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Montesanto vecchio detto Madonneja di Giuseppe Cinquegrana

Montesanto vecchio detto Madonneja di Giuseppe Cinquegrana

Luoghi che si spopolano, paesi abbandonati, territori che con le loro case dirute con sui muri icone votive ricordano i segni una fede antica verso la Madonna per lo più. Ancora lo scroscio di qualche ruscello che, a volte, forma piccole cascate riporta alla memoria l’antico borgo che fu casale di Rocca Angitola incastonato tra Polia, San Nicola, Monterosso, Capistrano, Filogaso e Maierato.

Siamo nella Montesanto vecchia, detta Madonneja, di cui gli anziani ricordano e raccontano di cunicoli segreti che collegano più mondi, di grotte di eremiti, di riti e processioni nel giorno dell’Assunta e di antiche usanze gastronomiche. Siamo in una di quelle terre ricca di microstorie che vanno dalla magia alle maestranze dei carbonai e di numerosi figuli la cui produzione di gozze, tianeji e pignate  venivano portate a dorso di mulo ai mercati vicini durante la festa del santo patrono. Qui la bontà dell’uva zibibbo, liveja e vinciguerra, dei melograni e fichi a melanzana è ancora segnata da qualche tralcio di vite imprigionato da rovi che ormai hanno presso il sopravvento. 

La motta di Montesanto appartenne a Don Rodrigo Gomez de Silva Principe di Eboli e Conte di Mileto.  Leggende di tesori che verranno rivelati dalla Vergine dell’Assunta riecheggiano ancora nelle narrazioni di alcuni contadini che non hanno mai, nonostante tutto, abbandonato questo territorio oggi facente parte del comune di Maierato, come il signor Vincenzo Curigliano che, in questo saggio, è stato la nostra guida per arriva sull’antico promontorio a forma conica che appare come la visione dei cerchi danteschi. Qui tutto aspetta di essere interrogato per meglio comprendere chi viveva, come lavorava, con chi commerciava, chi era il signore della contea e Vincenzo indicandoci luoghi e antichi spazi ci fa notare persino i muri dell’antico municipio e ci indica, con il legno della sua scure, le terre ancora oggi di proprietà dei nobili di Monterosso, altri di Vallelonga ed altri ancora di San Nicola di Crissa.

Uno spazio diremmo oggi melting pot di un mondo antico che ha ospitato culture multiple e che, nel tempo, a causa dei terremoti, specialmente quello del 1659 e del 1783, la gente fuggi verso il pianoro dove imponente sorgeva il Convento dei Carmelitani da dove si diffuse il culto in tutta la Calabria, e qui ricostruire la Montesanto nuova; altri emigrarono verso le Americhe non fecero più ritorno. È un po’ quel rivedere le sorti dell’antica Castelmonardo i cui abitanti trasferitosi sul Piano della Gorna fondarono la nobile Filadelfia.

Un nutrito repertorio fotografico impreziosisce l’opera dell’antropologo Pino Cinquegrana che, in diverse spedizioni in compagnia di Vincenzo Curigliano ha osservato, studiato sul posto, ipotizzato e confrontato con altri luoghi abbandonati questo spazio che se adeguatamente rivalutato saprebbe dare risposte naturalistici di grande respiro rilanciando il territorio verso nuovi orizzonti turistico-ambientali. 

Secondo la tradizione locale, il legame tra Montesanto nuovo e Montesanto vecchio è segnato da una galleria segreta che unisce le due terre, ovvero dal querceto di Montesanto nuovo con l’uscita  sotto il gigantesco olmo di Montesanto vecchio ed è qui che la Vergine dell’Assunta indicò in sogno, ad alcuni contadini del luogo, dove fossero nascosti antichi tesori… (rrm)