L’OPINIONE / Lenin Montesanto: Quella Calabria e Albania che il mondo non si aspetta

di LENIN MONTESANTO – Calabria e Albania, con i rispettivi Marcatori Identitari Distintivi (MID) e grazie al valore aggiunto del patrimonio e dell’eredità arbëreshë, potrebbero fare squadra per costruire una forte e più competitiva destinazione turistico-esperienziale nel Mediterraneo.

L’ho ribadito questa mattina (mercoledì 20 novembre), intervistato da Maria Teresa Santaguida, ospite di Buongiorno Regione, la rubrica del TGR Calabria, su Rai Tre.

Così come spiegato e confermato anche nel proficuo colloquio svoltosi nelle scorse settimane a Tirana, sia col Premier Edi Rama che col Ministro del Turismo Mirela Kumbaro Furxhi, con la Strategia nazionale del turismo 2024-2030, il Governo albanese punta a destagionalizzare e ad internazionalizzare l’Albania come destinazione esperienziale, oltre il balneare.

Così come la Calabria, terra (tra gli altri Mid) del Teorema di Pitagora, ambisce ad essere – ripeto il claim del presidente Roberto Occhiuto – quella straordinaria che l’Italia ed il mondo non si aspettano, allo stesso modo l’Albania dell’ultimo fiume selvaggio ed incontaminato d’Europa (Vjosa), di Skanderbeg e della coesistenza pacifica delle principali religioni monoteiste, vuole riscrivere, spiegare, comunicare e dimostrare al mondo una diversa narrazione di se stessa e, quindi, una diversa capacità di accoglienza.

Ed in questo impegno strategico chiaro, finalizzato a superare un’immagine e percezione negative consolidatesi in passato e per motivi diversi, se l’Albania di fatto mutua oggi l’analisi e le prospettive dell’innovativo metodo regionale calabrese dei Marcatori Identitari Distintivi (Mid), in Calabria ci si potrebbe ispirare al coraggio ed alla determinazione (da sopravvissuti, per usare le parole del Ministro del turismo albanese) che il Governo Rama sta dimostrando per diversificare, oltre il cliché non più competitivo della sola narrazione paesaggistica, la propria proposta turistico-esperienziale su mercati globali. (lm)

[Lenin Montesanto è program manager della Cabina di regia regionale Mid]

SENZA LAVORO E SERVIZI LA CALABRIA SI
SPOPOLA: FERMARE L’ESODO DEI GIOVANI

di VITTORIO DANIELE – Nonostante il tasso di natalità tra i più bassi in Europa, tra il 2001 e il 2022, la popolazione italiana è aumentata di circa due milioni. La crescita demografica ha, però, riguardato solo il Nord del paese. La popolazione del Mezzogiorno è, di contro, diminuita di 698.000 abitanti. Queste differenti dinamiche demografiche sono spiegate soprattutto dall’emigrazione. Pur registrando una significativa emigrazione di giovani verso l’estero, le regioni settentrionali hanno attratto gran parte dei flussi migratori in ingresso nel nostro paese e, soprattutto, quelli interni, provenienti dal Sud.

Tra il 2002 e il 2021 hanno lasciato il Mezzogiorno oltre 2,5 milioni di persone, in prevalenza verso il Centro-Nord (81%). Al netto dei rientri, il Mezzogiorno ha perso 1,1 milioni di residenti, di questi 808.000 con meno di 35 anni, di cui 263.000 laureati.

Più di altre regioni, la Calabria soffre di queste dinamiche. Nel periodo 2001- 2022, la popolazione calabrese è diminuita di quasi 165.000 residenti. Per avere un termine di paragone è come se la regione avesse perso, all’incirca, gli abitanti delle città di Catanzaro e di Lamezia Terme sommati. Nell’ultimo ventennio, il saldo migratorio della Calabria verso le altre regioni è stato mediamente del -5,2 per mille abitanti. Un valore nettamente maggiore di quello del Mezzogiorno (-2,7 per mille), che la modesta immigrazione da altri paesi – soprattutto della sponda sud del Mediterraneo – non può compensare. A partire sono, ovviamente, i giovani. La Calabria, insieme con la Basilicata, è la regione con più elevato tasso migratorio.

È quasi superfluo ricordarlo: il fattore di spinta di questa dinamica migratoria è la carenza di opportunità di lavoro qualificato. La domanda di lavoro da parte delle imprese è insufficiente; spesso i lavori disponibili sono precari, stagionali e sottopagati. Come risultato, molti giovani, soprattutto quelli più qualificati, giustamente, fuggono.

La marginalità delle aree interne

Le aree interne sono quelle che più soffrono delle dinamiche demografiche avverse, perché più acuti si presentano i problemi economici e sociali che caratterizzano la regione, cui si sommano le carenze nei servizi pubblici.

La Calabria è una penisola montuosa. Secondo le classificazioni statistiche, ben il 22% della popolazione vive in aree di montagna, una percentuale nettamente maggiore di quella media italiana (12%). Il 66% della popolazione è, poi, residente in aree collinari, mentre solo il 15% dei calabresi vive in aree di pianura, a fronte del 49% dell’Italia.

Tra il 2001 e il 2022, i comuni della montagna calabrese hanno perso quasi 58.000 abitanti. Si tratta di un calo del 12,3%. Nello stesso periodo, la popolazione nelle aree collinari calabresi è diminuita del 7,7%. Sono percentuali nettamente maggiori di quelle, pur elevate, che caratterizzano il Mezzogiorno. Le aree interne della Calabria si spopolano. Con lo spopolamento, vengono meno attività economiche e vengono soppressi servizi pubblici e privati (come asili, scuole, uffici postali, sportelli bancari) per mancanza di utenti e per ragioni di convenienza economica.

Quali politiche?

La Strategia per le Aree Interne (Snai), avviata a livello nazionale nell’ambito della programmazione 2014-2020, ha l’obiettivo di intervenire sui comuni “interni” con difficoltà di accesso ai servizi essenziali e, pertanto, a forte rischio di spopolamento. La Sna della Calabria cui si affianca una Strategia regionale, dovrebbe intervenire attraverso azioni sui servizi (mobilità, sanità, istruzione) e per lo sviluppo locale in sette aree: Reventino-Savuto; Grecanica; Sila-Presila crotonese e cosentina; Versante ionico Serre; Alto Jonio Cosentino; Versante Tirrenico Aspromonte; Alto Tirreno-Pollino. Si affianca una Strategia regionale che dovrebbe intervenire nelle altre porzioni del territorio regionale, ovvero in altri 266 comuni, inclusi, paradossalmente, quelli che ricadono in aree costiere.

Le risorse complessive destinate ai programmi ammontano a 136.696.000 euro. I soggetti attuatori (Comuni, Gal, Asp… e in alcuni casi direttamente la Regione) hanno l’onere di realizzare gli interventi. La Regione svolge comunque un compito di coordinamento.

Al momento, l’attuazione dei programmi delle Strategie per le aree interne scontano notevoli ritardi. Dal portale Open Coesione della Presidenza del Consiglio, per la Snai Calabria risulta, alla data attuale, un costo pubblico monitorato di appena 4,1 milioni, per 7 progetti monitorati, con zero progetti conclusi, il 13% dei progetti in corso e l’87% dei progetti non avviati. Per confronto, nello stesso portale, per la Basilicata risultano 88,1 milioni di costo pubblico monitorato, il 27% dei progetti conclusi, il 62% dei progetti in corso e il 9% non avviati. Non è dato sapere se tali informazioni siano aggiornate.

Servizi pubblici e prospettive occupazionali

Le strategie citate – se compiutamente attuate – potrebbero avere utili ricadute per i comuni interessati. Come altri interventi finanziati da fondi europei o nazionali non sono, però, in grado di contrastare la dinamica strutturale che investe le aree interne e il resto del territorio calabrese (e meridionale). Dinamiche che, come accennato, sono alimentate dalle forze della demografia e dell’economia e che, all’origine, hanno come causa l’ineguale distribuzione dello sviluppo economico nel territorio nazionale e, dunque, delle opportunità di lavoro che si offrono alle giovani generazioni.

Per contrastare lo spopolamento delle aree interne è certamente necessario assicurare – o potenziare ove carenti – i servizi essenziali: sanità, mobilità, istruzione. I vincoli di bilancio – e i continui tagli alla spesa pubblica – rendono estremamente difficile, però, che, nei prossimi anni, in aree in corso di spopolamento si possano potenziare i servizi pubblici, anche se ciò dovrebbe essere un obiettivo politico da perseguire, fosse anche solo per evitare disuguaglianze e sperequazioni tra cittadini e territori. È, poi, necessario e fattibile rendere più efficienti i servizi esistenti e accelerare i tempi di realizzazione delle opere pubbliche. Non sono pochi i casi, infatti, in cui le risorse disponibili rimangono parzialmente inutilizzate o vengono spese in progetti di dubbia utilità.

Assicurare i servizi essenziali è indispensabile, ma non sufficiente. Può apparire banale sottolinearlo, ma il contrasto allo spopolamento, alla desertificazione demografica ed economica consiste principalmente – direi fondamentalmente – nella creazione di opportunità di lavoro. Il finanziamento di attività imprenditoriali avviate da giovani nell’agricoltura, nell’agroindustria, nell’artigianato, nel turismo può aiutare. Come pure la realizzazione di un piano straordinario di forestazione, in linea con gli obiettivi europei e nazionali per lo sviluppo sostenibile e che compensi il disboscamento che riguarda parte del territorio regionale; come pure misure di riqualificazione e messa in sicurezza del territorio.

Sarebbe assurdo – e, se fosse possibile, sarebbe anche ingiusto – pensare di far rimanere i giovani in territori in cui mancano prospettive occupazionali. (vd)

[Courtesy OpenCalabria]

Alla Borsa del Turismo Archeologico di Paestum messe in risalto le potenzialità della Calabria e della Locride

di ARISTIDE BAVAAlla Borsa del Turismo Archeologico di Paestum, conclusasi domenica, dopo alcuni giorni di massiccia presenza di pubblico, sono state ampiamente messe in risalto le potenzialità della Calabria, e della Locride in particolare, in questo particolare settore che meriterebbe, soprattutto nel territorio Locrideo maggiore attenzione.

A mettere a fuoco il grande patrimonio archeologico locrideo è stato, in particolare, Guido Mignolli, direttore del Gal Terre Locridee che, peraltro, nel parlare di innovazione, ha presentato un nuovo itinerario turistico che invita alla scoperta della nostra area ricca di storia e tesori archeologici con un obiettivo preciso: promuovere e far meglio conoscere le bellezze della Magna Grecia in uno con le testimonianze romane, per stimolare i turisti a venire a vedere le preziose tracce storiche del territorio e ricordare che Locri e la Locride ospitano siti archeologici di grande rilievo.

Una proposta, quella di Mignolli, non certamente campata in aria e probabilmente anche scontata ma che, in questa occasione è suffragata da quel qualcosa in più che forse è mancato nel passato e che potrebbe d’ora innanzi fare la differenza. Ovvero il fatto che questa promozione di questo grande patrimonio esistente nella Locride può, e deve, trovare più forza per la loro valorizzazione attraverso un discorso “unitario” che interessi tutto il territorio.

La proposta progettuale presentata dal sirettore del Gal, infatti, ha incluso visite guidate ai principali siti archeologici della zona e percorsi tematici pensati per coinvolgere turisti e cittadini. I “tesori” d’altra parte non mancano , dalla Villa Romana di Casignana al Naniglio di Gioiosa Jonica, agli scavi di Locri all’anfiteatro di Portigliola o allo stesso Museo di Monasterace, luoghi principali d’interesse più conosciuti ma non i soli presenti sul territorio perché in effetti la Locride può offrire un’offerta integrata di grande respiro che faccia vivere ai turisti  un percorso generalizzato che non si limiti ad un singolo luogo ma offra una visione d’insieme del suo patrimonio storico.

Lo ha ben spiegato Guido Mignolli e lo ha anche affermato l’ex senatore Franco Crinò, oggi vicesindaco di Casignana, da tempo impegnato per la valorizzazione della Villa Romana che, tra l’altro, ha annunciato prossimi interventi per unire in un “Percorso Romano” i siti di Casignana, Gioiosa Ionica e Sant’Ilario nella convinzione, ampiamente giustificata, a nostro avviso, che si può attirare un turismo sempre più ampio e diversificato, per fare della Locride una destinazione culturale di riferimento e nello stesso tempo-altro particolare da non sottovalutare-  coinvolgere i cittadini, soprattutto i più giovani, «a sviluppare una maggiore consapevolezza del proprio patrimonio culturale, coltivando così le radici di una crescita turistica che possa durare nel tempo».

D’altra parte Archeologia e turismo, da sempre costituiscono per molte zone del nostro Paese un importante binomio e un autentico toccasana per produrre economia in un settore, forse l’unico, che è rimasto trainante in un momento in cui la crisi è latente in molti altri settori.  Ci siamo chiesti più volte perché in confronto ad altre Regioni e in altre zone dove le due cose hanno portato economia, lavoro e ricchezza, nella Locride questo binomio ancora non funziona per come dovrebbe.

Il territorio, è innegabile, annovera al suo interno siti di straordinario interesse, due Musei, quello di Locri e di Monasterace che contengono reperti di indubbia importanza storica, resti antichi sparsi in molti angoli, il Musaba, struttura artistica all’avanguardia ed ancora una miriade di strutture di notevole pregio sparpagliate nei suoi tanti borghi antichi. Un patrimonio immenso che, però, non riesce ad assolvere quello che dovrebbe essere il suo compito principale, ovvero richiamare flussi continui di turisti.

Quelli veri, per intenderci. Ecco, allora, che da Paestum arriva questa proposta, e questa possibilità, da non sottovalutare. Vedremo se sarà attentamente recepita sul territorio e dagli organismi istituzionali. (ab)

Pd: Calabria tra le regioni Ue col più alto rischio di povertà

La Calabria – assieme alla Campania e alla Sicilia – è tra le regioni Europee col più alto tasso di persone a rischio povertà o esclusione sociale. È quanto ha denunciato il Partito Democratico Calabria, commentando il rapporto sulle condizioni di vita in Europa nel 2024 dell’Eurostat, in cui è emerso che la nostra regione è al oenultimo posto col 48,6%, preceduta solo dal Dipartimento d’Oltremare francese della Guyana, in Sud America.

Dati che, per i dem, inchiodano «ancora una volta il governatore Occhiuto e il centrodestra», oltre che destare preoccupazione: «la situazione calabrese è in netto peggioramento rispetto al 2022 con un calo del 42,8%. Praticamente negli anni di governo del centrodestra le condizioni di vita in Calabria sono peggiorate secondo tutti gli indicatori europei».

«Segno evidente – hanno proseguito – che la rivoluzione e il progresso di cui parla Occhiuto esistono soltanto nella sua testa. Siamo davanti al fallimento dei governi di centrodestra a tutti i livelli che, non paghi di quanto fatto fin qui, vogliono sferrare il colpo finale al Sud del Paese con l’autonomia differenziata. Invece di provvedere, con urgenza – hanno concluso – a stanziare risorse e programmare investimenti realmente in grado di far recuperare questo profondo gap rispetto al resto dell’Italia e dell’Europa».

L’EOLICO NON FARÀ BENE ALLA CALABRIA
SARÀ UN DISASTRO A LIVELLO AMBIENTALE

di GIOVANNI MACCARRONEChe la Calabria sia la meta preferita per l’installazione degli impianti eolici non è dubbio. Nel novembre 2023, infatti, risultavano già attivi nella nostra regione 440 impianti eolici – il 70% si trova nelle province di Crotone e Catanzaro e sono pure in aumento le richieste di concessioni (attualmente 157 sono in corso di valutazione).

Risultano in aumento anche le richieste di installazione di impianti eolici off-shore. Di recente, in particolare, è venuta alla luce l’ipotesi di costruzione ed esercizio di un parco eolico off-shore di tipo galleggiante denominato “Enotria” nello specchio acqueo del Golfo di Squillace, a largo di Punta Stilo, nel mare Ionio.

Si tratta di un impianto eolico off-shore di tipo galleggiante composto da 37 aerogeneratori con una potenza complessiva di 555 mw posti tra circa 22 e 33 kilometri al largo della costa orientale della Calabria. Ciascun aerogeneratore di potenza unitaria di 15 mw avrà un’altezza massima complessiva di 355 m.s.l.m.

Questo ha creato un grande scompiglio. Sono diversi giorni che se ne parla. Comunque sia, “Nel bene e nel male basta che se ne parli” (lo diceva un certo Oscar Wilde).

È evidente, infatti, che in una regione come la Calabria (nota come la “terra tra due mari”), dove la principale attrazione è rappresentata appunto dal mare, è veramente devastante pensare che tra qualche anno ci troveremo a dover fare i conti con un paesaggio arricchito (si fa per dire) di strutture dotate di pale, turbine e generatori collocati in mare aperto al largo delle nostre coste.

Qualcuno dice che bisogna farsene una ragione. L’obiettivo è quello di realizzare una nuova politica energetica che assicuri la piena sostenibilità ambientale, sociale ed economica del territorio nazionale. Per cui, per realizzare questo obiettivo, è necessario sfruttare al meglio l’enorme potenziale energetico del vento. Costi quel che costi (locuzione che Mario Draghi pronunciò il 26 luglio 2012, nell’ambito della crisi del debito europeo). Insomma siamo messi proprio male. 

Il Meridione e la Calabria in particolare devono pagare il fatto che il territorio ha una maggiore disponibilità del vento, esiste una certa profondità dell’acqua e le proprietà geotecniche del fondale marino e tale da consentire l’ancoraggio a catene delle predette strutture.

Forse è stato anche questo il motivo che di recente ha spinto il legislatore a prevede nel D.L. n. 181/2023 (“Decreto Energia”) l’introduzione di un’importante novità in materia di sviluppo della filiera dell’industria dell’eolico off-shore.

Per installare un impianto eolico di questo tipo sono necessarie grandi infrastrutture e logistica, Servono, quindi, strutture per costruire e montare le torri e i galleggianti a partire da enormi tubi di acciaio, banchine esclusive nel porto, depositi per una grande quantità di materiale, e così via, oltre all’affitto di navi specializzate, prenotate con mesi o anni di anticipo.

Consapevoli di quanto sopra è stato perciò previsto nel decreto citato (DL 9 dicembre 2023, n. 181 convertito in legge 2 febbraio 2024, n. 11) un articolo (l’art. 8) che prevede al comma 1 la pubblicazione, entro il 9 gennaio 2024, da parte del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica, di un avviso volto alla acquisizione di manifestazioni di interesse per la individuazione, in almeno due porti del Mezzogiorno rientranti nelle Autorità di sistema portuale o in aree portuali limitrofe ad aree in phase out dal carbone, di aree demaniali marittime con relativi specchi acquei esterni alle difese foranee, da destinare, attraverso gli strumenti di pianificazione in ambito portuale, alla realizzazione di infrastrutture idonee a garantire lo sviluppo degli investimenti del settore della cantieristica navale per la produzione, l’assemblaggio e il varo di piattaforme galleggianti e delle infrastrutture elettriche funzionali allo sviluppo della cantieristica navale per la produzione di energia eolica in mare. 

Quindi, stando a quanto sopra riportato, non solo il nostro territorio rischia di essere invaso da strutture dotate di pale, turbine e generatori da realizzarsi sulla terraferma (impianti onshore) su autorizzazione della Regione (o delle province delegate) oppure  da posizionarsi a mare (impianti offshore), dietro autorizzazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ma dovremmo assistere anche alla creazione nelle aree del Mezzogiorno di un polo strategico nazionale nel settore della progettazione, della produzione e dell’assemblaggio di piattaforme galleggianti e delle infrastrutture elettriche funzionali allo sviluppo della cantieristica navale per la produzione di energia eolica in mare.

I più attenti avranno notato che il testo originario del decreto-legge prevedeva l’individuazione di due soli porti (anziché “almeno” due porti) del Mezzogiorno di aree demaniali marittime da destinare alla realizzazione di un polo strategico nazionale per l’eolico off-shore.

Come è facile intuire, tutto questo consentirà la realizzazione di più aree – che dovranno necessariamente essere aree portuali del Sud Italia – destinate alla realizzazione di “infrastrutture idonee a garantire lo sviluppo degli investimenti del settore della cantieristica navale per la produzione, l’assemblaggio e il varo di piattaforme galleggianti e delle infrastrutture elettriche funzionali allo sviluppo della cantieristica navale per la produzione di energia eolica in mare”.

Il che, come è evidente, significa che di questo passo il nostro mare e le nostre coste saranno invase da enormi strutture metalliche.

Siamo alla fine (almeno per ora…) di un percorso, come si è visto, a dir poco sconvolgente.

Ma a livello ambientale quale futuro ci aspetta? Un vero e proprio disastro. È importante notare sul punto che, per la realizzazione e l’esercizio dei vari progetti, sarà necessario immettere in mare materiale derivante da attività di escavo e di posa in opera di cavi e condotte, con grave inquinamento dell’acqua marina e riduzione della biodiversità.

Inoltre, le strutture off-shore – come si è sopra detto – utilizzano un sistema di ancoraggio a catene. L’ormeggio “a catenaria” utilizza delle catene lunghissime che tengono ancorata la struttura galleggiante sovrastante, anche grazie alle ancore terminali. Tuttavia, c’è un problema: i galleggianti, e di conseguenza le catene, tendono a muoversi, sotto la spinta delle onde e delle maree, determinando notevoli problemi alla flora e alla fauna ittica (si pensi alle praterie di Posidonia Oceanica).

A tal proposito bisogna prendere in considerazione anche il rumore emesso dagli impianti che provoca un vero e proprio inquinamento acustico che, a sua volta, incide fortemente sull’ecosistema del nostro mare.

Non bisogna trascurare, poi, che gli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili entrano sicuramente in collisione con la tutela del paesaggio. Non è chi non veda, infatti, che spesso gli impianti off-shore risultano visibili dall’occhio umano dalla costa o unitamente alla costa. Essi, quindi, incidono negativamente sui valori paesaggistici. Ma anche quando gli impianti in questione non dovessero risultare visibile all’occhio umano (in quanto posti a circa 22 o 32 Km dalla costa), il risultato non cambierebbe, dato che essi possono tranquillamente incidere negativamente sui valori paesaggistici anche se poste a notevole distanza dai territori costieri.

In tal senso è, del resto, la Corte Costituzionale, secondo cui il paesaggio deve essere considerato «l’ambiente nel suo aspetto visivo», e che l’art. 9, secondo comma, Cost. sancisce un principio fondamentale, che vale sia per lo Stato che per le Regioni, ordinarie e speciali, con la precisazione che il riferimento testuale della norma costituzionale è alla «Repubblica», con ciò affermandosi la natura di valore costituzionale in sé e per sé del valore del paesaggio. 

Pertanto, se da una parte siamo d’accordo con chi giustamente sostiene che l’uscita dalle fonti fossili è necessaria per fermare la crisi climatica, dall’altra parte riteniamo tuttavia molto importante valutare con una certa attenzione l’eventuale pregiudizio al paesaggio derivante da un impianto eolico off-shore. Non c’è dubbio, in sostanza, che «all’interesse alla tutela del paesaggio debba essere riconosciuto, nel bilanciamento con gli altri interessi potenzialmente antagonistici (primi fra tutti quello alla tutela dell’ambiente e quello allo sviluppo delle fonti rinnovabili a copertura del fabbisogno energetico), un peso specifico particolarmente elevato, fino a giustificare, in determinate e motivate ipotesi di compromissione irreversibile di aspetti e caratteri identitari del territorio ritenuti irrinunciabili ed in assenza di alternative (quale potrebbe essere in ipotesi, l’arretramento verso il mare aperto degli impianti o l’adozione di misure di mitigazione), anche un divieto di installazione».

È del resto chiaro, in conclusione, che, siccome si è comunque in presenza di un interesse costituzionale gerarchicamente superiore, sarebbe il caso di trovare strade alternative per ridurre le emissioni di gas serra a livello globale.

Si pensi che solo nel 2020, per quanto riguarda l’Europa, è stata registrata una riduzione delle emissioni di gas serra pari al 7,6%. Le ragioni sono state direttamente collegate a un grande cambiamento delle abitudini lavorative e di vita: con lo smart working, la riduzione dei viaggi d’affari e turistici, l’intera industria dei trasporti ha visto un calo nell’uso, e di conseguenza, un crollo nelle emissioni.

Forse sarebbe il caso di ripartire da qui e crederci

Speriamo bene. (gm)

CALABRESI E CALABRIA DEI TANTI PERCHÉ
E LO SMISURATO SENSO DI APPARTENENZA

di ORLANDINO GRECO – «Il calabrese è educato e sempre disponile. Chi altro parte dalla propria Terra per realizzarsi altrove, ed è pronto ad una nuova vita portandosi dietro l’educazione sempre presente dei propri genitori?»

È stata questa una delle frasi che ho sentito  con più vigore durante un incontro con alcuni importanti imprenditori milanesi e romani. Una sorta di mantra sulla Calabria e su i suoi figli che partono per il mondo e si realizzano.

Le nostre individualità inserite in contesti diversi diventano un’epifania di competenza e professionalità, a prescindere dai settori nei quali sono inseriti.

In fondo, siamo pur sempre la Terra dove la storia ha fatto il suo cammino, sempre immersa negli splendori della Magna Grecia con la scuola pitagorica che è diventata un’istituzione in tutto il globo. La Terra di Telesio; di filosofi e grandi personaggi storici.

Ma siamo anche la Calabria dei tanti perché, suddivisa in tempi antichi in Ulteriore e Citeriore, una divisione non solo geografica ma anche di usi, costumi, linguaggio e tradizione. Una regione così grande che ha in sé, un caleidoscopio di ricchezze e tesoro inestimabile.

E, proprio grazie a questa sua estensione territoriale, la Calabria e i calabresi hanno difficoltà ad essere un tutt’uno solido perché troppo distanti da essere popolo, nonostante ci sia un calabrese a rappresentarci in ogni angolo del mondo. E lo fa in ragione della sua forza, del suo smisurato senso di appartenenza ad una Terra bella e misteriosa ma capace di creare un legame forte ed indissolubile con le proprie radici e la propria storia millenaria.

Il calabrese è educato, lavoratore instancabile e persona perbene che riesce ad essere un valore aggiunto ovunque vada, tra un legame  forte alla famiglia e un alto senso del dovere. Rispetto per l’amicizia e per l’ospite, comunità inclusiva ed accogliente, comunità di persone generose che molte volte peccano per un pernicioso individualismo.

È l’essenza del nostro dna che diventa patrimonio collettivo di un popolo ancora in divenire e sempre con le radici ben piantate sulla propria Terra: Mamma Calabria e i suoi figli educati e perbene.  (og)

GIUBILEO, UN’OCCASIONE PER LA CALABRIA
BRAND PER VALORIZZARE IL TERRITORIO

di FRANCESCO NAPOLI – Il Giubileo 2025 è un evento religioso di portata mondiale che, secondo le ultime stime, porterà a Roma, la città eterna, il cuore della Chiesa cattolica, circa 30 milioni di pellegrini Un’occasione per l’intero sistema Paese e anche la Calabria non può farsi trovare impreparata. L’avviso della regione Calabria va nella direzione di quanto detto fine giugno.

Ad oggi mancano dati esatti sulla stagione turistica in corso, ma è certo che dopo il boom del 2023 l’industria delle vacanze comincia a mostrare i primi segni di frenata. Si spera nelle prenotazioni last minute e nella scelta di periodi diversi. Sono venuti meno soprattutto i turisti italiani, in parte perché colpiti dalla onda lunga della inflazione. Soffre la classe media che riduce la permanenza in vacanza.
Diventa dunque fondamentale lavorare per la valorizzazione di tanti siti turistici così come la creazione di nuove destinazioni. Il recupero, la tutela, la valorizzazione dei beni culturali e ambientali e lo sviluppo turistico, per una regione come la Calabria, sono temi strettamente connessi, in quanto essa dispone di un ingente patrimonio culturale e ambientale. Molti i punti di forza (come ad es. i siti archeologici di antiche civiltà mediterranee della Magna Grecia) che possono dar luogo ad itinerari turistici di rilevanza eccezionale per il turismo internazionale e del bacino del Mediterraneo.
È ormai evidente che oggi non si parla più solo genericamente di turismo ma di “Turismi”, ovvero di tante forme di turismo che aiutano a destagionalizzare l’offerta. Come Confapi Calabria stiamo lavorando, proprio in vista del 2025, ad un progetto di turismo religioso e culturale che passi dalle tante location calabresi per lo più sconosciute ma di grande valore culturale: un vero e proprio Brand Calabria per il Giubileo che è ormai alle porte: dalla Porta Santa alle porte delle città, a cominciare dalle nostre località. Il turismo è un settore ad alta intensità di lavoro, in cui la qualità dell’offerta è fortemente legata alla qualità del servizio e alla professionalità degli operatori, in tutta la filiera dell’accoglienza.

Il recupero di competitività è associato a un ampliamento del prodotto e all’espansione della quantità e della qualità dell’occupazione nel turismo e nelle filiere collegate. I siti archeologici ed i monumenti, sono la risorsa culturale di maggiore rilevanza della Calabria e rappresentano, a livello internazionale, certamente qualcosa di eccezionale. La Calabria ha sette parchi archeologici, che si trovano nelle zone di: Sibari, Capo Colonna, Scolacium, Locri, Vibo Valentia, Lamezia Terme, Monasterace.

La nostra proposta è quella di una terapia d’urto che passi anche da iniziative informative riguardanti le bellezze della Regione Calabria, in quanto in Italia, in Europa e negli altri continenti, manca un’ informazione adeguata su di essi, sia in rete che in altri media. Pochi paesi al mondo possono vantare un insieme di siti archeologici come la Calabria. E, quindi, ciò che occorre, è innanzitutto un’ azione decisa di informazione in rete e l’attuazione di eventi di risonanza internazionale, atti ad attirare l’attenzione su di essi a livello italiano, europeo, mondiale. (fn)

[Francesco Napoli è presidente di Confapi Calabria]

COGLIERE L’OPPORTUNITÀ DI RIDISEGNARE
LA CALABRIA CHE L’ITALIA NON SI ASPETTA

di MIMMO CRITELLI – Gli ultimi avvenimenti, nazionali e regionali (Autonomia Differenziata, Bonifica Sin, etc.) che hanno riguardato il posizionamento degli schieramenti politici Calabresi (Cdx e Csx), spingono ad una riflessione di merito per coglierne i punti di forza piuttosto che quelli di debolezza.

A questo si somma anche il documento-riflessione promosso dal Comitato Magna Graecia, del quale mi pregio di far parte anche in termini di ispirazione teorica, relativamente l’immobilismo amministrativo della fascia jonica: pienamente condivisibile.

Non appaia pretenziosa la simmetria fra l’autonomia delle Regioni e la conseguente perifericità dell’Arco Jonico, dal momento che in esso si sommano tutta una serie di criticità speculari alla stessa differenza fra nord e sud del Paese.

Parafrasando Roberto Occhiuto: il Tirreno e i Capoluoghi “borbonici” (Reggio Calabria, Catanzaro, Cosenza) rappresentano una Ferrari, a differenza dello Jonio accostabile alla Panda tanto cara al “mio” Governatore.

Non è una semplificazione, ma semplicemente una presa d’atto. Ho apprezzato e difeso il comportamento tenuto dal “mio” Presidente in ordine alle zone d’ombra e alla frettolosità con le quali la maggioranza Parlamentare di Cdx ha approvato il disegno di legge che regola l’autonomia delle Regioni.

Una maratona notturna, come i “compari” di Pisa, alla quale si sono sottratti molti parlamentari PopolarLiberali, per come mi piace appellare quelli di Forza Italia, in special modo quelli calabresi.

Ebbene, trascorse alcune settimane da quel contraddittorio politico e istituzionale con la Lega e la costituzione di qualche “Osservatorio” sugli effetti e le implicazioni dell’applicabilità della legge, si è mancato di mettere in evidenza che, ancora una volta, il ministro Calderoli si è dimostrato un “prestigiatore” dei meccanismi parlamentari e legislativi.

Sono stati colti con le mani nella marmellata, Calderoli e Zaia, dalla loro stessa frettolosità propagandista, un pò come quegli ambulanti avventizi del mordi e fuggi.

La richiesta di autonomia del Veneto, per le molte ed importanti materie non soggette ai Lep, e senza la prescrizione di un’area perequativa che azzeri il criterio della spesa storica, ha di fatto svelato l’azione unilaterale della Lega che ha finito per spiazzare anche Fratelli d’Italia che oggi è un partito che raccoglie uniformemente il suo consenso nazionale.

La successiva iniziativa europea di collocazione della Lega nel partito dei “Patrioti” di Orban, per circoscrivere la leadership di Giorgia Meloni al campo nazionalista piuttosto che europeista, è stato l’altro tassello di una strategia lucida che prova a marginalizzare il ruolo dei Popolari-Liberali-Riformisti italiani.

Ormai non sono più da annoverare come movimenti carsici quello che sta avvenendo nel rapporto fra Lega e FdI, dalla costituzione del Governo, sbilanciato a favore della Lega rispetto a FI, passando per Autonomia, Premierato, Giustizia ed Europa.

Su questi capisaldi programmatici, FI riesce a difendere le sue radici liberali e riformiste solo grazie al Ppe. Ma ritornando alla Calabria, e alla controversa legge sull’autonomia differenziata, ho motivo di pensare che Occhiuto sia rimasto più condizionato dal suo ruolo nazionale, nel porsi sulla stessa linea degli altri Governatori del Sud, insieme a Bardi, a sostegno di un Referendum che surclasserà, in termini di firme e di esito elettorale, persino quello sul nucleare o sulla riduzione dei Parlamentari.

Questa legge farlocca, da “compari” di Pisa, può solo essere disinnescata dall’esito Referendario. In caso contrario, anche se dopo due anni per le materie LEP e da subito per tutto il resto, non c’è bisogno di aspettare il parere di illustri economisti per stabilirne gli effetti distorsivi e separatisti.

Quali speranze ha un Paese dal debito pubblico sproporzionato che, nel frattempo, ha persino accentuato il divario economico e sociale fra macro aree (anche al loro interno), di vedere crescere omogeneamente e in competetizione paritaria l’intero sistema Paese? A mio giudizio, nessuno.

E spero, ardentemente, di essere smentito anche dal più semplice studente di economia senza dover scomodare luminari. Cambiando lo scenario territoriale, la Calabria non si sottrae alle dinamiche nazionali.

Se per decenni, non qualche anno, lo sviluppo e le strategie progettuali hanno orientato risorse e infrastrutture sull’asse Tirrenico o Ten-T (trasversale europea), non è forse ciò che è avvenuto fra Nord e Sud del Paese?

Non è forse che sullo “storico” calabrese oggi sentiamo parlare più di Ponte sullo Stretto che di “Autostrada dei tre mari”? In tal caso mi lascio prendere dalla mia personale suggestione di congiunzione fra le due sponde mediane del Tirreno e dello Jonio per poi procedere verso l’Adriatico nell’ambito della Macro Regione Mediterranea. E chissà che quest’ultima non sia più di una suggestione ma, forse, la soluzione al problema dell’autonomia, dove il Sud e i suoi circa 20Ml di abitanti potrebbero rappresentare una opportunità per l’Italia e per l’Europa.

Non nascondo di aver temerariamente accostato Autonomia, Bonifica dell’area Sin e Provincia della Magna Graecia, appena ho appreso che Occhiuto ha impugnato il provvedimento del Governo, e del “suo” ministro Pichetto Fratin, di smaltire i rifiuti in discarica privata adibita a ricevere quelli speciali e altamente inquinanti che giacciono in mare, da 50 anni, e sulla “consortile” da almeno 20 anni. L’occasione di un Presidente temerario, oltretutto “mio” Presidente, mi ispira una conclusione.

Se lo Jonio sta alla Calabria, come la Calabria sta all’Italia, si colga l’opportunità di ridisegnare la nuova Calabria, un’altra Calabria che «l’Italia non si aspetta».

Non la Calabria delle 3 macro Province di emanazione Sabauda, ma l’inedita Calabria che non torna indietro, ma guarda avanti e recupera il protagonismo delle periferie, spesso per auto-afflizione ed irrilevanza.

Crotone e Corigliano-Rossano nuovo asse dello sviluppo poliedrico poggiato su Bonifica e rilancio produttivo del Sin di Crotone-Cassano-Cerchiara insieme all’ex sito Enel. La Zes unica come strumento programmatico ed economico per rilanciare la piattaforma logistica e intermodale del Mediterraneo orientale.

Senza campanilismi, ma in una visione ampia, solidale e di coesione.

Il sistema politico locale è inidoneo ad intravedere il futuro che si sta prospettando, salvo stracciarsi le vesti dopo prendendosela con gli altri e mai con il proprio pressappochismo.

Persino Cgil e Cisl si sono lasciati riaccorpare nell’area Centro, lasciando la sola Uil di Fabio Tomaino, alla quale mi sono iscritto, a resistere sull’autonomia organizzativa provinciale.

Si procede a grandi passi per un ritorno alle tre macro Province attesa l’irrilevanza delle piccole Crotone e Vibo.

Non voglio credere che il riformista Occhiuto, il liberalpopolare Occhiuto, il Presidente della scommessa di Governo nella Regione più depressa che sta affrontando con sicurezza e autorevolezza, possa assecondare un ritorno allo status quo ante 1993, senza aver tastato il polso ai cittadini, anche solo come parere consultivo come nella fusione di Cosenza Rende e Castrolibero e, mi auguro, anche di Montalto (inspiegabilmente esclusa dal virtuoso processo).

Nell’unica occasione di interlocuzione, de visu, che ebbi con Roberto Occhiuto nel luglio 2021 a Gizzeria, e della quale conservo piacevole ricordo e lo ringrazio, ne condivisi, insieme al compianto Peppino Cosentino, gli spunti e la visione progettuale.

Dal canto mio, gli espressi il convincimento che la Calabria avesse bisogno di un intervento meditato e partecipato, una conferenza interistituzionale regionale di riorganizzazione amministrativa, istituzionale e territoriale. I tempi sono maturi per lanciare anche questa sfida al sistema anchilosato dei partiti.

Il “mio” Presidente è in grado di andare oltre gli schemi, come ha dimostrato in questi tre anni di Governo, senza particolarismi ma con una visione generale e oggettiva?

La sfida del Governo si vince quando si recuperano gli ultimi e gli si offre una prospettiva migliore. Questo vale per la Calabria in Italia, come per lo Jonio in Calabria. (mc)

Ricordare Otello Profazio per arricchire la Calabria

di FRANCO CIMINO – Cari presidenti, car sindaci, scrivo a voi di Otello Profazio, che sono certo conoscerete meglio di quanto non l’abbiamo conosciuto tanti noi. Pertanto, di lui non dico molto. Non dico che è stato uno dei più grandi cantastorie, uno dei più grandi cantanti della tradizione popolare, uno dei più grandi cantautori, uno dei più grandi poeti, uno dei più grandi intellettuali, uno dei più grandi “sociologi e filosofi”, a modo suo, dell’intero panorama nazionale ed europeo.

Se lo dicessi, pensando che voi non lo sapeste, farei un danno non a voi, eccellentissime persone, ma all’intera Calabria, che con orgoglio lo annovera tra i più grandi personaggi della sua storia. Qui dico ciò che non dovrei dire per l’ulteriore considerazione che si dovrebbe avere di Lui. Otello Profazio è stato, a suo modo, un grande politico. Voi che fate politica e la Politica sono certo che pure farete, sapete meglio di me che essa significa, tutto insieme, analizzare la società, i suoi mutevoli fenomeni, alla luce del passato e nella prospettiva del futuro; denunciarne la gravità e i pericoli ricorrenti, in essi le ingiustizie che, in molteplici forme, agiscono in particolare “contro” i poveri, gli ultimi, i disarmati, i vinti, i rassegnati, gli abbandonati, i lottatori stanchi, i ribelli combattuti e isolati. Politica, altresì significa, immaginazione, fantasia, creatività. Sogno. Fiducia illimitata che Politica possa realizzarli, anche dal niente. Anche dalle rovine. Costruire dal basso, cioè, con la partecipazione della gente, la Felicità. Sì, la Felicità, che, come diceva il Nostro, non è promessa di un aldilà non rassicurante nella sua incertezza (la religione è sentire personale) per i condannati all’infelicità su questa terra. Condannati proprio da quei “padroni” o potenti, che usano quella promessa per tenerli, i poveri e gli sfruttati e gli ingannati, tutti buoni e “silenziosi”.

No, la felicità di cui parla Otello, è conquista dalle battaglie che il popolo deve fare per la Libertà. Che viene prima della Democrazia, essendoci in essa tutto ciò che serve alla Felicità, dalla giustizia all’eguaglianza. Dalla liberazione da tutte le catene “all’incatenzazione “di ogni arroganza, egoismo, prepotenza, cattiveria. E padronanza di persone e cose delle persone. Di pensieri, delle persone, e della loro sistemazione in un sistema organico, chiamato cultura. Profazio era politico, a suo modo. Lo era in modo particolare per la fiducia che aveva nelle singole persone e nel loro mettersi insieme per farsi popolo. Egli lottava, pensava, scriveva, suonava, cantava, e faceva politica, vedendo, nella sua mente e negli occhi di tutti, il futuro di ogni riscattata bellezza. Ma non c’è politica senza cambiamento e non c’è sofferenza di popolo senza lotta del popolo. Non c’è felicità senza la sconfitta dei costruttori dell’infelicità. Il nostro “cantatore”, narratore di storie e incitatore di animi ribelli, era, a suo modo, un rivoluzionario. Si dice fosse socialista, si diceva, negli settanta, quelli dell’avanzata del PCI, che lo invitava a tutte le feste dell’unità fino a quella nazionale, che fosse comunista.

Io che sono sempre stato democristiano, penso, al di là anche dei suoi orientamenti politici definiti, che lui fosse ribelle per amore. Un universale soldato della Pace. Un cristiano, puro o laico o ateo, che potesse pure essere definito (non mi sono mai domandato del suo sentire religioso). Era un combattente senza armatura, né fucile, contro la guerra. La sua arma, la chitarra e la voce. Insieme, unica arma, ché l’una e l’altra non erano separabili in lui. Con quella aggiuntiva ironia, che se ti “pigghiava” ti faceva a polpettine. Era un rivoluzionario e un cristiano, “socialistanarchicomunista”, liberale anticonformista, mettiamoceli tutti e senza separazione e distinzione, perché Otello era lui e basta. Il rivoluzionario! Vero, ché non ce l’aveva soltanto con i “padroni” e i potenti, ma anche con noi tutti che, per stanchezza o pigrizia, ignoranza o paura, li abbiamo lasciati fare.

Anche quando ce siamo andati, a milioni, senza disturbare, neppure con il pianto e il dolore di lasciare la nostra terra e le nostre famiglie, spezzandoci braccia e schiena, per farli più ricchi quelli là. Oppure, restando, perché “qui si campa d’aria”. Il rimprovero a noi, delicato e tenero, pur pieno di compassione e considerazione, non è mancato mai. C’è un suo canto lontano, data forse cinquant’anni, che pochi conoscono e lui stesso da tanto non lo proponeva( non ricordo in quale album si trovi), che dice in una sola strofa tutto. È collocato storicamente nell’ottocento dei Borboni. Dice testualmente: «cunnuti (si riferisce a noi) ca serviti lu guvernu (si riferisce ai governanti), sì voli Diu mi cangi lu guvernu, li robbi vi li tagghiu parmu a parmu».

Può, egregio signori, un uomo così, un poeta così, un intellettuale così, una bellezza come questa, essere trascurata, non celebrata degnamente, addirittura dimenticata? E possiamo prendercela solo con il Comune di Reggio Calabria, la sua Città, della quale è anche cittadino onorario, per non aver dato seguito, per motivi economici addirittura, all’impegno di ricordarlo artisticamente in occasione del primo anniversario della morte?

Ma no, anche perché voi stessi affermerete una verità incontrovertibile. Questa: per quanto amasse la sua Città, vivendola fino all’ultimo suo respiro pur avendo fatto il giro del mondo, Otello era, è, calabrese, uno dei più grandi e belli di tutta la storia di questa nostra-sua terra, di cui egli ha cantato dolori e gioie, asciuttezza e floridezza, sfregi e purezza. Chiedo, pertanto, con questa mia, di essere tutti voi a promuovere iniziative importanti, in tutta la Regione, per rendere non onore al calabrese illustre, che non ne avrebbe bisogno, ma onore e prestigio all’intera Calabria. Per farne anche l’eterno ambasciatore, voi saprete come, della Calabria bellissima. Insieme a lui, ora che vi trovate, tanti altri artisti calabresi, che, vissuti dimenticati, morti cancellati, della loro bellezza straordinaria, hanno lasciato un’eredità ricchissima. Voi direte le solite due cose: ” non ci sono soldi”, la prima; “ma con tutti i gravi problemi della Calabria…” la seconda.

Vi conosco personalmente e vi so onesti e sinceri. Ma consentimi di rispondervi con l’immaginata frase ironica che avrebbe pronunciato il più prezioso raccontatore della nostra terra: «ma cu tutti i picciuli chi iettamu in spettaculi chi venanu e fora, e cu i problemi veri chi ni scordamu, propriu cu mia, chi custu pocu…».

Certo della vostra benevola accoglienza di questa mia, consentimi di ringraziarvi anticipatamente, anche per i tempo utilizzato per leggermi qui. (fc)

GLI OCCHI DEL MONDO CHE PRODUCE
PER DUE GIORNI PUNTATI SULLA CALABRIA

di SANTO STRATI – Per due giorni gli occhi del mondo produttivo e del commercio saranno tutti puntati sulla Calabria, nell’incantevole Castello di Santa Trada, a Villa San Giovanni, dove si svolge il G7 Trade, ovvero quello dedicato al commercio mondiale.

Al di là degli specifici obiettivi della due giorni di incontri tra le delegazione dei 7 Grandi e i tanti altri Paesi invitati a partecipare, c’è da considerare la grande occasione che si profila per la nostra terra. Ovvero, sfruttare questa nuova vetrina di risonanza mondiale (la prima ce l’ha offerta la titanica impresa di Jaan Roose in equilibrio su un filo sullo Stretto: un miliardo di spettatori!) per creare opportunità di ricostruire la reputazione, macchiata da anni di gratuite insolenze e insinuazioni. Il mondo deve scoprire la Calabria attraverso queste iniziative, perché mentre si discute di affari, l’occhio può spaziare tra lo splendore dei paesaggi, la maestosità dei Bronzi e l’incanto dello Stretto. È un’occasione che non va persa, perché la due giorni di Santa Trada sia una sorta di prova generale di come si possa mostrare al mondo che la Calabria, oltre a essere una terra, fiera, può offrire offre mille attrazioni, non solo turistiche. Servono investimenti e la creazione di nuove opportunità di occupazione, ma non soltanto nell’ambito della cultura e del turismo che sono un attrattore straordinario e inimitabile, ma anche per il segmento produttivo, scientifico e tecnologico: ci sono tre Atenei che sfiorano l’eccellenza e sono in grado ospitare studenti di tutto il mondo.  E le nostre aziende cercano sbocchi di export anche oltre che nell’agroalimentare.

Benvenuto in Calabria, Mondo!  (s)

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Antonio Tajani: «La Calabria e il Sud saranno per due giorni la capitale economica mondiale»

«In questi due giorni porteremo a Villa San Giovanni e Reggio Calabria i Ministri del G7 e dei Paesi ospiti che insieme rappresentano il 54% del Pil mondiale: la Calabria e il Sud Italia saranno per due giorni la capitale economica mondiale». È quanto ha dichiarato Antonio Tajani, Vice Presidente del Consiglio e Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, in occasione della riunione dei Ministri del Commercio del G7 che si apre questa mattina a Villa San Giovanni.

«Sono quattro – ha spiegato – i temi centrali che affronteremo, cruciali per il futuro delle nostre economie: rafforzare il sistema commerciale multilaterale attraverso la riforma dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC); assicurare la parità di condizioni sui mercati globali; incoraggiare la sostenibilità ambientale nel commercio; migliorare la resilienza e la sicurezza economica. Sono i temi prioritari al centro dell’agenda della Presidenza italiana».

Oltre a tali temi, i lavori, che si svolgeranno a Villa San Giovanni, si concentreranno sulla situazione in Medio Oriente e nel Mar Rosso, arteria commerciale strategica in particolare per il nostro Paese, nonché sull’Indo-Pacifico, regione chiave per il commercio e le catene di approvvigionamento globali. Oltre ai Ministri dei Paesi G7, saranno coinvolti quelli di importanti Paesi partner come Brasile, Corea del Sud, India, Nuova Zelanda, Turchia e Vietnam, assieme alla Direttrice Generale dell’Omc e al Segretario Generale dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (Ocse).

I lavori inizieranno con un incontro dei Ministri del Commercio del G7 con i rappresentanti dell’Industria del G7 (B7), nel quale gli imprenditori presenteranno ai rappresentanti dei Governi la propria visione e le proprie priorità in termini di promozione della competitività e commercio equo e basato sulle regole, rafforzamento delle economie, nonché delle catene globali di fornitura a fronte della crescente instabilità geopolitica e massimizzazione dei benefici dell’Intelligenza Artificiale.

Nel corso della Ministeriale, i Ministri del G7 si recheranno al Porto di Gioia Tauro, primo porto italiano per traffico merci, dove verrà presentata l’iniziativa umanitaria italiana “Food for Gaza”. Verrà in particolare presentato uno scanner come quello recentemente partito per Cipro per potenziare e rendere più celeri i controlli di sicurezza dei container con aiuti umanitari che, tramite il corridoio umanitario marittimo incentrato sull’isola, vengono destinati a Gaza.

Domani, mercoledì 17 luglio, al termine dei lavori, si terrà la conferenza stampa conclusiva del Ministro Tajani. (rrm)