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Porto di Reggio Calabria

L’OPINIONE / Enzo Vitale: I vecchi attracchi del Porto di Reggio non vanno demoliti

di ENZO VITALE – Quello del porto di Reggio, comunque destinato alla subalternità rispetto allo storico e naturale dirimpettaio, il falcato zancleo, è un caso forse unico nella storia della moderna portualità: sottoutilizzato fino all’inedia in uno stretto di mare che dovrebbe fornirgli un’inesauribile rendita di posizione.

Questo trend, fatto di miopi politiche di sviluppo e di grossolani errori gestionali, con l’avvento dell’Autorità di sistema portuale dello Stretto sembra essersi interrotto. Osteggiata inizialmente dalla politica, che la vedeva come una perdita di potere, con unica voce a favore quella della Fondazione Mediterranea, la nuova Autorità sta facendo quello che si sarebbe dovuto da tempo fare: sviluppo delle potenzialità di approdo per le navi da crociera di medie dimensioni; creazione di una molto remunerativa base di appoggio per le barche da diporto di grandi dimensioni; realizzazione ex novo a nord, nella zona extraportuale antistante l’attuale circolo nautico, di un porto turistico per il diporto di piccolo e medio cabotaggio.

Spostamento extraportuale, a nord della Capitameria, degli approdi della Caronte; eventuale collegamento della stazione ferroviaria di Santa Caterina con il terminal degli aliscafi; rimozione dei silos della Cementir; riqualificazione dell’ex Onda Marina; apertura del porto alle compagnie marittime e ai loro business. Resta una perplessità, anzi due: l’inibizione dell’avvicinamento alla banchina dei non addetti ai lavori, che di fatto ne impedisce l’uso ai reggini per le attività ludiche e di fitness; la prevista demolizione dei vecchi attracchi dei traghetti.

È questo secondo punto il più dolente, fermo restando che il primo è difficilmente risolvibile per motivi di sicurezza. Gli attracchi, infatti, rappresentano la memoria storica di come si svolgevano nel secolo scorso i trasporti di passeggeri e mezzi e carri ferroviari sullo Stretto, un esempio di modernariato e tra non poco di archeologia industriale che sarebbe peccato perdere.

La soluzione ci sarebbe, prospettata all’Autorità e ai vertici amministrativi cittadini dalla Fondazione Mediterranea: spostamento della struttura nell’edificando Museo del Mare, che avrà peraltro il problema di riempire vasti spazi interni, come perno di una sezione e dedicata alla storia dei trasporti frontalieri nell’area dello Stretto.