di PIETRO MASSIMO BUSETTA – «Tutti i nodi vengono al pettine» dice un vecchio proverbio popolare per evidenziare che ogni azione sbagliata prima o poi provoca conseguenze che portano a pagare gli errori commessi.
E anche l’adozione della Zes unica, magnificata da tanti e che a detta di alcuni sta avendo risultati eccellenti, sta manifestando i suoi limiti.
Gli errori cominciano con l’estensione del cuneo fiscale a tutto il Sud del Governo Conte II. Sembra una decisione bellissima, cosa c’è di meglio che diminuire il cuneo fiscale a tutti, ma tale provvedimento ha in sé due errori fondamentali. Il primo che era prevedibile che la sua estensione a una platea così ampia avrebbe comportato in breve la sua non sostenibilità. La seconda che avrebbe consentito anche ad aziende non sufficientemente competitive la permanenza sul mercato.
Il secondo tema è l’altro vantaggio concesso alle aziende esistenti nelle Zes ampliate. Il cosiddetto credito d’imposta che doveva costituire un incentivo per le aziende che sarebbero arrivate.
L’Agenzia delle entrate aveva calcolato che, sulla base delle risorse che erano state messe a disposizione e considerato l’elevato numero di domande attese per il 2024, la percentuale effettivamente fruibile del beneficio fiscale sarebbe stata solo del 17%, per gli imprenditori che avrebbero investito nella grande Zes.
Vi era stata una levata di scudi da parte del ministro Raffaele Fitto e il finanziamento era stato potenziato per il 2024 a 3,2 miliardi.
Ma come era prevedibile, in sede di programmazione per il nuovo anno, questa cifra non è stata più ritenuta sostenibile ed è stata adesso ridotta della metà.
D’altra parte se estendi i vantaggi anche alle attività già insediate e a tutto il territorio meridionale fai una operazione che dal punto di vista elettorale paga, ma distorce gli obiettivi delle provvidenze. Che poi in realtà si è costretti ad eliminare.
Tutto già scritto e non bastano le eccellenze che troveranno possibilità di realizzazioni come per esempio l’imminente via libera al Gruppo De Cecco per la realizzazione a Ortona, in Abruzzo, di quello che diventerà il più grande pastificio del mondo. È vero che anche per questo progetto, infatti, sono state decisive le convenienze garantite dalla Zona economia speciale unica del Mezzogiorno, dalla sburocratizzazione delle procedure autorizzative, al credito d’imposta.
Ma il motivo per il quale le Zes avevano avuto una localizzazione limitata in termini di superficie derivava dalla impossibilità di garantire tutte le condizioni necessarie, quelle di base e quelle di vantaggio, ad un territorio così ampio come quello meridionale, che rappresenta il 40% della superficie dell’Italia.
Infatti non bastava la semplificazione amministrativa, anch’essa complicata da assicurare, se le pratiche sono disperse in tutto il territorio meridionale e che magari con un commissario come Giosy Romano potrà anche essere assicurata, ex commissario delle Zes Campania e Calabria, quindi con una grande esperienza e capacità.
Ma vi sono delle criticità che nemmeno quelli bravi possono superare. Infatti la dimensione limitata delle Zes era alla base delle condizioni di base da assicurare: due conduzioni minime e due di vantaggio. Le minime riguardano una criminalità organizzata messa all’angolo e una infrastrutturazione adeguata. Parliamo di attrazione di investimenti dall’esterno dell’area, non certamente del caso De Cecco che conosce bene il territorio nel quale opera da anni.
Nel caso di aziende come Microsoft per esempio l’ assicurazione di un’area con la criminalità controllata e una localizzazione che sia facilmente raggiungibile via aerea mare e terra è fondamentale. Assicurare tale condizioni per tutto il territorio del Sud è assolutamente velleitario.
Controlli adeguati, che prevedono misure di sicurezza con uomini e risorse notevoli e collegamenti ottimi possono caratterizzare solo alcuni territori, magari vicini ai porti.
A maggior ragione il problema dei vantaggi, che come si è visto nella ultima finanziaria, con un Paese che deve rispettare le regole di rientro europee, hanno dei limiti nelle risorse utilizzabili. Quindi se estendi il cuneo fiscale a tutti gli assunti di un territorio ampio alla fine non sarai più in condizione di sostenerlo. Cosa che riguarda anche il credito d’imposta che come si è visto potrà essere assicurato per una percentuale limitata. E che quindi sarà disperso in mille rivoli per aziende già esistenti che non faranno aumentare il numero di occupati.
Quindi avremo delle contrattazioni “one to one”, tra commissario e grandi aziende già localizzate come la De Cecco o che vogliono stabilirsi, con le quali si stabiliranno le condizioni di ampliamento o localizzazione.
Nulla di diverso di ciò che è accaduto, con la Fiat di Termini Imerese. Ma la logica delle Zes polacche o di quelle cinesi è un altra. Quella di avere territori disponibili dove insediarsi, chiavi in mano in pochi mesi, e nelle quali le aziende decidevano di investire, perché senza alcuna contrattazione sapevano di trovare delle condizioni favorevoli.
La modifica apportata limita moltissimo l’autonomia delle imprese che devono interloquire obbligatoriamente con la missione di governo, con tutte le problematiche connesse. Nessuno dice che non potrà funzionare, ma per favore non chiamiamole più zone economiche speciali ma interventi per il Mezzogiorno. Si ritorna a quella politica che si è avuta per tanti anni e che ha portato a un rapporto popolazione occupati di uno a quattro contro l’uno a due necessario nelle realtà a sviluppo compiuto.
Di volta in volta la missione governativa contratterà con l’azienda, indirizzandola nella realtà regionale che vorrà, mentre l’autonomia della impresa sarà molto limitata. E si stabiliranno le condizioni di vantaggio necessarie come gli investimenti che lo Stato garantirà nella zona. Ovviamente il potere centrale si accrescerà notevolmente, come peraltro era nel disegno dello smantellamento delle otto Zes.
Adesso si hanno le mani più libere e il ministro dell’economia, leghista della prima ora, potrà come ha fatto privilegiare il risanamento dei conti pubblici invece che lo sviluppo del Sud, che come le stelle di Cronin, sta a guardare attonito e confuso dalla sua centralità sempre affermata e mai realizzata. (pmb)
[Courtesy Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia]