Con l’intesa Regione-Webuild al via il Cantiere Lavoro Italia

Promuovere l’attivazione di percorsi di formazione professionale ed avviamento al lavoro in Calabria. È questo l’obiettivo del protocollo d’intesa siglato tra il presidente della Regione, Roberto Occhiuto e l’amministratore delegato di Webuild Group, Pietro Salini, dando vita al Cantiere Lavoro Italia.

Il Protocollo si prefigge il duplice obiettivo di contrastare la disoccupazione locale e incrementare i livelli occupazionali in Calabria nel settore delle infrastrutture, attraverso l’erogazione di servizi formativi professionalizzanti.

L’Intesa è nello specifico finalizzata a creare percorsi di formazione relativi all’assunzione dei profili professionali necessari alla realizzazione delle opere infrastrutturali in Calabria – investimenti del Gruppo Fs Italiane, effettuati da Anas e previsti da Rfi, e relative anche al progetto definitivo per la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina -, creando sinergie con gli Istituti Tecnici Superiori e con le Scuole Edili.

In tale contesto il Gruppo Webuild si impegna a realizzare in Calabria il programma “Cantiere Lavoro Italia” che prevede la formazione di risorse attraverso un articolato programma di scuole, che include: la Scuola di territorio, in collaborazione con le Agenzie per il Lavoro, per attrarre risorse verso il settore ed erogare una formazione di base; la Scuola di Mestieri, per fornire competenze tecniche specialistiche alla manodopera; la Scuola delle Professioni, per garantire competenze più avanzate alle risorse impiegatizie nel cantiere.
La Regione Calabria si impegna a determinare le modalità più appropriate attraverso cui favorire lo svolgimento delle attività di selezione, di formazione, di qualificazione e riqualificazione professionale, individuando anche uno spazio dedicato al supporto logistico delle attività di formazione ed orientamento al lavoro.

Le risorse saranno selezionate anche in coordinamento con i Centri per l’Impiego, gli enti formatori, le Agenzie per il lavoro ed i servizi sociali presenti sul territorio.

«La Calabria è una Regione piena di giovani di talento che hanno voglia di mettersi in gioco per dimostrare il proprio valore – ha affermato il presidente Roberto Occhiuto – e le proprie indiscusse qualità. Il progetto di Webuild che lanciamo oggi, chiamato ‘Cantiere Lavoro Italia’, rappresenta una grande opportunità per il nostro territorio, che nei prossimi anni affronterà sfide epocali per realizzare o rafforzare infrastrutture indispensabili per creare sviluppo e attrarre investimenti».

«Dal Ponte sullo Stretto al raddoppio della Statale Jonica 106 – ha aggiunto – dal completamento dell’Autostrada A2 ai cantieri ferroviari per l’elettrificazione di una parte della linea ferrata e per l’Alta velocità fino a Reggio, saranno tante le occasioni per fare un vero salto di qualità. Ed è davvero positivo sapere che i protagonisti che, insieme ai migliori ingegneri del Paese, faranno tutto questo saranno giovani calabresi che grazie al Protocollo d’Intesa firmato oggi formeremo e avvieremo al lavoro».

«Dobbiamo pensare in grande per disegnare tutti insieme un nuovo futuro per il nostro Paese. E per farlo – ha dichiarato l’amministratore delegato di Webuild Group, Pietro Salini – abbiamo lanciato oggi dalla Sicilia e dalla Calabria un programma di assunzione per 10.000 donne e uomini nel prossimo triennio, di cui l’88% nel Sud Italia».

«Siamo all’opera su 31 cantieri nel Paese – ha proseguito – e vogliamo contribuire a scrivere, a fianco delle istituzioni, un futuro di competenze di qualità nel settore in questa fase di grandi investimenti in infrastrutture, con benefici positivi sull’occupazione e sulla filiera.
Lo faremo anche grazie ad un ambizioso programma di formazione specializzata ed occupazione che parte dal Sud Italia che abbiamo chiamato ‘Cantiere Lavoro Italia’ e che sarà focalizzato su attrazione dei giovani talenti e persone non occupate, formazione e crescita di profili oggi non disponibili sul mercato». (rcz)

 

L’EUROPA INSISTE: SI DEVE FARE IL PONTE
GLI SCIENZIATI: NON SI È SPRECATO NULLA

di PIETRO MASSIMO BUSETTA«É necessario dialogare con l’Europa ed è necessaria una comprensione da parte dell’Unione Europea, che deve mettersi in discussione: tempistiche così stringenti non permettono di mettere a terra opere che sono strategiche perché entro il 2026 è impossibile. Forse è meglio guadagnare qualche anno rispetto al 2026 e mettere a terra, almeno per i grandi progetti, qualcosa che serva davvero allo sviluppo del Paese».  

Cosi il Presidente della Conferenza delle Regioni, Massimiliano Fedriga, Governatore della Regione Friuli Venezia Giulia, ma anche un esponente di rilievo della Lega.  

Non so fino a che punto è possibile che la Commissione Europea possa prendere in considerazione richieste di allungamento dei tempi, considerato che,  per l’Italia, l’elemento temporale oltre che quello territoriale è fondamentale rispetto agli obiettivi che la stessa Unione si è posta.  

E che in ogni caso l’allungamento potrebbe mettere in discussione tutto la costruzione dei piani nazionali, perché é facile che le richieste dell’Italia possano essere reitirate da altri Paesi, che hanno problemi analoghi. 

Ma vi è un progetto indiscutibilmente eccezionale per la sua importanza per tutta  l’Europa, per la sua caratteristica di opera assolutamente di eccellenza che porta avanti la ricerca scientifica in un campo importantissimo per l’universo, paragonabile alle imprese di conquista dello spazio.

Ma l’opera rischia di essere accantonata per la solita mancanza di risorse che caratterizza il nostro come tanti altri Paesi. Parlo del Ponte sullo stretto di Messina. 

Trentanove alti accademici , ingegneri, architetti e dirigenti di varie società della comunità scientifica internazionale hanno firmato un documento che afferma: «Noi che parliamo una sola lingua, quella della scienza e dell’ingegneria, affermiamo che il ponte sullo stretto non è una storia di sprechi, ma al contrario è un’impresa che ha portato all’Italia e alla comunità scientifica internazionale uno straordinario bagaglio di specifiche conoscenze multidisciplinari che sono state riconosciute ed oggi ricercate in tutto il mondo». 

Contrariamente alla vulgata nazionale che ne fa un progetto di sprechi e di ruberie.             

 Anche il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini, che dell’impresa della costruzione del Ponte sullo Stretto ha fatto un obiettivo del suo ministero, mettendoci la faccia, su una impresa che é facile contestare e che dà materiale infinito a tutti i comici italiani ma anche a molti pseudo ricercatori che sul no al ponte hanno costruito la loro carriera, torna a parlare del Ponte sullo Stretto di Messina: «Lo Stato italiano sta investendo 11 miliardi di euro sulle ferrovie siciliane per modernizzarle e velocizzarle e altri 11 miliardi per modernizzare le ferrovie tra Salerno e Reggio Calabria. Basta un bimbo di quinta elementare per capire che è necessario un ponte che colleghi altrettanto velocemente la Sicilia all’Italia e all’Europa. Investire quei soldi senza il ponte sarebbe economicamente e culturalmente una sciocchezza». 

Ma di là della logica stringente che porta verso la realizzazione, in tempi relativamente brevi, del collegamento stabile non si può non fare a meno di notare come l’evoluzione del patto di stabilità, le esigenze sempre più pressanti in presenza di una inflazione che stenta ad essere bloccata e quindi a trovare risorse importanti per sostenere, anche con la diminuzione del cuneo fiscale a favore dei lavoratori salari e stipendi che sono sempre più contenuti ed inadeguati rispetto al costo  della vita,  portano naturalmente ad evitare stanziamenti importanti, che dovrebbero avere una dimensione di perlomeno 2 miliardi l’anno per i prossimi sei anni, per un’opera che molti potrebbero sostenere, appoggiati dalla grancassa della Stampa, di Repubblica, del Fatto Quotidiano, del Domani e di molte emittenti televisive, non è il momento per essere realizzata.   

Cioè é facile che si ripeta la sceneggiata di Monti, che con un colpo di gomma fece saltare un investimento che era già nella sua fase attuativa, con un bando regolarmente vinto e affidato e con il rischio che comportava in termini di credibilità internazionale oltreché di possibili vertenze giudiziarie. Adesso la cosa più facile è che si dica che non è questo il momento adatto.

E allora che il ministro Raffaele Fitto, meglio ancora la stessa presidente Giorgia Meloni,  possa chiedere alla Commissione che per un’opera così eccezionale, in un momento in cui l’Italia rischia di perdere risorse già assegnate ed in ogni caso che la destinazione voluta  verso il Mezzogiorno possa essere dirottata altrove, si possa portare la scadenza del Pnrr per la sua  realizzazione al 2030, prorogando di quattro anni la scadenza del 2026,  in modo da poterlo finanziare integralmente, non è un fatto non sostenibile.

D’altra parte le affermazioni del direttore di  Webuild, Michele Longo, nel corso di una audizione parlamentare in merito alla realizzazione del collegamento stabile tra Sicilia e Calabria sono incoraggianti. “Il Ponte sullo Stretto di Messina è un’opera immediatamente cantierabile. Appena sottoscritto l’atto aggiuntivo per il ripristino del contratto, il progetto può partire. La durata della progettazione esecutiva è prevista in 8 mesi, mentre il tempo necessario per la costruzione del ponte sarà di poco più di 6 anni.

L’importo relativo alla costruzione del ponte, come sola opera di attraversamento, è di circa € 4,5 miliardi, corrispondente a circa il 40% del valore totale del sistema infrastrutturale che include il ponte e tutte le opere accessorie. Il restante 60% è infatti relativo a un complesso di opere di collegamento e potenziamento della rete stradale e ferroviaria sui versanti Sicilia e Calabria, e a un numero considerevole di interventi di riqualifica del territorio e di mitigazione del rischio idrogeologico. 

Il progetto avrebbe un forte impatto economico e occupazionale sul territorio, con un incremento atteso sul Pil nazionale pari a €2,9 miliardi l’anno, pari allo 0,17% , e con il coinvolgimento di circa 300 fornitori, soprattutto piccole e medie imprese del territorio. Si prevedono inoltre oltre 100.000 persone potenzialmente impiegabili nel corso della vita del progetto, incluso l’indotto generato, con personale prevalentemente assunto in regioni come Sicilia e Calabria, con alto tasso di disoccupazione”. 

Se a queste evidenze si aggiunge anche il costo dell’insularità della Sicilia, calcolato da Prometeia in 6,5 miliardi l’anno, non si riesce più a capire quali possono essere i motivi per non andare avanti velocemente nella realizzazione dell’opera se non quelli di lobbies interessate a proteggere i loro investimenti sul porto di Rotterdam o su quelli di Genova e Trieste o ancora interessi più localistici  riguardanti l’area dello stretto, che con l’attraversamento dei traghetti dà lavoro e utili ad alcune società che lì operano. Ma superare tali ostacoli é compito di un Paese serio. (pmb)

[Courtesy Il Quotidiano del Sud L’Altravoce dell’Italia]

Ponte sullo Stretto: via libera al decreto approvato lo scorso 16 marzo

Il decreto varato lo scorso 16 marzo dal Consiglio dei Ministri (salvo intese) per far risorgere la Società Stretto di Messina ha avuto il via libera dal Ministero delle Infrastrututre e dei Trasporti. Gli uffici competenti hanno ultimato le verifiche necessarie e dato parere favorevole. Il testo licenziato dal Consiglio dei Ministri diventa così esecutivo.

Secondo quanto riporta il MIT viene stimato in 10 miliardi  il costo per la realizzazione del Ponte e di tutte le opere ferroviarie e stradali di accesso su entrambe le sponde. Con il completamento dell’alta velocità nelle due regioni e la messa in esercizio del Ponte, si stima un dimezzamento dei tempi di percorrenza da Roma a Palermo, oggi pari a 12 ore, di cui un’ora e mezza per il solo traghettamento dei vagoni. Il Ponte sullo Stretto, secondo il ministero, rappresenta un’opera strategica per il completamento delle reti transeuropee di trasporto e si inserisce nel tracciato del Corridoio multimodale Scandinavo-Mediterraneo.

L’attraversamento stabile sullo Stretto è stato progettato secondo lo schema del ponte sospeso. Il progetto tecnico attualmente disponibile, specifica il Mit, consiste in circa 8.000 elaborati e prevede una lunghezza della campata centrale tra i 3.200 e i 3.300 metri, a fronte di 3.666 metri di lunghezza complessiva comprensiva delle campate laterali, 60,4 metri larghezza dell’impalcato, 399 metri di altezza delle torri, 2 coppie di cavi per il sistema di sospensione, 5.320 metri di lunghezza complessiva dei cavi, 1,26 metri come diametro dei cavi di sospensione, 44.323 fili d’acciaio per ogni cavo di sospensione, 65 metri di altezza di canale navigabile centrale per il transito di grandi navi, con volume dei blocchi d’ancoraggio pari a 533.000 metri-cubi. L’opera è costituita da 6 corsie stradali, 3 per ciascun senso di marcia (2 + 1 emergenza) e 2 binari ferroviari, per una capacità dell’infrastruttura pari a 6.000 veicoli/ora e 200 treni/giorno. Il progetto prevede inoltre l’utilizzo dell’infrastruttura ferroviaria per dare vita ad un servizio di trasporto pubblico locale tra le due città di Messina e Reggio Calabria. Il ponte è stato progettato con una resistenza al sisma pari a 7,1 magnitudo della scala Richter, con un impalcato aerodinamico di “terza generazione” stabile fino a velocità del vento di 270 km/h.

Torna dunque in vita la Società Stretto di Messina (messa in liquidazione circa dieci anni fa) alla quale faranno capo tutte le iniziative per la realizzazione del Ponte. SI tratterà di una società in-house che prevede un assetto societario che vede la partecipazione (al 51 % dei Ministero dell’Economia e delle Finanze, di Rfi, Anas, e delle Regioni Sicilia e Calabria. Le funzioni di indirizzo, controllo e vigilanza tecnica saranno di competenza del MIT. È prevista, altresì, la la costituzione di un Comitato scientifico di consulenza tecnica, supervisione e indirizzo delle attività tecniche progettuali. Il progetto definitivo del ponte dovrà essere integrato e aggiornato secondo le prescrizioni e le normative vigenti. Rivivono,  fa presente il ministero, i contratti già stipulati, previo l’azzeramento del contenzioso in essere con il consorzio Eurolink (ex Impregilo, oggi Webuil) e Parsons.

SUL PONTE CHIESTO DIBATTITO PUBBLICO
NON BASTANO 50 ANNI DI STUDI E PROGETTI

di ROBERTO DI MARIA – Il Ponte sullo Stretto di Messina suscita da sempre discussioni. Un dibattito pubblico che si trascina da oltre 50 anni, ovvero da quando si aprì quel famoso concorso di idee (1969) che portò alla individuazione delle principali soluzioni tecniche per l’attraversamento stabile, dando il via creazione della società concessionaria della sua costruzione, la Stretto di Messina s.p.a. (1981), e quindi alla scelta tipologica, già orientata decisamente verso il ponte a campata unica nel 1988. A decisione presa, come sappiamo, il dibattito non è mai del tutto cessato ed è proseguito anche a progetto preliminare approvato (2003) ed appaltato (2005) con particolare accentuazione durante le frequenti campane elettorali, politiche, amministrative od europee che fossero.

Se ne è continuato a discutere nel 2011 dopo l’approvazione del progetto definitivo e la “caducazione” voluta dal governo Monti nello stesso anno, nonché negli anni successivi, in piena epoca grillina, fino all’attuale governo Draghi.

Tuttavia, un giorno si e l’altro pure, il Ministro per le infrastrutture e la mobilità sostenibile, Giovannini, ci ricorda occorre urgentemente avviare un dibattito pubblico sull’opera. Non subito, per carità: occorrerà aspettare gli studi sulla soluzione da attuare a seguito della pubblicazione della relazione ministeriale dei 16 esperti, che ci hanno messo 9 mesi a valutare come più conveniente proprio l’ipotesi del ponte, ma con una sorpresa: la riscoperta del ponte a più campate, ipotesi già sonoramente bocciata 30 anni fa (1990). Solo allora si potrà avviare il “dibattito pubblico, così come previsto dalla Legge”.

Lo ha dichiarato in Parlamento, sui giornali, in TV, e, probabilmente, lo farà anche durante le prossime previsioni del tempo. E peccato che sia stato abrogato il segnale orario.

Quindi, mentre ci si augura di non perdere tempo per le indifferibili opere inserite nel PNRR, fra le quali il prolungamento della TAV da Brescia a Padova ed il raddoppio della Savona-Ventimiglia, si delinea un percorso a dir poco accidentato per una delle pochissime opere già appaltate che poteva essere finanziata con i fondi europei del Recovery Fund che, come lo stesso appaltatore (Pietro Salini, CEO di Webuild) ha pubblicamente dichiarato da Barbara Palombelli, poteva benissimo essere completata entro il 2026. Termine che, come tutti i tecnici addentro alla materia sanno, è tutt’altro che perentorio e si può facilmente aggirare: lo è stato fatto mediante le somme aggiuntive già previste nello stesso Piano redatto dal governo, oggi all’esame della UE.

La quale, intanto, ci fa sapere quello che i tecnici di cui sopra (ma anche tanti politici) sanno da tempo: che è pronta a finanziare l’opera, essendo la stessa inserita  all’interno di un corridoio TEN-T, quello scandinavo-mediterraneo.

Curioso questo nostro paese: non solo non si accontenta di 50 anni di discussioni per mandare in esecuzione un’opera essenziale per lo sviluppo del Paese (lo ha ribadito, ultimo di una lunga serie, proprio il Gruppo di Lavoro istituito dalla De Micheli) ma dice “no grazie” all’Europa che vuole finanziarcela.

Chissà perché il ministro continua ad annoiarci con questa richiesta di dibattito pubblico. A differenza di quanto sostenuto, non è assolutamente vero che lo preveda la Legge: il codice dei Contratti, infatti, prescrive il dibattito pubblico solo nella fase dello studio di fattibilità che, come ricordavamo sopra, si è conclusa nei primi anni Duemila. Né è pensabile che debba essere fatta per valutare la scelta tipologica, che è già stata fatta nel 1990.

Conta poco che la stessa sia stata incredibilmente rimessa in discussione dal Gruppo di Lavoro ministeriale, proprio per la pochezza di argomenti che hanno supportato l’ipotesi alternativa del ponte a più campate. Sperando che la stessa, sciaguratamente (per gli italiani, non per chi emetterà parcella…) non dia luogo ad altri lunghi anni di indagini e studi aggiuntivi, per i quali sono previsti, proprio da chi predica parsimonia, ben 50 milioni di euro, a cosa servirebbe un dibattito pubblico? A che titolo la casalinga di Voghera o il pescivendolo di Portopalo si potrebbero esprimere sul numero di campate del Ponte? Con quali strumenti potrebbero valutare il progetto esistente, che prende 10 metri cubi di spazio, oltre alle carte ulteriormente prodotte?

Ma chi ci spaventa non sono i comuni cittadini, ma alcuni dei loro più fantasiosi rappresentanti: i fanatici dell’ambiente da salotto, ad esempio, capaci di mettere in dubbio persino la relazione ministeriale appena pubblicata perché, di fatto, ha ribadito la necessità dell’opera. O i sismologi televisivi, che, non avendo più armi al loro arco, terrorizzano la gente parlando di cimiteri sulle due sponde. O, ancora, quelli che parlano di ponte che unisce due cosche, offendendo non soltanto l’intelligenza di chi ascolta certe scemenze, ma anche la dignità di milioni di siciliani e calabresi.

Se è  costoro che vuole tranquillizzare il Ministro, pensiamo che stia facendo male il suo mestiere. Che non è quello di accontentare tutti: in un Paese con 60 milioni di persone, sarebbe impossibile prendere decisioni senza scontentare qualcuno. Chi governa ha, però, il dovere di farlo, anche a costo di perdere per strada qualche sostenitore, pur di conseguire il superiore interesse della Nazione.

Si chiama senso dello Stato: sappiamo che è fuori moda, ultimamente, ma sappiamo anche che, in tempi cosi difficili, certe antiche abitudini andrebbero riscoperte… Anche se non rientrano tra i parametri del carrierismo politico. (rdm)

Ponte, a breve incontro dei governatori di Calabria e Sicilia con Pietro Salini

A breve è previsto un incontro a Catania tra i governatori di Calabria e Sicilia, rispettivamente Nino Spirlì, attuale presidente pro-tempore della Regione Calabria, e Nello Musumeci presidente della Regione Sicilia, con il ceo di Webuild, l’ing. Pietro Salini, per fare il punto sulla questione Ponte sullo Stretto. In questi ultimi giorni il tema è tornato di stretta attualità, tra le solite parole al vento dei politici nazionali e la convinzione, nel territorio, che l’opera sia davvero strategica per il rilancio di tutta l’area dello Stretto e dell’economia delle due sponde.

Durante l’incontro, l’ing. Salini dovrebbe ufficializzare la posizione di Webuild (la società che ha assorbito Impregilo, general contractor dell’opera), confermando quanto, in maniera informale circola da tempo: la Webuild è pronta ad assumersi tutti i costi per la realizzazione del Ponte, lasciando allo Stato gli oneri accessori delle opere complementari: in soldoni parliamo di 4 miliardi di euro per la società che dovrebbe realizzare l’opera e 2 miliardi di opere accessorie a carico della collettività. Non servono quindi le risorse del Recovery Fund, ma è necessaria una chiara volontà politica dell’esecutivo Draghi: il presidente del Consiglio non si è espresso a proposito del Ponte, al contrario di alcuni suoi ministri che continuano con tecniche dilatorie, anche se il viceministro alle Infrastrutture Alessandro Morelli, in questi due giorni di visita calabrese ha manifestato pieno consenso alla realizzazione dell’opera, almeno da parte della Lega e della coalizione di centro destra. Anche a sinistra crescono le prese di posizioni favorevoli, come quelle del sen. Ernesto Magorno e la senatrice Silvia Vono di Italia Viva, e della deputata dem Enza Bruno Bossio.

A questo incontro sarebbe estremamente importante la partecipazione dei sindaci e degli amministratori locali dei comuni interessati, a partire dalle città metropolitane di Messina e Reggio, fino alle altre realtà territoriali: c’è da aspettarsi che sia Spirlì che Musumeci provvedano a invitare i primi cittadini e gli assessori dell’area dello Stretto, in modo da cogliere osservazioni e suggerimenti per la migliore riuscita del progetto. Progetto che – ricordiamo – è pronto da dieci anni ed è immediatamente esecutivo se solo si sbloccano le posizioni ambigue e soprattutto intransigenti di alcuni esponenti dell’esecutivo e di movimenti no-ponte. Come ha dichiarato da Barbara Palombelli Pietro Salini parlando del Ponte, «sono in ballo 100mila posti di lavoro, di cui almeno trentamila solo quest’anno se si dà l’avvio all’opera».

La competenza dei progettisti italiani avrebbe modo di mostrare al mondo l’altissimo livello di capacità realizzativa con un’opera straordinaria che, senza “distruggere” l’ambiente – come sostengono i movimenti contrari al Ponte – cambierebbe totalmente lo scenario dello Stretto, con l’attraversamento stabile dello Stretto e l’innegabile attrazione turistica che verrebbe ad esercitare nei confronti di turisti di tutto il mondo. (rrm)

Salini (Webuild) dalla Palombelli: con il Ponte sullo Stretto 100mila posti di lavoro

Ospite da Barbara Palombelli a Stasera Italia, l’ing. Pietro Salini della Webuild (il general contractor del Ponte sullo Stretto, che ha assorbito Impregilo assegnataria dell’appalto) ha detto senza giri di parole che il Ponte significa 100mila posti di lavoro, 30mila già quest’anno. Se solo ne permetteranno la realizzazione. Difficile spiegare – ha detto –  perché ancora non è stato costruito «sicuramente è un discorso di lotte politiche. Noi siamo pronti e si può partire anche subito. È un’occasione di lavoro straordinaria per il Sud».

Salini ha illustrato la lunga vicenda che accompagna il sogno di calabresi e siciliani: «Il Ponte di Messina è stato affidato al Gruppo che abbiamo rilevato in Borsa, Impregilo, molti anni fa, dopo 30 anni di analisi e 100 miliardi di lire in valutazioni di ogni tipo, ed una gara internazionale che abbiamo vinto. È stato in seguito deciso di non avviare i lavori, ma investire nell’alta velocità ferroviaria fino a Palermo non ha senso senza ponte. Oggi il progetto è pronto e noi siamo in grado di farlo partire subito, anche perché sarebbe un’occasione straordinaria per attivare posti di lavoro in un’area che soffre drammaticamente per il fenomeno della disoccupazione».

Non ci sono – secondo l’ing. Salini – impedimenti per il Recovery Plan: l’opera nel suo complesso potrebbe rientrare anche nella lista delle grandi opere finanziabili con le risorse del Next Generation Ue. «Il Ponte da solo vale 2.9 miliardi di euro, valore che sale a 7.1 miliardi a costi aggiornati considerando il progetto complessivo con tutte le opere connesse nelle aree interessate. Significa rifare due città Reggio e Messina e fare la Metropolitana di Messina, nonché realizzare opere di sistemazione idrogeologica per le montagne circostanti, strade di accesso, strutture per far passare treno e macchine  Si tratta quindi di un progetto che si potrebbe realizzare anche per fasi successive, utilizzando le risorse del Recovery Plan per quanto possibile».

È da valutare positivamente questo nuovo “risveglio” a proposito del Ponte: c’è un gruppo internazionale («contiamo su 7mila imprese a noi collegate») in grado di dar vita una delle più imponenti opere d’ingegneria che il mondo ci invidierebbe: i politici e, soprattutto il Governo, sarebbe opportuno che mettessero da parte ulteriori, inutili, azioni dilatorie. Non ci sono ostacoli, neanche di natura sismica (in Giappone, in zone molto più sismiche, sono state opere avveniristiche ed eccezionali, in grado di sfidare i terremoti), serve solo la volontà politica di far ripartire il Sud, per far ripartire il Paese. E il Ponte rappresenta un buon punto di partenza per guardare al futuro. (rrm)