L’OPINIONE / Giusy Iemma e Igea Caviano: Puntare su prevenzione e rafforzare rete di protezione per vittime di violenza

di GIUSY IEMMA E IGEA CAVIANO – La Giornata internazionale contro la violenza sulle donne rappresenta, prima di tutto, un’occasione per ribadire l’importanza di un lavoro che si deve svolgere in rete sul territorio, attraverso la sinergia con le istituzioni, le associazioni, i centri antiviolenza, le Forze dell’ordine e l’autorità giudiziaria, per un approccio integrato e completo a tutela delle vittime.

Sulla carta non mancano gli strumenti a disposizione a tutela di chi subisce violenza ed è già significativo che si parli oggi di contrasto alla violenza sulle donne, in quanto tali, e non solo alla violenza di genere o domestica. Questa approccio potrebbe contribuire a ridurre il rischio di “vittimizzazione secondaria” delle donne che hanno subito violenze, considerato che uno degli aspetti più critici legati ai reati di genere è proprio l’effetto di scoraggiare la presentazione della denuncia da parte della vittima. Stesso effetto che può derivare dai casi di cyberstalking e persecuzioni attraverso i social, un fenomeno spesso riscontrabile all’interno di una relazione tossica e che può avere gravi conseguenze sulla vittima portandola all’isolamento. Prodotti, questi, della cultura patriarcale i cui riflessi sono ancora molto evidenti. In questo senso, è fondamentale consolidare l’attività di formazione e sensibilizzazione portata avanti da tutte le comunità educanti che sono dei presidi insostituibili della cultura della prevenzione.
Si può e si deve fare di più, e in tale direzione va anche considerata la necessità di raccordare i trattati e le convenzioni internazionali con la legislazione interna quale passo evolutivo importante nel rispetto dei diritti. Ci riferiamo, in particolare, all’opportunità di introdurre il femminicidio all’interno del nostro ordinamento come crimine universale, rendendo possibile perseguire chi si macchia di tali gesti nel territorio di Stati diversi da quello di residenza. Una considerazione quanto mai attuale, alla luce delle violenze perpetrate sulle donne nei conflitti bellici in atto a livello internazionale, condotte da condannare con forza rientrando fra i crimini di guerra e contro l’umanità.  O ancora, integrare la fattispecie del reato di stupro, includendo qualsivoglia atto sessuale senza consenso, ed introdurre strumenti di prevenzione, formazione e sostegno alle donne vittime di molestie sessuali sul lavoro.
Davanti a questo quadro così complesso, il compito delle istituzioni deve essere anche quello di garantire forme di protezione accessibili ed investire maggiori risorse su misure, come il Reddito di libertà, volte ad accompagnare le donne che hanno subito violenza in un percorso di autonomia per sé, ma anche per le proprie figlie e i propri figli. Perché la violenza contro le donne si può sconfiggere solo attraverso un impegno collettivo sul fronte educativo, fin da bambini, portando l’educazione affettiva tra i banchi di scuola. Così si possono porre le basi per eliminare gli stereotipi di genere che sono ancora presenti nella nostra società e guidare lo sviluppo delle capacità e delle scelte personali. (gi e ic)
[Giusy Iemma e Igea Caviano sono rispettivamente vicesindaca di Catanzaro e consigliera comunale di Catanzaro]

L’assessore Caracciolo: Scuola strumento prezioso per diffondere tra i giovani cultura del rispetto

«La scuola è lo strumento più prezioso per diffondere tra le giovani generazioni i valori del rispetto e dell’uguaglianza. Investire nell’educazione è il principale mezzo che abbiamo per contrastare la violenza di genere». È quanto ha detto l’assessore regionale all’istruzione, Maria Stefania Caracciolo, nel corso dell’incontro “Ferite d’Amore”, organizzato dalla dirigente scolastica Elisabetta Zaccone, dell’Istituto Tecnico-Economico “Grimaldi-Pacioli” di Catanzaro, in occasione della Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne.

All’evento hanno preso parte, oltre all’assessore Caracciolo, anche il Sostituto Procuratore presso la Procura di Catanzaro Silvia Peru, la Professoressa Paola Chiarella dell’UMG di Catanzaro, il professor Giovanni Iovine, docente presso l’Istituto Italiano di Criminologia degli studi di Vibo Valentia e la scrittrice Bakhita Ranieri, autrice del romanzo “Il grido del silenzio”. Ciascuno dei relatori ha fornito agli studenti preziose testimonianze e spunti di riflessione per promuovere la consapevolezza e l’importanza della prevenzione della violenza contro le donne.

L’assessore Caracciolo ha rivolto un appello ai giovani, esortandoli a essere delle “sentinelle attente” nel loro quotidiano, sottolineando l’importanza di mantenere un atteggiamento sempre vigile sia all’interno delle proprie famiglie, sia nei rapporti con i compagni e con gli amici. Ha incoraggiato i ragazzi a non chiudere gli occhi di fronte a qualsiasi forma di violenza a cui assistono, ma piuttosto di denunciare tali episodi e di parlarne apertamente anche con i propri insegnanti.

L’assessore Caracciolo ha rammentato infine alcune iniziative portate avanti dalla Regione Calabria, tra le quali lo stanziamento  di 9 milioni di euro per garantire la presenza dello psicologo nelle scuole allo scopo di affrontare al meglio questioni complesse legate all’educazione e all’affettività dei ragazzi.

Altra importante iniziativa di cui ha parlato l’assessore è stata quella presentata a Bruxelles nei giorni scorsi dall’europarlamentare Giusi Princi sull’uso dell’Intelligenza Artificiale quale strumento per contrastare e prevenire la violenza di genere; evento  propedeutico alla volontà di avviare l’iter finalizzato a colmare il vuoto normativo in materia di cyber violenza, attraverso l’uso dell’IA per la rilevazione, la prevenzione e la segnalazione di molestie online. (rcz)

L’OPINIONE / Antonella Mancuso: Gender gap ancora elevato. Dalle dichiarazioni si passi ai fatti

di ANTONELLA MANCUSOOggi l’intera comunità internazionale affronta e discute un tema fondamentale, vasto e complesso qual è quello della violenza di genere che assume forme diverse: alcune visibili, altre più sottili e subdole ma non meno devastanti.

Tra le forme di violenza spesso sottovalutata c’è quella economica, un abuso che priva le donne della loro autonomia, delle loro risorse e, di conseguenza, della loro libertà. Una violenza che non lascia segni visibili ma distrugge con altrettanta crudeltà perché lede progressivamente l’autostima e la dignità della donna.

L’Italia è terz’ultima in Europa, 87esima al mondo per gender gap. È un paese in cui l’occupazione delle donne risulta essere il 20% in meno rispetto a quella degli uomini, in cui le donne guadagnano il 30% in meno a parità di mansione, dove addirittura una donna su tre non ha un conto corrente intestato. Dove il 62% di donne che denuncia dipende economicamente dal proprio maltrattante, una situazione, com’è evidente, che non consente il completo allontanamento da una relazione fatta di soprusi e violenze.

La Camera di Commercio di Catanzaro Crotone e Vibo Valentia e il comitato per l’imprenditorialità femminile sa bene come l’autonomia economica sia una delle principali chiavi per spezzare il ciclo della violenza. Da oltre un anno abbiamo avviato corsi di formazione gratuiti, progetti di mentoring, bandi che prevedono premialità, corsi all’autoimprenditorialità coinvolgendo scuole e giovani donne fin dalla minore età e incontri informativi sulla certificazione per la parità di genere. Abbiamo, inoltre, accompagnato le donne nella conoscenza delle discipline stem perché sappiamo bene che il mercato del lavoro ricerca simili figure specializzate.

Il nostro compito è quello di promuovere ogni iniziativa possibile per sostenere le donne nel loro percorso di autonomia economica. Ciò significa per noi creare reti di supporto per migliorare l’accesso alle risorse sensibilizzando istituzioni e imprese locali. Non possiamo più permettere che una donna debba scegliere tra sicurezza economica e la propria libertà. 

Una donna economicamente autonoma è libera di scegliere per sé stessa, per il proprio futuro e per quello dei propri figli. Il nostro obiettivo è lavorare insieme per la costruzione di una società in cui ogni donna possa realizzare il proprio potenziale senza paure e senza limitazioni. Giornate come queste stanno oggi a rammentarci come le dichiarazioni debbano immediatamente trasformarsi in azioni concrete. Noi del comitato per l’imprenditorialità femminile ci crediamo. (am)

[Antonella Mancuso è presidente del Comitato per l’imprenditorialità femminile della Camera di Commercio di Catanzaro Crotone e Vibo Valentia]

L’OPINIONE / Santina Santambrogio: La festa contro la violenza sulle donne, dalla parte dei figli

di SANTINA SANTAMBROGIO – «Io dico a mia madre che è una leonessa perché è veramente fortissima, è una donna straordinaria non perché è mia madre, ma perché ha avuto il coraggio di denunciare». Le parole della figlia di Ciro Russo e Maria Antonietta Rositani, Annie Russo, durante il ricovero in ospedale della madre, sfregiata dal marito con l’acido nel 2019.

Nel 1999, con la risoluzione 54/134, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha istituito la “Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne”, un momento cruciale per riflettere su una piaga sociale ancora troppo diffusa. 

È una violazione dei diritti umani che ha radici  profonde e che, purtroppo, si perpetua ogni giorno all’interno di ogni contesto della sfera umana. 

La violenza sulle donne, e non solo, è un problema che riguarda tutti e di cui è importante parlare per aiutare non solo le donne ,ma quelle vittime invisibili che rimangono spettatori impotenti di questo fenomeno, oggetti di sentimenti malati.

I figli, infatti, non sono semplici spettatori passivi, piuttosto protagonisti indiretti degli atti di violenza, vittime di un ambiente familiare segnato dalla paura, dal dolore e dall’assenza di sicurezza. 

Ciò che passa in secondo piano è il loro ruolo, spesso, determinante. Molte donne maltrattate trovano proprio in loro la forza per reagire, per denunciare gli abusi e per iniziare un percorso di liberazione dal loro aggressore. I figli riescono, talvolta, a “far aprire gli occhi” alle donne intrappolate in relazioni abusive. Allo stesso tempo, diventano una motivazione potente per rompere il silenzio, per lottare non solo per sé stesse, ma anche per garantire un futuro sicuro e sereno ai propri figli.

Ma questi ultimi, purtroppo, possono essere anche vittime dirette della violenza domestica: testimoni silenziosi di soprusi che li segnano profondamente, creando cicatrici emotive che, se non attenzione e “curate” rimangono sono devastanti e durature. 

Il peso morale che grava su di loro è immenso e può manifestarsi in modi diversi e spesso dolorosi. Gli adolescenti si rivelano spesso incapaci di elaborare il trauma, evidenza che li induce a diventare vittime o carnefici in un sistema che li spinge a cercare una valvola di sfogo nei luoghi più sbagliati.

Questa tendenza, potrebbe condurli a chiudersi in se stessi, evitare relazioni affettive per il timore che si ripresentino dinamiche violente simili a quelle vissute nella propria famiglia, oppure in forme più introverse, come l’autolesionismo, in cui il dolore viene diretto contro sé stessi. 

Per i figli maschi, il rischio è duplice: non solo rischiano di sviluppare insicurezze e difficoltà relazionali, ma, in alcuni casi, potrebbero interiorizzare i comportamenti violenti osservati nell’aggressore, riproponendoli da adulti nei confronti delle proprie mogli o figlie. Questo tragico ciclo di violenza si perpetua, trasformando vittime innocenti in futuri protagonisti di comportamenti abusivi, alimentando così un’eredità di sofferenza. 

Purtroppo le forme di violenza, nella società odierna, non sono unicamente fisiche piuttosto che verbali. I suoi confini si sono ampliati con l’avvento dei social media e delle nuove tecnologie, dando vita a una forma di violenza “moderna”, subdola e spesso invisibile: l’uso dei social per esercitare pressioni psicologiche, intimidazioni e umiliazioni.

La violenza a distanza, resa possibile dagli strumenti digitali, è una delle espressioni più preoccupanti di questo fenomeno. È qui che si rende necessario un intervento deciso e sistematico. Le istituzioni, le scuole e le comunità devono lavorare insieme per offrire ai figli delle vittime strumenti di supporto psicologico, educazione emotiva e percorsi di recupero che possano spezzare il ciclo della violenza. È fondamentale insegnare loro a riconoscere, elaborare e gestire il trauma, evitando che si trasformi in un’eredità di sofferenza perpetua.

La normativa dettata dalla legge n. 4/2018 volte a dare concreta attuazione alla Convenzione di Istanbul, in materia di prevenzione e lotta alla violenza contro le donne e alla violenza domestica, istituisce dei fondi destinati agli orfani di crimini domestici. 

Riconoscere il ruolo dei figli, sia come vittime che come potenziali catalizzatori del cambiamento, rappresenta un passo fondamentale per costruire un futuro libero dalla violenza, con il vero convincimento che solo attraverso un continuità e profondo lavoro all’interno del tessuto sociale e familiare sarà possibile avere dei reali cambiamenti. (ss)

 

In copertina la campagna “Non toccatemi la mamma” lanciata a dicembre del 2017 da Ai.Bi. – Amici dei Bambini, in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne.

Anna, Rosaria, Laura: nomi di fantasia che, però, raccontano storie vere. Violenza ripetuta, abusi e terrore che le hanno portate fino alla prostrazione e alla fuga. Donne e madri vittime delle angherie dei propri partner che, allo stremo delle forze o dopo l’ennesimo episodio, non di rado proprio attraverso uno sguardo agli occhi impauriti dei propri figli hanno trovato la forza di chiedere aiuto. Racconti agghiaccianti, in più di qualche caso provenienti dalla famiglia ‘della porta accanto’, quella che non ti aspetteresti. Raccolti dagli operatori di Ai.Bi. Associazione Amici dei Bambini che hanno ascoltato il loro grido di dolore, prendendosi cura e accogliendo le mamme e i loro bambini all’interno delle proprie strutture protette.

L’OPINIONE / Giusi Princi: Servono azioni concrete, garantire sicurezza in ogni ambito

di GIUSI PRINCI – I dati sulla violenza di genere, purtroppo, continuano a dipingere un quadro allarmante. L’Europa ha compiuto passi significativi con l’adozione di politiche contro la violenza sulle donne ma la strada è ancora lunga. C’è molto da fare: servono azioni concrete per garantire la sicurezza delle donne in ogni ambito della loro vita.

In Europa circa una donna su tre ha subito violenza fisica o sessuale. In Italia, il 31% delle donne ha subito violenza fisica o psicologica, con numeri che continuano a crescere se si considerano i casi non denunciati, che sono ancora più gravi e diffusi. In Calabria si segnala un aumento delle violenze domestiche e della violenza psicologica, con il 42% delle donne calabresi che ha dichiarato di essere stata vittima di atti violenti all’interno delle mura domestiche. L’Europa ha adottato politiche contro la violenza sulle donne, tra cui la Direttiva su violenza domestica e cyber violenza, ma non è ancora sufficiente. La Commissione Europea ha lanciato azioni per combattere la violenza online ma la legislazione contro la cyber violenza è ancora frammentaria e non abbastanza incisiva. È urgente implementare leggi più forti e garantire la protezione delle vittime, mirando a chiudere i vuoti legislativi che permettono la diffusione di abusi e molestie digitali.

In questo contesto, ho organizzato l’evento “Intelligenza Artificiale per il cambiamento: combattere la violenza di genere con l’innovazione”, che si è svolto nella sede del Parlamento Europeo a Bruxelles, per esplorare con eurodeputati, accademici ed esperti il potenziale dell’intelligenza artificiale come strumento per prevenire e combattere la violenza di genere.

Ho, dunque, proposto un’iniziativa legislativa che sottoporrò al Parlamento Europeo con l’obiettivo di promuovere l’uso dell’intelligenza artificiale nella prevenzione della violenza di genere. Tale proposta intende colmare il vuoto legislativo in materia di cyber violenza, proponendo l’uso di IA per la rilevazione, la prevenzione e la segnalazione di molestie online e minacce fisiche. Le applicazioni promettenti dell’IA, come gli algoritmi per rilevare comportamenti abusivi sui social media e le applicazioni di sicurezza per offrire alle donne canali sicuri per chiedere aiuto, potrebbero rivoluzionare la lotta contro la violenza di genere. Ma non possiamo fermarci qui. Come Gruppo PPE, abbiamo cofirmato una dichiarazione che ribadisce un punto essenziale: le leggi che definiscono lo stupro devono essere basate sul consenso.

È inaccettabile che in alcune legislazioni il silenzio possa ancora essere interpretato come consenso. La battaglia contro la violenza sulle donne richiede il contributo di tutti: istituzioni, società civile, uomini e donne. Non possiamo lasciare indietro nessuno. È una lotta per la dignità, per la giustizia, per un futuro in cui nessuna donna debba più vivere nella paura. A tutte le vittime voglio dire questo: non siete sole. Insieme, possiamo costruire un mondo più sicuro, un mondo in cui la violenza non abbia più spazio. Per farlo, però, dobbiamo agire con determinazione. (gp)

[Giusi Princi è europarlamentare]

L’OPINIONE / Caterina Vaiti: Serve una rivoluzione culturale

di CATERINA VAITI – Numeri su numeri, finestre quotidiane di cronaca, ma anche racconti, sfoghi, lividi. La violenza sulle donne è attorno a noi, è subdola e ha più teste.

Dall’ambiente familiare ai luoghi di lavoro, fino alla scuola, agli spazi di socialità, la violenza fisica, economica e psicologica degli uomini sulle donne è parte della società, ne ha permeato la cultura. Una cultura patriarcale invasiva contro la quale poco possono leggi e pene e che è da combattere a partire dalle giovani generazioni.

Un lavoro che deve vedere coinvolte tutte le istituzioni in un lavoro a più mani che aiuti non solo gli uomini a non rendersi protagonisti delle violenze ma anche le donne vittime a riconoscersi come chiedendo sostegno e denunciando.

Ma se le donne stanno cercando di cambiare le cose, di dare il giusto nome ai fenomeni e denunciare narrazioni sbagliate, non possono portare da sole il peso di questa battaglia. Contrastare la violenza di genere e chiedere alle istituzioni di intervenire non può essere una lotta esclusiva delle donne. Servono misure ben oltre l’inasprimento delle pene e l’introduzione di strumenti come i braccialetti elettronici. Serve una vera e propria rivoluzione culturale, un profondo mutamento che coinvolga tutti.

Le istituzioni, i sindacati e le varie associazioni devono essere anelli della stessa catena in questa lotta agendo anche nella fase successiva alla denuncia contribuendo al reinserimento delle vittime dal punto di vista sociale e lavorativo.

Strategico, poi, il ruolo della prevenzione. Da giocare a partire dalle giovani generazioni sia con il sesso femminile che con quello maschile. La violenza va riconosciuta come tale e va evitata, individuata, messa all’angolo. Crescere future donne e futuri uomini consapevoli è parte integrante e viva di una società migliore. (cv)

[Caterina Vaiti è Segretaria Confederale Cgil Calabria]

L’OPINIONE / Filippo Mancuso: C’è bisogno di azioni tangibili contro violenza sulle donne

di FILIPPO MANCUSO – Sia nel Paese che in Calabria i numeri della violenza sulle donne sono allarmanti e non più tollerabili. Contro la violenza sulle donne c’è molto da fare. Nel mondo circa il 35% delle donne ha subito violenza sessuale almeno una volta nella vita. Dati e ‘numeri della vergogna’ che vedono anche la Calabria contare le sue vittime.

Senza tenere conto di quel cosiddetto ‘numero oscuro’ rappresentato dalla miriade di episodi di soprusi e violenze che non vengono denunciati dalle vittime. Nel ribadire la disponibilità del Consiglio regionale della Calabria a mettere a disposizione, in questa battaglia di civiltà, le proprie prerogative legislative, auspico che ogni impegno su questo fronte possa trasformarsi in azioni tangibili.

Le celebrazioni e la solidarietà sono importanti, ma, specie su questo fenomeno, occorrono reazioni efficaci. La Calabria è determinata a fare la sua parte fino in fondo, ma dobbiamo esigere un impegno deciso da parte di chi ha il potere di fare cambiamenti significativi. Dalle scuole alle istituzioni e alle autorità preposte a occuparsi delle violenze alle donne, ci si aspetta un impegno straordinario sul piano della prevenzione. Occorre senz’altro individuare i responsabili dei reati e assicurarli alla giustizia, ma bisogna intervenire prima che le violenze si verifichino e, soprattutto, intervenire, specie quando le donne denunciano, prima che le tragedie si consumino.
Il Consiglio regionale che mi pregio di rappresentare, sta facendo la propria parte. Sul piano della conoscenza e della sensibilizzazione, attraverso gli Stati Generali sulla violenza di genere organizzati dal Consiglio di concerto con l’Osservatorio regionale diretto dall’avv. Giuseppina Pino, la cui seconda edizione si è svolta il 21 novembre e si è chiusa con l’approvazione di due protocolli d’intesa siglati da tutte le autorità interessate dal fenomeno. Due protocolli di intesa interistituzionali: uno per il coordinamento delle azioni a contrasto della violenza domestica e l’altro per l’acquisizione di una vera raccolta dati sulla violenza alle donne che può avvenire solo con un lavoro sinergico di tutti i soggetti coinvolti, per mettere in moto interventi concreti si ha bisogno di una mappatura certa e completa dei dati.
L’approccio da noi scelto è quello della concretezza operativa e propositiva. In tal senso, abbiamo già attivato la Cabina di regia prevista dal Protocollo di intesa per la prevenzione ed il contrasto della violenza di genere siglato l’8 marzo scorso tra questa Presidenza, l’Osservatorio e l’Aterp. E grazie al quale è stata pianificata l’assegnazione di 15 alloggi (tre per provincia) di edilizia pubblica destinati a donne vittime di violenza e ai loro figli, prevedendo la loro collocazione e il recupero di una quotidianità lontana dagli abusi.
Un protocollo, quest’ultimo, unico nel suo genere in Italia, tanto da essere oggetto di attenzione anche da parte del Senato della Repubblica. L’obiettivo è mettere a sistema un percorso virtuoso, per scongiurare tragedie familiari e dare continuità all’azione a tutela delle donne.
C’è bisogno che le Istituzioni valutino costantemente l’efficacia delle politiche e dei servizi messi in atto, perché solo attraverso una valutazione continua possiamo migliorare le nostre risposte. (fm)
[Filippo Mancuso è presidente del Consiglio regionale]

L’OPINIONE / Caterina Capponi: La violenza va fermata al primo sintomo

di CATERINA CAPPONI – Oggi come Assessore alla Cultura e Pari Opportunità sento il dovere di inviare un messaggio chiaro e diretto:

Per manifestare sentimenti intensi di vicinanza e solidarietà a tutte le donne vittime di violenza in questa occasione “giornata internazionale in memoria delle vittime di violenza e per l’eliminazione della violenza contro le donne”.

Bisogna chiedere aiuto e uscire dalle prigioni maltrattanti, dalla dipendenza affettiva dai rapporti disfunzionali poiché l’amore non è quello che ti lascia i segni sul viso o le cicatrici profonde sul cuore.

La violenza va fermata al primo sintomo della sua subdola manifestazione ma non basta sanzionare è necessario creare un tessuto economico-sociale solido, offrire degli interventi concreti

È necessario proteggersi, con un atteggiamento civile e ben attrezzato, emotivamente, psicologicamente e culturalmente-non consentendo mai a nessuno di agire violenza psicologica attraverso atti denigratori, minacce, proibizioni, insulti o costrizioni di qualsiasi natura.

Grazie all’Onu una giornata per sottolineare che l’impegno per l’eliminazione della violenza contro le donne è urgente poiché sono davvero allarmanti i dati statistici.

Negli omicidi all’interno dei nuclei familiari Il 46% dei casi è attribuito a partner, il 12,4% a ex partner:

E. in ultima istanza, individuare corsie procedurali, più veloci affinché non si arrivi troppo tardi in casi di maltrattamenti familiari, violenza sessuale, psicologica, economica, stalking.

Auspico per tutte le giovani donne che possano vivere in un luogo accogliente, in cui si sperimenti un amore puro e bello, con grande senso di consapevolezza ed autoderminazione, che sia l’inizio di un processo di emancipazione personale, di realizzazione professionale esistenziale ed economica che possa fungere da antidoto a scelte sentimentali problematiche e patologiche (amore malato). (cc)

[Caterina Capponi è assessore regionale alla Cultura e alle Politiche Sociali]

L’OPINIONE / Roberta Attanasio e Antonella Veltri: Chiediamo rispetto e parità

di ROBERTA ATTANASIO E ANTONELLA VELTRI – Mai come in questo periodo storico occorre partire dalle parole: quelle che feriscono, quelle che delimitano l’agire delle donne e soprattutto quelle per dire basta alla violenza contro le donne.

Una narrazione, soprattutto quella istituzionale, che vorrebbe capovolgere ciò che è stata la lotta delle donne per raggiungere equità attraverso l’autodeterminarsi. La diffusa presa di parola intorno alla violenza di genere ha invece prodotto un’accelerazione di consapevolezza collettiva rendendo evidente che i femminicidi, gli stupri, le molestie, le discriminazioni non sono meri casi isolati, ma frutto di un sistema di potere, il patriarcato, che produce violenza e alimenta stereotipi. Sarebbe proprio dalle istituzioni, invece, che ci aspetteremmo altre parole.

Questo governo cerca di mettere in atto il tentativo di spostare l’attenzione su altro, sull’immigrazione, per ricercare le cause di un fenomeno strutturale e sistemico che trova nel patriarcato la sua cornice. Prevenire la violenza significa combattere le sue radici culturali e le sue cause. Per farlo servono strategie politiche mirate all’educazione, alla sensibilizzazione, al rispetto tali da determinare un reale cambiamento culturale. Per questo chiediamo azioni e non solo parole. Noi possiamo parlare di violenza, ma chi deve e può deve fare.

L’Italia è uno dei pochi paesi europei dove l’educazione sessuale nelle scuole non è obbligatoria per legge: sono assenti programmi educativi che promuovano il superamento degli stereotipi di genere, il rispetto dell’altro e di ciascuna identità. Disconoscere l’asimmetria di potere tra uomini e donne è colludere con un sistema di valori e credenze, pregiudizi e tradizioni che costringono le donne in una posizione subordinata rispetto agli uomini, un sistema che legittima il maltrattamento e l’abuso contro le donne e i minori.

Crediamo fortemente nel potere delle parole: quelle che uniscono, che esaltano le differenze e liberano dalla violenza patriarcale. Per questo aderiamo, convinte, alle iniziative che ci vedono coinvolte in occasione di questa data. Saremo insieme sempre più strette per difendere i diritti acquisti e allargare l’orizzonte dei diritti e della libertà, per garantire alle giovani generazioni di poter crescere senza pregiudizi, in un sistema valoriale che fa della parità e del rispetto i propri cardini. (ra e av)

[Roberta Attanasio e Antonella Veltri sono rispettivamente presidente del Cav “Roberta Lanzino” e socia fondatrice e presidente della Rete Nazionale D.i.Re – Donne in Rete contro la violenza]

Violenza contro le donne, Catanzaro si prepara con due giorni di eventi

In occasione della Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, la città di Catanzaro si prepara ad accogliere due eventi – in programma domani e sabato 23 novembre – che vogliono scuotere le coscienze, promuovere una cultura del rispetto e rilanciare con forza i valori della sensibilizzazione come strumento di liberazione per l’intera società.

Il 22 novembre, la città si mobiliterà con un Flash Mob e una passeggiata simbolica verso l’Auditorium Casalinuovo, dove istituzioni e Associazioni si confronteranno con esperti, cittadini e studenti attraverso un incontro patrocinato dall’assessorato alle Pari Opportunità.
«Un segnale forte – ha detto Gianmichele Bosco, presidente del Consiglio comunale di Catanzaro – che vogliamo lanciare soprattutto alle nuove generazioni: il rispetto e la parità devono essere pilastri del nostro futuro. Il giorno successivo, l’iniziativa continuerà allo Stadio Nicola Ceravolo in occasione dell’incontro di Serie B tra Catanzaro e Mantova, con il messaggio contro la violenza lanciato davanti ai tifosi, a sottolineare che questa battaglia è di tutti: uomini e donne, giovani e meno giovani».
Il 23 novembre, il “sit-in di lotta” organizzato dal Collettivo Aurora con altre realtà cittadine presso Piazzetta Il Cavatore e il tour al Museo Marca, «saranno momenti di riflessione, ma anche di resistenza contro un sistema che, troppo spesso, colpevolizza le vittime e assolve i colpevoli», ha detto ancora Bosco.
«È sotto gli occhi di tutti – ha evidenziato – che la violenza di genere non è un’emergenza, ma una conseguenza diretta di una struttura sociale che continua a perpetuare disuguaglianze e a legittimare squilibri di potere tra uomini e donne. Il patriarcato non è un concetto astratto: è il sistema che rende le donne vulnerabili in famiglia, sul lavoro, negli spazi pubblici, ed è lo stesso sistema che sminuisce le lotte femministe definendole “eccessive” o “superflue”».
«Ecco perché – ha concluso – non possiamo limitarci a condannare la violenza una volta all’anno: dobbiamo costruire politiche che sostengano i centri antiviolenza, che garantiscano l’autonomia economica delle donne e che portino le lotte per la parità e il rispetto in ogni angolo della società, dalle scuole agli uffici pubblici». (rcz)