Alfonso Femia firma il masterplan per la riqualificazione del porto di Reggio

Atelier(s) Alfonso Femia firma il masterplan per la riqualificazione di aree, strutture ed infrastrutture nel porto di Reggio Calabria. Un progetto, quello di Femia, che rovescia l’approccio tradizionale alla progettazione portuale, mettendo al centro la connessione tra mare e territorio e che, secondo l’Autorità di Sistema Portuale dello Stretto, si dovrebbe concludere entro il 2026 con un investimento di 33 mln.

Risorse che sono già tutte disponibili e finanziate: con 15.000.000 di euro del Bilancio dello Stato per l’anno 2021 (emendamento Cannizzarro); con 6.500.000 di euro con Fondi del Pnrr per le aree Zes; per il resto, per circa 11.500.000 di euro con fondi del bilancio autonomo della AdSP. Si prevede l’avvio delle gare di progettazione dei singoli interventi già nei prossimi mesi per poter disporre dei progetti e delle necessarie autorizzazioni entro la fine del 2023. Nel 2024 è previsto l’appalto e l’avvio dei lavori.

Quello proposto da Femia, infatti, è un progetto a 360 gradi, che prevede la riqualificazione di aree, strutture ed infrastrutture nel porto di Reggio che, per il presidente dell’Aurorità dello Stretto, Mario Mega, «dovrà diventare, secondo la programmazione condivisa con l’Amministrazione Comunale, un porto passeggeri integrato con il lungomare cittadino attraverso gli interventi di realizzazione del Museo del Mediterraneo e la riqualificazione del Rione Candeloro».

«Occorreva, quindi – ha detto – elaborare una visione d’insieme per lo sviluppo che riuscisse a tenere insieme le funzioni portuali con le esigenze di fruizione diretta di quegli spazi da parte dei cittadini e dei turisti. Le soluzioni proposte consentiranno di ridurre al minimo le aree operative con limitazioni di accesso per il rispetto delle norma di security valorizzando gli altri ambiti portuali con funzioni di più diretta vivibilità».

«La rimozione dei silos del cemento, quasi ultimata, e la demolizione dei vecchi fabbricati esistenti alla radice della Banchina vecchia di Levante, che sarà programmata quanto prima, sono i primi segnali di un cambiamento che trasformerà il porto in un salotto della città», ha concluso –.

«Il porto di Reggio Calabria – è riferito – si colloca sulla sponda orientale dello Stretto ed è costituito da un bacino artificiale protetto dalla lunga Banchina di Ponente. Santa Caterina è il quartiere urbano che prospetta il porto. Insieme a quello di Villa San Giovanni, il porto di Reggio Calabria garantisce i collegamenti con la Sicilia e le isole Eolie. Oltre al servizio passeggeri e commerciale, il porto di Reggio svolge anche funzione diportistica».

«In relazione al traffico merci – si legge ancora – in passato era collegato numerosi porti del Mediterraneo: Casablanca in Marocco, Marsiglia in Francia, molti approdi turchi, Ceuta in Spagna, Patrasso in Grecia, Zaporozhya in Ucraina, Valletta a Malta. L’area portuale è dotata di collegamenti diretti con la rete stradale e autostradale (bretella di raccordo sul tratto terminale dell’A2 che attraversa la città di Reggio Calabria). Molte lacune impediscono lo sviluppo del porto in chiave territoriale. In termini di integrazione rispetto agli altri nodi calabresi inseriti nelle reti europee, centrale e globale, il porto non gode di un collegamento diretto via strada con l’aeroporto di Reggio Calabria, né di collegamenti diretti ferroviari con lo stesso aeroporto di Reggio Calabria, con l’aeroporto di Lamezia Terme e con il porto di Gioia Tauro».

«La valorizzazione della “terra di mezzo” del waterfront alla scala territoriale, urbana ed extraurbana, la realizzazione di un percorso che amplifica la connessione, attivando funzioni civiche, sportive e sociali permanenti insieme a quelle più specificamente portuali, è un progetto di connessione che va molto oltre le infrastrutture e gli oggetti correlati», è stato evidenziato.

Dunque, «la realizzazione di un terminal passeggeri nell’area di bacino esterno – spiegano ancora dall’Autorità di Sistema Portuale dello Stretto – la riqualificazione di edifici esistenti riconvertiti a uffici, nell’area del diporto, presso la “Banchina Vecchia di Levante”, l’implementazione dei pontili e l’integrazione con una nuova pensilina nel bacino interno sono interventi che si sostanziano e amplificano il loro valore progettuale nella spina verde di connessione. Il masterplan complessivo prevede l’introduzione di un’attività crocieristica aggiuntiva, per integrare, all’interno del porto, una nuova funzione turistica e, di conseguenza, l’inserimento di volumi tecnici, cold ironing e banchine».

«Ad accogliere il transito crocieristico un terminal di 1100 metri quadrati di cui 800 all’aperto con annesse aree di parcheggio – viene spiegato –. L’area del terminal interagisce con il sistema complessivo del verde che si ricollega al parco. Il terminal stesso insiste su una zolla verde, vera e propria piazza di accoglienza. Gli edifici esistenti vengono rifunzionalizzati; si realizza un attracco per i mega yatch con pontile parallelo al molo, creando così una linea di servizio per gli attracchi. Si potenzia l’area ormeggi per gli aliscafi con nuovi pontili e una nuova pensilina per i viaggiatori che ne fruiscono. Parte dei volumi esistenti vengono demoliti per ripulire l’area, creando una rete di flussi/percorsi adeguata: quello di banchina di servizio e uno ciclopedonale che a quota sopraelevata permette la mobilità dolce. La parte di bacino antistante viene dedicata ai mega yacht. La pensilina assume una valenza compositiva, punto attrattore, elemento blu di richiamo, area di relax per intrattenere l’attesa degli aliscafi».

«Il percorso ciclo-pedonale – è spiegato – crea una connessione diretta con la stazione di Santa Caterina tra aeroporto e città. Si snoda parallelamente al muro di separazione dalla ferrovia per tre chilometri e mezzo per poi connettersi a un tratto esistenti in prossimità del waterfront. Per garantire la sicurezza in relazione alla prossimità all’asse ferroviario, si sviluppa su piani sfalsati rispetto alla quota della banchina. Si legge, dunque, come un nastro variabile che contribuisce alla definizione di un atipico paesaggio verticale su più livelli che si innesta su quello orizzontale. Punti di sosta e belvedere si definiscono sul bordo verde del parco lineare, in connessione con la pista ciclabile».

«La rigenerazione di un’area urbana passa sempre attraverso i trasporti, la mobilità, le infrastrutture. Nel caso del porto di Reggio Calabria, la connessione dolce integrata a un progetto di verde urbano realizza un’infrastrutturazione multi-competente: sotto il profilo sociale, del comfort individuale e collettivo, di potenziamento del senso di appartenenza ai luoghi. Per Reggio Calabria, ancora di più, la connessione è un fattore di riscatto di una città ad altissime potenzialità che fatica a decollare» ha affermato Alfonso Femia.

«L’obiettivo di questi interventi – viene spiegato ancora – è quello di inserire il porto di Reggio Calabria nel circuito crocieristico internazionale, di fatto rilanciando la città e l’intero Stretto».

Spazio, infine, al Parco Lineare, che prevede «verde intensivo su suolo vegetale giardino in piano, alternanza di alberi da frutto e ulivi con trattamento erbaceo spontaneo alternato a zone di macchia mediterranea densa in prossimità del sottopasso della stazione, verde intensivo su suolo vegetale /riportato distesa di verde con erbacee tipica delle zone marine e alberi in sequenza di grandi dimensioni isolati o a filari di piccole medie dimensioni lecci ulivi, promenade alberata slarghi nel verde e una piazza d’acqua, terrazze inaccessibili con vegetazione di tipo secco mediterranea, lecci ginepri ulivi roverelle e piante mediterranee al suolo, pacciamatura in fieno o truciolo creazione di muro vegetale tramite supporto esistente con l’immissione di reti». (rrc)

L’OPINIONE / Enzo Vitale: I vecchi attracchi del Porto di Reggio non vanno demoliti

di ENZO VITALE – Quello del porto di Reggio, comunque destinato alla subalternità rispetto allo storico e naturale dirimpettaio, il falcato zancleo, è un caso forse unico nella storia della moderna portualità: sottoutilizzato fino all’inedia in uno stretto di mare che dovrebbe fornirgli un’inesauribile rendita di posizione.

Questo trend, fatto di miopi politiche di sviluppo e di grossolani errori gestionali, con l’avvento dell’Autorità di sistema portuale dello Stretto sembra essersi interrotto. Osteggiata inizialmente dalla politica, che la vedeva come una perdita di potere, con unica voce a favore quella della Fondazione Mediterranea, la nuova Autorità sta facendo quello che si sarebbe dovuto da tempo fare: sviluppo delle potenzialità di approdo per le navi da crociera di medie dimensioni; creazione di una molto remunerativa base di appoggio per le barche da diporto di grandi dimensioni; realizzazione ex novo a nord, nella zona extraportuale antistante l’attuale circolo nautico, di un porto turistico per il diporto di piccolo e medio cabotaggio.

Spostamento extraportuale, a nord della Capitameria, degli approdi della Caronte; eventuale collegamento della stazione ferroviaria di Santa Caterina con il terminal degli aliscafi; rimozione dei silos della Cementir; riqualificazione dell’ex Onda Marina; apertura del porto alle compagnie marittime e ai loro business. Resta una perplessità, anzi due: l’inibizione dell’avvicinamento alla banchina dei non addetti ai lavori, che di fatto ne impedisce l’uso ai reggini per le attività ludiche e di fitness; la prevista demolizione dei vecchi attracchi dei traghetti.

È questo secondo punto il più dolente, fermo restando che il primo è difficilmente risolvibile per motivi di sicurezza. Gli attracchi, infatti, rappresentano la memoria storica di come si svolgevano nel secolo scorso i trasporti di passeggeri e mezzi e carri ferroviari sullo Stretto, un esempio di modernariato e tra non poco di archeologia industriale che sarebbe peccato perdere.

La soluzione ci sarebbe, prospettata all’Autorità e ai vertici amministrativi cittadini dalla Fondazione Mediterranea: spostamento della struttura nell’edificando Museo del Mare, che avrà peraltro il problema di riempire vasti spazi interni, come perno di una sezione e dedicata alla storia dei trasporti frontalieri nell’area dello Stretto.