna di quell’ambientalismo scientifico che ha sempre caratterizzato l’operato di Legambiente. Partiamo dal presupposto normativo, imposto dall’Unione Europea che è chiarissima nell’indicare obiettivi di riciclaggio dei rifiuti molto elevati già nei prossimi anni (per i soli rifiuti domestici al 55%entro il 2025, al 60% entro il 2030 e al 65% entro il 2035). La Calabria è attualmente penultima a livello nazionale per percentuali di raccolta differenziata – che attualmente è sotto il 50% – e quindi sarà ancora più indietro quando dovrà confrontarsi con il tasso di riciclo».

Legambiente Calabria ha, infatti, invitato «le Amministrazioni che parteciperanno alla Conferenza dei servizi a valutare con molta oculatezza il provvedimento autorizzatorio in materia ambientale relativa all’istanza formulata dalla Calme cementi, colmando il gap documentale e ragionando, nell’interesse della collettività, con capacità di programmazione sulla gestione complessiva del ciclo dei rifiuti regionale realizzando un effettivo modello di economia circolare».

Proprio nel caso di Marcellinara, «occorre – reputa Legambiente – una valutazione ambientale approfondita mentre dagli elaborati presenti sul sito della Regione Calabria non si ricavano nè le caratteristiche del CSS prodotto, né la tipologia o provenienza dei rifiuti. Difatti, l’ATO rifiuti Catanzaro ha una buona percentuale di raccolta dei rifiuti differenziata, che non devono essere utilizzati come combustibile, ma devono essere riciclati con la conseguenza che i rifiuti da trasformare in CSS arriverebbero da altre aree, limitando il percorso di aumento del riciclo dei rifiuti. Inoltre, non sono presenti i dati relativi alle scorie risultanti dal processo di combustione: tutti elementi essenziali per tutela e la salvaguardia dell’ambiente e della salute».

«Per proteggere l’ambiente, la salute delle persone ed innescare meccanismi economici positivi – ha ricordato Legambiente – dobbiamo quindi differenziare molto di più e differenziare molto meglio per come richiesto dalla normativa europea.Per uscire realmente dagli enormi problemi costituiti dalla gestione del ciclo dei rifiuti e dai conseguenti danni ambientali, non servono né nuove discariche né impianti che brucino i rifiuti, ma è necessaria la costruzione, in tutte le province calabresi, di impianti tecnologicamente avanzati per il trattamento dei rifiuti ed il loro riciclo superando le attuali gravissime carenze del parco impiantistico calabrese».

«Servono un cambio di passo sia nella gestione dei rifiuti urbani che nell’impiantistica a supporto – ha evidenziato l’Associazione – a partire dai centri del riuso e della riparazione, i sistemi di tracciabilità della raccolta differenziata, il compostaggio diffuso di comunità laddove possibile e impianti integrati di digestione anaerobica dei rifiuti organici per la produzione di biometano e compost, la raccolta spinta dei rifiuti tessili e dei RAEE, l’applicazione della tariffa puntuale accompagnata da controlli rigorosi sulla piaga dell’abbandono dei rifiuti. E soprattutto, è necessario ridurre la quantità di rifiuti prodotti».

«La logica di bruciare i rifiuti, oltre che nociva per l’ambiente e per la salute, rischia di creare, nel medio e lungo periodo, dei veri e propri corto-circuiti – ha dichiarato Anna Parretta, presidente di Legambiente Calabria –. È un ragionamento che vale per il raddoppio del termovalorizzatore ( o inceneritore ) di Gioia Tauro così come per l’impianto di produzione di CSS e conseguente incenerimento di Marcellinara: si tratta di impianti che oltre a  richiedere anni per la loro costruzione, – così contraddicendo la prospettiva di rappresentare la soluzione della perenne emergenza rifiuti calabrese – comporterebbero la necessità di alimentarli di rifiuti andando in direzione diametralmente opposta rispetto alla raccolta differenziata ed all’economia circolarebasata sulla riduzione dei rifiuti, sul riuso e sul riciclo».

«In altri termini – ha concluso – il rischio è un aumento dei rifiuti perché qualsiasi inceneritore per funzionare ed essere economicamente sostenibile, deve essere “nutrito” con una logica antitetica alla raccolta differenziata di qualità».

In Calabria nel 2020 sono stati prodotti 716 mila tonnellate di rifiuti urbani (fonte ISPRA) di cui 374mila tonnellate (il 52%) in maniera differenziata e 342mila tonnellate in maniera indifferenziata. Dal 2016 al 2020 la produzione di rifiuti urbani è diminuita del 10% circa.

La frazione organica è la componente maggiore del rifiuto urbano differenziato (165mila tonnellate) rappresentandone il 44%; segue la frazione di carta e cartone (24% del totale corrispondente a 90mila tonnellate) e dal vetro (51mila tonnellate corrispondente al 14%).

I rifiuti urbani indifferenziati mandati ai TMB (impianti di Trattamento Meccanico Biologico) sono pari a 327mila tonnellate (a cui si aggiungono 39mila tonnellate di rifiuti urbani pretrattati): dai 9 impianti esistenti in Regione escono 299mila tonnellate che nel 64% dei casi vanno a finire in discarica e il 16% a incenerimento

Nell’impianto di Gioia Tauro (incenerimento) sono stati trattati nel 2020, 62mila tonnellate di rifiuti urbani  mentre nell’impianto di Marcellinara (di coincenerimento) verrebbero trattate 1.300 tonnellate di rifiuti provenienti dalla frazione secca dei rifiuti urbani e CSS, ai quali si aggiungono 12mila tonnellate di rifiuti speciali non pericolosi.

Nelle 6 discariche regionali sono state smaltite 196mila tonnellate di rifiuti urbani.

«Da questi dati emerge, con chiarezza – è stato specificato – che il problema dei rifiuti in Calabria è strutturale e gestionale e che la sola diatriba tra discarica si/no, inceneritore si/no o Css  si/no è solo “l’ultima” problematica da affrontare. È questo il motivo, per il quale una presa di posizione che riguardi il solo impianto di Marcellinara, senza considerare visione sul futuro e contesto, rischia di essere fuorviante. Il CSS deriva, infatti, dallo scarto delle raccolte differenziate urbane: più è fatta “male” la raccolta differenziata in termini di qualità più è elevata la quantità che dovrà essere smaltita con trattamenti tipo TMB considerando che i materiali di scarto finiscono in discarica o vanno ad incenerimento. Il CSS bruciato nei cementifici, previo adeguamento del camino con filtri specifici per filtrare gli inquinanti derivanti dal processo di combustione, costituisce paradossalmente una soluzione migliorativa al cosiddetto “pet coke” normalmente bruciato nei cementifici».

«In Calabria manca, sostanzialmente – ha spiegato dall’Associazione – una visione di insieme perché partire dalla fine del ciclo dei rifiuti (programmando gli impianti) senza basarsi sulle reali quantità in gioco è fuorviante e rischia di far realizzare impianti troppo grandi che poi vincoleranno e ostacoleranno lo sviluppo dell’economia circolare e della corretta gestione dei rifiuti. Per usare un’immagine efficace è come costruire una casa a partire dal tetto anziché dalle fondamenta».

In sostanza, nell’ottica di raggiungere minimo il 65% netto di materiale differenziato avviato a riciclo (al netto quindi degli scarti dovuti da una cattiva qualità delle raccolte differenziate che mediamente corrisponde al 20% della raccolta differenziata attuale), di limitare al solo 10% i rifiuti conferiti in discarica per come richiesto dalla normativa europea e di ridurre all’origine la produzione di rifiuti urbani, l’unica possibilità per una gestione ottimale dei rifiuti deve passare per: migliorare la gestione della raccolta dei rifiuti a livello regionale, puntando su un miglioramento non solo della raccolta differenziata in termini percentuali ma soprattutto in termini di qualità della raccolta, per raggiungere nel minor tempo possibile l’obiettivo europeo del 65% di riciclo netto di materiali e per evitare l’avvio di procedure di infrazione a livello comunitario.

Prevedere e realizzare prioritariamente l’impiantistica necessaria al recupero e riciclo delle frazioni più importanti e strategiche come quella dei rifiuti organici, dei tessili, delle plastiche e dei RAEE che permetterebbero di ridurre notevolmente le quantità “indifferenziate” di rifiuti e quindi di calibrare l’impiantistica per chiudere il ciclo sull’effettiva necessità non di oggi, dove il sistema non sta funzionando, ma di domani, quando si sarà massimizzato il riciclo e riuso dei materiali e ridotto al minimo i materiali “indifferenziabili”. (rcz)