DUE CALABRIE CHE SI FRONTEGGIANO ALLA PARI: UNA BENESTANTE, L’ALTRA POVERA

di DOMENICO CERSOSIMO E ROSANNA NISTICÒ – I più recenti dati medi nazionali segnalano, pur in un quadro di sostanziale stabilità della povertà assoluta, un’incoraggiante riduzione dell’incidenza degli italiani a rischio di povertà o di esclusione sociale (Istat 2024).

Questa brezza congiunturale positiva, tuttavia, non rinfresca in modo uniforme il paese: alcune aree, segnatamente diverse regioni del Nord, beneficiano di correnti comparativamente più favorevoli; altrove, la situazione è stagnante o addirittura in peggioramento. La media, come spesso accade, spiega poco: nasconde le differenze tra i territori dove la povertà è un fenomeno fisiologico, contenuto, e quelli in cui invece assume caratteri acuti e persistenti.

La Calabria è l’estremo: una regione nel vortice di un processo di polarizzazione e sfaldamento sociale, con una popolazione spaccata in due metà quantitativamente equivalenti, per metà benestanti e metà poveri o a rischio di povertà-esclusione; due realtà scollate tra loro che tendono a configurare una non-società.

Guardando all’insieme delle regioni d’Europa, nelle prime 50 posizioni della graduatoria ordinata in senso decrescente per incidenza del rischio povertà-esclusione sociale, si collocano, ad eccezione della Basilicata, tutte le regioni meridionali, e di contro, nelle ultime 50 posizioni tutte le regioni del Nord, ad eccezione della Liguria: un’asimmetria acuta che fa dell’Italia il paese Eu con le disparità interne più pronunciate (Eurostat 2024).

La Calabria è la regione europea, ad esclusione delle “ultraperiferiche”, con la più alta quota di poveri-vulnerabili sulla popolazione complessiva (48,6%), a fronte di valori pari a poco più di un quinto nella media italiana, del 5,8% nella provincia di Bolzano e del 7,4% in Emilia-Romagna. Anche all’interno del Mezzogiorno, il gap è notevole: addirittura 24 punti in più in Calabria rispetto al Molise e oltre 21 nei confronti della Basilicata.

Allarmante è il trend recente: tra il 2022 e il 2023, il rischio povertà-esclusione sociale dei calabresi subisce una drastica impennata, dal 42,8 al 48,6%, a fronte di un calo generalizzato nelle altre regioni, anche meridionali.

Anche con riferimento al sub-indicatore “rischio di povertà”, il picco calabrese è elevatissimo: 41 calabresi su 100 vivono in famiglie con un reddito netto equivalente inferiore al 60% di quello mediano, un’incidenza più che doppia rispetto a quella nazionale, dieci volte superiore a quella della Provincia di Bolzano e sette volte più alta di quella dell’Emilia-Romagna.

Allargando lo sguardo all’Europa, la Calabria raggiunge il tetto più elevato, seguita dalla Sicilia (38%) e dalla Campania (36,1%); al lato opposto della distribuzione, solo 9 regioni hanno un’incidenza delle persone a rischio di povertà più bassa o uguale al 7,5%, tra cui tre italiane: la provincia Autonoma di Trento, quella di Bolzano e l’Emilia-Romagna. Ne segue che il divario interregionale dell’Italia risulta il più ampio, segnando 35 punti percentuali di differenza tra la Calabria e la Provincia autonoma di Bolzano.

Rispetto agli altri due sotto-indicatori che concorrono a definire la popolazione a rischio di povertà ed esclusione sociale, la quota di calabresi che deve fronteggiare una “grave deprivazione materiale e sociale” (20,7%) è pressoché uguale e quella dei soggetti caratterizzati da “bassa intensità lavorativa” (20,9%).

Dunque, più di un quinto della popolazione regionale, tra 350 mila e 400 mila persone (circa il 15% del totale nazionale), è costretto a fare i conti con severe e plurime privazioni materiali e sociali: essere in arretrato con il pagamento di bollette, affitti, mutui; non poter sostenere spese impreviste; riscaldare adeguatamente la casa; sostituire mobili danneggiati o abiti consumati; non potersi permettere un pasto adeguato almeno a giorni alterni, due paia di scarpe in buone condizioni per tutti i giorni, una piccola somma di denaro settimanale per le proprie esigenze personali, una connessione internet utilizzabile a casa, un’automobile, di incontrare familiari o amici per mangiare insieme almeno una volta al mese. Nella media nazionale, gli italiani costretti a così gravi deprivazioni sono il 4,7% ma in Emilia-Romagna sono meno dell’1%.

Più di un quinto sono anche i calabresi tra 18 e 64 anni che vivono in famiglie a bassa intensità di lavoro (soprattutto quelle più numerose e con più figli), ossia che hanno lavorato meno del 20% del loro tempo potenziale, e che conseguentemente percepiscono retribuzioni insufficienti per uscire dal rischio povertà.

Ancora. La Calabria è l’unica regione italiana a subire, nel biennio 2022-23, un incremento-peggioramento di tutti e tre i sub-indicatori. Peggiora poco l’indicatore “bassa densità lavorativa”, che passa dal 19,6 al 20,9% (dal 9,8 all’8,9% in Italia), ma che tuttavia segnala che è in aumento la frazione, già elevata, di famiglie con forme estese di sottooccupazione, a testimonianza tanto del deficit strutturale della domanda di lavoro locale quanto del fatto che il lavoro di per sé non è in grado di tutelare da situazioni di grave difficoltà economica, soprattutto nel caso dei lavoratori dipendenti a tempo parziale e con basse retribuzioni.

Ben più consistente è l’incremento dei calabresi a “rischio di povertà”, che passa dal 34,5 al 40,6% e di quelli con “grave deprivazione materiale e sociale”, che nel giro di un solo anno quasi raddoppiano (dall’11,8 al 20,7%), contro una sostanziale stabilità nella media nazionale (dal 4,5 al 4,7%), e di una leggera flessione in oltre la metà delle regioni, anche in tutte quelle del Sud, ad eccezione della Puglia.

Insomma, come in nessuna altra regione italiana, i dati configurano in modo evidente due società, due Calabrie, due gruppi di cittadini profondamente dissimili e slegati tra loro. Da un lato, ci sono i calabresi che godono di redditi, patrimoni, consumi, stili di vita analoghi a quelli medi nazionali. Singoli e famiglie a cui fa capo la quasi totalità della ricchezza netta regionale, reale e finanziaria.

Appartengono a questa “prima” Calabria anche i calabresi, per lo più dipendenti della pubblica amministrazione, con redditi medi ma sufficienti per condurre una vita decorosa, e che, seppure a fatica, riescono a districarsi nelle maglie sconnesse dei servizi pubblici essenziali e ad evitarne gli effetti perversi ricorrendo al proprio bagaglio di amicizie e conoscenze personali. Accanto a questi, si ritrovano anche i calabresi, inquilini del privilegio, che possono permettersi consumi opulenti, dalle auto alla cosmesi, come qualunque altro ricco di qualunque società urbana d’Europa, e che possono influenzare le politiche pubbliche a loro favore.

Nell’insieme, sono calabresi che si sostengono tra loro attraverso reti relazionali sia di natura interpersonale che associativa, come, ad esempio, i club Lyons o Rotary, gli Ordini professionali, le Associazioni di commercianti, industriali, agricoltori, artigiani, i circoli massonici palesi e occulti, le reti informali di comparatico, le aggregazioni politico-elettorali strumentali, temporanee, trasversali. In aggiunta, non va trascurata l’incidenza dell’estremo del capitale sociale “cattivo”, ovvero quei circuiti di ‘ndranghetisti e di soggetti criminali che costruiscono il loro benessere distruggendo quello di cittadini e imprenditori, consumando futuro all’intera comunità regionale.

Pur prescindendo dalle derive delinquenziali di questi ultimi e di coloro che vivono nell’illegalità perenne dell’evasione fiscale e dello sfruttamento dei lavoratori, si percepisce l’esistenza nella sfera dei benestanti di una Calabria della densità orizzontale, delle cooptazioni, delle arene a geometria variabile dello scambio e della reciprocità particolaristica, clientelare, professionale, e che può aspirare, individualmente, a qualche forma di mobilità sociale ascendente.

Sono i calabresi “estrattivi”, che traggono benefici dallo status quo, dalla politica come “motore primo” degli standard di vita, dai bonus pubblici, dalla dipendenza macroeconomica della regione dal respiratore artificiale della spesa pubblica, che intercetta e beneficia della quasi totalità dei trasferimenti pubblici nazionali ed europei e dei grandi programmi di intervento pubblico destinati allo sviluppo locale. Cittadini che hanno sviluppato speciali abilità di torsione dei provvedimenti pubblici, centrali e locali, alle logiche di riproduzione dei propri benefici, anche degli interventi che astrattamente avrebbero potuto destabilizzare la legittimazione delle loro rendite di posizione; che diffidano dei progetti di trasformazione sociale in nome di una sorta di “apologia del quietismo”.

Cittadini concentrati, nelle parole di Mauro Magatti, soprattutto a “consumare benessere” piuttosto che a creare sviluppo e ad affrontare le sfide strutturali (organizzative, produttive, innovative) che esso comporta. Ottimati della rendita e della disuguaglianza polarizzata, tesi a mantenere o catturare nuovi vantaggi individuali e non interessati al bene comune. A prendere piuttosto che a contribuire al benessere della collettività.

Poi c’è la “seconda” Calabria, di dimensioni simili alla prima ma radicalmente diversa: quella dei sommersi, dei rimossi, dei precari, degli occultati che, in quanto tali, non disturbano l’estetica della “prima” Calabria.

Poveri con deprivazioni materiali estreme, con disagi quotidiani e persistenti, con difficoltà ad alimentarsi con pasti adeguati, a vestirsi in modo decoroso, a dormire sotto un tetto sicuro. Sono tantissimi e in crescita: poveri di “partenza”, ascritti dalla nascita. Anche questo gruppo è fortemente composito. Si tratta di anziani soli con pensioni sociali al minimo; lavoratori occasionali e per lo più sommersi, riders, camerieri a ore, operatori di call center, che contribuiscono alla tenuta e alla riproduzione di un’economia locale minuta, informale, e con salari così bassi da non consentire l’uscita dalla trappola della povertà assoluta; giovani, spesso descolarizzati, che perseguono l’autonomia familiare ma che sono imprigionati in lavoretti dequalificati e con salari striminziti; disabili rimasti senza famiglia, con sostegni pubblici assenti o inadeguati; disoccupati scoraggiati che hanno rinunciato a cercare un’occupazione perché hanno perso la speranza di trovarlo; immigrati con difficoltà di integrazione che riescono a racimolare pochi euro al giorno con lavoretti in nero o con espedienti vari; giovani imprigionati nell’eterno limbo del non lavoro, non studio, non formazione. Un catalogo infinito di soggetti, ad evidenza che, parafrasando Lev Tostoj in “Anna Karenina”, ogni povero è povero a modo suo.

Un altro buon quinto di calabresi è, come si è detto, a rischio povertà per la bassa intensità occupazionale: singoli e famiglie spesso alle prese con lavori precari, a tempo, con contratti di part-time involontario, e, di conseguenza, con redditi ben al di sotto della soglia media di un lavoratore a tempo pieno. Sovente, poveri di “arrivo”, “risultato” di politiche assenti o controproducenti.

Ne fanno parte famiglie numerose con occupati per poche ore alla settimana che racimolano un reddito monetario complessivo al di sotto della soglia per soddisfare i consumi essenziali; famiglie di immigrati con difficoltà di integrazione e con percettori di reddito di pochi euro all’ora, soprattutto in agricoltura, in edilizia e nel multiforme e crescente “proletariato dei servizi” a bassa qualificazione.

Sono singoli e famiglie che rischiano un ulteriore impoverimento quando la congiuntura diventa avversa per la perdita dell’occupazione oppure per la contrazione dei trasferimenti pubblici alle famiglie e ai singoli in difficoltà, come l’abolizione del reddito di cittadinanza, favorendo ulteriormente lo scivolamento verso la condizione di grave depauperazione materiale.

A differenza della prima, questa seconda Calabria è atomizzata, sbriciolata; più fragile e indifesa, composta da calabresi isolati gli uni dagli altri, senza legami né rappresentanza né voce, senza sovrastrutture. Scie disperse e spesso divergenti, senza sciame. Calabresi che praticano, quando possono, relazioni “verticali” individuali: con la Caritas, con la parrocchia, con i servizi comunali di welfare, con il gruppo di volontariato, con l’impresa di terzo settore, con la mensa sociale. Calabresi silenziati, privi di mezzi e strumenti, senza occasioni per parlare di sé.

A questa Calabria sembra non pensare nessuno. Non solo perché sommersa e difficile da incrociare se non si hanno sguardi sensibili, adeguati, interessati, ma anche perché è la Calabria degli outsider, del non-voto, che non protesta, che non fa rumore, che non urla, che non ha né trattori né vernici né gilets jaunes né protettori; che non minaccia l’ordine dominante.

I partiti-residui continuano a guardare alla prima Calabria, a quella dei garantiti, degli insider, delle rare imprese di “successo”, delle micro-esperienze socio-produttive locali puntiformi, spesso “cartolinizzate”; a vagheggiare su una mai definita altra Calabria e su narrazioni aneddotiche consolatorie; dimenticando che la somma di micro-esperienze positive disperse, seppure importanti di per sé, non è sufficiente per determinare un cambiamento di sistema; che non basta guardare “dall’alto” per decifrare le sofferenze e il declassamento sociale della Calabria praticata “dal basso”. (dn e rn)

[Courtesy Etica ed Economia]

Pd: Calabria tra le regioni Ue col più alto rischio di povertà

La Calabria – assieme alla Campania e alla Sicilia – è tra le regioni Europee col più alto tasso di persone a rischio povertà o esclusione sociale. È quanto ha denunciato il Partito Democratico Calabria, commentando il rapporto sulle condizioni di vita in Europa nel 2024 dell’Eurostat, in cui è emerso che la nostra regione è al oenultimo posto col 48,6%, preceduta solo dal Dipartimento d’Oltremare francese della Guyana, in Sud America.

Dati che, per i dem, inchiodano «ancora una volta il governatore Occhiuto e il centrodestra», oltre che destare preoccupazione: «la situazione calabrese è in netto peggioramento rispetto al 2022 con un calo del 42,8%. Praticamente negli anni di governo del centrodestra le condizioni di vita in Calabria sono peggiorate secondo tutti gli indicatori europei».

«Segno evidente – hanno proseguito – che la rivoluzione e il progresso di cui parla Occhiuto esistono soltanto nella sua testa. Siamo davanti al fallimento dei governi di centrodestra a tutti i livelli che, non paghi di quanto fatto fin qui, vogliono sferrare il colpo finale al Sud del Paese con l’autonomia differenziata. Invece di provvedere, con urgenza – hanno concluso – a stanziare risorse e programmare investimenti realmente in grado di far recuperare questo profondo gap rispetto al resto dell’Italia e dell’Europa».

TRA ESCLUSIONE SOCIALE E POVERTÀ
IL BENESSERE DIVENTA UNA CHIMERA

di MICHELE CONIA – Il recentissimo Rapporto Bes  2023 (Benessere Equo e Sostenibile), giunto all’undicesima edizione e diramato dall’Istat, nato con l’obiettivo di valutare il progresso di una società non soltanto dal punto di vista economico, ma anche sociale e ambientale, scatta una preoccupante istantanea sul rischio povertà in Italia maggiore che in altri Stati europei. L’analisi integrata  dei principali fenomeni economici, sociali e ambientali offre dati allarmanti sulle condizioni economiche italiane.

Nel 2023, il 22,8% della popolazione è risultata a rischio di povertà o esclusione sociale e il valore più elevato lo conquista il Mezzogiorno dove sono 866mila famiglie  in situazione di fragilità economica. Secondo le analisi dell’Istituto, il rischio di povertà rimane alto per coloro che possono contare principalmente sul reddito da pensioni e/o trasferimenti pubblici (31,6%) mentre diminuisce per coloro che vivono in famiglie in cui la fonte principale di reddito è il lavoro dipendente (15,8% rispetto al 17,2% del 2022). Peggiora per coloro che svolgono un lavoro autonomo (22,3% rispetto al 19,9% nel 2022).

Se questo inaccettabile progetto dovesse essere approvato la situazione non potrà che peggiorare. I già esistenti divari territoriali si acuirebbero con un ulteriore indebolimento dei servizi fondamentali: dalla Sanità all’Istruzione, ai Trasporti. La deprivazione sociale e materiale cresce in Calabria più che in altre regioni. Se nella nostra regione, nel 2022, le persone povere si assestavano all’11, 8%, nel 2023 il numero è balzato al  20,7%.

Mentre nel 2022  il 42%  dei residenti era a forte rischio povertà o esclusione sociale, nel 2023 questo dato si  è ulteriormente aggravato toccando punte del 48%. Un primo aspetto da non tralasciare, è quello relativo alle condizioni delle famiglie: l’inflazione erode sempre più i redditi con  una progressiva  perdita di potere d’acquisto, spingendo verso la soglia della povertà un numero enorme di cittadini e cittadine  che non riescono più ad affrontare le spese quotidiane, a pagare l’affitto, rinunciando persino a curarsi.

A tal riguardo, il rapporto Bes, relativamente all’ambito sanitario, documenta che nel 2023 il 4,2% degli italiani hanno dovuto rinunciare a visite mediche o accertamenti diagnostici per problemi economici: l’1,3% in più rispetto al 2022. Quello che maggiormente colpisce è che neanche chi lavora può considerarsi al riparo dal rischio di povertà assoluta. Il cosiddetto “working poor” è un altro fenomeno dilagante e allarmante. La fragilità economica è stata causata anche dall’aumento generalizzato dei prezzi arrivando all’assurdo paradosso, spiega il primo cittadino, per cui le famiglie, nel 2023, pur riducendo i consumi, si sono ritrovate a spendere un +  9%  rispetto all’anno precedente. Inoltre l’incidenza di povertà assoluta si conferma più marcata per le famiglie con almeno un figlio minore (12%).

La fragilità economica continua a colpire duramente anche le famiglie straniere e i minori. Drammatico, infatti, anche il dato su questi ultimi con un’incidenza pari al 14%. Conìa conclude  assicurando: “Noi non abbassiamo la guardia e continueremo a rigettare il disegno di autonomia differenziata le cui decisioni negheranno il principio di eguaglianza formale e sostanziale, in contrasto con la pari dignità dei cittadini prevista dall’articolo 3 della Costituzione, che incideranno profondamente sulla vita delle persone frammentando l’assetto istituzionale del Paese, che aumenteranno le distanze tra il Nord e il Sud, approfondiranno le disuguaglianze sociali, la disparità dei diritti. Continueremo a scendere in piazza a incrociare lo sguardo e le mani  di lavoratori e lavoratrici, pensionati, giovani e non smetteremo di lavorare  nelle istituzioni per incontrare bisogni e necessità dei più fragili, dei più deboli, degli ultimi. (mco)

(Michele Conia è il sindaco di Cinquefrondi)

Pd Calabria: Regione è la più povera d’Italia, il 20,7% della popolazione è in stato di miseria

«In Calabria si trova in uno stato di miseria il 20,7% della popolazione, un dato precipitato rispetto a quello rilevato durante l’anno precedente quando era pari al 12%». È quanto ha denunciato Mimmo Bevacqua, consigliere regionale e capogruppo del Partito Democratico evidenziando come «la Calabria è la Regione più povera d’Italia. Tutti gli indici peggiorano secondo l’Istat che fa una fotografia da vero e proprio allarme sociale, anche perché il peggioramento calabrese avviene mentre migliorano i dati delle altre Regioni italiane».

«In buona sostanza, coloro che nel 2022 si trovavano in una condizione di forte rischio di povertà o esclusione sociale – ha proseguito – cioè il 42% dei residenti, è precipitato verso la fascia più disagiata. Davanti a questo quadro drammatico si capisce che la rivoluzione che Occhiuto ha annunciato in pompa magna, appena  qualche giorno, fa descrivendo una Regione miracolata dal suo governo, evidentemente non si riferiva alla Calabria».

«Serve avere piena consapevolezza della situazione drammatica che stiamo vivendo – ha sottolineato – per potere cominciare a adottare adeguate contromisure soprattutto nel momento in cui il governo nazionale si appresta ad approvare l’autonomia differenziata che metterebbe definitivamente in ginocchio la nostra Regione. Tutte le forze sane della Calabria politiche, sociali, sindacali e associative devono unirsi e fare rete per fronteggiare l’allarme e elaborare una nuova visione del futuro che sappia creare opportunità di sviluppo. Un passaggio fondamentale è quello di iniziare a misurarsi effettivamente con la realtà che, come diciamo da mesi, non è quella che raccontano i social della giunta regionale».

«Servono interventi immediati a sostegno del welfare e dei servizi minimi – ha ribadito – a partire da quelli sanitari che continuano a languire e saranno cancellati dall’autonomia di Calderoli e della Lega. Abbiamo presentato da tempo una proposta di legge per potenziare la sanità pubblica, ma il governo regionale ha evidentemente altre intenzioni. Non possiamo più perdere tempo, né proseguire in lotte strumentali dal sapore elettorale che stanno condizionando pesantemente la vita delle Istituzioni calabresi, come dimostrato dall’ultima seduta di Consiglio regionale».

«Serve, invece, una risposta immediata delle forze migliori ancora presenti in Regione – ha concluso – per costruire un futuro diverso e dare risposte concrete ai tanti calabresi che lottano quotidianamente per potere usufruire dei servizi minimi e esercitare i diritti fondamentali». (rrc)

È EMERGENZA POVERTÀ IN CALABRIA: TRA DISUGUAGLIANZE E “DISAGIO” ECONOMICO

di DANIELA DE BLASIOIl rapporto dell’Istituto Nazionale di Statistica (Istat) ha rivelato dati allarmanti sulla povertà in Italia, evidenziando una situazione preoccupante che vede un numero sempre maggiore di famiglie e minori vivere in condizioni di disagio economico, infatti nel 2023 ben 5,7 milioni di persone,  di cui 1,3 milioni minori, si trovavano in condizioni di povertà, assumendo proporzioni allarmanti.

In questo contesto, Save the Children, da sempre impegnata nella tutela dei diritti dei bambini in tutto il mondo, ha lanciato un appello alle Istituzioni italiane affinché si adoperino per garantire una maggiore protezione e sostegno ai minori in condizioni di povertà e  a garantire ai bambini e ai ragazzi italiani un futuro dignitoso e pieno di opportunità, perché i minori risultano essere i più colpiti da questa situazione, con un aumento delle privazioni materiali e un accesso limitato ai servizi essenziali come la salute e l’istruzione.

La creazione di una strategia nazionale che preveda interventi mirati e concreti in favore dei bambini e delle famiglie più vulnerabili è essenziale per contrastare il fenomeno della povertà minorile e garantire a tutti i ragazzi la possibilità di crescere in un ambiente sano e stimolante. 

L’appello di Save the Children è un richiamo urgente alla responsabilità di tutti noi di proteggere e tutelare i diritti dei minori ed affrontare con determinazione questa emergenza sociale.

Questi dati ci pongono di fronte a una realtà dolorosa e urgente che richiede interventi immediati da parte delle istituzioni e della società nel suo complesso. 

Uno dei principali fattori che ha contribuito a questo aumento della povertà è l’inflazione, che ha determinato un aumento significativo dei costi di vita per le famiglie italiane. Questa situazione rappresenta una sfida critica per il tessuto sociale e economico del nostro Paese.

È particolarmente preoccupante il fatto che la povertà sia diffusa soprattutto al Sud del Paese, dove le condizioni economiche sono spesso più precarie e la disoccupazione più elevata. Questo significa che molte famiglie meridionali, e soprattutto bambini, si trovano a vivere in condizioni di estrema difficoltà, con gravi conseguenze sulla loro salute e sul loro futuro.

La povertà non è solo una questione economica, ma riguarda anche l’accesso ai servizi essenziali, come la sanità e l’istruzione, e la possibilità di vivere in condizioni dignitose. 

È quindi fondamentale che vengano adottate politiche e misure concrete per contrastare la povertà e garantire a tutte le persone il diritto a una vita dignitosa, concentrandosi urgentemente su soluzioni per contrastare questa crescente marginalizzazione, affrontando con determinazione l’emergenza sociale, adottando misure efficaci e durature per sostenere le famiglie in difficoltà e garantire ai minori l’accesso ai servizi essenziali per il loro benessere. 

La protezione dei più vulnerabili e il sostegno alle famiglie in difficoltà devono essere al centro delle politiche sociali e economiche per garantire un futuro migliore per tutti i cittadini italiani.

In questo senso, è importante che sia assicurato un reddito minimo garantito a tutte le famiglie in condizioni di povertà, che vengano potenziati i servizi sociali e che venga favorita l’inclusione sociale e lavorativa delle persone svantaggiate. 

È necessario, inoltre, promuovere politiche per la creazione di nuovi posti di lavoro e per la riduzione delle disuguaglianze economiche,  la disparità sociale e promuovere l’inclusione di tutti i cittadini, in particolare dei più giovani.

In Calabria, la situazione appare particolarmente preoccupante, con un tasso di povertà che supera la media nazionale. Oltre un quarto della popolazione calabrese vive in condizioni di disagio economico, con difficoltà nell’accesso a beni di prima necessità e nel soddisfare i bisogni di base. Le cause di questa diffusa povertà possono essere molteplici e complesse.

La Calabria è una regione caratterizzata da elevate disuguaglianze sociali ed economiche, con un tasso di disoccupazione tra i più alti d’Italia e una presenza significativa di famiglie in condizioni di estrema vulnerabilità. La situazione è ulteriormente aggravata dalla presenza diffusa di criminalità organizzata e dalla mancanza di opportunità di lavoro stabile e ben retribuito.

In questo contesto, molte famiglie si trovano ad affrontare gravi difficoltà economiche che rendono difficile garantire un tenore di vita dignitoso per sé e per i propri figli. È fondamentale che le istituzioni locali e nazionali si impegnino concretamente per affrontare il problema della povertà in Calabria, adottando misure efficaci per contrastare le disuguaglianze sociali ed economiche e garantire a tutti i cittadini l’accesso a servizi essenziali come istruzione, sanità e lavoro dignitoso. 

La lotta alla povertà non può essere rimandata, è una sfida che riguarda tutti noi e che richiede un impegno concreto da parte di tutti. Solo così potremo assicurare a tutte le persone il diritto a una vita dignitosa e un futuro migliore per le generazioni a venire. (ddb)

[Daniela De Blasio è presidente della Lega dei Diritti Umani di Reggio Calabria]

Coldiretti: In Calabria oltre 18 mila bambini hanno bisogno di aiuti per mangiare

In Calabria ci sono oltre 18 mila bambini, di età inferiore ai 15 anni, che hanno avuto bisogno di aiuto per il latte o mangiare a causa di situazioni di povertà. È il quadro desolante emerso dall’analisi di Coldiretti sulla base dei dati sugli aiuti alimentari distribuiti con il Fondo di aiuti europei agli indigenti (Fead).

«La povertà alimentare ed educativa tra i minori – ha sottolineato la Coldiretti – è cresciuta per effetto della pandemia e della guerra con l’aumento dell’inflazione che ha colpito duramente la spesa e messo in difficoltà un numero crescente di famiglie con un balzo del 12% degli under 15 anni costretti a ricorrere agli aiuti per mangiare».

«In Calabria  sono salite complessivamente –è stato rilevato – a oltre 100mila le persone indigenti che sono costrette a far ricorso alle mense dei poveri e molto più frequentemente ai pacchi alimentari che hanno aiutato tra le categorie più deboli tra i quali i bambini sotto i 15 anni ma ci sono anche tanti anziani sopra i 65 anni, e  migranti stranieri».

«La Calabria che sa accogliere, ha saputo mettere in moto la macchina della solidarietà per contrastare la povertà – ha concluso la Coldiretti – è cresciuta la sensibilità che si è estesa dalle organizzazioni di volontariato alle imprese e ai singoli cittadini a partire dall’iniziativa della Spesa sospesa dei mercati contadini di Campagna Amica che avrà una grande rilevanza al Villaggio Coldiretti che si terrà a Cosenza da venerdì 10 a domenica 12 marzo p.v. dove si raccoglieranno  frutta, verdura, formaggi, salumi, pasta, conserve di pomodoro, farina, vino e olio 100% di alta qualità e a chilometri zero, che saranno donati ai più bisognosi». (rcz)

POVERTÀ, CRESCITA ECONOMICA E SANITÀ
CALABRIA ANCORA ULTIMA TRA GLI ULTIMI

di ANTONIETTA MARIA STRATI – C’è ancora tanto, troppo lavoro da fare in Calabria, soprattutto nell’ambito della povertà, salute, lavoro e crescita economica, abusivismo edilizio e consumo del suolo. Su questi cinque temi, infatti, la nostra regione ha registrato un trend negativo, secondo il rapporto “I territori e gli obiettivi di Sviluppo Sostenibile 2022” di Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile.

Un trend che deve essere invertito perché è inaccettabile leggere che, nel 2022, la povertà relativa familiare è peggiorata (+1,3 punti percentuali) e la povertà assoluta (a livello ripartizionale +8,7 punti percentuali di cui +2,7 tra il 2019 e il 2021). Nel Rapporto, inoltre, viene segnalato come tra il 2019 e il 2021 si segnala un forte aumento delle persone che vivono in abitazioni con problemi strutturali (+4,6 punti percentuali).

Stesso discorso per la salute. La Sanità in Calabria è un disastro e, nonostante il rapporto abbia evidenziato come nel 2021 in Calabria sia aumentato il numero di medici, ossia +1,3 per 1.000 abitanti, con un valore di 9,7, ciò non è abbastanza. Nel 2021, infatti, la Calabria registra una quota tra le più basse d’Italia. Inoltre, vengono segnalate criticità per i posti letto in ospedale -0,7 tra il 2010 e il 2020.

Per quanto riguarda l’ambito del lavoro e crescita economica, nel rapporto di legge che «la regione evidenzia livelli tra i più bassi in Italia per la gran parte degli ambiti analizzati. Tra il 2010 ed il 2021 aumenta il part-time involontario (+4,4 punti percentuali), la mancata partecipazione (+2,3 punti percentuali), la quota di Neet (+2,2 punti percentuali). Si riducono gli infortuni sul lavoro (-9,5 punti percentuali tra il 2010 e il 2020), mentre l’occupazione resta sostanzialmente stabile (45,5% nel 2021)».

«Per le città e le comunità, tra il 2010 e il 2020 aumenta l’abusivismo edilizio (+17,7 punti percentuali) e si riducono, anche per effetto della pandemia, i posti-km per abitante del TPL (-37,2%, di cui 24,15 tra il 2019 e il 2020)», e aumenta anche il «consumo di suolo annuo indicizzato (+2,4 punti). La Calabria registra il 5,1% di suolo impermeabilizzato».

Dati, quelli presentati, che dovrebbero indignare ma che, invece, raccolgono solo indifferenza o solite promesse da parte dei politici. Lo stesso Mimmo Nunnari, in un suo editoriale per Calabria.Live sulla povertà, denunciava come «il dibattito su questi temi è inesistenti,  non va oltre gli enunciati di facciata o le ingenue o ridicole dichiarazioni come quella sera del 27 settembre 2018,  quando abbiamo sentito urlare affacciato al balcone di Palazzo Chigi, sede della Presidenza del Consiglio dei Ministri, il vice premier e leader del Movimento 5Stelle: “Abbiamo abolito la povertà”».

Eppure, la povertà è un problema tangibile e ben conosciuto al Sud e in Calabria, come lo è il problema del lavoro, quella della salute e, soprattutto, quella del consumo del suolo, più che attuale. Proprio nei giorni scorsi, nel corso di una intervista sul Tg2, il presidente della Regione parlava proprio del consumo del suolo, «che oggi espone molta parte della popolazione a gravi rischi. In Calabria ci sono dei fiumi che sono tombati. Il problema è che la natura non sa che quel fiume non c’è più e che al suo posto c’è una strada, e quando piove si trasforma di nuovo in un torrente, in un fiume, trascinando tutto ciò che si trova davanti».

«Questo tema della difesa del suolo e della lotta all’abusivismo dovrebbe essere in cima all’agenda politica di tutti i decisori, sia di quelli che partecipano alle scelte del governo nazionale, sia di quelli regionali e comunali. È davvero importante che ci sia una coscienza collettiva che deve riguardare anche i cittadini, spesso autori degli abusi», ha detto ancora Occhiuto.

Ma non ci sono solo trend negativi: la Calabria rimane invariata su agricoltura e alimentazione, «aumenta la superficie destinata a coltivazioni biologiche (+17,9 punti percentuali), si riducono le persone che non hanno un’adeguata alimentazione (-2,3 punti percentuali). La Calabria evidenzia un calo nella redditività dell’agricoltura», mentre per l’istruzione c’è un miglioramento della formazione continua (+2,2 punti percentuali), l’uscita precoce (-1,9 punti percentuali) e il numero di diplomati (+4,7 punti percentuali). Diminuiscono le persone che abitualmente leggono libri e giornali (-6,3 punti percentuali) e gli studenti con adeguate competenze matematiche e alfabetiche».

Invariati anche i dati sulla parità di genere, dove tuttavia c’è un peggioramento del part-time involontario (+4,6 punti percentuali), il rapporto occupazionale tra donne con e senza figli (-5,2) e il gender pay gap (-3,1 punti tra il 2010 e il 2020). Aumenta, invece, la quota di donne nel consiglio regionale (pari al 19,4%) nel 2021, mentre l’occupazione femminile resta sostanzialmente stabile (32,9% nel 2021).

Per l’acqua pulita e servizi igienico sanitari (Goal 6), diminuisce l’irregolarità nella fornitura d’acqua (-4,6 punti percentuali); per le disuguaglianze (Goal 10), tra il 2010 e il 2020 aumenta la quota di permessi di soggiorno (+11,8 punti percentuali), ma peggiora sia il rischio povertà (+3,3 punti percentuali) sia l’occupazione giovanile -4,6 punti percentuali).

Andamento positivo si registra per l’energia: tra il 2012 e il 2020 è aumentata la quota di energia da fonti rinnovabili (+10,3 punti percentuali), mentre per quanto riguarda infrastrutture e innovazione «migliora la copertura della banda larga (+36,2 punti percentuali), aumentano i lavoratori della conoscenza (+4,1 punti percentuali) e le imprese con attività innovative (+21,3 punti percentuali tra il 2010 e il 2020). Gli utenti assidui del trasporto pubblico, già in calo tra il 2010 e il 2019, subiscono una ulteriore riduzione tra il 2019 e il 2021».

Per il consumo e la produzione responsabili, «tra il 2010 e il 2020 migliora la quota di rifiuti urbani differenziati (+39,7 punti percentuali) e si riduce la produzione di rifiuti pro-capite (-18,0%)» e, infine, su giustizia e istituzioni si riduce l’affollamento negli istituti di pena (-77,9 punti percentuali) e il numero di omicidi (-2,3 per 100’000 abitanti). Si segnala una leggera riduzione della durata dei procedimenti civili che, con un valore pari a 734 giorni nel 2021, è tra i più alti».

«Le provincie della Calabria presentano un posizionamento omogeneo per la maggior parte dei Goal analizzati – si legge nel rapporto –. Per la Salute si osserva che, ad eccezione di Catanzaro, le province presentano un posizionamento negativo dovuto principalmente alla scarsa disponibilità di posti letto negli ospedali e di medici specializzati. Rispetto all’Istruzione la valutazione negativa è causata da tutti gli aspetti analizzati, in particolare per la quota di minori che partecipano alla scuola d’infanzia. Per il Goal 5 (parità di genere) la situazione è dovuta principalmente al basso tasso di occupazione femminile».

«La minore efficienza delle reti idriche rispetto alla media nazionale – viene evidenziato – determina lo svantaggio per il Goal 6 (acqua). Nel Goal relativo all’Energia si assiste ad una valutazione positiva grazie al ridotto consumo di energia elettrica segnalato mediamente nella regione. Per l’Innovazione la situazione di ritardo è funzione dello scarso livello delle connessioni a banda larga e dei prestiti erogati alle imprese, mentre nelle Disuguaglianze si registra un livello minore della media nazionale per tutti gli indicatori, tra cui l’emigrazione ospedaliera che risulta particolarmente critica. Infine, il Goal 16 (istituzioni) deve il posizionamento negativo principalmente al tasso di omicidi, maggiore della media nazionale in tutti i territori analizzati. I Goal 11 (città e comunità sostenibili), 12 (Economia circolare) e 15 (vita sulla terra). evidenziano una situazione differenziata».

«Le Città e comunità sostenibili collocano Vibo Valentia e Crotone al di sotto della media nazionale a causa della scarsa offerta di trasporto pubblico locale. Nel Goal 12 (Economia circolare) le province di Catanzaro, Cosenza e Vivo Valentia si attestano al di sopra della media nazionale grazie ad alla contenuta produzione di rifiuti urbani», viene evidenziato.

«Non stiamo andando bene – ha evidenziato Tiziano Treu, presidente del Cnel –. Questa situazione, oggi aggravata dalla pandemia e dal complesso contesto geopolitico internazionale, affonda, in verità, le proprie radici in problematiche strutturali del nostro sistema economico, produttivo e sociale che possono trovare soluzione solo in serie politiche volte a colmare i divari territoriali, generazionali e di genere». 

E guarda al Piano nazionale di ripresa e resilienza, che «sta entrando nella fase cruciale della messa a terra nei territori» e alle difficoltà «quando si scende nei comuni impegnati in questa difficile opera di attuazione».

Marcella Mallen, presidente dell’ASviS, ha evidenziato che «servono risposte concrete e immediate e politiche coordinate con i governi del territorio». 

La presidente ha evidenziato poi i due elementi critici per raggiungere la sostenibilità economica, sociale e ambientale: la coerenza tra le politiche di sviluppo, da raggiungere attraverso un sistema multilivello incardinato sugli strumenti degli enti locali e collocato nell’ambito della Strategia nazionale di sviluppo sostenibile; la possibilità per la cittadinanza di verificare le politiche».

«Questo Rapporto  – ha concluso Mallen – viene presentato all’inizio di una nuova legislatura e l’augurio è che gli indirizzi contenuti possano influire sulle strategie di cui il nostro Paese ha bisogno, che sia preso come un punto di riferimento, anche per introdurre una fase di monitoraggio sulle azioni ex post».

«Il territorio – ha spiegato Manlio Calzaroni, responsabile dell’Area ricerche dell’ASviS,  – è stato letto sotto quattro punti diversi: l’andamento delle regioni e delle province autonome rispetto a ogni Goal dell’Agenda 2030; una fotografia, sulla base dei dati disponibili, delle differenze all’interno delle regioni; obiettivi quantitativi (25 in totale), definiti da norme nazionali e territoriali; differenze di comportamento tra regioni e province rispetto all’Agenda». 

«Le disuguaglianze territoriali – ha aggiunto – aumentano in sette Obiettivi, diminuiscono soltanto in due. È fondamentale sottolineare l’importanza degli attori che devono cominciare a lavorare per mettere in pratica nuove azioni che riducano queste disuguaglianze».

Il presidente dell’ASviS Pierluigi Stefanini ha evidenziato la necessità di incoraggiare un processo democratico, affinché “i cittadini possano instaurare un dialogo con le istituzioni e possano avere uno strumento di controllo».

A proposito dei disastri più recenti, ha detto che “manca la consapevolezza dell’esistenza di strumenti analitici e bisogna che questi strumenti indirizzino le politiche». Infine, Stefanini ha sottolineato che il Paese fatica perché «manca una visione d’insieme e di lungo periodo, abbiamo difficoltà a focalizzare le relazioni che ci sono tra i diversi piani. Mai come oggi abbiamo bisogno di dare spazio ed efficacia a un approccio più trasformativo». (ams)