L’OPINIONE / Delia De Blasio (Lidu): «Ilaria Salis e la violazione della dignità umana»

di DANIELA DE BLASIOIlaria Salis, insegnante e attivista di Monza, è al centro di una tragica vicenda che solleva importanti quesiti sul rispetto dei diritti umani e legali. La donna, trentanovenne, da quasi un anno è detenuta in Ungheria e la sua disumana condizione in carcere ha suscitato polemiche e indignazione. Nell’ultima udienza in aula, ha fatto soprattutto scalpore il fatto che sia arrivata con manette alle mani e ai piedi, collegate a un cinturone in vita e a un guinzaglio al collo.

Tale trattamento rappresenta una violazione evidente della dignità umana e dei diritti fondamentali di ogni individuo e solleva numerosi interrogativi sul rispetto di importanti principi fondamentali ed è preoccupante, a maggior ragione, perché accade in un Paese membro dell’Unione europea.

Indipendentemente dalla colpevolezza o innocenza di Ilaria Salis, è essenziale porre l’accento sul rispetto dei suoi diritti umani. La sua detenzione in condizioni disumane solleva importanti quesiti, soprattutto sul rispetto del principio dell’habeas corpus e dell’acquis communautaire.

Il primo è uno dei fondamenti del diritto penale e giudiziario che tutela il diritto alla libertà personale: esso garantisce il diritto di ogni individuo a non subire detenzione arbitraria o ingiusta ed il detenuto ha il diritto di essere portato davanti a un tribunale o un giudice entro un termine ragionevole per la valutazione della sua detenzione. Nel caso di Ilaria Salis, sembra che tale principio non sia stato rispettato poiché è stata detenuta in Ungheria per quasi un anno senza un processo adeguato.

L’altro principio, l’acquis communautaire, mira ad armonizzare le leggi e le norme all’interno dell’Unione europea e a garantire un’eguale applicazione del diritto in tutti gli Stati membri. Esso include i diritti umani, le norme penali e giudiziarie, i principi di pari opportunità, nonché i principi fondamentali della giustizia e della dignità umana. La detenzione di Ilaria Salis e le condizioni in cui si trova sollevano dubbi anche sul rispetto di tale principio da parte delle autorità ungheresi, poiché l’Ungheria dovrebbe rispettare gli standard europei in materia di diritti umani e trattamento dei detenuti e solleva una serie di interrogativi sulla protezione dei diritti umani all’interno dell’Unione europea.

È importante ricordare che tutti gli individui, indipendentemente dalla loro colpevolezza o innocenza, hanno diritto a un processo equo e al rispetto dei loro diritti umani fondamentali ed è essenziale garantire che nessuno sia soggetto a trattamenti inumani o degradanti e che tutti abbiano accesso a una giustizia equa.
L’Unione Europea, infatti, si è impegnata fortemente nella difesa dei diritti umani fin dalla sua nascita: temi come l’immigrazione, la discriminazione, la libertà di espressione, l’uguaglianza di genere e la giusta detenzione devono essere rispettati con coerenza e costanza da tutti i Paesi dell’Unione europea.

La vicenda di Ilaria Salis è un richiamo alla protezione dei diritti umani e alla dignità di ogni persona, e pone l’accento sulla necessità di vigilare attentamente sul rispetto dei principi legali e giudiziari in ogni circostanza e l’opinione pubblica e le organizzazioni internazionali hanno un ruolo cruciale nel monitorare e garantire il rispetto dei diritti fondamentali di ogni individuo, indipendentemente dalla situazione in cui si trova.

L’Unione europea deve dimostrare la sua determinazione nel tutelare questi principi.

Mancano pochi mesi alla data in cui i cittadini saranno chiamati a scegliere i loro rappresentanti in Europa, ed i candidati alle elezioni europee non devono ignorare l’obbligo di rispettare il loro ruolo cruciale da svolgere nella promozione e nella tutela dei diritti umani nell’Unione Europea ed hanno il dovere di impegnarsi a proteggere i diritti fondamentali dei cittadini europei e di tutti coloro che si trovano all’interno dei confini dell’Unione. (ddb)

(Daniela De Blasio è presidente della Lega dei diritti umani Reggio Calabria)

L’OPINIONE / De Blasio: «Troppi problemi per i detenuti»

di DANIELA DE BLASIO – Nel corso dell’incontro organizzato a Palazzo San Giorgio di Reggio Calabria in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, la Presidente f.f. della Corte d’Appello di Reggio Calabria, Olga Tarzia, ha posto l’attenzione sull’importanza di investire sul sistema carcerario, poiché la struttura attuale necessita di una profonda trasformazione.

La Presidente Tarzia ha sostenuto la necessità di garantire una migliore accoglienza ai detenuti, consentendo loro condizioni minime di vita all’interno dei penitenziari.

Infatti gli attuali problemi di sovraffollamento carcerario e la scarsità di personale addetto alla sicurezza degli istituti penitenziari rappresentano una situazione critica che richiede interventi immediati.
E’ opinione diffusa che le condizioni di reclusione non devono cancellare il rispetto dei diritti inviolabili dell’uomo ma devono favorire il suo più completo reinserimento nella vita sociale civile dopo aver scontato la condanna, ma la realtà è spesso tutt’altra cosa.

Il sovraffollamento carcerario influisce negativamente sia sulla salute fisica che su quella mentale dei detenuti e, unita alla mancanza di un numero sufficiente di agenti, contribuisce all’insorgere di tensioni e conflitti tra i detenuti, aumentando il rischio di violenza e instabilità all’interno delle carceri.

La carenza di personale crea condizioni di insicurezza per i detenuti, ma anche per il personale penitenziario stesso. Per non parlare delle pessime condizioni igieniche, della mancanza di privacy e spazi personali, che compromettono il benessere dei detenuti e la loro riabilitazione, che può essere pregiudicata dalla coabitazione forzata che potrebbe avere un’influenza negativa sul loro percorso di recupero.

Si impone, dunque, un’adeguata riflessione sull’apparato penitenziario, in ordine al modo di concepire la detenzione.
Siamo tutti consapevoli che il carcere dovrebbe rappresentare la punizione per i reati commessi, ma non possiamo dimenticare la dimensione fondamentale della rieducazione, che è la parte che spesso viene tristemente trascurata.

È fuorviante considerare la pena come l’unico obiettivo del sistema giudiziario, per questo bisogna lavorare per sviluppare programmi che mirino a riparare il danno causato e a reinserire i responsabili nella società.
La struttura carceraria dovrebbe essere rinnovata non solo sotto il profilo dell’accoglienza e delle condizioni di vita dei detenuti, ma anche per favorire la riabilitazione e la restituzione della dignità a chi ha commesso un reato, affinché non sia etichettato ed emarginato dalla società.

Fermo restando lo spirito del principio sancito dalla Costituzione in ordine alla finalità rieducativa e non afflittiva della pena, tesa al recupero del reo, l’obiettivo finale è quello di creare una struttura carceraria che non sia solamente punitiva, ma che dia l’opportunità ai detenuti di riguadagnare la propria dignità attraverso percorsi di reinserimento sociale e riabilitazione nonchè la promozione di iniziative trattamentali che diano la possibilità ai detenuti di intraprendere, in concreto, un percorso rieducativo all’interno della struttura penitenziaria.

E’ infatti notorio quanto sia facile che l’esperienza del carcere si trasformi, soprattutto per i più giovani, in un’ulteriore e più importante addestramento alla devianza soprattutto nelle aree in cui la criminalità organizzata è più diffusa.

Il carcere non è un nonluogo ma è una realtà con cui bisogna confrontarsi; un sistema che deve garantire la sicurezza della collettività, ma che, al contempo, deve garantire il rispetto dei diritti umani e non può e non deve limitarsi solamente a un luogo di detenzione, ma deve svolgere un ruolo attivo nella rieducazione e nella riabilitazione di coloro che vi si trovano. La rieducazione rappresenta una delle principali finalità del sistema penitenziario che richiede un ripensamento del sistema carcerario, con una maggiore attenzione ai diritti dei detenuti e maggiori risorse umane e finanziarie allo scopo di garantire un ambiente più sicuro, dignitoso e con programmi di recupero concreti, rapportati con la realtà che i detenuti, una volta scontata la pena, incontreranno nel loro “nuovo” percorso di vita.

La sensibilizzazione alle tematiche come queste è fondamentale per promuovere un cambiamento culturale e istituzionale, che dovrà necessariamente portare ad una maggiore attenzione verso il sistema carcerario e una migliore gestione delle risorse investite, in termini umani ed economici.

Per questi motivi c’è il bisogno di offrire un percorso detentivo alternativo in cui gli strumenti del trattamento quali lavoro, istruzione, formazione professionale, rapporti con la famiglia, trovino piena attuazione ed in cui il tempo della detenzione sia tempo di recupero e di costruzione di sé. (ddb)

(Daniela De Blasio è presidente della Lega dei Diritti umani di Reggio Calabria)

L’Opinione / Daniela De Blasio: Violenza sulle donne: emergenza nazionale

di DANIELA DE BLASIO – Il 25 novembre, come ogni anno, si celebra la Giornata Internazionale contro la Violenza sulle Donne, un argomento che è divenuto, purtroppo, di discussione quasi quotidiana, ma che è giusto richiamare in modo istituzionale in un giorno particolare, proprio per fornire un’occasione per riflettere sull’allarmante situazione che incombe nel nostro Paese. Questa data deve essere, insomma, un richiamo forte per tutti, invitandoci a non dimenticare le numerose violenze che le donne subiscono ogni giorno.

In Italia, i dati sono allarmanti e  richiedono un’azione immediata e coordinata per impedire questa violazione dei diritti umani.

Un recente rapporto dell’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT) ha infatti reso noto che quasi il 31% delle donne italiane ha subito una forma di violenza fisica o sessuale almeno una volta nella propria vita. Questo significa che più di una donna su quattro nel nostro paese è stata vittima di violenza.

I dati nel 2023 ci dimostrano che il fenomeno è in crescita e che sono state più di 100 le vittime di femminicidio di mariti, fidanzati, compagni che non riescono ad accettare la volontà della donna di chiudere un rapporto.

La violenza fisica è probabilmente la forma più evidente di violenza di genere, ma non è l’unica forma di violenza che colpisce le donne, in quanto può assumere forme diverse: violenza emotiva e psicologica, violenza domestica, violenza economica, violenza sessuale, stalking, sono tutte forme che possono essere altrettanto distruttive della violenza fisica.

Donne di ogni età, classe sociale, estrazione culturale ed etnia sono vittime di questa ferocia, senza confini geografici e senza risparmiare nessuno. Le donne sono vittime di violenza all’interno delle proprie famiglie, nelle relazioni intime, sul posto di lavoro e per mano di sconosciuti per strada. È un problema endemico che non può e non deve essere ignorato.

Bisogna riconoscere che in Italia, negli ultimi anni, sono stati compiuti passi importanti per combattere questo dramma, come la creazione di centri antiviolenza e l’approvazione di leggi più severe nei confronti degli aggressori, tuttavia, il problema rimane diffuso e persistente.

Serve, pertanto, un cambiamento radicale nelle coscienze e nelle politiche per far fronte a questa emergenza sociale, ed è necessario promuovere una strategia che coinvolga diverse dimensioni, tra cui una cultura del rispetto reciproco, l’educazione all’affettività ed alla sessualità, la sensibilizzazione, l’attivismo civico, la prevenzione e l’implementazione di misure di sicurezza efficaci per porre fine alla violenza di genere in tutte le sue manifestazioni e fornire servizi di sostegno adeguati alle vittime, che includano rifugi sicuri e servizi di supporto.

Bisogna ancora lavorare per far nascere una consapevolezza più diffusa, per mettere fine al silenzio e all’indifferenza, per rimarcare la gravità del problema e dare impulso a prendere posizione contro ogni forma di maltrattamento.

Le donne vittime di violenza devono essere maggiormente protette dando loro effettiva tutela dei loro diritti, con accertamenti tempestivi e processi equi, garantendo alle vittime una reale possibilità di ottenere giustizia per le violenze subite.

Ogni singolo cittadino è chiamato a fare la sua parte, in particolare gli uomini e i ragazzi, denunciando e ripudiando ogni forma di violenza contro le donne ed essere forza trainante per porre fine definitivamente a questa piaga sociale. (ddb)

Quanto affascina la storia di Reggio antica con l’archeologo Daniele Castrizio

5 novembre 2018 – Il Teatro Metropolitano DLF stracolmo indica quanto sia sentita la storia di Reggio antica e quale richiamo eserciti la vis oratoria del prof. Daniele Castrizio, archeologo ed esperto di Magna Grecia, che ha costruito ieri un racconto avvincente sulla fondazione della città. Non una semplice conferenza, al contrario, uno spettacolo a tutto tondo con la partecipazione, attenta e ammirevole, di attori non professionisti (c’era anche l’ex direttore del Conservatorio Daniela De Blasio), che hanno saputo costruire un racconto “animato” e travolgente di una civiltà che tutti ci invidiano.
Il progetto di Antonio Calabrò, che firma l’idea e la sceneggiatura ed è a capo dell’Associazione L’Amaca, ha avuto, quindi, esiti felici e riscontrato il massimo interesse da parte del pubblico che ha affollato la sala di piazza Garibaldi a Reggio.

Il prof. Castrizio in scena, racconta la fondazione di Reggio

La grande conoscenza storica del prof. Castrizio e  la sua narrazione coinvolgente ha trovato dunque un adeguato equilibrio con l’interpretazione dei protagonisti sulla scena: oltre alla già citata Daniela De Blasio, Valeria Siclari, Nino Cervettini, Teo Zema, Umberto Aguglia, Anna Rita Fadda, Santo De Stefano e Dario Zema accompagnati dalle musiche originali di Fulvio Cama e Sebastian Trunfio.
Le scene e i costumi sono stati autoprodotti ma non per questo meno apprezzabili per l’ambientazione efficacemente realizzata che ha fatto da cornice ai siparietti – anche divertenti – che hanno fatto da sottofondo alla narrazione.


La storia di Reggio – secondo le fonti storiche – è iniziata da Calcide, città greca dalla quale partirono i protagonisti, non prima di essere simpaticamente scoraggiati da una delle tante profezie della “Pizia”: «Vedo tonnellate di salsiccia per strada; persone accalcate in una grande arena che urlano come ossessi intorno ad atleti che rincorrono un pallone, con uno straccio amaranto in mano, che urlano contro quelli dall’altra parte del mare chiamandoli ‘buddaci’; gente passeggiare avanti ed indietro su una strada parallela al mare ed inveire contro ogni capo. Meglio che mi taccio…». Non solo satira sul presente, ma, soprattutto, divulgazione storica ed identità reggina. Infatti, i protagonisti, forti anche della parole della Pizia Laddove il fiume Apsias, il più sacro dei fiumi, si getta in mare, troverete una femmina che si unisce ad un maschio, là fonderete la città, intrepidi, incontrando una vite stretta ad un fico alla foce dello stesso Calopinace, fondarono Reggio, dando vita ad una storia brillantemente evocata da Castrizio che, tra i miti antichi e la storia che la vide forte, potente e florida, come, ad esempio, a fianco di Roma, ha ricordato come quella dello Stretto sia la città più antica d’Italia e come abbia un passato del quale i reggini dovrebbero essere orgogliosi e coerenti con esso.
«Abbiamo raccontato – ha spiegato il prof. Castrizio – le tre fondazioni Reggio, quelle di Eolo, Giocasto e la greca; sottolineato la certezza della data del 743 avanti Cristo; come la città sia nata dall’incrocio fra la componente ionica, alla quale erano propri cultura e commercio, e quella dorica, alla quale appartenevano disciplina ed arte militare, un incrocio che per almeno due-tre secoli ha dato grandi frutti; esaltato la figura di Anassila, unico vero politico in tremila anni di storia reggina».
Soddisfatto il regista Antonio Calabrò: «La nostra narrazione su più livelli, un’ibridazione fra conoscenza storica e voglia di divertirci, è stata apprezzata dal nostro pubblico. Siamo felici».
Prossimo appuntamento domenica 18 novembre, questa volta, però, si parlerà di fumetti:  “Buon compleanno satanasso – Tex e la frontiera”. (rs)

Le foto, tratte dalla pagina FB dell’Associazione culturale L’Amaca, sono di Elvira Alfida Costarella